Il no dell’Italia a Durban II: una questione di principio
Dunque l’ Italia non parteciperà alla «Durban due», la conferenza «sul razzismo» patrocinata dall’ Onu destinata, stando alle bozze preparatorie del meeting, a replicare la lugubre kermesse antisemita inscenata a Durban, Sudafrica, alla vigilia dell’ 11 settembre 2001. Il governo italiano, affiancandosi agli Stati Uniti di Obama e al Canada, non assisterà al paradossale spettacolo del linciaggio che, purtroppo sotto l’ egida delle Nazioni Unite, un pugno di Paesi all’ avanguardia nella cancellazione dei diritti umani fondamentali allestirà contro Israele.
Il canovaccio era già pronto, pressoché identico a quello di otto anni fa. Forse nessuno inalbererà cartelli con il ritratto di Bin Laden, come pure accadde nella bolgia «antisionista» di Durban pochi giorni prima dell’ attacco alle Torri Gemelle. Ma come escludere che risuoneranno dalla tribuna di Ginevra le trombe del nuovo credo negazionista amplificate, nella cornice stravolta di un incontro convocato all’ insegna dell’ antirazzismo, dall’ Iran di Ahmadinejad?
La decisione comunicata dal ministro Frattini impedisce che l’ Italia contribuisca ad azzerare il ricordo del trauma patito a Durban. Si capì subito allora che il «razzismo» da combattere era soltanto il «sionismo». La legittimità dello Stato di Israele era negata in linea di principio, con una veemenza bellicosa che spiazzò persino i responsabili delle Nazioni Unite. Dal palco degli oratori, nel silenzio sbigottito e impotente di Amnesty International e Human Rights Watch, si irrideva agli ebrei che «usavano» l’ Olocausto per giustificare il «razzismo contro i palestinesi». Dittatori feroci come Mugabe indossarono le vesti di paladini dell’ umanità calpestata dall’ idra israeliana.
Che l’ allora Segretario Generale dell’ Onu Kofi Annan avesse solo eccepito molto blandamente sull’ ondata antisemita che stava sommergendo una conferenza che avrebbe dovuto impostare la battaglia internazionale contro il razzismo, fu solo il coronamento di una colossale mistificazione. Accettare senza reagire la prevedibile replica di Ginevra sarebbe stato un grave errore. E’ merito del governo italiano non averlo commesso.Perché si possa dire «dell’ Italia» e non solo del «governo italiano», occorre che l’ opposizione dica, tra l’ altro nella scia di un governo americano «amico» come quello di Obama, che su una questione irrinunciabile di principio come la lotta all’ antisemitismo comunque camuffato non c’ è ostacolo di schieramento e di collocazione politica.
Un obiettivo, la lotta all’ antisemitismo, ovviamente condiviso anche dal predecessore di Frattini agli Esteri, Massimo D’ Alema, che sempre, anche quando ha criticato con vigore l’ azione israeliana a Gaza, anche quando ha rivendicato una linea di condotta che tenesse conto della forza e del radicamento di Hamas ed Hezbollah, ha tenuto a erigere una frontiera civile e valoriale contro il dilagare della furia antisemita (antisionista) che nega il diritto all’ esistenza stessa dello Stato di Israele.
Questa frontiera è stata oltrepassata a Durban e nessun lavoro diplomatico di lima per il testo della Risoluzione finale avrebbe potuto disinnescare il pericolo che a Ginevra la stessa frontiera venisse nuovamente violata. Forse non solo una «buffonata», come Pascal Bruckner ha definito la Conferenza di cui ha promosso il boicottaggio, ma soprattutto un’ inquisizione mondiale che con le bandiere dell’ Onu metterà sul banco degli imputati il vituperato «sionismo». Un’ inquisizione da cui l’ opposizione non può che dissociarsi.
di Pierluigi Battista
(Fonte: Corriere della Sera, 6 marzo 2009, pag. 1)