L’ala militare di Fatah è ancora fucina di terrorismo

 
admin
7 gennaio 2008
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Israele, l’ala militare di Fatah è ancora fucina di terrorismo

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Roma, 7 gen (Velino) – Nel suo libro “Cain’s Field: Faith, Fratricide, and Fear in the Middle East”, Matt Rees, capo della redazione di Gerusalemme di Time Magazine, ha rivelato che Yasser Arafat nel giugno 2002 aveva versato ben due milioni di dollari alle Brigate Al Aqsa di Gaza mentre passava solo pochi spiccioli per pagare gli stipendi degli uomini delle forze di sicurezza ufficiali dell’Autorità palestinese. Una tradizione oscura di doppiezza, ambiguità e aperta sfida terroristica quella che coinvolge l’ala militare di Fatah e che prosegue oggi nel regno di Abu Mazen. Due dei terroristi che hanno ucciso a freddo Ahikam Amihai, 20 anni, e David Ruben, 21 anni, due soldati israeliani in licenza che, in abiti civili, erano in escursione nella regione di Hebron, erano membri delle forze di sicurezza di Fatah, il movimento che fa capo al presidente Abu Mazen e che risultano sui libri paga dell’Autorità palestinese. Rispondendo al quotidiano Yedioth Aharonot, un membro delle Brigate al-Aqsa, braccio armato di Fatah, conferma che i terroristi appartenevano all’organizzazione aggiungendo che anche il terzo aggressore, ucciso dalla reazione dei due israeliani, ne faceva parte. “Hamas ha rivendicato l’attentato – spiega la fonte palestinese – su richiesta della famiglia di uno dei terroristi il cui padre è detenuto in Israele. Ma in realtà siamo noi che abbiamo compiuto l’attacco”.

Il Jerusalem Post conferma che la massiccia operazione delle forze di difesa israeliane a Nablus dei giorni scorsi ha dimostrato che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Autorità palestinese, l’ala armata di Fatah non è stata affatto smantellata. E ha dimostrato che, in Cisgiordania, decine di miliziani armati di Fatah non hanno affatto deposto le armi e continuano anzi a preparare attacchi contro Israele. Nel corso dell’operazione, iniziata giovedì scorso, le forze di difesa israeliane hanno arrestato diciannove terroristi affiliati all’ala militare di Fatah, le Brigate Martiri di al-Aqsa. Hanno anche arrestato Shadi al-Sakhel e Ahmed Hisham, due ufficiali della sicurezza sui libri paga della forza di intelligence militare dell’Autorità palestinese. I due ufficiali sono sospettati d’aver aiutato le Brigate al-Aqsa nella città. I soldati israeliani hanno inoltre scoperto e demolito un’officina, nella parte vecchia di Nablus, dove il gruppo palestinese ha fabbricato almeno due missili. L’azione anti-terrorismo è stata effettuata pochi giorni dopo che il ministro degli interni dell’Autorità palestinese Abdel Razak Yahya aveva ufficialmente annunciato che le Brigate Martiri di al-Aqsa in Cisgiordania avevano cessato di esistere, e mentre numerosi servizi giornalisti parlavano di Nablus come di una città nella quale le forze di sicurezza dell’Autorità palestinese erano ormai riuscite a imporre legge e ordine.

Per la verità, le stesse Brigate Martiri di al-Aqsa avevano apertamente sbeffeggiato le dichiarazioni del ministro Yahya, etichettandolo come “collaborazionista” d’Israele e chiedendone la destituzione. Il gruppo continua a diffondere dichiarazioni quotidiane sulle attività dei suoi membri sia in Cisgiordania che nella striscia di Gaza. E a Gaza, le Brigate al-Aqsa continuano a rivendicare molti lanci di missili contro Israele. Le Brigate al-Aqsa pongono infatti una seria sfida alla leadership dell’Autorità palestinese. La settimana scorsa, un volantino distribuito dal gruppo nella città di Gaza invocava l’uccisione del primo ministro palestinese Salaam Fayad. Inoltre, numerosi membri delle Brigate al-Aqsa hanno apertamente sfidato l’invito dell’Autorità palestinese a deporre le armi in cambio di posti e stipendi. Si tratta di miliziani che preferiscono continuare a operare come una “forza di sicurezza” indipendente nella maggior parte delle città di Cisgiordania, dove possono guadagnare di più con il ricatto e l’estorsione. Un’ulteriore prova della persistenza del gruppo in Cisgiordania è emersa lo scorso primo gennaio quando molti membri del gruppo hanno partecipato a pubblici raduni in occasione del 43esimo anniversario dell’esordio terroristico di Fatah. Da quando è entrato in vigore a Gaza il cessate il fuoco, alla fine dello scorso novembre, gruppi terroristici palestinesi hanno lanciato contro Israele più di 60 missili Qassam, ferendo gravemente due ragazzini israeliani e procurando numerosi danni.

Le Brigate Martiri di al-Aqsa hanno rivendicato circa un terzo di questi lanci. Abu Mazen ha definito “rinnegati” i loro capi i quali sostengono di non avere alcun potere di controllo su questi terroristi. Ma Abu Ahmed, leader delle Brigate al-Aqsa nella parte nord della striscia di Gaza, ha dichiarato al magazine americano World Net Daily che il suo gruppo, che comprende squadre di terroristi dedite al lancio di Qassam, è leale ad Abu Mazen e coordina le sue “operazioni di resistenza” con il partito Fatah. “Le Brigate Martiri di al-Aqsa – ha detto Abu Ahmed – sono il braccio militare di Fatah e il presidente Abu Mazen è il presidente del movimento. Noi siamo fedeli alla nostra dirigenza e ad Abu Mazen. Tutte le nostre attività sono conformi alla linea politica di Fatah, che consiste nel combattere l’occupazione fino alla creazione di uno stato palestinese. Il lancio di missili fa parte di questa visione”. Tutti i Qassam lanciati dalla striscia di Gaza (completamente sgomberata da Israele nell’agosto 2005) sono partiti dalla parte nord del territorio, quella di competenza di Abu Ahmed. Alla domanda su come mai Abu Mazen prenda le distanze dai lanci di Qassam delle Brigate al-Aqsa, Abu Ahmed ha risposto: “Ascolta, conosciamo le dichiarazioni del nostro presidente, ma siamo anche ben consapevoli del sistema politico internazionale che spinge il presidente ad adottare quelle posizioni”. Abu Ahmed ha aggiunto che Abu Mazen non ha mai chiesto al suo gruppo di cessare i lanci. “Sappiamo qual è la linea politica generale di Fatah – ha spiegato – e agiamo di conseguenza, e posso dire che non ci è mai stato chiesto di cessare i lanci di missili. Pertanto i lanci non compromettono in alcun modo la nostra lealtà e il nostro impegno verso Abu Mazen e la sua leadership”.

Le Brigate Martiri di al-Aqsa, insieme alla Jihad Islamica palestinese, hanno rivendicato tutti gli attentati suicidi realizzati in Israele negli ultimi due anni, compreso quello di aprile a Tel Aviv costato la vita a nove israeliani e a un adolescente americano. Le Brigate al-Aqsa nei mesi scorsi hanno anche firmato decine di sparatorie contro civili israeliani. Tutti i capi delle Brigate al-Aqsa sono anche membri di Fatah e molti di loro prestano apertamente servizio nelle sue organizzazioni di sicurezza, compresa la Forza 17 che funziona come una forza di polizia a Gaza e in Cisgiordania. Lo scorso giungo Abu Mazen ha nominato comandante di Forza 17 il leader delle Brigate al-Aqsa Mahmoud Damra, che figura nella lista dei ricercati da Israele per attività terroristiche. Nel novembre del 2005 le Brigate Martiri di al-Aqsa furono il primo gruppo palestinese che sottoscrisse pubblicamente le dichiarazioni del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad secondo cui “Israele deve scomparire dalla carta geografica”. “Noi affermiamo il nostro appoggio e sostegno alle posizioni del presidente iraniano sullo stato sionista che, a Dio piacendo, cesserà di esistere – si legge nel volantino diffuso dalle Brigate al-Aqsa distribuito a Gaza –. Riconoscere il diritto di Israele a esistere significa svalutare il popolo palestinese, che sta facendo grandi sacrifici ogni giorno per liberare la Palestina e Gerusalemme”.

(Giulio Meotti) 7 gen 14:32

Il Velino

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