La Reuters “tarocca” le foto dell’aggressione dei pacifinti della Mavi Marmara ai militari israeliani
Errare umanum est … perseverare “Reuters”. Ci ricasca l’agenzia britannica nel vizietto di troccare le foto , quando di mezzo c’è Israele. Il quotidiano turco Hurryiet, che non può essere sospettato di sionismi strisciante, pubblica foto scattate dai passeggeri della Marmara e sfuggite alla censura israeliana. Mostrano i soldati sopraffatti dal gruppo dei “puri e duri”. In due foto, si vede chiaramente che due di essi hanno un coltello.
Miracolosamente, si fa per dire, i coltelli sono spariti nelle foto rilanciate sui circuiti internazionali dalla Reuters. Osservare la differenza in basso a destra
Recidiva la Reuters. Nel 2006, durante l’offensiva israliana nel sud del Libano, l’agenzia britannica ritoccò la foto del cielo di Beirut per renderla più drammatica. E anti israeliana. Vergogna!
Per chi conosce l’ebraico, ecco il link al servizio andato in onda ieri su Channel 10 israeliano
Itaca, il blog di Claudio Pagliara
La stessa operazione è stata effettuata anche per questa foto:
Qui di seguito troverete le foto pubblicate dal quotidiano turco Hurryiet che testimoniano come a bordo della nave Mavi Marmara ci fossero tutto tranne che pacifisti. Evidentemente la definizione di pacifinti non era poi così lontana dalla realtà…
#1Andrea
Quella su Beirut si vede chiaramente che e’ taroccata (malissimo) con un programma di fotoritocco
#2Anthony Sortino
Ke SKIFO ! e nessuno dice niente ! I would like to see what would have happened if Israel was the one that did this small vanishing act of knives !!!
#3Attilio
Ci accumuna la battaglia per la verità.
Forza Israel
Custodite i nostri cristiani in Palestina e in Israele.
#4Emanuel Baroz
Reuters sotto accusa: sangue e coltelli spariscono dalle foto
di Gian Micalessin
Gli autori di un blog Usa si accorgono di un “taglio” e di un ritocco: due immagini nel mirino
Qualche fotografo ha un brutto vizio, quando c’è di mezzo Israele mette mano a photoshop. Tanto, comunque vada, ci sarà da ritoccare. Se i cattivi di turno devono sembrare quelli con la stella di David, come durante i bombardamenti su Beirut dell’estate 2006, allora meglio darci dentro con fumo e scie di missili in un crescendo di drammaticità. Ma se a menar coltellate sono i «pacifisti», allora meglio far sparire il coltellaccio, il sangue troppo evidente e i feriti con la divisa di Tsahal. Insomma, è successo di nuovo. Come già nel 2006 qualche maramaldo al soldo di una delle più blasonate agenzie d’informazione internazionali non ha resistito alla tentazione di taroccare due foto per renderle più congeniali alla causa anti israeliana.
Le immagini sono quelle scattate dalla torma «fondamental-pacifista» durante l’assalto agli incursori israeliani conclusosi – dopo minuti di botte e il tentato rapimento di due militari – con l’uccisione di nove militanti dell’organizzazione integralista Ihh. Due di quelle foto pubblicate dal quotidiano turco Hurryet e poi affidate alla Reuters per la distribuzione internazionale hanno subito un ritocco che le rende molto differenti dall’originale. Il primo ad accorgersi del «ritocchino» o della «taroccata» è «Little Green footballs», un piccolo, ma attentissimo sito americano. Agli autori del blog basta pubblicare l’originale della foto e quella distribuita dalla Reuters per far capire l’entità della sforbiciata. Dalla prima immagine – in cui è ripreso un militare israeliano ferito a terra – scompare un serramanico pronto a colpire.
«È una maniera senza dubbio interessante di tagliare una foto – fa notare con sarcasmo il blog -, la questione degli attivisti armati ha sollevato un’ampia controversia. Molti considererebbero quel coltello una parte importante del contesto. Tagliarlo fuori nella foto in cui si vede il soldato appena pugnalato sembra almeno discutibile dal punto di vista editoriale. A meno che non si volesse nasconderlo». Il peggio arriva quando l’esperto del blog esamina una seconda foto e scopre la sparizione di una pozza di sangue israeliano, di un altro coltello e persino di un altro militare ferito. «Una foto ritoccata potrebbe essere anche il frutto dell’incompetenza di un redattore, ma ora – fa notare Little Green Footballs – abbiamo due foto tagliate».
Come dire il primo ritocco può anche essere un errore umano, ma il secondo ci regala la certezza di un diabolico tarocco. Del resto era già successo nel 2006 quando un redattore della Reuters di Beirut aveva moltiplicato il fumo nel cielo della capitale libanese per aggiungere drammaticità alle immagini dei bombardamenti dell’aviazione israeliana. Quella volta la Reuters per salvare la propria reputazione aveva messo alla porta il fotografo e il suo capo. Stavolta l’ufficio di Istanbul sembra essersela cavata con qualche scusa e il ritorno in rete delle foto originali.
(Fonte: Il Giornale, 9 giugno 2010)
#5Alberto Pi
Pacifici alle famiglie dei soldati israeliani: “Inoltreremo una protesta formale alla Reuters”
Roma 10 giu – Il presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici in visita in Israele negli scorsi giorni, ha visitato i militari nell’ospedale Tel Hashomer a Tel Aviv . “Sono increduli – ha detto Pacifici al suo rientro in Italia – della versione dell’operazione così come è stata raccontata dalla stampa internazionale”. Pacifici a questo proposito ha annunciato che la Comunità ebraica romana intende inoltrare una protesta formale alla Reuters per aver manipolato alcune fotografie dalle quali sono scomparsi i coltelli con cui sono stati attaccati i soldati israeliani impegnati nel blocco della nave turca. “E’ la seconda volta – ha spiegato Pacifici – che succede: é una recidiva che ci impone di intervenire a difesa di un’etica che non è stata rispettata”. Pacifici ha poi raccontato le condizioni in cui versano attualmente due dei soldati: “Al primo, che è stato anche il primo a scendere sulla tolda della nave, hanno spezzato l’avambraccio destro e l’hanno colpito con una coltellata dietro l’orecchio. Ha raccontato di essere stati accolto da gente inferocita che li ha colpiti con bastoni di ferro e che li hanno disarmati dei fucili antisommossa che avevano”. “Al secondo – ha continuato Pacifici – hanno invece sparato nell’addome, tanto che è ancora in condizioni precarie in ospedale”. Il presidente della Comunità ebraica romana ha poi ribadito di aver invitato i soldati e le loro famiglie in Italia: “Sono ragazzi molto giovani e alla fine della convalescenza mi piacerebbe che venissero nel nostro Paese. Mi hanno detto che gli altri soldati del gruppo sono intervenuti in loro difesa altrimenti sarebbero stati linciati sulla nave”. Pacifici ha quindi spiegato che fuori la stanza dell’ospedale dove sono ricoverati i soldati si danno il cambio i loro commilitoni per portare conforto e sostegno. “Siamo grati all’Italia e al ministro Frattini per la posizione assunta nel voto Onu contro la commissione di inchiesta internazionale”. Hanno detto le famiglie dei soldati israeliani feriti nel corso dell’operazione sulla Mavi Marmara a Pacifici che ha aggiunto “Le famiglie dei soldati mi hanno chiesto se in Italia ci sono state manifestazioni su queste vicende e io ho raccontato quella pro-Palestina che ha lambito il ghetto di Roma. C’é stata molta rabbia ma non paura. Ora il 24 giugno – ha proseguito Pacifici – ci sarà quella per Gilad Shalit al Colosseo per sollecitare la liberazione del soldato in mano di Hamas da quattro anni”.
(Fonte: Rassegna Ucei, 11 Giugno 2010)
#6Emanuel Baroz
Un link decisamente utile a comprendere meglio gli avvenimenti:
http://www.malainformazione.it/schede/77/index.htm?c1276075212
#7Emanuel Baroz
Foto-trappola per Israele
Il coltello dei pacifisti scompare di colpo dall’immagine Reuters. Ma gli “errori tecnici” dell’agenzia di stampa condizionano il giudizio dell’opinione pubblica.
La storia è questa: il quotidiano turco Hurryet pubblica una foto del recente blitz israeliano sulla nave diretta a Gaza nel quale sono morti 9 attivisti islamici; in questa foto alcuni «pacifisti» sono armati di coltello e circondano un militare israeliano ferito. La foto viene rilanciata nei circuiti internazionali dall’agenzia Reuters, ma con un piccolo accorgimento: viene tagliato il bordo destro così da far sparire la mano pacifista con coltello annesso. In questo modo la versione ufficiale israeliana, secondo cui i soldati avrebbero aperto il fuoco solo dopo l’aggressione armata degli occupanti, viene smentita e viene avvalorata l’idea che sulla nave diretta a Gaza vi fossero solo pacifisti inermi, colorati arcobaleni e hippie stile «love not war». La Reuters ha respinto ogni addebito, affermando che si è trattato solo di un errore tecnico. Noi non abbiamo motivo di dubitarne, se non fosse che in rete, alcuni blogger americani, hanno rintracciato una seconda foto della Reuters che ha subìto lo stesso errore tecnico. Il problema è che non è la prima volta che la più importante agenzia giornalistica del mondo incappa nell’errore tecnico della manipolazione. E guarda caso, sempre ai danni di Israele.
Nel luglio 2006, all’epoca della guerra in Libano, fecero scandalo le foto taroccate della Reuters, scattate dal fotografo libanese Adnan Haji. All’indomani dell’abbattimento di un edificio in un quartiere di Beirut, sede di una postazione Hezbollah, la Reuters pubblicò la foto che ritraeva l’intero quartiere di Beirut in fiamme, smentendo la versione israeliana dell’intervento chirurgico su un unico edificio covo di terroristi. Tra un edificio abbattuto e un intero quartiere bombardato la differenza indubbiamente è tanta. Fu Little Green Football, curioso nome di un blogger conservatore americano (lo stesso che ha pubblicato le due foto della nave turca), a svelare l’arcano. La foto che il reporter libanese aveva realizzato era stata taroccata con un programma grafico, ampliando la colorazione del fumo per far credere che il bombardamento fosse stato indiscriminato su obiettivi civili. Risultato, la Reuters fu costretta a licenziare il fotografo e solo in seguito si scoprì che moltissime altre foto del reporter, che l’agenzia aveva venduto ai giornali occidentali, erano state falsificate o modificate per costruire un’immagine criminale di Israele. Nelle stesse settimane il New York Times pubblicò un’immagine che fece il giro del mondo.
Dopo il bombardamento di Tiro ad opera dell’aviazione israeliana, le autorità di Tel Aviv avevano specificato che non vi erano stato morti ma solo la distruzione di obiettivi logistici. Eppure il prestigioso quotidiano diffuse l’immagine di un cadavere estratto dalle macerie in braccio ad un soccorritore, come fosse la Pietà di Michelangelo. Peccato che quella foto fosse parte di una sequenza di 5 foto visibili solo nella versione online del giornale, in cui il presunto morto compariva vivo e vegeto zampettando tra una maceria e l’altra. Era l’aiutante del fotografo americano in una scena costruita a tavolino. Dopo 10 giorni dalla pubblicazione delle foto, smascherato il trucco (grazie a dei blogger americani e italiani che rimbalzarono l’imbroglio sulla rete) il New York Times fu costretto a pubbliche scuse. Gli episodi raccontati, solo una parte di quelli che si potrebbero raccontare, obbligano ad alcune riflessioni. La prima è di tipo politico e riguarda Israele, l’unica democrazia mediorientale costretta a difendersi non solo dal terrorismo e dall’integralismo che vogliono annientarla, ma anche da quei media occidentali che spesso sono i principali alleati dei suoi nemici. Paradosso di una informazione democratica che sceglie di combattere una democrazia con le armi della disinformazione. La seconda considerazione riguarda il ruolo dei media nella narrazione dei conflitti e dei fenomeni globali, nella definizione dei limiti della verità e di ciò che chiamiamo diritto di cronaca.
Nella moderna società dell’informazione, le immagini hanno il sopravvento rispetto alla comunicazione scritta e quindi la manipolazione di una foto o di un video falsifica la realtà e il senso di essa molto più efficacemente di qualsiasi articolo scritto e opinabile nei suoi contenuti. Un articolo è la visione di chi scrive. Una foto pretende di essere la realtà. La parola esprime un pensiero per forza parziale. L’immagine racchiude la totalità di un fatto. Ad una foto noi tendiamo a riconoscere una oggettività che non siamo abituati a dare ad un testo scritto. Per questo falsificare una foto è molto più grave che scrivere una falsità. Ogni volta che emerge uno scandalo relativo alla manipolazione dell’informazione da parte di chi ne dovrebbe essere il garante, e cioè i media stessi, viene messa in discussione il valore di una democrazia. La responsabilità sociale dei media è oggi il problema della libertà. Nell’epoca della grande rete interattiva globale che garantisce il libero accesso alla conoscenza, il tema del nostro tempo non è una impossibile limitazione di ciò che circola (paura novecentesca utile a stupide battaglie strumentali) ma il fondamento di verità di ciò che viene reso fruibile. Oggi il vero problema non è la libertà di informazione, ma la verità dell’informazione.
(Fonte: Il Tempo, 10 giugno 2010)
#8zio nemo
Il coltello fuori campo e poi riapparso và sempre contro Israele:
non si tratta di un coltello, bensì di un pugnale “EOD-Knife” di fabbricazione israeliana e in dotazione alle forze speciali dell’esercito israeliano.
Per chi volesse controllare su internet, si cerchi i siti che descrivono l’armamento e l’equipaggiamento in dotazione ai militari israeliani.
#9Emanuel Baroz
e naturalmente il fatto che sia in mano ad uno dei pacifinti non significa nulla….
#10Emanuel Baroz
Armi sulla Mavi Marmara, ecco le prove:
http://elderofziyon.blogspot.it/2012/06/ihh-shot-guns-on-mavi-marmara-and-we.html