L’Iran dà il benservito al capo di Hezbollah
di Dimitri Buffa
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L’Iran ha licenziato Hassan Nasrallah dal suo incarico di capo militare degli Hezbollah. Resterà capo politico ma ormai le azioni militari e terroristiche decise da Teheran sarà il suo ex vice Naim Qasim a coordinarle. “Ha perso la guerra con Israele nel sud del Libano e quest’anno ci è costato oltre un miliardo di dollari”. Queste parole attribuite all’ayatollah iraniano Alì Khamenei e riportate da numerosi giornali arabi tra cui Al Shark Al Awsat costituirebbero la spiegazione del siluramento, che oltretutto risalirebbe allo scorso agosto e sarebbe stato tenuto segreto per non dare armi propagandistiche ai numerosi nemici dell’organizzazione terroristica in Libano.
L’importanza di questa notizia, smentita sul sito ufficiale di Hezbollah e ignorata dai media italiani ed europei, non sfugge a quanti avevano mal digerito la vera e propria esultanza con cui gli analisti politically correct avevano salutato la presunta sconfitta dell’esercito dello stato ebraico nella guerra del luglio e agosto 2006 nel sud del Libano. Per due motivi: il primo è che nei loro interna corporis sia Hezbollah sia gli iraniani che li hanno creati dal nulla negli anni ’80 sono consapevoli che non ci fu alcuna vittoria contro Tsahal;
il secondo è che la pubblicazione di questa storia sui giornali arabi implica un’ammissione della eterodirezione da parte di Teheran di tutte le iniziative armate anti israeliane in Medio Oriente. Da Gaza al Libano. Circostanza che porta acqua al mulino di chi chiede sanzioni più dure o addirittura un intervento militare contro il regime degli ayatollah.
Nell’articolo di Al Shark Al Awsat si legge, tra l’altro, che nel corso di un’ispezione dei pasdaran iraniani nei territori feudo di Hezbollah, risalente allo scorso agosto, sarebbero emerse forti carenze nel settore militare. Ed in particolare per quanto riguarda gli armamenti e gli approvvigionamenti dei miliziani. Tanto che è stata esplicitamente chiesta una rendicontazione delle spese sostenute. Uno degli ufficiali iraniani (le famigerate Guardie della Rivoluzione che l’America ha aggiunto di recente nella black list dei terroristi, suscitando lo sdegno di molti osservatori alla Sergio Romano in Italia e in Europa) presenti nella Bekaa come addestratore avrebbe inoltre rivelato i forti contrasti tra Nasrallah e il suo vice, Qasim, su questioni molto delicate che riguardano l’ala militare degli Hezbollah. L’eco dello scontro sarebbe giunta fino a Teheran, così da convincere la guida suprema iraniana, Ali Khamenei, a disporre l’ispezione che ha dato il via al ridisegnamento dell’organizzazione militare del gruppo terroristico.
La fonte di Al Ahark Al Awsat spiega anche che ci sarebbero forti divergenze sull’utilizzo di quei 400 milioni di dollari annui che Hezbollah riceve da Teheran e che dall’anno scorso sono stati aumentati sino a un miliardo di dollari dopo i danni provocati dall’azione israeliana. Con questi fondi gli Hezbollah non solo hanno ricostruito i palazzi distrutti a sud di Beirut e realizzato nuovi insediamenti strategici, ma avrebbero anche comprato appezzamenti di terra nelle zone montuose e nelle regioni a prevalenza cristiana.
Tra le righe si capisce che ci potrebbero essere sospetti da parte iraniana di malversazioni e di distrazioni di fondi per uso personale. E in ogni caso la temerarietà dell’attacco a Israele, solo parzialmente concordata prima con Teheran, avrebbe messo il regime degli ayatollah in difficoltà economiche. Anche perché se l’ala facente capo a Khamenei ed Ahmadinejad non ha mai fatto mistero di aver approvato l’operazione, i cosiddetti moderati di Rafsanjani, che sono l’unica opposizione ammessa in quel paese e quindi non perseguitata, non hanno a propria volta mai fatto mistero di essere stati contrari all’escalation del conflitto provocata dagli oltre diecimila razzi sparati sulla Galilea.