Edizione 13 del 21-01-2008
La Libia, appena entrata nel Consiglio di Sicurezza, vuoleva bloccare una risoluzione contro Hezbollah
Ecco cosa fa Gheddafi all’Onu
Per l’ambasciatore libico, forse i razzi su Israele non arrivano dal Libano…
di Dimitri Buffa
La comunità mondiale, e segnatamente quella occidentale, ha fatto veramente un grande affare nel recupero della Libia e del suo leader Muhammar Al Qhatafi, comunemente noto come Gheddafi, alla causa della lotta al terrorismo islamico. Un esempio chiaro di come Gheddafi adesso intenda i rapporti ritrovati con gli Usa e l’Occidente è l’episodio di pochi giorni fa, passato del tutto sotto silenzio nei media europei, del tentativo di non fare condannare gli Hezbollah per i bombardamenti su Israele davanti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Organismo che la Libia presiede per rotazione da pochi giorni, dopo che per la prima volta gli Stati Uniti hanno dato il via libera alla sua candidatura. Due razzi Katyusha si erano infatti abbattuti l’ 8 gennaio di buon mattino sulla cittadina israeliana di Shlomi, in Alta Galilea, ai confini con il sud del Libano, colpendo un’abitazione e una strada. La principale materia del contendere ruotava attorno alla richiesta israeliana che la risoluzione Onu denunciasse esplicitamente l’attacco di razzi come una violazione della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza, quella che ufficialmente pose fine ai combattimenti della guerra in Libano contro Hezbollah nell’estate 2006.
L’ambasciatore libico Giadalla Ettalhi, che ricopre in questo periodo la presidenza del Consiglio di sicurezza, aveva invece fatto sapere che il suo governo respingeva qualunque riferimento alla 1701, sostenendo che all’Onu non risultava alcuna prova definitiva che il lancio dei razzi avesse avuto luogo dal territorio libanese. Un po’ come se i Katyuscia fossero piovuti da un altro pianeta. Gerusalemme, pur avendo segnalato la disponibilità a trovare un compromesso circa i riferimenti espliciti al Libano nel testo del documento, ha invece insistito perché venisse espressamente citata la risoluzione 1701 nella formula di riprovazione.
Da parte sua la Libia ha cercato fino all’ultimo invece di far includere nel testo della bozza di risoluzione una formula di condanna dei sorvoli che le forze aeree israeliane effettuano sul Libano meridionale (per sorveglianza anti-terrorismo), pretesa ovviamente respinta da Israele. Come è andata a finire? Per una volta all’Onu “sono arrivati i nostri” che hanno messo in minoranza la Libia che ha dovuto mandare giù il boccone di dovere fare leggere al proprio rappresentante la risoluzione voluta da Israele che era stata approvata il 10 sera dal Consiglio di Sicurezza.
Fatti del genere però potrebbero ripetersi e la Libia non riconosce neanche la legittimità dell’esistenza dello stato di Israele anche se i paesi membri del Consiglio di sicurezza, anche quelli a semplice rotazione, dovrebbero per statuto avere rapporti diplomatici con tutti i paesi dell’Onu. La Libia è stata nominata lo scorso ottobre, insieme a Burkina Faso, Costa Rica, Croazia e Vietnam, membro a rotazione del Consiglio di Sicurezza dopo che gli Stati Uniti, che avevano bloccato due sue precedenti candidature, avevano deciso questa volta di non opporsi. Per un meccanismo alfabetico, la Libia è diventata presidente dell’organismo (composto da cinque membri permanenti e dieci a rotazione) sin dall’inizio del suo mandato come membro del Consiglio, succedendo alla presidenza italiana. Ciascun paese ricopre la carica di presidente per un mese, seguendo l’ordine alfabetico dei rispettivi nomi in inglese. Libia e Burkina Faso sono entrati nel Consiglio come candidati del gruppo regionale africano per i due seggi rimasti vacanti il 31 dicembre scorso.