Ascesa e caduta di Human Rights Watch
Dishuman Rights
di Giulio Meotti
Human Rights Watch è nata in un piccolo appartamento a Mosca, dove quarant’anni fa si riunivano i dissidenti sovietici guidati da Nathan Sharansky e dallo scienziato Andrei Sakharov. Dall’America si era unito a loro l’attivista liberal Robert Bernstein, che allora era responsabile della casa editrice Random House. Sarà lui, sull’onda della battaglia per i ribelli russi, a fondare Human Rights Watch, il Nobel per la Pace di cui Bernstein è stato presidente per vent’anni. Oggi è il loro principale accusatore. Sul New York Times, Bernstein ha denunciato il ripudio da parte della stessa organizzazione dei valori per cui venne fondata.
L’accusa è durissima: Human Rights Watch lavora per fare di Israele “uno stato paria”. Proprio uno dei membri di Human Rights Watch, il giudice Richard Goldstone, ha appena redatto il rapporto dell’Onu che accusa Israele di “crimini di guerra”. Bernstein afferma che, mentre il medio oriente è popolato da regimi autoritari “con un curriculum sui diritti umani spaventoso”, Human Rights Watch ha scritto di gran lunga molte più condanne contro Israele per violazioni del diritto internazionale che contro qualunque altro paese della regione. “In Human Rights Watch abbiamo sempre riconosciuto che le società aperte e democratiche hanno colpe e commettono abusi”, spiega Bernstein. “Ma vedevamo bene che esse hanno anche la capacità di correggersi, attraverso un vivace dibattito pubblico, la stampa di denuncia e molti altri meccanismi che incoraggiano le riforme. Quando mi sono fatto da parte, nel 1998, Human Rights Watch era attiva in settanta paesi, per la maggior parte società chiuse. Ora l’organizzazione accantona sempre più spesso il cruciale distinguo tra società aperte e società chiuse”. Un mese fa uscì la notizia che Human Rights Watch era andata a Riad per incassare donazioni saudite e bilanciare così “i gruppi di pressione pro israeliani attivi negli Stati Uniti”.
L’ex refusnik sovietico Nathan Sharansky dice che l’organizzazione è oggi “strumento nelle mani di regimi dittatoriali per combattere le democrazie”. In Israele, scrive ancora Bernstein, su una popolazione di 7,4 milioni di abitanti “si trovano almeno ottanta organizzazioni per i diritti umani, una vibrante stampa libera, un governo democraticamente eletto, un sistema giudiziario che spesso si pronuncia contro il governo, un dinamico mondo accademico, molteplici partiti politici e, a giudicare dall’ammontare dei servizi giornalistici, di un numero di giornalisti per abitante probabilmente più alto che in qualunque altro paese al mondo, molti dei quali vi si trovano espressamente per occuparsi del conflitto israelo-palestinese”. Bernstein aggiunge che, al contrario di Israele, i regimi arabi e quello iraniano, che governano su 350 milioni di persone, “rimangono regimi efferati, chiusi e autocratici, che permettono poco o addirittura nessun dissenso interno”.
A suo parere, Human Rights Watch “ha perduto la prospettiva critica su un conflitto che ha visto Israele ripetutamente aggredito da Hamas e Hezbollah, due organizzazioni che si accaniscono contro i cittadini israeliani e usano la propria stessa gente come scudi umani”. Human Rights Watch sapeva benissimo che Hamas e Hezbollah hanno deliberatamente scelto di fare la guerra da aree densamente popolate, trasformando i quartieri in campi di battaglia e causando così perdite civili. “Sanno anche che armi sempre più numerose e sofisticate affluiscono sia nella Striscia di Gaza che in Libano, pronte a colpire ancora. E sanno che questa aggressività è ciò che continua a defraudare i palestinesi di qualunque chance di ottenere la vita pacifica e produttiva che meriterebbero. Eppure è Israele, la vittima ripetuta di queste aggressioni, che deve sopportare la maggior parte delle condanne di Human Rights Watch”. Quest’opera di screditamento morale è l’esatto contrario dei nobili obiettivi che si erano prefissi i fondatori di Human Rights Watch, che da quell’appartamento a Mosca contribuirono a sconfiggere il più potente impero del Novecento.
(Fonte: Il Foglio, 23 Ottobre 2009, pag. 2)
#1Ruben DR
Israele-Gaza: quello che il rapporto Goldstone non dice
Scritto da Miriam Bolaffi
giovedì 15 ottobre 2009
Una premessa, tanto per tarpare le ali a tutti gli anti-israeliani che ci si scaglieranno contro nel leggere le prossime righe: siamo stati tra i primi a condannare la durezza della operazione “piombo fuso”, senza se e senza ma, giudicandola da subito una “punizione collettiva” pur ammettendo il “Diritto alla difesa” di Israele.
Ciò premesso, oggi il “rapporto Goldstone”, cioè il rapporto redatto da Richard Goldstone, giudice sudafricano della Corte Penale Internazionale, farà la sua comparsa davanti alla Commissione dei Diritti Umani dell’Onu dopo essere stato (ieri) in discussione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. L’obbiettivo di coloro che perorano la causa di Hamas (perché la causa palestinese è altra cosa) è quello di portare Gerusalemme di fronte alla Corte Penale Internazionale con l’accusa di “crimini di guerra” e quella di “crimini contro l’umanità”. Non starò a dire quali sono i Paesi che dovranno prendere questa decisione perché è stato spiegato ieri in un eloquente articolo su Watch International. E non mi dilungherò nemmeno a confutare tutte le tesi espresse da Goldstone nel suo rapporto (lo stanno già facendo altri), vorrei solo limitarmi a descrivere quello che il rapporto non dice perché, a mio modestissimo parere, quello che non viene detto in quelle 575 pagine (che trovate a questo link) è molto più importante di quello che viene detto.
Iniziamo col dire che il rapporto Goldstone parla effettivamente di “crimini di guerra” perpetrati sia da Israele che da Hamas, dedicando però a questi ultimi solo una piccolissima parte del rapporto. Non da la giusta rilevanza al “motivo scatenante” che ha portato alla operazione Piombo Fuso come non sottolinea la tecnica usata da Hamas per “massimizzare” le perdite civili. Non dice che in moltissimi casi l’esercito israeliano per “minimizzare” le perdite civili telefonava alle famiglie invitandole a lasciare lo stabile che stava per essere bombardato e che in molti casi questi civili si posizionavano sui tetti delle case. Goldstone non ha approfondito se erano costretti a farlo o lo facevano di loro spontanea volontà (cosa di cui dubito molto visto che spesso c’erano bambini).
Goldstone parla di fonti palestinesi che gli avrebbero fornito documenti, testimonianze e immagini dei crimini commessi dagli israeliani ma evita accuratamente di dire che quelle fonti sono in massima parte dirigenti di Hamas. Non dice neppure che non è riuscito a intervistare cittadini di Gaza presi a caso ma che tutte le interviste sono state fatte con persone indicate dai vertici di Hamas. In compenso non ha intervistato nessun cittadino israeliano abitante a Sderot o ad Ashkelon che per anni sono state bersagliate dai missili di Hamas con l’intento deliberato di uccidere civili.
E’ vero, Golstone afferma che uno dei crimini imputabili ad Hamas è proprio quello di mirare deliberatamente all’uccisione di civili, ma non da nessuna importanza al fatto sottacendo (deliberatamente?) che proprio questo comportamento durato per anni è stata la causa scatenante dell’operazione Piombo Fuso. Anzi, tra le righe arriva quasi a giustificare il continuo lancio di missili da parte di Hamas con le sanzioni imposte da Israele alla Striscia di Gaza.
E’ mio parere che un rapporto imparziale, per essere attendibile, debba prendere in considerazione tutti gli aspetti e che chi lo redige debba essere lasciato libero di investigare in tutte le direzioni, non solo in quelle indicate da una delle parti in causa (in questo caso Hamas). E poi, il fatto stesso che Goldstone ammetta nel sul rapporto, di aver ricevuto materiale e trattato con i vertici di quella che lui chiama “l’autorità di Gaza”, riferendosi ad Hamas, è un incredibile paradosso in quanto di fatto riconosce ufficialmente Hamas come “l’autorità di Governo in Gaza” quando tutto il resto del mondo (compresa l’Onu e l’Autorità Nazionale Palestinese) considera Hamas un movimento terrorista. Cosa avrebbe detto il mondo di Goldstone se per redigere il suo rapporto avesse intervistato solo i vertici militari israeliani? Di certo avrebbe detto che il rapporto non poteva essere considerato imparziale. Allora come mai se nel redigere il rapporto il giudice sudafricano ha intervistato solo dirigenti di Hamas la cosa va bene?
Concludendo, pur rimanendo contraria e perplessa su molti aspetti dell’operazione Piombo Fuso, non posso e non possiamo come associazione, prendere per oro colato il rapporto redatto da Richard Goldsone, in quanto le omissioni e le testimonianze di unica parte contenute in detto rapporto lo rendono assolutamente parziale mentre invece un qualsiasi documento redatto per nome e per conto delle Nazioni Unite dovrebbe essere assolutamente imparziale e completo. Per questo, pur essendo noi un microbo rispetto alle Nazioni Unite (non fosse altro per la mole di finanziamenti) nei prossimi giorni cercheremo di porre rimedio alle omissioni del rapporto Goldstone presentando alla Commissione per i Diritti Umani dell’Onu un “controrapporto” esaustivo e non di parte con testimonianze di fonte israeliana e di fonte palestinese non indotta da Hamas.
Miriam Bolaffi
http://www.secondoprotocollo.org/index.php?option=com_content&task=view&id=2016&Itemid=116#
#2Emanuel Baroz
ISRAELI DOCTOR: DEAR JUDGE GOLDSTONE, THEY DECEIVED YOU, YOU ARE WRONG
(Article by Dr. David Zangen, Ma’ariv, 27.10.09, p. 2)
“Dear Judge Goldstone,
My name is Dr. David Zangen. I am a consultant in Pediatric Endocrinology and Diabetes at Hadassah University Hospital in Jerusalem. Over 50% of my patient population is Palestinian from Jerusalem, the West Bank and Gaza. I speak Arabic and initiated the first training program for Palestinian physicians in the field of Pediatric Endocrinology. The trained physicians were fully respected and were included as first authors on our studies that we published in the world’s leading professional journals.
But, at the same time, I happened to be the Chief Medical Officer of my brigade during Operation Defensive Shield, in Jenin, 2002. I was responsible for the medical treatment of our soldiers, but also for enabling the hospital in Jenin to provide full medical services to the civilian population, and I was personally involved in numerous medical treatments that Palestinians (including fighters) received from Israeli physicians.
During and after the operation the director of Jenin Hospital was a source for what has been falsely called the “massacre in Jenin in which 5,000 people were slaughtered.” This same person, Dr. Abu Rali, has also claimed that one part of the Jenin hospital was destroyed by Israeli tank missiles: “12 tank rockets were shot at the hospital.”
You should know, honorable Judge, that these statements have been proven and documented as outright lies, not only by Israeli sources, but also by the Human Rights Watch and UN organizations, which counted only 52 dead on the Palestinian side and 23 on the Israeli side. These organizations, and photographs of Jenin Hospital following the operation, showed no evidence of any destruction at the hospital buildings.
This Dr. Abu Rali, a hospital director and physician, lies and incites in the service of the Shahids. It is hard to believe that a director of a hospital can give such an obviously false testimony. I cannot understand it. And you cannot understand it. But, unfortunately, this is what has happened. Even people who would normally be considered reliable sources become advocates of blatant lies. Tragically, moral misbehavior of doctors in the Palestinian Authority is not new. The pediatrician, George Habash, sent his terrorists to kill children in Israeli schools, as did Hamas’ leader and pediatrician, Dr. Abd al-Aziz Rantisi, as well as pediatrician, Dr Mahmud Zaher, who continues to encourage the launching of rockets from Gaza against innocent Israeli schools.
Please Judge Goldstone, you should really be careful when such blatant liars serve as the basis for your report. I am sure that you mean well, but being an eyewitness, both to the events in Jenin and to the subsequent media, and initially false, UN reporting, I do understand what happened to you, how a person of such stature and integrity could become associated with such a faulty report.
Look, Judge Goldstone, at your report on the Al Fakhura incident on January 5-6th 2009 (paragraphs 651-688). You do report how Israel was accused for directly bombing the UNRWA school. It took two weeks for this accusation to be withdrawn. But you, honored Judge, went back to get your testimony only from the same people who spread the blood libel of the school bombing. Moreover, when analyzing the scene you claim that you could not verify the numbers of 24 dead and 40 wounded, but these numbers are not considered exaggerated. Finally, in the ‘Factual Findings’ section, you already determine that 24 people were killed and 40 injured!
Did you, by any chance, try to validate any of these invented and inciting details? Did you look at the Al Jazeera or BBC reports from the same very day of the event? Did you try to validate your ‘Factual Findings’ conclusions by at least getting emergency room charts on the people admitted to their trauma department on this very day? Did you go over the ID’s of the “dead” and the place or cemetery where they were supposedly buried?
No, you didn’t!
As a judge I am sure that you did not mean to hurt Israel. I try to believe that you came to Gaza without prejudice. But a judge is expected to look, at least, for some evidence and verification (media, emergency room registration, burial places, etc.) of the testimonies and not accept impossible “facts”. You have allowed yourself to be misled by fabrications made either by terrorists or doctors such as Dr. Abu Rali from Jenin.
I, and my colleagues in Israel, are proud of the medical service that is given equally to every human being regardless of origin; we are also proud to belong to a nation that is identified as having higher moral standards than others.
I call on you, Judge Goldstone. Take this Al Fakhura incident, look at the media coverage from the very same day. See the events in their context. Try to live one day with the responsibility for the existence of this small nation of six million Jews threatened constantly by 300 million Muslims. I call on you to try and not draw conclusions from such lies and misleading witnesses, even if they come from so-called professionals. In the modern world, propaganda and lies are definitely a part of the war. And as a judge, you should not serve as a tool for augmenting hatred and conflicts.
We desire peace. We love peace. And we try our utmost to fight for our right to exist while maintaining the highest possible moral standards, even at the cost of our lives.
[English courtesy of Dr. David Zangen.]