I novantun anni della Dichiarazione Balfour

 
Emanuel Baroz
4 novembre 2008
5 commenti

I novantun anni della Dichiarazione Balfour

La Dichiarazione Balfour

La Dichiarazione Balfour

Da un articolo di Ashley Perry

Questo 2 novembre la Dichiarazione Balfour – il primo, cruciale riconoscimento ufficiale delle aspirazioni nazionali ebraiche – ha compiuto 91 anni. Sebbene in quanto tale la Dichiarazione non possedesse un elevato status giuridico (in quanto nasceva come una sorta di scrittura privata fra l’allora ministro degli esteri britannico Lord Arthur James Balfour e presidente della federazione sionista britannica Lord Rothschild), tuttavia essa poco dopo, nel 1920, venne incorporata nel Trattato di pace di Sèvres con la Turchia e nel testo del Mandato sulla Palestina adottato all’unanimità dalla Società delle Nazioni nella Conferenza di Sanremo. Essa dunque conferì al sionismo una legittimità nel diritto internazionale che ben pochi movimenti nazionali, prima e dopo di allora, possono vantare. Forse ancora più sorprendente, oggi, è il fatto che il leader di allora del movimento nazionalista arabo, re Feisal, appoggiò la Dichiarazione Balfour, esplicitamente citata nell’Accordo Feisal- Weizmann del 1919 (art. 3).

Anche se, da allora, molti hanno cercato di negare il valore centrale di questo documento e il suo stretto rapporto con il Mandato conferito alla Gran Bretagna dalla Società delle Nazioni, non è così che vedevano le cose i suoi estensori britannici. Anzi, come venne affermato nel Rapporto della Commissione Reale Peel del 1937, “scopo primario del Mandato, espresso nel suo preambolo e nei suoi articoli, è quello di promuovere la creazione del Jewish National Home (focolare nazionale ebraico)”.

Le bozze iniziali della Dichiarazione Balfour parlavano dell’aspirazione “che la Palestina venga ri-costituita come focolare nazionale del popolo ebraico” (in questi termini si esprime infatti il testo del Mandato). Chiaramente era la Palestina nel suo complesso che sarebbe dovuta diventare sede nazionale ebraica (come scrisse la Commissione Peel. “il campo in cui il focolare nazionale ebraico avrebbe dovuto stabilirsi era inteso, al tempo della Dichiarazione Balfour, che fosse l’interna Palestina storica”).

La stesura finale venne modificata includendovi la clausola: “essendo chiaro che nulla deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina, ne’ i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni”.

Molti hanno sostenuto che il termine “Jewish National Home” non corrisponde alle aspirazioni del sionismo, suggerendo che la Dichiarazione non abbia mai inteso incoraggiare la creazione di uno stato vero e proprio. Interpretazione fallace, tant’è vero che tutti i principali protagonisti della stesura del documento pensavano proprio il contrario. Certo, in quel momento per il governo britannico sarebbe stato impossibile sul piano diplomatico promettere uno stato, non foss’altro perché il territorio in questione non era ancora sotto il suo controllo. Il termine “National Home” venne usato come primo passo sulla strada verso la sovranità statuale. David Lloyd George, che era allora il primo ministro a Londra, attribuì agli stessi ebrei l’onere di trasformare il focolare nazionale in uno stato nazionale. Come disse nella sua deposizione alla Commissione Peel, “l’idea era che, quando sarebbe arrivato il momento di accordare istituzioni rappresentative alla Palestina, se nel frattempo gli ebrei avessero risposto all’opportunità offerta loro dal concetto di focolare nazionale e fossero diventati una chiara maggioranza, … allora la Palestina sarebbe diventata una comunità indipendente (commonwealth) ebraica”.

Altre figure influenti come Lord Robert Cecil nel 1917, Sir Herbert Samuel nel 1919 e Winston Churchill nel 1920 parlarono dello stato ebraico che ne sarebbe seguito. Churchill, parlando alla Commissione Reale del Libro Bianco del 1922 da lui promulgato, disse anche che si sbagliavano coloro secondo i quali la Dichiarazione Balfour o il Mandato sulla Palestina precludevano uno stato ebraico. “In esso – stabilì infatti la Commissione – non c’è nulla che proibisca la definitiva creazione di uno stato ebraico, e il signor Churchill stesso ci ha sottolineato come nessuna proibizione di questo tipo fosse nelle intenzioni”.

Vi è anche chi sostiene che il linguaggio della Dichiarazione e del Mandato conferirebbero uguale peso alle aspirazioni nazionali degli ebrei e ai diritti civili e religiosi delle varie comunità di non-ebrei residenti sul territorio. Il che è errato per il semplice fatto che lo scopo principale sia della Dichiarazione sia del Mandato, come si è detto, era quello di “promuovere la creazione della National Home ebraica”. Tant’è vero che il testo del Mandato rendeva la Gran Bretagna “responsabile di mettere il paese in condizioni politiche, amministrative ed economiche tali da garantire la creazione della National Home ebraica”. Parole che implicavano chiaramente un intervento attivo da parte della potenza mandataria. “Stare semplicemente inerti – scrisse Churchill – per evitare frizioni con gli arabi e salvaguardare i loro diritti civili e religiosi abdicando al positivo esercizio della creazione della sede nazionale ebraica non costituirebbe una fedele interpretazione del Mandato”.

Infatti il testo del Mandato abbondava di riferimenti ad azioni che si sarebbero dovute intraprendere per garantire la National Home ebraica: l’amministrazione mandataria era chiamata a “favorire” l’immigrazione ebraica e “incoraggiare” l’insediamento di ebrei nel paese.

Innegabilmente la Dichiarazione Balfour costituì un unicum non solo nella storia degli ebrei, ma probabilmente anche nella storia dei movimenti nazionali. Per un breve periodo, tutte le maggiori potenze, lo stesso leader del mondo arabo e le principali parti interessate concorsero a creare un meccanismo inteso ad esaudire il sogno sionista. Un fatto che non dovrebbe essere trascurato né sottovalutato nel momento in cui il sionismo deve ancora battersi per veder riconosciuta la sua piena legittimità, nonostante ben pochi movimenti nazionali al mondo possano vantare al loro attivo un tale documento di legittimazione giuridica, integrato nel diritto internazionale.

(Da: Jerusalem Post, israele.net, 2.11.08 )

Vedi anche:

Israele – 60 anni: Dichiarazione Balfour e Risoluzione di Spartizione

Israele.net

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  • #1Emanuel Baroz

    Da un sito pro Hamas

    92o anniversario della Dichiarazione Balfour. Il governo di Gaza: saldamente radicati ai nostri diritti.

    GAZA. Il Consiglio legislativo palestinese ha dichiarato oggi che “i legittimi diritti storici alla terra e alla patria palestinese sono inalienabili nella mente dei palestinesi e radicate nella loro coscienza e nei loro cuori. Nessuno può cancellarli”.

    In una dichiarazione in occasione del 92o anniversario della “Dichiarazione Balfour” (2 novembre 1917), Ahmad Bahar, primo vice-presidente del Consiglio legislativo, ha affermato: “Il radicamento profondo al nostro diritto a resistere all’occupazione e a proteggere la nostra unità nazionale costituiscono la migliore garanzia per proteggere il nostro cammino nazionale e la nostra giusta causa dai tentativi di liquidazione da parte dell’amministrazione americana e dei suoi alleati a livello regionale e internazionale”.

    E ha aggiunto che la Gran Bretagna, responsabile storica dell’attuale situazione di occupazione sionista della Palestina, deve delle “scuse” al popolo palestinese e deve fornirgli “tutto il sostegno politico ed economico necessario alla causa nazionale”.

    La Dichiarazione Balfour, che invocava la “fondazione di un focolare nazionale per gli ebrei” in Palestina, rese possibile la creazione dello stato sionista sulla terra appartenente da sempre al popolo palestinese.

    Bahar ha poi sottolineato: “Questo anniversario odioso fa tornare alla memoria tutte le forme di oppressione, ingiustizia e di terrorismo che il Mandato britannico e le bande sioniste hanno praticato per un lungo periodo di tempo contro il nostro popolo, prima di completare il loro crimine politico e morale offrendo la Palestina ai sionisti, e garantendo loro la protezione necessaria per dichiarare, nel 1948, la nascita del loro stato illegittimo sulla nostra benedetta terra”.

    (Infopal, 2 novembre 2009)

    COMMENTO – In un precedente anniversario della Dichiarazione di Balfour, durante la seconda guerra mondiale, il gerarca nazista Heinrich Himmler inviò al Gran Mufti di Gerusalemme Amin al Husseini il seguente telegramma di solidarietà:

    BERLINO

    AL GRAN MUFTI AMIN EL HUSSEINI

    IL MOVIMENTO NAZIONALSOCIALISTA DELLA GRANDE GERMANIA HA SCRITTO FIN DAL SUO INIZIO SULLA SUA BANDIERA LA LOTTA CONTRO L’EBRAISMO MONDIALE. QUINDI HA SEMPRE SEGUITO CON PARTICOLARE SIMPATIA LA LOTTA DEI COMBATTENTI PER LA LIBERTÀ ARABI, SOPRATTUTTO IN PALESTINA, CONTRO GLI INTRUSI EBREI. L’INDIVIDUAZIONE DI QUESTO NEMICO E LA COMUNE LOTTA CONTRO DI LUI COSTITUISCONO IL SOLIDO FONDAMENTO DEL NATURALE LEGAME TRA LA GRANDE GERMANIA NAZIONALSOCIALISTA E I COMBATTENTI PER LA LIBERTÀ MAOMETTANI DI TUTTO IL MONDO. IN QUESTO SENSO LE TRASMETTO, NELL’ANNIVERSARIO DELL’INFAUSTA DICHIARAZIONE DI BALFOUR, I MIEI PIÙ CORDIALI SALUTI E AUGURI PER LA FELICE PROSECUZIONE DELLA SUA LOTTA FINO ALLA SICURA VITTORIA FINALE.

    FIRMATO: HEINRICH HIMMLER

    3 Nov 2009, 11:10 Rispondi|Quota
  • #2Daniel

    Questo è il testo della dichiarazione Balfour tradotto:

    2 novembre 1917

    Egregio Lord Rothschild,

    È mio piacere fornirle, in nome del governo di Sua Maestà, la seguente dichiarazione di simpatia per le aspirazioni dell’ebraismo sionista che è stata presentata, e approvata, dal governo.

    “Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico, e si adopererà per facilitare il raggiungimento di questo scopo, essendo chiaro che nulla deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina, né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni”.

    Le sarò grato se vorrà portare questa dichiarazione a conoscenza della federazione sionista.

    Con sinceri saluti
    Arthur James Balfour »

    3 Nov 2012, 10:47 Rispondi|Quota
  • #3Daniel

    Balfour aveva incontrato Weizmann nel 1906, e alla domanda di Balfour sul perché i Sionisti desiderassero costruire il focolare nazionale che la Palestina aveva conosciuto anni prima Weizmann rispose con una domanda:

    Signor Balfour, se io le proponessi di lasciare Londra per Parigi, cosa mi risponderebbe?
    Balfour: Ma noi abbiamo Londra!
    Weizmann: Vero, ma noi avevamo Gerusalemme quando Londra era una palude.

    da B. Dugdale (1939): “Arthur James Balfour”, Vol I, p. 326 & 327

    (Fonte: Wikipedia)

    3 Nov 2012, 10:49 Rispondi|Quota
  • #4Alberto

    La Dichiarazione Balfour

    La Dichiarazione Balfour fu rilasciata sotto forma di lettera dal ministro degli Esteri britannico, Lord Arthur James Balfour, a Lord Rothschild. Fu consegnata a Chaim Weizmann, attivista sionista, per attestare l’appoggio britannico al progetto di un “focolare nazionale” ebraico in Palestina.

    Ci sono diverse teorie sul perché gli inglesi decisero di firmare la dichiarazione di Balfour. Alcune di queste teorie, come quelle che affermano che “i soldi degli ebrei facevano gola” alla Gran Bretagna o servivano per appoggiare gli Stati Uniti in guerra, sono invenzioni razziste. Tuttavia le circostanze esatte della dichiarazione non sono chiare. Una possibilità è che la dichiarazione fu voluta per permettere agli inglesi di rinnegare le promesse precedenti fatte alla Francia e agli arabi per quanto riguardava la Palestina. George Lloyd disse che il controllo britannico sulla Palestina poteva impedire che quest’ultima cadesse nelle mani degli atei francesi.
    Il sionismo britannico e la Dichiarazione Balfour

    Tuttavia, la dichiarazione non arrivo’ come un fulmine a ciel sereno, ma fu piuttosto il culmine di una lunga tradizione in Gran Bretagna che aveva sostenuto il ritorno degli ebrei alla loro terra per motivi filosofici, religiosi e imperialisti. Nella sua introduzione alla “Storia del sionismo”, di Nahum Sokolow, Balfour chiarisce che aveva sostenuto il progetto di un “focolare nazionale” per il popolo ebraico perché lo riteneva giusto.
    In precedenza aveva sostenuto l’ipotesi di insediare gli ebrei in Uganda.

    Un fattore importante che può aver influenzato il Foreign Office furono le informazioni fornite alla Gran Bretagna dal NILI di Aaron Aaronsohn, che suggeriva l’utilità del portare i turchi fuori dalla Palestina. Utilizzare la Palestina per proteggere il canale di Suez potrebbe essere stata un’ulteriore spiegazione. Il movimento sionista fu fondato per creare una patria nazionale per gli ebrei, riconosciuta dal diritto internazionale. Tale finalità fu esplicitata nelle risoluzioni del primo Congresso Sionista.
    Theodor Herzl aveva tentato di assicurare una patria ebraica in Palestina con il consenso dell’Impero Ottomano e del Kaiser tedesco. Fu respinto in entrambi i casi, e si rassegno’ a dirigere i suoi sforzi per assicurare una casa temporanea per gli ebrei in Uganda o in Argentina o altrove, un programma che fu molto controverso e, infine, abbandonato dalla organizzazione sionista. I sionisti all’epoca avevano sviluppato diverse scuole di pensiero. Una scuola di “politica” sionista credeva nel garantire una patria grazie agli sforzi dei leader ricchi e influenti, che avrebbero perorato presso i potentati la realizzazione di uno Statuto per la creazione di una patria. L’altra scuola pensava che una patria nazionale ebraica poteva essere assicurata solo da insediamenti e con la creazione di una comunità ebraica. Il riconoscimento politico sarebbe avvenuto solo in seguito.

    Gli eventi successivi dovevano dimostrare che entrambe erano vie necessarie. Lo strumento per ottenere lo Statuto a lungo cercato, ironia della sorte, non venne da un politico sionista, ma da Haim (o Chaim) Weizmann, un auto-proclamato sionista, il quale sostenne che gli insediamenti agricoli dovessero costituire la base della nuova comunità ebraica.

    Chaim Weizmann e la Dichiarazione Balfour

    Weizmann, un sionista russo, si stabilì in Inghilterra nel 1904 per proseguire la sua carriera in chimica. Nel 1906 il suo datore di lavoro lo presentò a Lord Balfour, il quale si dimostrava ansioso di convincere Weizmann circa la necessità, per il movimento sionista, di accettare l’Uganda, piuttosto che la Palestina, come “focolare nazionale”. Invece, Weizmann lavoro’ a convincere Balfour che la Palestina doveva essere il focolare nazionale ebraico. Il movimento sionista britannico comincio’ attivamente a esercitare forti pressioni sul governo britannico, in favore della sua causa, e durante i primi anni della guerra trovo’ un simpatizzante nell’avvocato Mark Sykes, impegnato nell’idea di “liberazione dei popoli oppressi del mondo”, tra i quali gli armeni, gli arabi e gli ebrei. Weizmann strinse anche amicizia con CP Scott, direttore del Guardian di Manchester e simpatizzante per la causa del ritorno ebraico in Palestina. Nel 1914, Scott lo presentò a Lloyd George, allora Cancelliere dello Scacchiere e in seguito primo ministro durante la guerra. Più tardi, Scott fu un membro attivo del Comitato per la Palestina britannica, a Manchester, che produsse la rivista “Palestina”, e fece pressioni per il mandato e per i diritti degli ebrei in Palestina.

    Durante la prima guerra mondiale, l’influenza di Weizmann sul governo britannico crebbe quando, grazie al suo talento, produsse, attraverso un processo di fermentazione, l’acetone solvente, necessario per lo sforzo bellico. Weizmann inizio’ quindi la stesura della proposta per una patria ebraica in Palestina, sotto la sovranità britannica. Nel contesto dei disegni britannici in Medio Oriente, questa idea improbabile, simile alle idee proposte ai turchi e ai tedeschi in precedenza, divento’ una possibilità. Fu sostenuta da diverse fazioni del governo britannico, che pensava alla Palestina come ad un efficace posto di guardia al canale di Suez. Ebbe anche un supporto “sentimentale”, poiché, a partire dal 19 ° secolo, una serie di figure di spicco in Gran Bretagna era interessata all’idea di restaurare gli ebrei in Palestina. Paradossalmente, l’idea di uno Stato ebraico fu anche sostenuta per una serie di ragioni antisemite. Molti membri del servizio diplomatico erano convinti che gli ebrei avessero una enorme influenza sugli affari del mondo, e avrebbero potuto utilizzare tale influenza per aiutare sia gli alleati che la Germania. La voce che i tedeschi stavano per concedere un documento simile agli ebrei accelero’ il rilascio della dichiarazione Balfour.

    Le promesse britanniche

    Gli inglesi si affannavano a fare promesse. Henry McMahon ebbe uno scambio di lettere con Hussein ibn Ali, sceriffo della Mecca nel 1915, nelle quali prometteva il controllo arabo dei territori arabi, esclusa la costa mediterranea. Il limite dell’esclusione costiera non è chiaro. Hussein oppose che gli arabi di Beirut si sarebbero decisamente opposti all’isolamento da parte dello Stato o degli stati arabi, ma non sembra avesse avanzato la questione della zona di Gerusalemme, che comprendeva una buona parte della Palestina. Questo suggerisce che sia l’area di Gerusalemme che la Palestina facessero parte della promessa fatta agli arabi, come mostrano alcune mappe, e come è sostenuto da storici pro-arabi, oppure, che la Palestina fosse inclusa, ma Hussein non si fosse opposto alla decisione. Quest’ultima versione è supportata da Dr. Chaim Weizmann nel suo libro autobiografico “Trial and Error”, e fu l’interpretazione conveniente anche agli inglesi, come sostenuto esplicitamente dal governo britannico nel Libro bianco del 1922.

    Nel 1916, Mark Sykes aveva concluso un progetto di trattato segreto con la Francia nel quale era trattata una divisione contraddittoria delle terre conquistate dalla Turchia. Il segreto fu scoperto da Weizmann, che si stupi’ di apprenderlo da fonti sioniste a Parigi:

    “Quello che non sapevamo nelle prime fasi dei nostri negoziati concreti era che un tentativo di accordo segreto, che fu poi rivelato come il ‘Trattato di Sykes-Picot,’ esisteva già tra Francia e Inghilterra! E la parte più curiosa della storia è questa: sebbene Sir Mark Sykes, del Foreign Office britannico, avesse personalmente negoziato questo trattato con M. Georges Picot, dell’Ufficio degli Esteri francese , Sir Mark entrò in trattative con noi, e ci concesse il suo pieno appoggio, senza nemmeno accennare all’esistenza del tentativo di accordo! Stava appunto, modificando la sua posizione a nostro favore, cercando di rivedere l’accordo in modo che i nostri diritti in Palestina avessero avuto più spazio. Ma non è da lui che abbiamo saputo dell’esistenza dell’accordo, e solo dopo mesi, durante i quali abbiamo portato avanti le trattative con gli inglesi e le altre autorità, abbiamo capito cosa fosse a bloccare il nostro progresso”. (Chaim Weizmann, Trial and Error, 1949, pagina 238).

    “Ho appreso della sua [dell’accordo Sykes Picot] esistenza il 16 aprile 1917, dal signor Scott [CP Scott, direttore del Guardian di Manchester e membro del Comitato Palestina britannica] che aveva ottenuto le informazioni da Parigi.” (Chaim Weizmann, Trial and Error, 1949, pagina 241).

    Così, l’esistenza dell’accordo Sykes Picot come tentativo di un progetto di trattato venne alla luce nel corso dei negoziati per la dichiarazione Balfour, e la successiva pubblicazione del suo contenuto non sciocco’ il movimento sionista. Avendo fatto delle promesse agli arabi e ai francesi, il governo britannico stava ora per fare una terza, contraddittoria dichiarazione ai leaders sionisti di Gran Bretagna. Durante i negoziati con i sionisti, Sykes aveva sostenuto con forza l’idea di uno stato ebraico e non aveva mai menzionato l’esistenza del contraddittorio accordo con i francesi, Sykes-Picot . Allo stesso modo, i dirigenti sionisti incontrarono George Picot, ed egli non sollevo’ obiezioni basate su tale accordo, che dava ai francesi il controllo di gran parte della Palestina. Weizmann rileva che il trattato non fu mai menzionato.

    L’opposizione ebraica alla Dichiarazione Balfour

    Poiché la proposta aveva preso forma e cominciava ad essere conosciuta, sollevo’ l’opposizione intensa di un piccolo gruppo di ebrei assimilati, ricchi e influenti, che si sentivano minacciati dalle possibili implicazioni di doppia lealtà. In particolare, l’idea fu contrastata da Edwin Montagu, che scaglio’ un duro attacco contro la dichiarazione Balfour. Egli sostenne che la dichiarazione avrebbe causato agli ebrei l’espulsione da ogni paese, e che data la libertà ritrovata di ebrei russi, non vi era alcuna ragione per la dichiarazione. Attribui’ la persecuzione degli ebrei alla “solidarietà di clan” ed a differenze biologiche. Il testo originale della dichiarazione recitava “La Palestina deve essere ricostituita come il focolare nazionale del popolo ebraico”. Dopo l’attacco di Montagu, il testo fu cambiato in “la fondazione in Palestina di una Casa per il popolo ebraico”. Una clausola fu aggiunta a tutela dei diritti delle esistenti comunità non ebraiche in Palestina e più curiosamente, per soddisfare le obiezioni di Montagu, fu aggiunta una clausola a tutela dei diritti delle comunità ebraiche di fuori della Palestina.

    Nelle sue memorie, Lloyd George ha scritto:

    “La Dichiarazione Balfour rappresento’ la politica convinta di tutti i partiti del nostro paese e anche in America, ma il suo varo nel 1917 fu dovuto, come ho detto, a motivi propagandistici”. (David Lloyd George, Memorie, pagina 724)

    In altre parole, la politica per il restauro della patria ebraica, godette del supporto tradizionale di molti britannici, un supporto confermato da diversi presidenti americani. Tuttavia, ci furono motivi specifici per rilasciare la dichiarazione nel 1917. Come è noto, gli inglesi credevano, senza fondamento, che gli ebrei fossero stati influenti nella Russia bolscevica e, allo stesso modo, che i finanzieri ebrei controllassero ricchezze inimmaginabili che avrebbero potuto mettere a disposizione degli alleati, o dei poteri centrali dei governi che avrebbero sostenuto uno Stato ebraico. Nelle sue memorie, Lloyd George ha continuato a esagerare il potere degli ebrei e l’aiuto che resero:

    “I tedeschi erano altrettanto consci del fatto che gli ebrei della Russia esercitavano una notevole influenza nei circoli bolscevichi. Il movimento sionista è stato particolarmente forte in Russia e in America. I tedeschi sono stati, quindi, attivamente impegnati a corteggiare il movimento in tutto il mondo. Un’amichevole Russia avrebbe significato non solo più cibo e materie prime per la Germania e l’Austria, ma meno truppe tedesche e austriache sul fronte Orientale e, quindi, più disponibili per l’Occidentale. Queste considerazioni sono state portate a nostra conoscenza dal Foreign Office, e riferite al Gabinetto di Guerra. Il sostegno dei sionisti per la causa dell’Intesa avrebbe avuto un grande peso come misura di guerra. Naturalmente molte simpatie ebraiche erano in larga parte anti-russe, e quindi a favore degli Imperi centrali. Nessun alleato della Russia, infatti, avrebbe potuto sfuggire all’inevitabile condanna per la lunga e selvaggia persecuzione russa della razza ebraica. Oltre a questo, lo stato maggiore tedesco, con la sua visione ampia, ha colto, all’inizio del 1916, i vantaggi del promettente ristabilimento ebraico in Palestina, nel quadro di un possibile accordo tra i sionisti e la Turchia, spalleggiato da una garanzia tedesca. Le difficoltà pratiche erano considerevoli, il tema era pericoloso per le relazioni tedesche con la Turchia e il governo tedesco ha agito con cautela. Ma il programma non fu affatto rifiutato o addirittura accantonato, e in qualsiasi momento gli alleati avrebbero potuto fare incetta di questa offerta magnifica. Infatti nel settembre 1917, il governo tedesco fece seri sforzi per accaparrarsi il movimento sionista. Un’altra ragione più convincente per l’adozione, da parte degli alleati, della politica della Dichiarazione, si trovava nella condizione della Russia stessa. Gli Ebrei russi erano stati segretamente attivi per conto delle potenze centrali dall’inizio, erano diventati gli agenti principali della propaganda pacifista tedesca in Russia; nel 1917 avevano fatto molto per preparare la disintegrazione generale della società russa, in seguito riconosciuta come la Rivoluzione . Si credeva che se la Gran Bretagna avesse dichiarato il compimento delle aspirazioni sioniste in Palestina, sotto la sua egida diretta, questo avrebbe potuto portare gli ebrei russi alla causa dell’Intesa.

    Si credeva, inoltre, che una tale dichiarazione avrebbe avuto una potente influenza sul mondo ebraico fuori della Russia, e avrebbe assicurato l’aiuto degli interessi finanziari ebraici. In America, il loro aiuto in questo senso avrebbe un valore speciale, quando gli Alleati avessero quasi esaurito i titoli d’oro e dei pegni negoziabili a disposizione per gli acquisti americani. Queste furono le considerazioni principali che, nel 1917, spinsero il governo britannico a sottoscrivere un contratto con l’ebraismo”. (Pp 725-726).

    Infatti, gli ebrei bolscevichi erano anti-sionisti, i sionisti erano privi di influenza nel movimento bolscevico, e i bolscevichi non si curavano affatto degli scopi di guerra inglesi, come gli eventi successivi hanno dimostrato. Per quanto riguarda il denaro, mentre la maggior parte degli ebrei può aver sostenuto il movimento sionista, gli ebrei ricchi e influenti come Henry Morgenthau negli Stati Uniti e Edwin Montagu in Gran Bretagna erano più o meno contrari al progetto. Lo stesso Lloyd George cito’ Balfour dicendo, “questo movimento, sebbene vi sia opposizione da un certo numero di ebrei ricchi in questo paese, aveva dietro di sé l’appoggio di una maggioranza di ebrei, in Russia e in America, e forse in altri paesi.” (pagina 734).
    E’ probabile che la maggioranza degli ebrei abbia sostenuto il sionismo, ma non i più ricchi e influenti.

    http://sionismoistruzioniperluso.blogspot.it/2012/05/la-dichiarazione-balfur.html

    2 Nov 2014, 10:39 Rispondi|Quota
  • #5Daniel

    27 Nov 2014, 15:19 Rispondi|Quota
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