Boicottato per protesta un film israeliano. Polemiche in Francia
PARIGI, 12 Giugno 2010 – Si può boicottare un’ opera d’ arte per protestare contro un governo? Se lo stanno chiedendo in questi giorni i francesi, davanti alla polemica che segue la decisione della catena indipendente di cinema “Utopia” di cancellare dal programma delle sue sale un film israeliano, per protestare simbolicamente contro il raid al largo di Gaza.
Per tentare di convincere Utopia a far marcia indietro sulla decisione sono intervenuti anche il ministro della Cultura, Frédéric Mitterrand, e il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, ma i responsabili di Utopia non sembrano disposti a tornare sulla decisione.
Il film in discussione, 5 ore da Parigi di Léon Prudovsky, che uscirà nelle sale francesi il prossimo 23 giugno, ha ottenuto i finanziamenti di un ente statale israeliano, fanno notare i gestori della catena. Contro di loro si sono schierate diverse organizzazioni di artisti e organismi di lotta al razzismo che parlano di «sequestro culturale».
Ma la polemica serve, ha confessato tranquillamente al quotidiano Le Figaro il co-fondatore di Utopia, Michel Malacarnet: «Abbiamo avuto più pubblicità in tre giorni che in 33 di esistenza, ed era appunto questo il nostro scopo».
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In alto: la locandina del film
#1Emanuel Baroz
Riflessione sul boicottaggio del film israeliano
“alted13”
Un’interessante riflessione sul boicottaggio del film israeliano di Leon
Prudovsky nelle sale della rete francese Utopia è stata pubblicata sul sito di sinistra Rue89, scritta da uno studente, Amos Schupak, i punti essenziali:
1) Boicottando un film che non ha nulla a che vedere con il conflitto si entra in una logica in cui l’israeliano è accettabile come cineasta solo se produce film critici con il suo paese, infatti guarda a caso Utopia ha sempre spalancato le porte al cineasta israeliano Eyal Sivan (che vive in Francia da parecchi anni, critico ossessivo con lo stato di Israele) per il suo film le arance di Jaffa
2) Questa logica fissa l’israeliano in una logica politica, in sostanza se tace e produce film dove si parla di amore, viene subito sospettato di sostenere la politica del suo governo, una logica in sostanza di sospetto
3) Nel caso del film Adjami dei cineasti arabi israeliani Scandar Copti e Yaron Shani mai boicottato in nessuna sala, significa dunque entrare in una logica etnica e dunque boicottare un cineasta perché è israeliano ma anche ebreo?
4) La stessa logica che reclamano i militanti pro-palestinesi e cioé non punire gli abitanti di Gaza per colpa di Hamas, sembra non valere nei confronti di Israele. Certo le conseguenze di un embargo culturale non sono le stesse rispetto al blocco imposto a Gaza da Israele (e Egitto), ma hanno conseguenze spiacevoli conducendo piuttosto alla chiusura degli israeliani invece che al dialogo
Se volte leggere l’articolo in francese:
http://www.rue89.com/2010/06/07/la-deprogrammation-dun-film-israelien-une-utopie-dangereuse-153849
http://liberaliperisraele.ilcannocchiale.it/2010/06/16/riflessione_sul_boicottaggio_d.html
#2esperimento
Ormai i boicottaggi sono all’ordine del giorno E poi vengono a raccontarci che non siamo come negli anni precedenti alla seconda guerra mondiale :((