Selezione della Rassegna Stampa del 29 Gennaio 2008
Israele nell’Unione Europea? E’ la proposta che Casini, in visita alla Knesset, ha lanciato ieri, ed è stata ripresa da tutti i quotidiani. Casini ha citato le “radici giudaico cristiane” dell’Occidente, e ha ricordato che l’Italia è il Paese in cui gli ebrei vivono da più tempo, auspicando che si risolva presto la questione mediorientale con la nascita di uno Stato palestinese.
Intanto continua la polemica sulla Fiera del Libro di Torino. A fronte di una protesta formale dell’Unione scrittori arabi per la designazione di Israele come ospite dell’anno, Giulio Meotti sul Foglio si scaglia contro i “fucilatori” della sinistra, che hanno pesantemente attaccato Valentino Parlato, icona del Manifesto, per aver ricordato che i comunisti di antica fede, come lui, ammirano Israele, nato come Paese democratico con ideali di sinistra. E ricorda Pierpaolo Pasolino che paragonò l’invasioni da parte degli arabi di Israele nel ’67 all’invasione nazifascista in Italia.
Sul Corriere della Sera Cristina Taglietti intervista Youris Tawfik, scrittore iracheno trapiantato a Torino, che invita gli scrittori arabi al dialogo e sostiene che la protesta è controproducente e finisce per suscitare simpatie verso Israele, proprio l’opposto di quanto gli scrittori arabi desiderano.
Ultimi echi della Giornata della Memoria, che ha monopolizzato la stampa italiana durante tutta la scorsa settimana. Il sindaco Russo Iervolino non avrebbe invitato il rabbino di Napoli Pierpaolo Pinhas Pinturello, a una commemorazione della Shoah (così sostiene Il Tempo, secondo Il Corriere della Sera sarebbe il rabbino ad aver declinato l’invito). La causa dello scontro: la solidarietà del sindaco verso i palestinesi, e la poca simpatia per Israele, che l’avrebbero portata in passato a paragonare la situazione mediorientale all’occupazione nazista.
Interessante su La Voce Repubblicana l’analisi di Emanuele Calò sulla posizione verso Israele di Europa, il quotidiano del Pd. Calò cita l’articolo di Janiki Cingoli del 24 gennaio, in cui si parla del “governo di Tel Aviv”: una gaffe, o la linea politica del giornale è quella di non riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele? Inoltre il direttore Stefano Menichini, che proviene dal Manifesto ha scelto il 22 gennaio pubblicare una eloquente vignetta in cui, per commentare il taglio dell’elettricità a Gaza, si vede un arabo crocefisso ad un palo della luce…
Sempre sul tema delle vignette, Michele Serra nella sua quotidiana “Amaca” su Repubblica, si indigna contro l’ottusità di chi ha protestato per l ‘immagine di Anna Frank con la kefiah, disegnata da un giovane artista: si tratterebbe, sostiene Serra, di “un simbolo positivo di integrazione e unione di due popoli”. Ne siamo proprio sicuri? O non si tratta piuttosto di un altro modo di sostenere l’odiosa tesi che Israele equivale al nazismo?
Liberazione, in una lunga intervista di Daniela Binello a Tareq Alsuwaidan, conduttore di grande successo sulla televisione del Kuwait, ricorda che anche l’Islam moderato ha successo. La sua trasmissione Al Wassata, la via media registra 6 milioni di ascoltatori, con picchi di 20 milioni durante il Ramadan. Predica la moderazione, l’emancipazione femminile, e sostiene che il fanatismo terrorista è una rovina per l’immagine dell’Islam.
Sull’Unità Umberto De Giovanangeli traccia un quadro molto allarmato della situazione in Libano, dopo l’uccisione di nove manifestanti dell’opposizione filosiriana da parte dell’esercito. Intervista Ahmad Fatfat, consigliere di Hariri ed ora esponente del governo di Fuad Sinora, secondo il quale la morte di Wissam Ed, capitano dell’intelligence libanese, che avrebbe gli stessi mandanti dell’assassino di Hariri, corre il rischio di scatenare una nuova guerra civile.
E infine una notizia”leggera”. Israele chiede scusa ai Beatles per aver cancellato nel 1965 un loro concerto, giudicando i cantanti inglesi corruttori dei giovani, e invita Paul e Ringo, i due superstiti, a esibirsi in maggio a Tel Aviv. Secondo Alessandra Coppola del Corriere della Sera, le scuse ufficiali del governo farebbero parte di un progetto volto a migliorare l’immagine di Israele nel mondo. Ma invitare i Beatles aiuta a migliorare l’immagine di Israele? Panem et circenses, verrebbe voglia di commentare…
Viviana Kasam