Edizione 55 del 19-03-2008
Politica Estera
Massimo D’Alema anti-israeliano per ragioni di poltrona
di Dimitri Buffa
Più delle convinzioni contano le poltrone che si ambisce ottenere. Per questo Massimo D’Alema insiste nelle proprie posizioni anti-americane e soprattutto anti-israeliane anche da ministro degli Esteri in carica a tempo scaduto. Baffino infatti punta a occupare il posto che è attualmente di Xavier Solana e, dicono, a diventare in seguito (come Craxi prima di lui) vicesegretario dell’Onu. Così il cerchio della nemesi si chiuderà. Per ottenere la prima carica servono i voti di tanti paesi la cui classe politica e i governi sono tradizionalmente anti-Israele: Cipro, Malta, Norvegia, Lettonia, Finlandia, Grecia. Per ottenere la seconda occorre anche l’assenso dei paesi arabi, dell’Iran, della Cina e della Russia. Ergo? Israele dovrà farsene una ragione: ogni qual volta sarà ucciso un civile israeliano da un razzo Qassam sparato da Gaza o dal sud del Libano tenga ben presente che se verranno uccisi per rappresaglia terroristi senza divisa costoro si trasformeranno immediatamente in “poveri palestinesi innocenti”.
Il tutto a maggior gloria della futura carriera del leader Maximo del Pd. E la reazione sarà giudicata “sproporzionata”. Di default. Recentemente D’Alema ha creato un incidente diplomatico con il pur compassatissimo ambasciatore israeliano a Roma Gideon Meir. Il quale, a proposito di trattative con Hamas, ha fatto il seguente paragone: “Chi ci invita a negoziare con Hamas ci invita semplicemente a negoziare sulla misura della bara e sul numero dei fiori da mettere sulla corona…”. Aggiungendo che “Hamas vuole soltanto la distruzione di Israele”. Fin qui è tutto noto. Quasi scontato. Pochi sanno però che la gaffe di D’Alema è stata ben più grande e nelle sedi internazionali: infatti autorevoli fonti dicono che sia stato pressoché zittito dalla sua collega agli Esteri nello stato ebraico, Tzipi Livni, che, durante un incontro a Lisbona, lo ha interrotto bruscamente mentre si avventurava nelle sue solite, avventurose, analisi geopolitiche, e scoprendo il polso nonché indicando l’orologio con voce gelida gli avrebbe sibilato in faccia: “Ho solo 15 minuti per lei, ne tenga conto”. Giorni addietro era scoppiato un altro caso soffocato sul nascere: Nabih Berri, lo sciita ex leader di Amal, che appoggia Hezbollah dallo scranno che occupa come presidente del parlamento libanese, avrebbe immediatamente cercato al telefono il titolare della Farnesina dopo le dichiarazioni dell’ex ministro della difesa Antonio Martino, possibiliste su una riduzione del contingente italiano per Unifil 2, visti gli scarsi successi e l’evidente riarmo di Hezbollah grazie a armi che vengono dall’Iran tramite la Siria.
Immediatamente D’Alema ha fatto una dichiarazione allarmata secondo cui “simili affermazioni danneggiano il Paese”, cioè l’Italia. In realtà anche quella imprudente affermazione va letta nell’ottica della scalata al posto attualmente di Xavier Solana: oramai è chiaro a tutti, infatti, che Unifil 2 più che proteggere Israele dagli Hezbollah ha fatto esattamente viceversa. Evitando incursioni aeree e terrestri di Tzahal a caccia di quelle armi ai terroristi di Nasrallah che Unifil 2 si è guardata bene dall’intercettare. Quindi D’Alema garantisce gli Hezbollah, non Israele. E vedrete che presto la tanto ambita poltrona di prestigio internazionale la otterrà. Sulla pelle degli israeliani che cadono per via dei missili o degli attentati terroristici di Hamas e di Hezbollah. Attacchi che partono, rispettivamente, da Gaza o dal sud del Libano.