Il falso “Olocausto palestinese” in mostra a Gaza
Una mostra a Gaza che ritrae Israele che brucia bambini palestinesi nei forni: è l’ultima novità in fatto di demonizzazione di Israele e banalizzazione della Shoà. L’ha organizzata un gruppo palestinese denominato Comitato Nazionale per la Difesa dei Bambini dall’Olocausto, ed è stata inaugurata a fine marzo col titolo “Gaza: una mostra per descrivere le sofferenze dei bambini nell’Olocausto”.
Titolo quanto mai ingannevole: anziché illustrare – come si potrebbe pensare – il genocidio nazista degli ebrei d’Europa, la mostra dipinge Israele come il colpevole del “vero” Olocausto, e i bambini palestinesi che vengono “bruciati” da Israele nel modellino di un forno crematorio con tanto di svastica e stella di Davide. Stando a quanto scrive il quotidiano di Ramallah Al-Ayyam, “la mostra include un grande forno dentro al quale dei bambini vengono bruciati. L’immagine parla da sé”.
Netta la condanna dell’Organizzazione Sionista d’America, secondo la quale “evidentemente non ci sono limiti alla perversione raggiunta dall’educazione e istigazione all’odio in campo palestinese”.
“Nel corso degli anni – dice il presidente dei sionisti americani Morton Klein – abbiamo visto ogni sorta di degenerazione, compresi i bambini indottrinati e trasformati in attentatori suicidi, e la pubblica esaltazione di stragisti e assassini di massa. Ora vediamo palestinesi, sia di Hamas che di Fatah, descrivere gli israeliani come sterminatori nazisti, senza insegnare assolutamente nulla sulla vera Shoà, quella di cui l’allora leader dei palestinesi Haj Amin el-Husseini fu di fatto attivo partecipe. Husseini non solo orchestrò champagne per l’assassinio degli ebrei nel Mandato Britannico, ma divenne anche fedele alleato dei nazisti adoperandosi con determinazione per accelerare la deportazione e l’uccisione degli ebrei. Dipingere gli israeliani come sterminatori nazisti significa in sostanza affermare che quello ebraico è un popolo malvagio che dovrebbe essere distrutto, come lo fu il regime nazista. Finché i palestinesi non saranno seriamente chiamati a rispondere della loro promessa di porre fine a questa educazione all’odio e all’assassinio, non ci sarà da aspettarsi alcuna vera pace”.
“Ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso – spiega Itamar Marcus, di Palestinian Media Watch – Già in passato i palestinesi hanno spesso paragonato le politiche di Israele alla Shoà” Ma nel corso degli ultimi anni, Palestinian Media Watch ha documentato uno “spaventoso incremento” nell’utilizzo del termine “Olocausto” nei mass-media palestinesi. Marcus dice che ora viene usato “regolarmente, più volte la settimana e più volte in ogni articolo”, anziché una volta al mese, come avveniva in precedenza. Il che suscita serie preoccupazioni a vari livelli. “L’utilizzo di questo termine – spiega Marcus – ha senza dubbio permeato la società palestinese, e oggi viene usato come un termine della storia palestinese”. Una volta adottato su larga scala, serve a delegittimare gli israeliani facendoli passare per aggressori e ipocriti. Inoltre, aggiunge lo studioso, lo stravolgimento del linguaggio sulla Shoà costituisce una forma di istigazione all’odio che, sebbene non inciti all’aggressione violenta in modo diretto, tuttavia è altrettanto pericolosa. Marcus paragona il discorso attuale e la promozione dell’odio a quelli che imperversavano nel periodo 1996-2000 quando “nella società palestinese veniva pompato odio in modo incessante”. Una volta instillati nella popolazione “odio, paura e la sensazione che la vendetta sia più che legittima, l’esplosione della violenza non è che il passo successivo della spirale terroristica. A lungo termine, il pericolo più grande per la pace – conclude Marcus – è la promozione dell’odio. E questa è del genere peggiore: in quei ragazzi imprimerà l’odio per sempre”.
(Da: Jerusalem Post, 26.03.08)
Nella foto in alto: Ragazzini palestinesi davanti al modellino che rappresenta un forno crematorio “israeliano” in cui vengono gettate bambole raffiguranti bambini palestinesi
Si veda anche:
http://www.pmw.org.il/Bulletins_mar2008.html#b200308