Il palestinese medio non vuole sacrificare la sua vita per Hamas
di Dimitri Buffa
Il 41% dei palestinesi residenti nella Striscia di Gaza sarebbe intenzionato ad abbandonare, se potesse, immediatamente la zona. A rivelarlo è stato un sondaggio diffuso dalla Radio Militare israeliana, secondo cui il 94% degli intervistati è convinto che con l’avvento di Hamas la condizione economica dei palestinesi sia significativamente peggiorata. Su 900 interpellati, infatti, il dato che emerge è che il 64% vive sotto alla soglia di povertà. La metà dei residenti di Gaza intervistati, inoltre, si dice “meno sicuro da quando (nel giugno 2007) Hamas ha assunto il potere” mentre il 32% sente incrementato il livello di sicurezza e il 18% non nota cambiamenti. Il sondaggio è tanto più importante in quanto avviene all’indomani di alcune inevitabili azioni mirate israeliane nella Striscia per rispondere ai numerosi attacchi missilistici e non degli ultimi giorni. Solo ieri per esempio sono stati uccisi altri tre militari israeliani nel solito agguato a Gaza mentre altri due sono stati feriti. La risposta israeliana, un raid aereo sul villaggio di Al Bureij, ha provocato 9 morti e 17 feriti, tra cui il cameraman della Reuters Fahdil Shanaa, la cui auto è stata colpita da un missile.
Ma i cittadini palestinesi cominciano anche a prendere coscienza dell’inquinamento ideologico del fondamentalismo islamico dei terroristi di Hamas. Che solo pochi giorni fa avevano candidamente ammesso, anzi rivendicato, alla Tv di regime Al Aqsa, controllata dagli uomini di Khaled Meshaal, che loro ritenevano giusto e logico usare donne e bambini come scudi umani per difendersi dagli omicidi mirati delle forze di sicurezza israeliane. Un cinismo che potrebbe non avere lasciato indifferente nemmeno tutte quelle persone che Hamas si ostina a considerare come carne da cannone. Più precisamente era stato l’esponente di Hamas Fathi Hammad a dire testualmente che “per il popolo palestinese, la morte è diventata un’industria, nella quale hanno la meglio le donne, come del resto tutte le persone che vivono in questa terra, gli anziani eccellono in questo, come pure i mujaheddin ed i bambini”. Fathi, che è parlamentare palestinese, aveva poi aggiunto che “è questa la ragione per la quale il popolo palestinese ha trasformato in scudi umani le donne, i bambini, gli anziani e i mujaheddin con il chiaro obiettivo di sfidare la macchina dei bombardamenti israeliani… è come se dicessero al nemico sionista: noi vogliamo la morte allo stesso modo in cui voi volete la vita”.
Il problema adesso è quello di capire quanti di quegli scudi umani siano realmente volontari e quanti invece non lo siano affatto. Tutte le testimonianze sinora raccolte affermano che la grande maggioranza di loro non lo fa perché ci crede, ma perché costretta dai miliziani di Hamas, pena la morte, a mettersi sui tetti delle case dove soggiornano i capi del movimento islamico e intorno alle aree da dove vengono lanciati i razzi Qassam su Israele. Secondo quanto ammesso dallo stesso Fathi Hammad, sarebbero quindi i miliziani di Hamas i veri responsabili della morte di molti civili. Naturalmente Hammad dice che i “martiri” sono volontari, mentre questo non corrisponde alla verità che si sente dalle bocche dei fuoriusciti da Gaza. Purtroppo per sentire la verità in bocca a uno di questi fuoriusciti bisogna prima dargli un rifugio e un asilo politico sicuro fuori dai Territori, pena la morte dell’interessato al suo eventuale rientro. Da tempo Hamas agisce a Gaza come la mafia in Sicilia facendo proseliti a colpi di morti ammazzati e convincendo le famiglie a sacrificare un figlio al terrorismo suicida per non dovere morire tutti invece che uno solo. Questi sondaggi raccolti quasi clandestinamente dai media israeliani sono un’ulteriore conferma.
(L’Opinione.it, 17 aprile 2008)
#1max
Non sono improvvisamente impazzito.
Pongo una domanda surreale, lo comprendo, ma penso si adatti al clima.
Non si potrebbe ospitare le comunità palestinesi che vogliono lasciare la striscia di Gaza in qualche parte del mondo ? Ci sono pascoli non utilizzati in Abruzzo e Marche.
Davvero. O verranno tutti sterminati (e l’odio durerà per secoli) o si trova il modo di ricollocarli.
Ricollocarli: come i lavoratori spocialmente utili.
I fin dei conti soffrono di più coloro che non trovano un lavoro dopo i cinquant’anni che i Palestinesi.
Nel terzo millennio, per chi è ai margini, è meglio esplodere che vivere. Non esistono solo Palestina e Israele: non siamo più nel ‘900. Pensiamoci.
#2alessandro bonazzi
Non voglio extracomunitari a casa mia senza un lavoro e/o redditto….
#3Francesco Mangascià
Max, per cortesia, i palestinesi, al limite trasferiscili nel Ladakh, qui abbiamo già tanti guai..