Ecco perchè la politica estera di D’Alema è fallimentare
D’Alema ha un chiodo fisso: senza una soluzione del problema palestinese sarebbe difficile pensare di stabilizzare il Medio Oriente. Personalmente credo che il problema vada visto esattamente al contrario: quando ci sarà pace e democrazia in Medio Oriente la pace tra israeliani e palestinesi sarà automatica. Quel conflitto infatti è mio parere solo un pretesto dei regimi sanguinari del medio oriente per non affrontare i propri fallimenti. Tanto di più nel momento in cui altri paesi poveri stanno rinascendo economicamente (paesi ex-sovietici, India, Cina, ecc.).
Ma facciamo finta che D’Alema abbia ragione, che la pace in Medio Oriente dipenda dal conflitto israelo-palestinese. Se così fosse, la prima cosa che bisognerebbe fare è usare bastone e carota con chi si oppone alla pace: Siria e Iran per primi, visto che sono loro che ufficialmente finanziano e armano Hezbollah, Hamas e tutti i vari groppuscoli destabilizzanti del Medio Oriente.
D’Alema cosa propone a questi interlocutori violenti? solo carote. In Libano per esempio, insiste a trattare con la Siria e con Hezbollah. Nulla di male in sè, se non fosse che costoro trattano con una mano con l’UE (e con D’Alema), e con l’altra uccidono uno alla volta gli oppositori. Ora, se D’Alema vuole trattare con la Siria, è liberissimo di farlo. Ma non può fare finta che il regime di Assad non c’entri nulla con le stragi in Libano e con l’occupazione di Gaza da parte di Hamas. Un politico intelligente non può offrire solo carote, altrimenti non verrà mai preso sul serio e rispettato dai bulli mediorientali. Manca da parte di D’Alema non solo il bastone, ma perfino la minaccia del bastone. Per bastone, sia chiaro, non intendo la guerra. Ma che almeno in caso di manifesta cattiva volontà di pace da parte del regime di Damasco (che è chiara, visto i continui attentati ai leader libanesi antisiriani e il mancato riconoscimento formale dell’autonomia del Libano), scattino sanzioni politiche ed economiche contro la Siria: isolamento internazionale, sanzioni e dazi, ecc.
Fino a quando D’Alema e compagni non capiranno che con i dittatori bisogna anche saper battere i pugni sul tavolo, non riuscirà mai ad ottenere nulla. Le parole, con chi quotidianamente uccide e tortura (il proprio popolo prima di tutto), non sono il linguaggio più efficace. Non con chi conosce solo il linguaggio della forza.