La nostra “guerra santa”: combattere l’incitamento all’odio
Bush se ne va, e qua restano tutti i guai che ha trovato: i venti missili che sono stati sparati sugli inermi cittadini di Sderot nei due giorni della visita, con feriti e distruzioni, l’incapacità o la mancanza di volontà di Fatah di fermare i loro fratelli di Hamas, il massimalismo che ha impedito anche stavolta ad Abu Mazen di parlare di due Stati, uno per i palestinesi, e l’altro per gli ebrei, seguitando così ad alimentare il sogno diffuso quotidianamente, ovvero di inghiottire Israele, dal Mare al Fiume.
Bush ha aiutato Israele a spiegare che non sono i confini del 67 quelli rilevanti, ma quelli che consentono di mantenere una situazione demografica ormai sul campo; ma nello stesso tempo vuole uno Stato Palestinese senza interruzioni territoriali, quando è già del tutto evidente che questo è impossibile in primis per la distanza fra Gaza e la West Bank. La battaglia su Gerualemme, poi, comincerà proprio adesso, dopo che Bush, andandosene senza sostenere l’antico diritto di Israele alla sua capitale storica, lascia aperta la strada a divisioni che possono diventare fatali per qualsiasi arrangiamento di sicurezza, la base stessa di ogni accordo. Perché in questo, Bush ha invece dimostrato un buonsenso che nessun leader europeo avrebbe mai manifestato, quello di ripetere la priorità della lotta al terrorismo su ogni altra cosa. Lui sa, a differenza degli europei, che il terrore, la jihad, sono l’elemento dirimente fra pace e guerra, il vero confine su cui lottare. Quando ha detto “ma a me ai check point mi fanno passare” non era una sciocchezza come in molti, specie israeliani, si sono affrettati a scrivere: era la pura verità. I check point non esisterebbero, non esisteranno, se chi passa non vorrà nuocere.
In questi giorni la TV palestinese ha mandato in onda per l’ennesima volta un clip in cui una giovane donna viene assassinata a sangue freddo dai perfidi soldati israliani. Sale in paradiso, diventa una delle 72 vergini, e presto la raggiunge un giovane anche lui martirizzato per mano degli israeliani. Intanto il mondo arabo seguita a spargere odio a ogni piè sospinto verso Israele, giornali, tv, gruppi politici anti e pro governativi sono autorizzati, anche nei Paesi in pace con Israele, a fare una sola cosa liberamente: spargere odio contro Israele. Questo è il vero terreno su cui Bush può muoversi: o l’aiuto, o la cultura jihadistica dell’odio. Questo può essere fatto senza minacce armate, senza guerre, quietamente o con prese di posizioni pubbliche… Se Bush vuole formare un fronte anti-Iran, deve costringere i Sauditi a chiudere le madrasse che tengono vive in tutto il mondo e in cui si da un’educazione jihadista e suicida, carica d’odio in particolare verso gli ebrei e Israele e che, benché sunnite, saranno sempre pronte a fornire munizioni ideologiche e pratiche ai terroristi filo-iraniani o di Al Qaeda.
Ora che è diretto verso quelle sponde, Bush dovrebbe intraprendere quella guerra veramente santa: niente odio verbale scritto o trasmesso nell’etere, pena la chiusura dei rapporti.
* nella foto una casa di Sderot colpita da un qassam il 9 gennaio.