Il potere di veto preteso dagli Hezbollah
Mentre Siria e Francia congelano la cooperazione diplomatica sul Libano, dal Paese dei cedri torna a farsi sentire Hassan Nasrallah, leader politico di Hezbollah. Le accuse che il capo del movimento e della milizia sciita lancia contro le forze della maggioranza governativa filo-occidentale rispecchiano su scala nazionale, quelle che si sono scambiate il Quai d’Orsay e la diplomazia di Damasco. Ciascuna parte, infatti, accusa l’altra dello stallo che da circa un anno impedisce il regolare funzionamento delle istituzioni libanesi. Nato come governo di unità nazionale, dopo il conflitto con Israele (estate 2006) quello di Fuoad Siniora ha perso l’appoggio delle componenti filosiriane, sciite (Amal ed Hezbollah) e maronite (gli uomini fedeli al generale Michel Aoun). Nei mesi successivi le due fazioni non hanno trovato l’accordo sul nome del futuro capo dello Stato, che, secondo la Costituzione, deve appartenere alla comunità maronita. Raggiunta poi l’intesa sul comandante delle forze armate, il generale Michel Suleiman, quale presidente di garanzia filosiriani e antisiriani hanno ripreso a discutere sulla procedura per la sua elezione. Risultato: dal 23 novembre scorso la presidenza della Repubblica in Libano è vacante.
Nasrallah ieri ha minacciato una “iniziativa straordinaria” del suo movimento se l’impasse dovesse protrarsi. D’altro canto, in cambio della nomina di un nuovo capo di stato maggiore “ideologicamente ostile al nemico sionista” nonché del “potere di veto” per il suo partito in seno al prossimo governo di unità nazionale, il leader sciita si è detto pronto a facilitare l’elezione di Suleiman. Secondo il portale libanese Naharnet, Hezbollah sarebbe pronta a chiudere l’aeroporto di Beirut e i maggiori porti del Paese e ad inscenare una protesta davanti all’ambasciata statunitense in Libano. Ma anche il patriarcato maronita di Bkirki non rimarrebbe immune dalla contestazione: Hezbollah, prosegue Naharnet che a sua volta cita fonti vicine alla maggioranza filo-occidentale, intenderebbe protestare contro l’atteggiamento tenuto dalla chiesa nella crisi politica. Nelle scorse settimane, il patriarca Nasrallah Sfeir aveva ceduto a forti pressioni, soprattutto quelle del ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner affinché mediasse tra le opposti fazioni maronite. Mediazione rivelatasi utile solo a strumentalizzare il ruolo del cardinale Sfeir, visto che le parti hanno poi fatto il nome del generale Suleiman.
Sul piano internazionale, infine, il gelo sceso tra la Siria e la Francia segna il fallimento dei tentativi della diplomazia d’oltralpe per trovare un compromesso sul Libano. Dalla sua elezione all’Eliseo, Nicolas Sarkozy ha mutato la rotta segnata dal suo predecessore Jacques Chirac. Amico personale dell’ex premier libanese Rafik Hariri rimasto ucciso in un attentato dietro al quale molti hanno intravisto l’ombra dei servizi segreti di Damasco, Chirac aveva scelto un atteggiamento duro contro la Siria. Linea poi cambiata da Sarkozy che, forse anche per motivi di realismo, ha riconosciuto l’impossibilità di “sistemare” il Paese dei cedri senza il consenso della famiglia Assad. Dopo mesi di navette diplomatiche e mediazioni condotte da Kouchner, domenica Sarkozy ha accusato Damasco di non impegnarsi a sufficienza per una soluzione consensuale della crisi libanese. Accusa prontamente rispedita al mittente dal ministro degli Esteri Walid al-Muallim secondo il quale è proprio la Francia “a non assumersi le proprie responsabilità”. Da cui la decisione di sospendere la cooperazione con Parigi.
Da Il Velino
Aggiornamento: sembra che gli Hezbollah ora minaccino di bloccare aeroporto e porti