Hamas alza il prezzo per la libertà di Ghilad Shalit

 
admin
24 maggio 2008
1 commento

Edizione 100 del 21-05-2008

Trattative segrete

Hamas alza il prezzo per la libertà di Ghilad Shalit

di Michael Sfaradi

Non è un segreto che il governo israeliano tenga contatti, direttamente o tramite intermediari, anche con le organizzazioni terroristiche. I motivi che giustificano questi contatti ci sono e sono anche seri. Il più importante fra loro è il lasciare aperta la possibilità di uno scambio di prigionieri che permetta il ritorno a casa sia di Ghilad Shalit, rapito da Hamas che di Eldad Regev e Udi Goldwasser rapiti da Hezbollah. Ultimamente sono trapelate notizie, non ufficiali, che le trattative con Hamas tramite l’intermediazione dell’Egitto per il rilascio di Ghilad Shalit, fossero in uno stato avanzato, ma come sempre succede in questi casi per ogni passo che si fa in avanti ce ne sono due indietro. Hamas sa di trovarsi in una posizione di forza e vuole sfruttare la sua situazione al fine di ottenere vantaggi sia politici sia strategici.

Le richieste sono difficili da esaudire da parte del governo israeliano che si trova nella scomoda posizione di dover riportare in patria un suo militare cercando nel frattempo di evitare situazioni che in futuro potrebbero diventare scomode e pericolose. Infatti l’organizzazione terroristica vuole scambiare Shalit con un considerevole numero di terroristi, sembra fra le 70 e le 100 unità, già condannati a più ergastoli o a lunghe pene detentive per atti di terrorismo costati la vita a cittadini israeliani; vuole l’apertura dei blocchi che, tranne per i passaggi internazionalmente riconosciuti, chiudono la striscia di Gaza e vuole un cessate il fuoco per un periodo di tempo variabile dai sei mesi ad un anno. La situazione è terribilmente seria e non serve essere degli analisti per capire quanto possa essere difficile per il governo israeliano accettare simili condizioni. Per prendere decisioni di questo tipo servirebbe un governo saldamente al potere e con una larga maggioranza in parlamento, e questo non è il caso dell’esecutivo guidato da Olmert che naviga in mezzo a scandali finanziari e che deve rispondere a quesiti piuttosto scomodi.

La liberazione degli ostaggi è fra le priorità del Ministro della Difesa Barak che deve tener conto che, se si arrivasse ad una soluzione di questo tipo, la propaganda di Hamas dipingerebbe Israele come una nazione in ginocchio e questo, l’esperienza ce lo insegna, spingerebbe gli animi verso uno stato di aggressività da parte palestinese ancora più alta con conseguenze disastrose. C’è anche da chiedersi come potrebbe reagire l’opinione pubblica israeliana, nel momento in cui uno dei terroristi scarcerati fosse implicato in azioni di guerra o attentati terroristici e si macchiasse ancora di crimini verso la popolazione civile. Le critiche verso il governo e questo tipo di politica si abbatterebbero violente e chiuderebbero la via al dialogo. Visto che Hamas predica e persegue la distruzione di Israele è facile capire che il cessate il fuoco non è visto da Hamas come un mezzo per arrivare a dei colloqui che portino ad accordi di pace, ma un espediente per prendere tempo e potersi riarmare con nuove e più sofisticate armi in vista di nuovi scontri.

La cosa più pericolosa, politicamente parlando, è che trattare apertamente con un’organizzazione terroristica come Hamas significa darle legalità, in qualche modo sdoganarli agli occhi della comunità internazionale e sappiamo benissimo che sono troppi al mondo i “buoni di sinistra” che, volendo mantenere una “verginità virtuale”, aspettano solo la scusa per aprire ai nemici di Israele.

Opinione.it

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  • #1Shofar

    The Australian

    Palestinian victims of Hamas swear revenge

    Martin Chulov, Middle East correspondent

    May 17, 2008

    SHADI Bakr Ahmad gingerly eased his legless torso into two new plastic limbs and vowed they would one day walk him back to his brutal destiny in Gaza.

    Fatah men Osama Abu Nahl, left, Shadi Bakr Ahmad, and Zakaria Al Ra’i were all shot in the legs by Hamas. Picture: Stewart Innes

    The Fatah man and his 14 comrades in rehabilitation have barely six legs left between them, after being mutilated by their Hamas rivals during the violent takeover of power last June. All have unfinished business: they want to get back on their makeshift feet soon to hunt down the men who maimed them.

    An agreement to be announced this weekend between Israel and Egypt, acting on behalf of the rulers of Gaza, means the former soldiers may soon get their wish.

    If, as expected, Israel signs off on the offer of a six-month truce, the gates of Gaza will be opened for the first time in 11 months – and Ahmad and his loyalists will be sent to man them, keeping Hamas far from the border fences.

    The deal is supposed to herald better times for Gaza’s war-ravaged 1.4 million people, most of whom have been unable to leave since Hamas took outright control and have ever since craved a taste of life without death and mayhem.

    But the would-be custodians of peace have a blood feud to take care of first: a vengeance that runs deeper than a broader commitment to the Palestinian cause and one that threatens to undermine any hope of detente. They have sworn vows to their families and to each other that guarantee more blood will be spilt as soon as the two sides are on the same patch of land.

    “We Arabs have been like that since the day we were born,” says another victim of the violence, Abu Mohammed, as he lays paralysed in a hospital in Ramallah. “I know the man who did this to me and it is now my life’s ambition to do the same to him.”

    Gaza was consumed by a seemingly endless cycle of payback last year, with 439 Palestinians killed during infighting – up from 55 the year before.

    The carnage led some observers to declare the outbreak of an Intrafada, as the Intifada against Israel, launched six years earlier, was finally brought under control.

    Unlike the Fatah men, Abu Mohammed is not linked to the Palestinian security forces. He was, however, a Fatah loyalist gunned down on Gaza’s day of infamy, June 14 last year.

    “There was a Fatah parade coming down the street of my neighbourhood and my daughter asked if she could go outside to look,” he said.

    “But soon there were gunshots coming from the cross-streets. Hamas were threatening to ambush them. I went outside to get the girls in and as I stood in the doorway, I saw a man level his rifle and shoot at me from across the street. My legs buckled immediately and here I am now.”

    The story of Mr Ahmad’s maiming, and that of his friends, is more premeditated and savage.

    “I explode when I look at myself like this,” he said, massaging the scars on his two stumps, which start just below his groin.

    The day before the violence, Mr Ahmad was warned by Hamas that he was too familiar with a local Fatah strongman.

    The following morning, as gunfire erupted around Gaza, Hamas came knocking.

    They blindfolded him, took him into a room with at least six others and raked his legs with bullets. As the men lay screaming, a balaclava-clad man trampled on their wounds. “Look at this situation,” Mr Ahmad said. “We got shot for Fatah and look at us. Hamas people are treated in Iran and given money. We have no money, no family with us and very little compensation. All I got was one month in hospital.”

    The Fatah men were allowed transit through Israel to West Bank rehabilitation centres in Ramallah and Bethlehem, but few have had access to their families since.

    “My daughter is nine months old and I haven’t seen her yet,” Mr Ahmad said. “She cannot get a pass from Israel to visit me.”

    Though committed to returning to Gaza to face up to their torturers, few of the men see a future there. “I will go,” soldier Zakaria Al Ra’i said, “but if I stay, they will kill me for sure. They blindfolded me last year and kidnapped me for 24 hours. They then said I could go, but were talking on the phone the whole time. Then they shot me in the leg and in the head. But the bullet grazed me. They wanted me killed. Gaza is going to be a hotspot for vengeance. Blood brings blood.”

    http://www.theaustralian.news.com.au/story/0,25197,23710388-15084,00.html

    26 Mag 2008, 13:37 Rispondi|Quota