Visita di Papa Benedetto XVI in Sinagoga a Roma: l’intervento del Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna

 
Emanuel Baroz
18 gennaio 2010
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Visita di Papa Benedetto XVI in Sinagoga a Roma: l’intervento del Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna

Intervento di Renzo Gattegna, Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane:

Nei confronti del Papa Benedetto XVI sono portatore, in rappresentanza delle ventuno Comunità Ebraiche Italiane, del più sincero benvenuto e dei più fervidi auguri per la Sua Persona e per lo svolgimento del Suo Alto Magistero. La Sua presenza oggi in questo Tempio genera nel nostro animo forti emozioni e stimola la nostra mente a considerare e a valutare quanta strada abbiamo percorso  negli ultimi decenni.

Questa Sua visita alla Sinagoga di Roma si collega strettamente a quella  compiuta dal Suo predecessore, Papa Giovanni Paolo II, il 13 Aprile del 1986.
Questi due importanti eventi costituiscono attuazione di quel nuovo corso, nei rapporti tra ebrei e cristiani, che ebbe inizio 50 anni fa e di cui fu promotore Papa Giovanni XXIII, il quale per primo comprese che un costruttivo dialogo e un incontro in uno spirito di riconciliazione, sarebbe potuto avvenire solo su presupposti di pari dignità e reciproco rispetto.

Questi principi sono stati solennemente affermati nella Dichiarazione “Nostra Aetate” che, concepita e voluta  da Papa Giovanni XXIII, fu promulgata il 28 Ottobre del 1965 dal Concilio Vaticano II.

Da quel momento iniziò a svilupparsi un dialogo tra ebrei e cristiani finalizzato sia ad individuare obbiettivi comuni, per il futuro, sia ad eliminare incomprensioni e divergenze a causa delle quali, nei secoli passati, gli ebrei pagarono un prezzo altissimo, in termini di vite umane e di sofferenze, per la loro ferma determinazione a rimanere fedeli ai propri principi e ai propri valori.

Rimane indelebilmente scolpito nella nostra memoria il nobile discorso da Lei pronunciato nel febbraio del 2009 allorché, annunciando la decisione di compiere il Suo viaggio in Israele, volle  riprendere le parole che il Suo predecessore, Papa Wojtyla, pronunciò, nel Marzo del 2000, davanti al Muro Occidentale di Gerusalemme chiedendo perdono al Signore per tutte le ingiustizie che il popolo ebraico aveva dovuto soffrire e impegnandosi per “un’autentica fratellanza con il popolo dell’Alleanza”.

Mi sono permesso di ricordare queste Sue parole perché oggi qui, davanti a noi, sono presenti alcune persone che, nonostante l’età avanzata, hanno voluto partecipare a questo incontro; a loro va il nostro rispetto, la nostra ammirazione e il nostro affetto; essi nel 1943 e 1944 furono deportati nei campi di sterminio nazisti e furono fra i pochissimi che riuscirono a sopravvivere; ho ritenuto che soprattutto loro, che hanno conosciuto l’inferno dei lager, siano i veri destinatari di quelle parole che Lei ha pronunciato e che rimangono oggetto delle nostre riflessioni.

La nostra generazione, che è sopravvissuta alla Shoah, e che, poi, ha avuto la fortuna di vedere  realizzata la millenaria aspirazione alla ricostruzione dello Stato d’Israele,  si sente pronta ad affrontare le prossime sfide, di cui la principale sarà quella di contribuire ad instaurare nel mondo, per tutti, il rispetto dei diritti umani fondamentali, cosicchè le diversità non siano, mai più, causa di conflitti  ideologici o religiosi, bensì di reciproco arricchimento culturale e morale.

La nuova stagione è solo agli inizi e c’è un lungo cammino da percorrere, ma tutto sarà più facile se sapremo riempire di contenuto e dare il giusto significato a quel termine stupendo “fratelli” con il quale i nostri predecessori si salutarono ventiquattro anni fa, impegnandosi a costruire un prezioso rapporto di amicizia.

Saluto con grande affetto i protagonisti di quel primo incontro, il Rabbino Emerito Professor Elio Toaff e l’allora Presidente della Comunità di Roma, il Professor Giacomo Saban, oggi qui presente, ed esprimo a loro tutta la nostra gratitudine per la saggezza e la lungimiranza con le quali ci hanno guidato; alla memoria di Papa Giovanni Paolo II rendo un commosso omaggio.

A Lei  rinnovo il ringraziamento per aver accettato il nostro invito; la Sua presenza è un grande onore e costituisce un rinnovato impegno a proseguire nel cammino intrapreso. Un cammino che deve essere proseguito insieme fra ebrei, cristiani e musulmani, come siamo qui oggi, per riscoprire la comune eredità, dare testimonianza del Dio Unico e, al di là delle differenze che rimarranno, inaugurare un’era di pace.

(Fonte: Rassegna Ucei, 17 Gennaio 2010)

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