Hamas smentisce: Shalit non è stato trasferito in Egitto
Beirut – Gilad Shalit, il giovane caporale israeliano catturato nella Striscia di Gaza nel 2006, non è stato trasferito in Egitto, come sostengono invece le fonti di alcuni media del Kuwait. Lo ha affermato Osama Hamdan, rappresentante di Hamas in Libano, in un’intervista all’emittente satellitare al-Jazeera. Per Hamdan la notizia non ha fondamento e “non si sa da dove sia venuta fuori”.
È stato il quotidiano del Kuwait al-Jarida a diffondere questa mattina la notizia che Shalit è stato trasferito in Egitto già nei giorni scorsi, in vista di uno scambio con una lista di prigionieri palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane. Secondo fonti del quotidiano, Shalit sarebbe arrivato in Egitto scortato da Mahmoud Zahar, dirigente di Hamas, e da Ahmad Jabari, comandante del braccio militare del gruppo. Il trasferimento, avvenuto a bordo di un bus e sotto lo stretto controllo delle autorità egiziane, sarebbe stato chiesto dal Cairo come prova delle buone intenzioni di Hamas.
Secondo quanto riferito dai media arabi e israeliani, è appeso alle divergenze su 15 nomi l’ipotesi d’uno scambio di prigionieri fra Israele e Hamas, per la liberazione del caporale, ostaggio da oltre 3 anni degli islamico-radicali palestinesi nella Striscia di Gaza. L’accordo dovrebbe riguardare centinaia di palestinesi detenuti in Israele, inclusi 450 condannati per gravi fatti di terrorismo, destinati a uscire dal carcere in cambio di Shalit. La mediazione attribuita in queste ore a un misterioso negoziatore tedesco – unitosi nei mesi scorsi agli intermediari egiziani – resta in una fase di stallo.
Secondo l’edizione online di Haaretz, i 15 nomi sarebbero identificabili in una decina di figure simbolo di Hamas, di un paio di donne coinvolte in attentati particolarmente sanguinosi e di leader di altre fazioni palestinesi come Marwan Barghuti (Al Fatah) – condannato a 5 ergastoli in Israele per le violenze della seconda Intifada -. Figure su cui il governo israeliano esita, subordinandone la liberazione quanto meno a un periodo d’esilio dai Territori palestinesi. E su cui, nel caso specifico di Barghuti, pesa il “no” espresso ieri a ogni ipotesi di scarcerazione dal ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman.
(Fonte: L’Occidentale.it, 3 dicembre 2009)