Libano, Islamic Council vs Hezbollah: È longa manus dell’Iran

 
admin
17 gennaio 2008
1 commento

Libano, Islamic Council vs Hezbollah: È longa manus dell’Iran

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Roma, 15 gen (Velino) – “Hezbollah è la longa manus dell’Iran nel Paese dei cedri. Non riconosce la legittimità delle strutture istituzionali del Libano. Il suo intento è creare una dittatura teocratica sul modello di Teheran. Ecco, noi vogliamo impedire tutto ciò”. Il segretario generale dell’Islamic Arab Council, Al Sayyed Mohammad Ali El Husseini, ha spiegato al VELINO il progetto dell’organizzazione da lui rappresentata. Husseini è un “sayyed” libanese, un alto religioso della confessione islamica sciita, a cui aderisce circa il 10 per cento del totale dei fedeli musulmani. È vissuto molti anni in Iran, ha viaggiato per tutto il mondo. Da un anno ha creato questa istituzione all’interno della società libanese, con lo scopo di contrastare l’influenza culturale del movimento Hezbollah. “I libanesi, e al loro interno gli sciiti, vogliono vivere in pace con tutti. Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, non è interessato alla pace, perché lui ha altri interessi. Cosa ci si può aspettare da uno che si autodefinisce in un’intervista ‘il piccolo soldato di Khamenei’? Lui esegue ordini che vengono decisi a Teheran o a Damasco, non fa certo i nostri interessi nazionali”. Husseini ha citato come esempio i missili katyusha che qualche giorno fa i militanti di Hezbollah hanno lanciato contro la Galilea. “Ogni qualvolta il presidente americano George W. Bush alza i toni contro l’Iran, ecco che si fa sentire Hezbollah. È una pedina nelle mani di Teheran, si ispira al modello iraniano. D’altronde, chi finanzia Nasrallah? Gli ayatollah persiani”. Per Husseini, sbagliano gli americani a minacciare di “colpire l’Iran militarmente, perché si unirebbe il popolo al regime degli ayatollah. Bisogna piuttosto aiutare i gruppi di opposizione ad Ahmadinejad”.

Il religioso sciita ha ricordato che comunque “solo grazie ai dollari di Teheran è stato possibile per Hezbollah creare uno Stato nello Stato, una enclave nella quale sperano di esportare la rivoluzione khomeinista, cioè una dittatura teocratica. Il Libano non vuole questo, è uno Stato democratico e multiconfessionale, nel quale a tutte le religioni è dato lo stesso spazio e nessuno è discriminato all’interno delle istituzioni”. A tal proposito, nella Costituzione libanese sono indicati precisi meccanismi di equilibrio nelle cariche istituzionali dello Stato per garantire un’adeguata rappresentanza ai cristiani maroniti, ai sunniti, agli sciiti e ai drusi nelle istituzioni. “Hezbollah – ha chiosato il religioso sciita – sta ‘bloccando’ la vita politica del Libano, mettendo anche in pericolo il nostro sistema democratico. Loro hanno in mente un’altra idea di nazione e bisogna tener presente che un eventuale regime di Hezbollah potrebbe offuscare il ruolo dei cristiani”. Husseini ha puntato il dito anche contro la Siria. “È bene ricordare – ha puntualizzato – che Damasco continua a esercitare un’influenza negativa sulla vita del nostro Stato. È vero che non ci sono più i loro soldati, ma rimangono i loro agenti dei servizi segreti e una serie di contatti con gruppi libanesi filosiriani. La Siria non riconosce il nostro Stato, i nostri confini. È perciò una fonte di pericolo per la nostra nazione”. Il segretario dell’Islamic Arab Council ha parlato anche delle elezioni alla presidenza della Stato, finora rinviate in più occasioni. “Il generale Michel Aoun – ha detto -, che appartiene alla minoranza cristiana, ha da sempre come obiettivo la presidenza della Repubblica, e per ottenerla si è alleato con Hezbollah. Ma lui è una pedina, e questo lo sa bene la maggior parte dei maroniti, che infatti lo rifiuta come capo dello Stato”.

Husseini ha poi ricordato la guerra dell’estate del 2006 fra israeliani e Hezbollah. “In tutti i conflitti – ha ammesso – è sempre la povera gente che perde qualcosa. Hezbollah, invece, è uscita rafforzata dalle ostilità dell’estate del 2006. Ha infatti avuto più soldi dall’Iran e ha investito molti di questi fondi nella ricostruzione delle case distrutte dai bombardamenti, guadagnandosi così il consenso di molti libanesi”. A quel conflitto seguì una missione internazionale, di cui attualmente l’Italia è al comando e fornisce un consistente contributo in uomini e mezzi. “Dopo la missione a Beirut nel 1982, il nostro popolo ha avuto modo di apprezzare l’Italia per le sue capacità umanitarie. Lo stesso impegno che ha profuso anche nel 2006. Siete attori importanti in quell’area e per il nostro popolo. Perciò ribadisco che il vostro paese può ancora aiutare tanto il Libano nel proprio sviluppo, come ha fatto in passato e come sta facendo adesso”. Il segretario dell’Islamic Arab Council ha voluto chiarire un aspetto importante relativamente alla missione dell’Onu nel Libano: “È concettualmente sbagliato dire che la presenza di Unifil abbia permesso il riarmo degli Hezbollah. Il punto è che la missione internazionale ha come compito quello di ‘salvaguardare’ la pace, non di ‘costruirla’ e quindi imporla. I militari della forza multinazionale, con la loro presenza, impediscono che gli uomini di Hezbollah vadano in giro ostentando il loro potere e le loro armi. Da parte nostra, vorremmo che all’Unifil fosse concesso di pattugliare il confine fra Libano e Siria, da dove passano uomini e armi diretti nel nostro paese”.

Questo è il problema che finisce ancora oggi – come in passato – per alterare la situazione politico-strategica del Paese dei cedri, che diventa quindi l’arena di confronto per decisioni prese altrove. Bisogna fare un passo indietro. Il Libano ha conosciuto una sanguinosa guerra civile, durata dal 1976 al 1990. Nel 1982, inoltre, il Paese dei cedri fu testimone del conflitto dell’esercito israeliano contro le milizie palestinesi e le forze armate siriane. Queste ultime rimasero in Libano cercando di pacificare un’arena sanguinosa in cui le fazioni in lotta – a carattere religioso o di interessi – si fronteggiarono duramente cambiando anche spesso lato della barricata. Il tutto in una girandola di alleanze e tradimenti difficile da elencare. Il ricordo di questo conflitto è però ben presente nella mente del segretario dell’Islamic Arab Council: “Noi non vogliamo una guerra religiosa, siamo proprio contrari all’idea di violenza. In questo caso, si farebbe il gioco di Hezbollah, che è sanguinario e ama la guerra. La religione di cui siamo credenti ci deve unire, non dividere. E, diversamente da quanto fa Nasrallah, un credo religioso non giustifica la violenza, e nemmeno può essere strumentalizzato per fare la guerra. Inoltre Hezbollah è una milizia ben armata e addestrata”. In che modo vuole sconfiggere il gruppo di Nasrallah, Husseini lo ha annunciato in un semplice concetto: “Bisogna combattere l’influenza di Hezbollah con le sue stesse armi: assistere la popolazione a livello sanitario e sociale, creare posti di lavoro per i giovani (e sottrarli così alla propaganda di Nasrallah), creare le condizioni per un cambiamento culturale in quello che è il bacino di arruolamento di Hezbollah”.

Il religioso sciita ha sottolineato come in un anno abbiano ottenuto piccoli risultati nell’azione di contrasto contro Hezbollah: “Abbiamo aperto una fabbrica, ci siamo occupati di alcune famiglie bisognose di cure mediche nella periferia di Beirut. Così facendo ci siamo assicurati la lealtà e il consenso di diverse famiglie”. Al momento, però, mancano le risorse economiche per contrastare efficacemente gli uomini di Nasrallah: “I dollari che arrivano da Teheran – ha attaccato Husseini – permettono a Hezbollah di aprire scuole, officine, fabbriche e ospedali. Creano una rete di servizi che permette a questa organizzazione di avere il consenso sociale. Anche noi abbiamo iniziato a raccogliere fondi, ci siamo costituiti come fondazione caritativa islamica, per poter iniziare anche noi a operare in questo modo”. Non è facile, a ogni modo, riuscire a raccogliere soldi per competere allo stesso livello del Partito di Dio. Perché il denaro che riceve da Teheran, il gruppo di Nasrallah lo impiega anche in una poderosa opera di pubbliche relazioni. Nella guerra dell’estate 2006, il servizio di pubblica informazione dell’organizzazione libanese creò serie difficoltà agli israeliani. Infatti in più occasioni rivelò in anteprima alla stampa occidentale episodi e circostanze in cui erano stati rimasti uccisi soldati dello Stato ebraico, prima che i familiari di questi ne fossero stati informati. Oltre al canale satellitare Al-Manar, che diffonde la propaganda di Nasrallah in tutto il mondo, gli Hezbollah, secondo Husseini, “hanno acquistato azioni di alcune testate giornalistiche in Europa e negli Stati Uniti, per poter influenzare o modificare servizi o reportage a loro sfavorevoli”.

Le capacità mediatiche del gruppo permettono a Hezbollah di sviluppare una vera e propria strategia di marketing, che alla fine porta nelle loro casse molte donazioni. “Come con i soldi di Teheran, anche su questo denaro Hezbollah non dà conto a nessuno – ha specificato il religioso – ma lo usa per aumentare il proprio potere nel Libano”. Infine, non poteva mancare l’accenno a Israele. Dopo aver ribadito il rispetto per tutte le religioni, Husseini si è detto “perfettamente in sintonia con la proposta di pace della Lega araba”, che ha ripreso la vecchia idea del sovrano saudita Abdullah. Un piano che prevede il ritiro di Israele sui confini precedenti alla guerra del ‘67 in cambio del riconoscimento arabo e del ritorno dei profughi palestinesi (oltre quattro milioni) non nel loro futuro Stato indipendente ma all’interno di quello ebraico.

(Michele La Marca) 15 gen 16:28

Il Velino

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  • #1bimba

    bè anche questo è un bellissimo discorso

    2 Ott 2009, 13:55 Rispondi|Quota