A Bruxelles Il fidanzato sgradito è riuscito a salvarsi
Ue, il diplomatico palestinese fa sparare al ragazzo della figlia
di Luigi Offeddu
Lei, Dalan, voleva sposare il marocchino Zakaria Delegazione Fathi Elmohor è stato per anni il direttore vicario della Delegazione palestinese presso l’ Unione Europea
BRUXELLES – Fathi, che per una vita intera ha proclamato il diritto alla libertà della sua Palestina, è finito in cella per aver voluto schiacciare la libertà della figlia, perfino con il sangue. Lei, Dalan, voleva sposare Zakaria, il suo ragazzo marocchino (e l’ha sposato ieri), ma il padre aveva scelto un altro, un palestinese che riteneva più degno e che Dalan non aveva mai incontrato. A Zakaria, il «suocero» mandava sul cellulare messaggi come questi: «Hai distrutto la vita di mia figlia. La vita è un dettato, il dizionario è il Corano». L’ altro ieri è finita a colpi di pistola.
E ora quella che sembrava solo una storiaccia di strada è diventata un caso politico-diplomatico che imbarazza la grande e civile comunità musulmana di Bruxelles: perché Fathi El Mohor, accusato di aver ordinato l’ omicidio del futuro genero, è stato per anni il portavoce e il direttore vicario della Delegazione palestinese presso il Belgio e presso l’ Unione Europea, non proprio un’ ambasciata ma qualcosa di molto simile. Lo hanno arrestato come presunto mandante: sarebbe stato inviato da lui il giovane sicario che l’ altra sera ha sparato tre pallottole contro il fidanzato sgradito, per essere poi arrestato poche ore più tardi. Il sicario non aveva una mira da cecchino: un proiettile ha fratturato la mano di Zakaria, gli altri hanno colpito solo di striscio. Quasi un miracolo. E ieri a mezzogiorno, nel quartiere di Schaerbeek abitato in maggioranza da immigrati musulmani, è stato celebrato il matrimonio, con lo sposo ben fasciato: sotto l’ occhio della polizia e fra strette misure di sicurezza, perché la questione ha riattizzato le tensioni interne alla comunità.
Tutta la storia è stata ricostruita da due tenaci cronisti di Le Soir, il principale quotidiano belga, che sono riusciti a penetrare la cortina del riserbo. E hanno portato alla luce alcuni risvolti sconcertanti. Per esempio, la denuncia fatta da Zakaria sugli influenti contatti del «suocero», che avrebbero spinto all’ azione perfino il consolato del Marocco. Nel 2007, secondo il racconto del giovane, il console lo avrebbe convocato e gli avrebbe chiesto di brutto: «Perché, tu marocchino, ti vuoi prendere una palestinese con tante marocchine che ci sono qui a Bruxelles?». Non solo: disperato per le asserite intimidazioni del «suocero», che lo avrebbe anche ingiustamente (a suo dire) denunciato come immigrato illegale e spacciatore di droga, Zakaria si sarebbe rivolto al re e alcuni parlamentari. Ma come sempre, non c’ è una sola versione delle cose. E la versione che circola in alcuni ambienti vicini alla Delegazione palestinese è un pò differente. Rifuggendo dalle dichiarazioni ufficiali, dicono per esempio che Fathi era da almeno un anno in pensione, lontano da ogni frequentazione politica. E che era, ed è, un signore posato e colto, appassionato di libri e non di pistole, non certo un folle. Mentre Zakaria sarebbe un tipo opposto. Toccherà ora ai giudici, giudici belgi e cattolici, decidere chi ha ragione.
(Fonte: Corriere della Sera, 25 Giugno 2009, pag. 21)
#1Emanuel Baroz
Se il diplomatico palestinese cancella in casa i diritti umani
di Antonio Ferrari
Non si sa come prenderla, questa storia. Fatta di minacce, violenza, coercizioni, di un matrimonio che non si deve fare, di un padre che perde la testa perché ha promesso la figlia a un altro. Un padre che, secondo gli investigatori, convince un amico (un «sicario»?) a sparare al fidanzato della ragazza, fortunatamente senza ucciderlo. Si dirà: è accaduto, accade e accadrà dappertutto.
Ma stavolta il caso fa rumore perché il padre è un diplomatico, seppur in pensione da un anno, e vive a Bruxelles. Era stato il portavoce e il vicecapo della delegazione palestinese presso il regno del Belgio e l’ Unione europea. Un uomo stimato, Fathi El Mohor, che vista la lunga carriera era ed è sicuramente vicino a quel fronte moderato rappresentato dal presidente Abu Mazen, che crede nei diritti umani. Però per Fathi l’ incubo sociale era diventato insopportabile.
Tanto da far dimenticare gli obblighi e il decoro privato a un uomo pubblico infuriato con la figlia, che voleva andasse in sposa a un palestinese che vive in Giordania, e che invece si era promessa a un giovane marocchino. Non per imposizione, ma per libera scelta. Quel messaggio-sms, velenoso e sibillino, inviato dal cellulare del padre: «La vita è un dettato, e il dizionario è il Corano», è la prova di un salto culturale in un passato che i palestinesi moderati hanno abiurato da tempo. Perché rivela le contraddizioni di un mondo refrattario ad accettare le regole di valori universali. È vero che in Arabia Saudita e in altri Paesi fondamentalisti può accadere ben di peggio, e lo sappiamo.
Tuttavia, per un diplomatico dell’ Anp, che vuol porsi come l’ embrione di un futuro Stato palestinese, diventa ostico digerire questa esplosione di violenza. È chiaro che nel mondo arabo, dove spesso una donna è costretta a obbedire ciecamente agli ordini del padre-padrone, quel che è accaduto non è una novità. Solleva però sapere che la giustizia è arrivata con due eventi: il matrimonio (con lo sposo un po’ ammaccato) e l’ arresto del padre e del «sicario».
(Fonte: Corriere della Sera, 25 Giugno 2009, pag. 10)