Edizione 59 del 26-03-2008
Il caso
“Jenin Jenin”, i cineasti italiani difendono la propaganda araba
di Dimitri Buffa
E’ censura non proiettare un film documentario pieno di accuse fraudolente a Israele e agli Stati Uniti come “Jenin, Jenin”? O è semplice prudenza di chi non vuole essere trascinato nella assurda propaganda anti-israeliana del regista? In tutto il resto del mondo occidentale, di questo finto caso non si parla più da anni, da ben prima della condanna civile del regista. Precisamente da quando lo stesso Bakri ammise di avere ingigantito gli eventi e di avere parlato di “massacro” citando esclusivamente fonti palestinesi. Il film a detta di chi l’ha visto non è affatto un granché, minato come è dalla ideologia anti ebraica che trasuda da ogni fotogramma. Ma tant’è: in Italia i soliti registi di sinistra alla Citto Maselli hanno tentato di sollevare un caso su questo film parlando di censura per tutte quelle sale che non lo hanno voluto proiettare per evitare guai giudiziari. Così, dopo avere organizzato la solita rete di proiezioni militanti nei vari cine club della penisola, adesso sono arrivati a firmare una specie di appello grottesco a favore del film e del regista che suona così: “è senza dubbio curioso che una Campagna nata in Italia che ha visto nomi prestigiosissimi del mondo cinematografico italiano – da Lizzani a Monicelli, da Giuseppe Bertolucci a Giuseppe Piccioni, da Marco Tullio Giordana ad Alberto Barbera – abbia avuto molta più ripercussione in Israele, sino ad ora impermeabile al ’problema’ Bakri, che qui in Italia”.
Poi si passa al merito della questione: “cinque riservisti mai inquadrati nel film, denunciano Bakri per calunnie e falso. Il processo è in corso e nelle ultime udienze il tribunale si è soffermato sul termine ‘massacro’, utilizzato da alcuni degli abitanti del campo, per avvalorare l’accusa di falso… è ben strano che famosi e prestigiosi giornalisti e intellettuali israeliani – Gideon Levi, Uri Avneri tra gli altri – che utilizzarono più volte la parola in oggetto nei loro scritti non abbiano invece subito conseguenze giuridiche. La campagna promossa in Italia con l’unico scopo di ribadire l’ineludibile diritto alla libertà di espressione artistica ha avuto, finalmente, spazio in Israele attraverso diversi articoli pubblicati su Ha’aretz negli ultimi giorni, articoli ampiamente e, per lo più, duramente contestati nel forum dell’edizione on-line del quotidiano israeliano.” Tra i firmatari: Giuseppe Bertolucci, Mimmo Calopresti, Gaetano Capizzi, Saverio Costanzo, Giuliana Gamba, Roberto Giannarelli, Marco Tullio Giordana, Carlo Lizzani, Daniele Luchetti, Mario Martone, Francesco “Citto” Maselli, Mario Monicelli, Moni Ovadia, Sandro Petraglia, Giuseppe Piccioni. Per la cronaca, a Jenin ci fu una battaglia durata dieci giorni con 57 morti tra i terroristi di Hamas e della Jihad Islamica e in Israele, tanto il tribunale di primo grado quanto quello di secondo grado, pur condannando Bakri a rifondere i riservisti non si sono mai sognati di proibire la proiezione di “Jenin, Jenin”.