Edizione 130 del 26-06-2008
In Israele è polemica dopo le notizie confuse sui militari rapiti da Hezbollah nel 2006
Libano, i prigionieri perduti
di Michael Sfaradi
Il destino di Gilad Shalit, Ehud Goldwasser ed Eldad Regev, i tre militari attualmente prigionieri in mano nemica è l’argomento che in Israele tiene banco sia sui giornali che nei cuori della gente. C’è tanta confusione intorno a questa faccenda. Questo perché al contrario di quello che avviene per i terroristi detenuti nelle prigioni israeliane, che vengono trattati secondo le convenzioni di Ginevra sotto la supervisione della Croce Rossa Internazionale, degli israeliani in mano nemica si perdono le tracce. Questo vale per il Capitano Ron Arad, fatto prigioniero in Libano nel 1986 e del quale non si è più avuta nessuna notizia certa. Vale per il Caporale Shalit, in mano ad Hamas, e per i riservisti Goldwasser ed Regev rapiti da Hezbollah. Per quello che riguarda questi ultimi due, una prima tragica notizia la si è avuta ieri quando il Ministero della Difesa e Sicurezza ha inoltrato al Rabbinato Militare i documenti con le informazioni raccolte su di loro dai servizi segreti. Questo passaggio è un atto che potrebbe portare, in tempi brevi, ad una dichiarazione di morte presunta e sepoltura in luogo sconosciuto. Questo perché, tranne pochissimi casi, ogni volta che un soldato israeliano è stato fatto prigioniero da Hezbollah è tornato, e non tutti sono tornati, dentro una cassa di legno. Inoltre si sa che Goldwasser e Regev, al momento del loro rapimento, furono feriti ed in base alla quantità di sangue rimasta a terra, i periti hanno dichiarato che le ferite loro inferte non erano di lieve entità.
Neanche la delegazione tedesca, che cura le trattative fra le parti, è attualmente in grado di confermare la loro esistenza in vita e tutto lascia pensare al peggio. La notizia è stata data dalla radio militare senza che le famiglie fossero state preventivamente avvertite, per questo ci sono stati strascichi polemici fra i familiari dei due prigionieri ed il portavoce del Ministero della Difesa.
C’è chi ha pensato che si potesse trattare di una mossa studiata a tavolino dal governo israeliano per costringere Hezbollah a produrre delle prove o, al contrario, far capire che due cadaveri non possono valere la scarcerazione di quei terroristi di cui Hezbollah chiede la liberazione. A conferma di questo il portavoce dell’organizzazione sciita si è subito affrettato a mettere in chiaro che le loro richieste per il cambio dei prigionieri non cambieranno anche in caso di una dichiarazione di morte presunta, ma si è guardato bene dal dare una qualsiasi prova che i prigionieri siano ancora vivi. Hezbollah vuole la liberazione di feroci assassini che in molti casi si sono macchiati di crimini contro la popolazione civile, è naturale che Isreale tentenni nel prendere una decisione, anche perché ci sono, è giusto ricordarlo, anche delle voci fuori dal coro che si chiedono, con amarezza, se valga la pena, per riavere indietro delle salme, di rimettere in libertà assassini, gente che, una volta in libertà, tornerebbe ad essere un grave pericolo e ricomincerebbe immediatamente a seminare terrore fra la popolazione civile israeliana.