(EST) Unifil 2: tutti i limiti della missione
Roma, 8 gen (Velino) – L’attentato compiuto oggi vicino a Sidone, nel quale sono stati feriti due soldati irlandesi, ha riportato alla luce le difficili condizioni in cui operano i militari di Unifil (la missione Onu in Libano), il cui compito principale è aiutare l’esercito locale a scongiurare il riarmo degli hezbollah. I caschi blu svolgono il compito vigilando l’area di loro competenza (dal sud del fiume Litani fino al confine con Israele) e riportando ai libanesi ogni anomalia. Poi sono le forze di sicurezza locali a intervenire. Almeno in teoria. In pratica, però, non c’è certezza di un’azione effettiva, in quanto i militari del Paese dei cedri non comunicano a Unifil i risultati dei loro interventi. Inoltre le forze armate di Beirut sono composte al 60 per cento da membri o simpatizzanti di Hezbollah, il che riduce ancor di più la possibilità che realmente avvengano sequestri di armi. Inoltre, in base alla risoluzione Onu 1701, i militari dell’Onu se individuano un convoglio di trafficanti non possono intervenire. Devono necessariamente segnalare l’evento all’esercito libanese, che “può” richiedere il loro appoggio. E finora ciò non è mai avvenuto, nonostante l’intelligence di Unifil più volte abbia registrato movimenti sospetti.
I caschi blu, alla fine, da vigilanti sono diventati anche vigilati. Infatti, ogni volta che un mezzo esce dal cancello di una base militare di Unifil, ad attenderlo trova sempre un veicolo civile che lo segue per tutto il tragitto. A bordo vi sono due o più persone, che con cellulari o ricetrasmittenti comunicano a Hezbollah gli spostamenti del mezzo. A costoro si aggiunge infine una fitta rete di informatori che il partito di Dio ha istituito nei pressi delle strutture militari dell’Onu. A causa di ciò, prevenire il traffico di armi diventa un’impresa molto ardua. Soprattutto perché l’intelligence si deve occupare prevalentemente di proteggere i caschi blu piuttosto che di indagare. A questo proposito per l’Italia c’è un distaccamento di operatori della Dim (Direzione intelligence militare) dell’Aise (ex Sismi), che vigilano sul nostro contingente (2450 soldati dislocati a Naqoura e Tibnin). In loro “aiuto”, però, sono giunti anche gli stessi Hezbollah. I miliziani, infatti, per evitare che le regole d’ingaggio vengano rafforzate o che sia migliorata la capacità operativa dei caschi blu (leggi aumento delle grane), hanno ridotto al minimo il traffico di armi nella zona di competenza di Unifil e hanno istituito una specie di “rete di protezione” che avvolge i militari dell’Onu.
Tanto che da quando è nata la missione (2006) ci sono stati appena tre attacchi, compreso quello di oggi, e solo in un caso si sono registrati dei morti (sei militari spagnoli nel luglio del 2006). Il traffico illegale di armi, però, è proseguito senza sosta in questi anni e “gli Hezbollah hanno ricostituito completamente, e sviluppato, le loro capacità militari”. Lo afferma un rapporto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, rilasciato il 25 ottobre del 2007. Nel documento si spiegava che la situazione nel Paese dei cedri è sconcertante e in piena contraddizione con la risoluzione 1701. Secondo il rapporto dell’Onu, i guerriglieri sciiti avrebbero anche incrementato le loro forze rispetto al periodo precedente alla guerra con Israele del luglio del 2006. Il documento, infatti, fornisce le prove che negli ultimi anni gli Hezbollah hanno ricevuto ingenti forniture di armi ed equipaggiamenti all’avanguardia, potenziando notevolmente la propria capacità offensiva. A seguito della pubblicazione del documento si era riaperta la polemica sull’efficacia della missione Unifil, guidata dal generale italiano Claudio Graziano. Ma il contrabbando di armi non avviene all’interno della zona di operazioni della forza Onu, bensì più a nord. E i caschi blu a nord del fiume Litani non hanno giurisdizione. La conferma che la missione ha notevoli difficoltà è arrivata anche oggi con il lancio dei due Katyusha su Israele. L’incidente, la cui paternità è ancora da definire, ha dimostrato che, nonostante la stretta vigilanza dell’Onu (centinaia di pattuglie al giorno) e delle forze di sicurezza locali, lanciare attacchi è tutt’altro che impossibile.
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Libano, Unifil: due soldati feriti in un attentato
(Francesco Bussoletti) 8 gen 17:47
#1Bennauro
E a questi vogliono metterli a controllare la Cisgiordania…?
Che barzelletta!