Strage di Bologna, ex giudice Priore rilancia la pista palestinese
“Possibile matrice internazionale anche per l’attentato di san Benedetto Val di Sambro”
ROMA, 26 lug – La strage di Bologna come reazione del terrorismo palestinese all’arresto di un responsabile di alto livello del Fronte popolare, che aveva la sua base operativa proprio nel capoluogo emiliano. A evocare un simile scenario è Rosario Priore, giudice istruttore di alcuni dei più importanti processi della storia giudiziaria italiana, dall’eversione nera e rossa al caso Moro fino alla strage di Ustica e l’attentato a Giovanni Paolo II.
Presentando alla sala del Cenalcolo della Camera il libro-intervista scritto con Giovanni Fasanella (“Intrigo internazionale: perché la guerra in Italia. Le verità che non si sono mai potute dire”), il magistrato ripercorre le possibili tappe che potrebbero aver portato alla strage del 2 agosto. “Nel novembre del ’79 avevamo arrestato a Ortona tre autonomi romani (Daniele Pifano, Giuseppe Nieri e Giorgio Baumgartner, ndr) che stavano trasportando due missili terra-aria bulgari, destinate ai terroristi palestinesi – afferma Priore -. Quell’operazione portò anche all’arresto di Abu Anzeh Saleh, un dirigente del Fronte popolare che era il responsabile dell’organizzazione in Italia.
L’organizzazione pretendeva assolutamente la liberazione di questa persona, perché la ritenevano una violazione del ‘lodo Moro‘ (basi logistiche in Italia in cambio della non belligeranza, ndr)”. Nonostante un comunicato ufficiale del Comitato centrale del Fplp, Saleh invece condannato dal Tribunale di Chieti e la sentenza venne poi confermata dalla Corte di Appello dell’Aquila.
“I messaggi che si scambiavano le nostre polizie sono inequivocabili e fanno un riferimento diretto all’ipotesi di una grande strage nel nostro Paese – prosegue Priore -. Ricordo una comunicazione del direttore del Sisde, Grassini, che poco prima del 2 agosto diceva ‘siamo agli ultimi giorni, si sente parlare di una rappresaglia pesantissima'”. Per il magistrato, insomma, nessuna trama nera ma una matrice internazionale, la stessa che potrebbe essere dietro la strage di Natale a san Benedetto Val di Sambro. Una convinzione maturata leggendo “le relazioni dei servizi orientali”.
“Probabilmente anche quella strage – spiega Priore – fu dovuta all’arresto di un terrorista, fermato a Fiumicino con le valigie piene di esplosivo”. Il risultato della mancata liberazione fu un nuovo sanguinoso attentato, dovuto al peso di organizzazioni internazionali, come il Fronte popolare palestinese o il gruppo di Carlos, che avevano “una forza tale da imporre rappresaglie enormi”. Priore ha ricordato come anche la Francia abbia subito pressioni dal gruppo di Carlos a causa dell’arresto di due membri dell’organizzazione. “Per due anni ci fu una seria impressionante di attentati su treni veloci nelle stesse modalità con cui avvennero in Italia, che finirono solo quando i due vennero espulsi dal Paese”.
(Fonte: Il Velino, 26 luglio 2010)
#1Aron Sperber
Carlos aveva avuto strette relazioni con la PFLP negli anni 70, ma dopo la morte di Wadi Haddad le relazioni si erano raffredate e Carlos dal 79 aveva iniziato a lavorare „per conto suo“ – e fu Gheddafi che in quel periodo (79-83) dava lavoro all´impreditore privato dell terrorismo.
Anche se c´era un accordo segreto chiamato “Lodo Moro“ che permetteva ai palestinesi di usare il territorio italiano, un arresto per il trasporto di un missile non significava una violazione dell accordo da parte degli italiani (è chiaro che un accordo segreto non poteva garantire impunità dopo atti criminali come il trasporto di un missile)
È quasi impensabile che quell arresto poteva essere stato il motivo per commettere una strage (che non aiutava per niente il loro uomo arrestato)
E se Moro era veramente stato il „uomo dei palestinesi“ come Cossiga dice, perchè i Brigadisti legati strettamente alla PFLP (Abu Anzeh Saleh era proprio stato arrestato insieme a 3 brigadisti) avevano sequestrato e ucciso proprio Moro?
Il smascheramento del “Lodo Moro“ non averebbe significato un grande scandalo per la politica italiana.
Attivisti palestinesi potevano muoversi liberamente in quasi tutti paesi occidentali.
Che il SISMI di Andreotti abbia commesso depistaggi per coprire una strage commessa dai palestinesi solo per proteggere un accordo come sicuramente esisteva anche in altri paesi mi sembra assurdo.
Che cosa poteva invece essere stato un motivo per ordinare a Santovito di organizzare i depistaggi?
Dopo il fallimento della Supertangente Eni-Petromin magari c´era la possibilita di costruire un altra Supertangente – che poteva finanziere il sistema Cossiga-Andreotti per altri 10 anni – con il petrolio del piu grande terrorista prima di Osama bin Laden.
http://aron2201sperber.wordpress.com/2010/06/08/le-4-piste-della-strage-di-bologna/
#2Gabriele Paradisi
Volevo segnalare il libro appena uscito:
Dossier Strage di Bologna – La pista segreta (Giraldi, Bologna 2010)
Alle 10.25 del 2 agosto 1980 un ordigno esplosivo collocato nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione centrale di Bologna provoca il crollo dell’ala ovest causando 85 morti e oltre 200 feriti.
È la strage più grave dell’Italia repubblicana.
Nonostante ventisette anni di indagini e processi, di quella strage non sono mai stati individuati né il movente né i mandanti.
Tra il 1999 e il 2005, durante i lavori istruttori della Commissione parlamentare sul terrorismo e le stragi (XIII legislatura) poi con la Commissione d’inchiesta sul dossier Mitrokhin (XIV legislatura) sono emersi elementi di straordinario interesse e del tutto inediti sui collegamenti internazionali del terrorismo italiano e sulle reti operative dei servizi segreti dell’Est nonché dei mukabarat dei principali Paesi arabi durante la Guerra fredda, come Siria, Libano, Libia, Yemen del Sud e Iraq.
Grazie a queste informazioni è stato possibile riannodare i fili di una trama tenuta segreta per 25 anni e scoprire le ragioni alla base dell’accordo segreto con la resistenza palestinese, le minacce al governo italiano per la vicenda dei missili di Ortona, i retroscena del traffico di armi messo in piedi dall’Fplp (Fronte popolare per la liberazione della Palestina) attraverso il territorio italiano e disarticolato nel novembre del 1979 così come le manovre segrete avviate dalla nostra intelligence per evitare una grave azione ritorsiva contro il nostro Paese.
Il lavoro di ricerca ha permesso di recuperare dagli archivi non solo l’allarme lanciato l’11 luglio 1980 (appena tre settimane prima della strage) dal direttore dell’allora Ucigos sul pericolo di un’azione ritorsiva dell’Fplp per la mancata liberazione del loro dirigente Abu Anzeh Saleh, arrestato e condannato per il traffico dei lanciamissili Sam-7 Strela di Ortona, ma addirittura il nome del terrorista tedesco presente a Bologna il giorno della strage, il tedesco Thomas Kram, del quale mai nulla – dal giorno dell’attentato – era trapelato all’esterno.
Dal novembre 2005, proprio sulla base di questi elementi, la Procura di Bologna ha aperto un nuovo fascicolo d’indagine su una ipotesi investigativa mai approfondita prima di allora. Le investigazioni sono ancora in corso.
La prima parte di questo libro delinea questa pista segreta, rimasta insabbiata per 25 anni: una feroce rappresaglia per la rottura dell’accordo tra le autorità di governo italiane e la resistenza palestinese, oggi noto come patto o «lodo Moro», che vedrebbe il coinvolgimento del gruppo terroristico di Carlos, braccio operativo e militare del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Scenario drammaticamente compendiato da un documento, ritrovato dagli autori, rimasto sepolto per quasi un quarto di secolo negli archivi del Tribunale di Venezia.
Nella seconda parte del libro si racconta l’inchiesta che, preso l’avvio da un’intervista al manifesto di Thomas Kram dell’agosto 2007, portò a scoprire una manipolazione testuale nel Documento conclusivo di centrosinistra della Mitrokhin di un documento di polizia, utilizzata poi dal terrorista tedesco per spiegare la sua inquietante presenza a Bologna il giorno della strage. Un saggio di chiusura di Gian Paolo Pelizzaro riepiloga proprio i tanti misteri che avvolgono la figura del terrorista tedesco.
La terza parte del volume raccoglie le voci degli stessi protagonisti. Si passa così dai legami occulti del Kgb con il Fronte popolare per la liberazione della Palestina di Wadi Haddad e George Habbash, alle lettere di Francesco Cossiga sul «lodo Moro», agli avvertimenti di Bassam Abu Sharif al governo italiano, ai depistaggi di Abu Ayad, alle numerose interviste di Carlos, di Abu Anzeh Saleh, di Thomas Kram.
Per chiudere, e così conoscere, attraverso le interpellanze e le interrogazioni parlamentari, le vivaci, ma poco note, discussioni avvenute nelle aule del Parlamento italiano su una delle pagine più tragiche, misteriose e controverse della storia italiana.
#3bolognese
vergognatevi a pubblicare questa robaccia che tutti sanno già falsa, ci sono già state indagini in merito e non è che l’ennesimo tentativo di depistaggio.
E’ vergognoso che il titolare di questo sito echeggi questa roba per buttare fango sui palestinesi che considera nemici, spero che questo Emanuel Baroz si vergongi di tale bassezza e dei suoi insulti alle vittime della strage e ai loro parenti, ma non mi stupirei se se ne fregasse bellamente, mi pare un po’ troppo impegnato a non vedere altro che Israele,anche acosto d’insultare gli italiani vittime di una strage che ancora fa sanguinare il cuore dei loro parenti. Vergogna!
#4Emanuel Baroz
@ bolognese: non capisco di cosa dovremmo vergognarci, visto che sono parole del magistrato Rosario Priore..noi ci siamo limitati a riportarle. Non abbiamo titoli per affermare che quanto detto da Priore sia falso, ma sul fatto che sia esistito un accordo tra il Governo italiano gestito dall’allora DC e il terrorismo palestinese internazionale credo sia ormai un dato acclarato. Che poi si sia chiamato “lodo Moro”, “Accordo Cossiga” (O Kossiga…), “patto Andreotti” o “Regola Craxi” sinceramente non ci interessa…resta il fatto che il 9 Ottobre del 1982 la Sinagoga di roma fu teatro di un sanguinoso e vile attentato effettuato da terroristi palestinesi.
Infine: personalmente non considero i palestinesi dei nemici, a meno che non siano terroristi. Se poi molte volte le due cose coincidono…beh, questa non è certo colpa mia!
#5Aron Sperber
@Gabriele
anche se io (come tu sai gia) credo che la pista libica sia la pista giusta ordinero subito il tuo libro
@bolognese
un commento scritto proprio al basso livello di Paolo Bolognesi
le vittime di Bologna non erano solo Italiani e sopratutto non erano solo communisti (magari c´erano pure dei fascisti sotto le vittime)
ma la sinistra italiana e specialmente la organizzazione di Bolognesi ne ha fatto dei martiri della sinistra – e guai a chi ha osato di mettere in dubio questa verita giudiziaria
#6Gabriele Paradisi
@bolognese
“robaccia che tutti sanno già falsa”
Tutti chi? Molti esponenti ed intellettuali di sinistra sono viceversa convinti che siano le sentenze su Bologna ad essere traballanti.
“sono già state indagini in merito”
Falso. Le indagini sulla pista palestinese sono ancora in corso. Il procedimento è stato aperto nel novembre 2005.
“l’ennesimo tentativo di depistaggio”
E’ vero, su Bologna ci sono stati diversi tentativi di depistaggio peraltro scoperti e condannati. Erano comunque dei strani depistaggi… anzi erano proprio il contrario… erano degli “impistaggi”, visto che indicavano guardacaso proprio i Nar (operazione “terrore sui treni”, gennaio 1981).
Caro bolognese
io credo che i famigliari delle vittime desiderino la Verità e non una verità qualsiasi. La vergogna se permetti sta da altre parti.
#7Daniele Tiles
@bolognesi: ah certo, diamo la colpa a chi riporta i link e le informazioni…ma iniziamo a leggere tutte le opinioni di TANTE persone che pensano che ci siano TANTI punti da indagare sulla strage di Bologna?
#8Aron Sperber
http://www.agi.it/bologna/notizie/201007281555-…-rt10266-strage_bologna_procuratore_alfonso_indagini_avanti_fino_in_fondo
sembra che anche dopo piu di 5 anni non sono ancora riusciti a interrogare il terrorista Thomas Kram
che era il uomo di Johannes Weinrich, che era il uomo di contatto con i servizi di Gheddafi
http://fr.wikipedia.org/wiki/Johannes_Weinrich
#9Gabriele Paradisi
Nel giugno 2008, l’allora pm Paolo Giovagnoli salì in Germania per interrogare Kram e soci. Kram si avvalse della facoltà di non parlare. Non osò ripetere le sciocchezze riportate nell’intervista al manifesto del 1 agosto 2007. Nemmeno Weinrich parlò. Solo Schindler che raccontò come le Rz fossere divise in un’ala internazionalista (legata a Carlos) e una più calata nella realtà tedesca.
#10Gabriele Paradisi
@Aron
Tu scrivi: “Carlos aveva avuto strette relazioni con la PFLP negli anni 70, ma dopo la morte di Wadi Haddad le relazioni si erano raffredate e Carlos dal 79 aveva iniziato a lavorare „per conto suo“ – e fu Gheddafi che in quel periodo (79-83) dava lavoro all´impreditore privato dell terrorismo”.
Mi dispiace ma non è esatto.
1) Carlos fu “arruolato” nell’Fplp da Bassam Abu Sharif nel 1970;
2) in seguito alla gestione “personalistica” di Carlos del sequestro dei ministri del petrolio all’Opec di Vienna (dicembre 1975), Wadi Haddad effettuvamente ruppe i rapporto con Carlos;
3) Wadi Haddad muore a Berlino Est il 28 marzo 1978 (in pieno sequestro Moro);
4) da quel momento Carlos torna ad operare per l’Fplp;
5) a testimonianza di ciò si può portare l’informativa di Giovannone citata da Di Napoli e alla base della nostra ricerca su Bologna: “Dopo la prima condanna inflitta agli autonomi e al giordano pervenne
da Giovannone l’informativa secondo cui l’Fplp aveva preso contatti con
il terrorista Carlos. Ciò avallò la minaccia prospettata da Habbas[h]”
#11Ahmed
G.L.: sulla nessuna dnecnuia non ne sarei cosec convinta, se non erro era una cosa di cui la Guzzanti stessa si vantava nello spettacolo, ma potrei confondermi. Non sto facendo l’elogio del facciamo quel cazzo che ci pare , e8 ovvio che non e8 la mia linea. Perf2 dico due cose:1. fermare gli imbecilli in rete (e nella vita, aggiungerei) e8 come cercare di fermare il mare con le mani. Chiudere Nonciclopedia non serve a niente per la reputazione di Vasco, visto che un contenuto in rete e8 virtualmente eterno, e si riproduce peggio dei virus2. a prescindere non si puf2 stabilire cos’e8 diffamazione e cos’e8 satira, a quel che ho capito la legislazione procede caso per caso. E quindi chi e8 che decide cosa si puf2 dire e cosa no? Io? Tu? C’e8 gente che riteneva la voce su Vasco satira, altri che la ritenevano pura offesa. Chi c’ha ragione? Altrove ho detto che secondo me ma e8 un mio parere la satira si esercita sui potenti. La satira sui deboli e sulle minoranza e8 vigliaccata. Ma Vasco qui cos’e8, un potente o una vittima? E quelli di Nonciclopedia?Per il resto, sulla legge Ammazzablog a quanto ne so la tua posizione e8 sempre stata quella, e la coerenza e8 una gran bella cosa. Peccato che, vista la reazione en masse della rete e alla legge Ammazzablog e alla querelle di Vasco, direi che molta altra gente sta coerenza decisamene non ce l’ha avuta.Anyway, hai ragione te, in questo contesto, in questo paese, queste sono tutte cazzate e questioni di lana caprina. Al che si torna al mio post di oggi, che infatti e8 abbastanza disertato dai lettori, vedo.
#12Alberto Pi
La strage di Bologna e il libro scomodo
La verità sulla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto di 30 anni fa vacilla: sia la versione giudiziaria che quella politica, che ha immediatamente bollata la strage come «fascista», opera di bombaroli considerati squallida manovalanza dei veri mandanti: i servizi deviati. Non è ancora in libreria, ma il libro Dossier strage di Bologna ha già creato malumori, specialmente a sinistra.
Il testo (curato da Gabriele Paradisi, Gian Paolo Pelizzaro e Francois de Quengo de Tonquédec) è un saggio che ricostruisce le vicende del terrorismo palestinese in Italia. Sul ruolo del terrorista Thomas Kram, che la notte precedente l’esplosione dormì all’hotel Centrale di via della Zecca e sul presunto coinvolgimento del gruppo Carlos attraverso Kram passa la «non estraneità» di alcuni palestinesi nell’attentato. Ancora lunedì il giudice Rosario Priore ha parlato apertamente di «reazione del terrorismo palestinese all’arresto di un responsabile di alto livello del Fronte popolare di stanza a Bologna». Da tempo la Procura di Bologna indaga. ma in merito nulla trapela.
(Fonte: Il Giornale, 28 luglio 2010)
#13Aetius
Ma come, non è stato il “terrorismo fascista”, come ricorda la lapide commemorativa posta nella stazione di Bologna? E chi ci va a correggerla ora?
#14Emanuel Baroz
L’ultima scoperta
Scopre due anni dopo un’intervista di Cossiga al quotidiano israeliano Yediot Aharonot; scopre che esisteva un cosiddetto “Accordo Moro”, dal nome e dalla volontà dello statista ucciso dalle Brigate Rosse, e che secondo tale accordo stipulato negli anni Settanta l’Italia non si sarebbe intromessa negli affari dei palestinesi, come far viaggiare armi di provenienza sovietica sul territorio nazionale, e che in cambio i palestinesi non avrebbero colpito obiettivi italiani; e con la bocca spalancata dallo stupore come un immenso hangar, scopre che gli ebrei italiani, anzi che gli italiani ebrei, risultavano esclusi dall’equazione e che in modo implicito essi avrebbero potuto essere uccisi, come poi in effetti avvenne. Smette di leggere l’intervista perché è finita e scopre di avere finito anche lo stupore e che forse non ne avrà mai più.
Il Tizio della Sera
(Fonte: Rassegna Ucei, 29 Luglio 2010)
#15Aron Sperber
Caro Gabriele,
auguri per il tuo libro!
1) nei due libri che ho letto su Carlos era sempre Wadi Haddat (suo nome di KGB “Nationalist”) che aveva fatto entrare Carlos nella PFLP.
http://www.abebooks.de/Carlos-Komplize-Weinrich-internationale-Karriere-deutschen-Top-Terroristen/1427668487/bd
http://www.amazon.de/Schatten-Schakals-Wegbereiter-Internationalen-Terrorismus/dp/386153245X
2) Haddat ufficialmente ruppe con Carlos dopo Vienna e Entebbe – pero il gruppo di Carlos rimase legato a Haddat, che nel 76 fu anche lui espulso dalla PFLP ufficiale – il uomo di contatto del gruppo di Haddat (la PFLP-EO) era proprio Johannes Weinrich
http://en.wikipedia.org/wiki/Popular_Front_for_the_Liberation_of_Palestine_%E2%80%93_External_Operations
3)Haddat era stato il uomo di Gheddafi nella PFLP, dopo la morte di Haddat erano Carlos e Weinrich a prendere il posto die Haddat come Terroristi personali di Gheddafi
se c`era qualcuno che aveva dovuto ordinare alle BR di sequestrare Moro (che io non credo), sara stato il KGB e non qualche palestinese
4) se guardi la carriera di carlos dal 80 ha fatto tutto solo per soldi (dei servizi segreti di Gheddafi e Ceaucescu) o al massimo per vanita (quando i francesi avevano arrestato la sua compagna Magdalena Kopp)
5) dovro leggere tuo libro – naturalmente nei libri tedeschi che ho letto io di questo punto molto particolare non si trova niente
#16bolognese
giusto il Giornale e Cossiga come fonti, che schifo…
immagino che nemmeno il caso Boffo possa incidere sull’attendibilità della fabbrica berlusconiana di balle per gente evidentemente d’estrema destra come quella che frequenta questo sito, visto che solo gente d’estrema destra o dei minus potrebbero insultare un parente delle vittime dandogli del comunista alla membro di cane
la cd “pista palestinese” è stata smentita prima di tutto dalla perizia sull’esplosivo e l’attentato alla sinagoga non dimostra che tutti gli attentati in questo paese siano stati compiuti dai palestinesi, così come non c’entrano nulla i palestinesi con l’Italicus e con altre stragi dai caratteri simili che hanno chiesto il sangue di centinaia d’italiani
ho già capito che questo è un sito d’estremisti ebraici di destra, non ci voleva molto in effetti, modi e scelta degli argomenti lasciano poco spazio ai dubbi
vergogna, che direste se qualcuno liquidasse la morte del povero stefanino dando del fascista o del comunista ai suoi genitori e a chi lo ha pianto?
shame on you e su quelli come voi, siete la vergogna dell’ebraismo, quando il rabbinato ortodosso negherà la vostra ebraicità, raccoglierete quello che avete seminato
#17Emanuel Baroz
@ bolognese: non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire….i suoi insulti li rispediamo volentieri al mittente. Addio
#18Gabriele Paradisi
Ciao Aron
ti rispondo punto per punto.
1) Wadi Haddad era leader al pari di George Habbash dell’Fplp (gruppo creato l’11 dicembre 1967 dall’unione di tre gruppi indipendenti – The Heroes of the Return Organization, The National Front for the Liberation of Palestine (Youn Man of Revenge) e the Palestine Liberation Front). In particolare Haddad era il responsabile delle operazioni all’estero. Bassam Abu Sharif era componente del Comitato Centrale dell’Fplp e responsabile del settore stampa, pubbliche relazioni nonché ufficiale reclutatore per conto dell’organizzazione. Nell’autunno del 1969 si presentò al suo ufficio un certo Sanchez per il quale Sharif coniò il nome di Carlos. Il suo addestramento terminò nell’estate 1970.
Per approfondimenti consiglio il libro “Tried by Fire. The Searing True Story of Two Men at the Heart of
the Struggle between the Arabs and the Jews”, scritto proprio da Sharif insieme a Uzi Mahanaimi (in Italia è stato pubblicato da Sellerio col titolo “Il mio miglior nemico”.
2) Confermo che ci fu un periodo di rapporti interrotti tra Carlos e l’Fplp Special Command di Haddad, dopo Vienna (21 dicembre 1975). Rapporti che però ripresero alla morte di Haddad (28 marzo 1978). Sono documentati negli archivi della Stasi e del Avh (il servizio ungherese), contatti tra Carlos e Abu Daud – braccio destro di Abu Ayad, nmero due di al-Fatah – a Praga nell’agosto 1979 e soggiorni di quest’ultimo in Ungheria dove Carlos aveva il suo quartier generale.
3) Il ruolo di Gheddafi nella vicenda è particolarmente complesso per poterne discutere in due righe. Il mio cenno a Moro era solo per sottolineare una coincidenza temporale.
4) Carlos ha sicuramente fatto quello che ha fatto anche, o solo, per soldi. Pensa che un anno fa per rilasciare una intervista scritta il suo avvocato ci ha chiesto 3.500,00 € per lui e 3.000,00 € per il suo assistito. I palestinesi sicuramente lo pagavano profumatamente per compiere gli attentati per conto loro.
5) nei libri tedeschi non puoi trovare quel brano perché è rimasto sepolto ventitre anni in un faldone poleveroso del tribunale di Venezia.
A presto, grazie della utile discussione
#19Vanni
Non riesco a capire per quale motivo un eventuale coinvolgimento del gruppo di Carlos, vuoi per conto dell’FPLP, vuoi per Gheddafi, o anche per entrambi, dovrebbe mai scagionare i NAR di Fioravanti.
Che questi ultimi siano stati coinvolti nell’esecuzione dell’attentato, è cosa che a me sembra comprovata dai tanti indizi che emrgono con chiarezza dalle carte processuali.
A me non pare affatto inverosimile un legame operativo, o forse anche qualcosa di più, tra tutti o parte di questi diversi attori e personaggi.
L’unica cosa sicuramente inverosimile sono le accuse dello stesso Carlos: che per far fuori un suo uomo si metta in atto una cosa del genere, senza per altro nemmeno riuscirci, è cosa priva di qualunque plausibilità.
Certamente la cosa più interessante sarebbe capire cosa si sia cercato di coprire con quei famosi e comprovati depistaggi.
Forse col passare degli anni potranno proprio da lì emergere informazioni utili. Anche se da quel verminaio ci si può aspettare di tutto: dalla verità alla totale disinformazione, passando per mezze verità che possano sempre tornar utili a chissà chi e cosa.
Una cosa però dovrebbe essere chiara, da un punto di vista ideologico, storico e politico: qualunque sia stata l’esatta combinazione di colpevoli, complici, mandanti, motivazioni, esecutori e depistatori, sempre di una strage fascista, si tratta.
Qualunque cosa Carlos, l’FPLP, Fatah e Gheddafi pretendano di raccontarci di se stessi.
#20Alberto Pi
Strage Bologna, appunto del Br Senzani conferma pista palestinese
Roma, 2 ago (Il Velino) – “Un’altra verità è possibile” sulla strage di Bologna, del 2 agosto 1980. Non una bomba fascista ma una “bomba palestinese”. L’ipotesi è rilanciata dalle colonne del quotidiano Il Tempo, e si basa su “nuovi documenti che aprono spiragli diversi dalle conclusioni giudiziarie. (…) Un’informativa dei carabinieri alla procura di Venezia e al giudice Mastelloni che indagava sul traffico di armi, contiene uno scritto autografo del brigatista Giovanni Senzani che rivela i rapporti tra Olp e Brigate Rosse. Il documento – spiega il quotidiano romano – è stato ritrovato da tre ricercatori, Gabriele Paradisi, Gian Paolo Pelizzaro e Francois de Quengo de Tonquédec, i quali lo inseriranno nel saggio che stanno stampando con Giraldi Editore, in questi giorni dal titolo: ‘Dossier strage di Bologna – La pista segreta’”. Il documento “è particolarmente significativo perché fa riferimento ad alcune azioni militari delle fazioni palestinesi in Europa, con il coinvolgimento dell’Unione sovietica. Soprattutto Senzani cita Abu Ijad, nome di battaglia di Khalaf Salah all’epoca capo dei servizi segreti dell’organizzazione di Arafat”.
“L’appunto di Senzani, che si riferisce a una riunione a Parigi, rivela tra l’altro i rapporti tra i vari membri della direzione strategica delle Brigate Rosse – Mario Moretti, Alvaro Lojacono, Laura Braghetti – e i palestinesi”. Il manoscritto, di cui è stata confermata l’autenticità, “fa riferimento a una serie di informazioni apprese proprio da Abu Ijad. (…) Appunti redatti durante un vertice a Parigi”, e che “riporta anche una breve analisi di politica internazionale frutto delle considerazioni che il palestinese Abu Ijad fa durante la riunione parigina. (…) Il palestinese, scrive Senzani, sostiene che l’Urss vuole contrastare la politica europea, in particolare di Francia e Germania, in Medioriente. (…) Quindi, il passaggio che apre il nuovo scenario sulla strage di Bologna, ma in realtà il fatto era noto sin dal 1982, anno della cattura di Senzani. ‘Gli ultimi attentati in Europa – scrive il brigatista – (Sinagoga, BO e Trieste) possono essere letti in questa chiave internazionale’. E Senzani rivela a margine: ‘A. (sigla per Abu Ijad, ndr) pensa così. Così ogni altro movimento in Europa di forze rivoluzionarie e servizi segreti può essere letto in questo modo. Andando avanti si vedranno altre manifestazioni ciò… altri attentati e dietro c’è sempre R. (e i suoi collegati)’”.
Continua Il Tempo: “Senzani viene arrestato il 9 gennaio 1982, l’appunto, trovato in suo possesso, è con certezza precedente a tale data. Così la sigla ‘Bo’ è riferibile alla strage alla stazione del capoluogo emiliano. Gli altri due attentati, sinagoga e Trieste possono riferirsi a quello al tempio ebraico di Parigi del 3 ottobre 1980 perché l’attentato alla sinagoga di Roma è successivo all’arresto di Senzani. Trieste può essere indicativo dell’attentato all’oleodotto compiuto dai palestinesi nel 1972. Nell’appunto si parla di un attentato compiuto a Bologna. Circostanze che nessuno a mai verificato fino in fondo. Troppo comoda la matrice fascista con l’apporto dei servizi segreti deviati e l’ombra complottista della P2. Tutte le altre ipotesi archiviate. Eppure c’erano tutti gli elementi per indagare verso altre direzioni. Scomode, perché l’Italia di quegli anni era filo-palestinese e le bombe erano tutte fasciste. Un periodo sul quale, come ha recentemente sostenuto Rino Formica, ex ministro dei Trasporti bisogna tentare di ‘far luce sul contesto politico internazionale che tenne l’Italia in regime di sovranità limitata. L’Italia fu terra di guerra fredda accettata e di guerra calda subita’. Un’altra verità è possibile”.
http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=1178391&t=Strage_Bologna_appunto_del_Br_Senzani_conferma_pista_palestinese#news_id_1178391
#21Alberto Pi
A Bologna bomba palestinese
di Maurizio Piccirilli
A trent’anni dalla strage emergono altri scenari. Documento autografo del brigatista Senzani svela la pista dell’Olp e dei servizi sovietici. Nell’appunto si parla di un attentato compiuto a Bologna.
Dopo trent’anni un’altra verità viene a galla. Ore 10,25 del 2 agosto 1980, una violenta esplosione semina morte e distruzione alla stazione di Bologna. E fu subito strage fascista. Ma nuovi documenti aprono spiragli diversi dalle conclusioni giudiziarie. Indubbi i depistaggi dei servizi segreti dell’epoca. Restano perplessità sulla condanna all’ergastolo in quanto autori della strage di Francesca Mambro e Giusva Fioravanti dei Nar, da sempre proclamatisi innocenti. Un’informativa dei carabinieri alla procura di Venezia e al giudice Mastelloni che indagava sul traffico di armi, contiene uno scritto autografo del brigatista Giovanni Senzani che rivela i rapporti tra Olp e Brigate Rosse. Il documento è stato ritrovato da tre ricercatori, Gabriele Paradisi, Gian Paolo Pelizzaro e François de Quengo de Tonquédec, i quali lo inseriranno nel saggio che stanno stampando con Giraldi Editore, in questi giorni dal titolo: «Dossier strage di Bologna – La pista segreta». Il documento è particolarmente significativo perché fa riferimento ad alcune azioni militari delle fazioni palestinesi in Europa, con il coinvolgimento dell’Unione sovietica. Soprattutto Senzani cita Abu Ijad, nome di battaglia di Khalaf Salah all’epoca capo dei servizi segreti dell’organizzazione di Arafat. L’appunto di Senzani, che si riferisce a una riunione a Parigi, rivela tra l’altro i rapporti tra i vari membri della direzione strategica delle Brigate Rosse – Mario Moretti, Alvaro Lojacono, Laura Braghetti – e i palestinesi. Traffici d’armi e accordi per azioni che i terroristi italiani avrebbero dovuto compiere contro obiettivi israeliani.
Il manoscritto di Giovanni Senzani (la perizia calligrafica ne ha confermato l’attendibilità) fa riferimento a una serie di informazioni apprese proprio da Abu Ijad. Personaggio questo ben introdotto nell’organizzazione palestinese, capo dell’intelligence, membro di Settembre Nero, responsabile della strage alle Olimpiadi di Monaco e di una serie infinita di azioni militari. Un appunto che Senzani teneva in tasca al momento dell’arresto a Roma nel covo-santabarbara di via Pesci al Tiburtino. Appunti redatti durante un vertice a Parigi. Vi si parla di tutto: di Angola, Paese che ospiterà la latitanza di molti brigatisti, di alleanze con gli altri movimenti rivoluzionari: dai corsi, all’Ira, agli armeni. Il documento redatto da Giovanni Senzani riporta anche una breve analisi di politica internazionale frutto delle considerazioni che il palestinese Abu Ijad fa durante la riunione parigina. Il capo dei servizi dell’Olp, stando al resoconto di Senzani, fa riferimento ad accordi strategici per attentati in Italia. Il palestinese, scrive Senzani, sostiene che l’Urss vuole contrastare la politica europea, in particolare di Francia e Germania, in Medioriente. Per questo la Russia, che negli appunti viene indicata con «R», sostiene Damasco. «R. appoggia la Siria, che oggi è molto debole, perché se R. perde la Siria non ha più controllo politico della zona. R. attacca direttamente e indirettamente tutti quelli che possono indebolire la Siria».
Quindi, il passaggio che apre il nuovo scenario sulla strage di Bologna, ma in realtà il fatto era noto sin dal 1982 anno della cattura di Senzani. «Gli ultimi attentati in Europa – scrive il brigatista – ( Sinagoga- BO e Trieste) possono essere letti in questa chiave internazionale». E Senzani rivela a margine: «A. (sigla per Abu Ijad ndr) pensa così. Così ogni altro movimento in Europa di forze rivoluzionarie e servizi segreti può essere letto in questo modo. Andando avanti si vedranno altre manifestazioni ciò… altri attentati e dietro c’è sempre R. ( e i suoi collegati)». Senzani viene arrestato il 9 gennaio 1982, l’appunto, trovato in suo possesso, è con certezza precedente a tale data. Così la sigla «Bo» è riferibile alla strage alla stazione del capoluogo emiliano. Gli altri due attentati, sinagoga e Trieste possono riferirsi a quello al tempio ebraico di Parigi del 3 ottobre 1980 perché l’attentato alla sinagoga di Roma è successivo all’arresto di Senzani. Trieste può essere indicativo dell’attentato all’oleodotto compiuto dai palestinesi nel 1972. Circostanze che nessuno a mai verificato fino in fondo. Troppo comoda la matrice fascista con l’apporto dei servizi segreti deviati e l’ombra complottista della P2. Tutte le altre ipotesi archiviate. Eppure c’erano tutti gli elementi per indagare verso altre direzioni. Scomode, perché l’Italia di quegli anni era filo-palestinese e le bombe erano tutte fasciste. Un periodo sul quale, come ha recentemente sostenuto Rino Formica, ex ministro dei Trasporti bisogna tentare di «far luce sul contesto politico internazionale che tenne l’Italia in regime di sovranità limitata. L’Italia fu terra di guerra fredda accettata e di guerra calda subìta». Un’altra verità è possibile.
http://www.iltempo.it/interni_esteri/2010/08/02/1186339-bologna_bomba_palestinese.shtml
#22sandro lontano
il tutto mi pare puro delirio persecutorio,attenti a entrare in quest’area,mi spiace tanta intelligenza sprecata
#23Emanuel Baroz
finora sono state esposte delle tesi, che possono risultare più o meno credibili, o più o meno piacevoli. Spiace constatare come per molti lettori di questo sito le tesi risultano credibili solo quando collimano con il proprio pensiero precostituito. Ma anche questa purtroppo non è una novità…..
#24damiano
disputa veramente interessante per uno dei grandi misteri del recente passato italico. vi sono ancora troppe zone d’ombra nella ricostruzione ufficiale dei fatti e nell’attribuzione ai NAR della strage, attribuzione che, guarda caso, metteva d’accordo sia gli esponenti della sinistra sia i democristiani …
tutti gli atti, fatti, considerazioni, che siano nuovi oppure no ma che aiutino a gettare un po’ di luce sull’accaduto, siano i benvenuti, a dispetto dei vari “bolognese” e sandro lontano” che si accontentano della traballante versione ufficiale. In ogni caso concordo con chi ha affermato che la ricerca della verità non può che essere bene accolta e assecondata (a meno che non si abbia qualcosa da nascondere: la cosiddetta “coda di paglia”). Infine deploro un modo di obiettare che non risponde nel merito ma si lmita a enunciati di ordine generale e, spesso e volentieri, a insulti.
#25Lello Hulk
Pezzo di bolognese,
Credo che tu o non rispetti le opinioni altrui o sei il capo dei terroristi palestinesi, poichè sei così sicuro che i palestinesi non centrino niente con niente?
Vogliamo scommettere che se ti chiedo di farmi un’ elenco di quello che si sono macchiati gli Israeliani e palestinesi la tua lavagna di Buoni e cattivi come si faceva a scuola una volta (ed è li che sei rimasto) è tutta dalla parte degli Israeliani?
Io credo che per rispetto delle vittime dovresti stare ad ascoltare tutti anche chi a tuo malincuore viene accusato di strage che sia arabo, israeliano, cristiano, destra o sinistra, basta che la verità venga a galla e che non si ripeta mai più.
Per quanto riguarda l’intervista di Cossiga, perchè non dovrei dargli ascolto? E se dice “cazzate” perchè allora qualcuno dell’allora governo non lo smentisce?
Il “lodo moro” è esistito e se per te il Sig. Aldo è stato un grande statista, lo è stato anche per me un grande ………………………. “Pezzo di Merda” a vendermi ai terroristi.
#26Basch
“shame on you e su quelli come voi, siete la vergogna dell’ebraismo, quando il rabbinato ortodosso negherà la vostra ebraicità, raccoglierete quello che avete seminato”
Continui a sperare. Come si suol dire, chi vive sperando…
#27Basch
Bolognese: “immagino che nemmeno il caso Boffo possa incidere sull’attendibilità della fabbrica berlusconiana di balle per gente evidentemente d’estrema destra come quella che frequenta questo sito, visto che solo gente d’estrema destra o dei minus potrebbero insultare un parente delle vittime dandogli del comunista alla membro di cane”
Nessuno ha insultato i parenti delle vittime con l’articolo che è stato pubblicato da Baroz.
Bolognese: “la cd ‘pista palestinese’ è stata smentita prima di tutto dalla perizia sull’esplosivo e l’attentato alla sinagoga non dimostra che tutti gli attentati in questo paese siano stati compiuti dai palestinesi, così come non c’entrano nulla i palestinesi con l’Italicus e con altre stragi dai caratteri simili che hanno chiesto il sangue di centinaia d’italiani”
Perfetto, buono a sapersi (anche se manca la fonte di questa informazione), ma un conto è insultare come ha fatto lei e un altro è spiegare pacatamente le cose.
Bolognese: “o già capito che questo è un sito d’estremisti ebraici di destra, non ci voleva molto in effetti, modi e scelta degli argomenti lasciano poco spazio ai dubbi
vergogna, che direste se qualcuno liquidasse la morte del povero stefanino dando del fascista o del comunista ai suoi genitori e a chi lo ha pianto?”
Un paragone che non c’entra nulla, ma soprattutto nessuno mi pare che abbia detto nulla di simile ai genitori o a chi piange le vittime della strage di Bologna. Nè che l’articolo alludesse a qualcosa di simile.
Il resto del suo post si commenta da solo.
#28Emanuel Baroz
Strage di Bologna – Fioravanti: Cossiga mi disse che furono i palestinesi
ROMA, 2 ago. – “La strage fu provocata da esplosivo palestinese in transito per la stazione bolognese, ma esploso per errore”. Questa la tesi sostenuta dall’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, sulla strage del 2 agosto 1980 e rivelata a Valerio Fioravanti, ritenuto, dalla sentenza della Cassazione del 1995, esecutore della strage insieme alla moglie Francesca Mambro. Un’accusa dalla quale gli ex terroristi dei Nar si sono sempre dichiarati innocenti. Ne parla lo stesso Fioravanti, in un’intervista a Repubblica, nella quale racconta anche come Cossiga escludesse qualsiasi ruolo di Gheddafi nella strage, ritenuta, secondo alcune ipotesi, una ritorsione del leader libico al tentativo di ucciderlo, circa un mese prima, sui cieli italiani.
(Fonte: Adnkronos, 2 agosto 2010)
#29Emanuel Baroz
Trent’anni di polemiche – Non si arriverà mai alla verità su Bologna ma nessuno ha seguito la pista Carlos
di Renato Besana
«Non si arriverà mai alla verità sulla strage di Bologna. Ormai sono passati troppi anni. Non sono stati la Mambro e Fioravanti. Non sapremo mai la verità perché metterebbe in imbarazzo troppe persone: la magistratura, gli investigatori, il Pd». Sono parole di Francesco Cossiga, pronunciate nell’ottobre 2008 al termine di un’audizione dal pubblico ministero Paolo Giovagnoli, titolare d’un fascicolo sulla strage del 2 agosto 1980, aperto nel 2005 sulla base delle indagini svolte dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul dossier Mitrokhin.
Oggi e domani, nel trentesimo anniversario del più grave attentato mai commesso nel nostro Paese, sentiremo invece ripetere, con l’aggravante della retorica, la verità giudiziaria faticosamente costruita, di processo in processo, per giustificare un teorema politico.
Fioravanti e Mambro hanno ottenuto la libertà, ma in carcere langue Luigi Ciavardini, diciassettenne all’epoca dei fatti, tardivamente condannato a trent’anni di reclusione quale esecutore materiale della strage.
Eppure, fin dal primo momento, non mancarono gli indizi per volgere le indagini in una direzione diversa. L’11 luglio del 1980, tre settimane prima del giorno fatale, l’Ucigos, una tra le molte sigle dei nostri servizi, scrive al Sisde che il Fronte popolare per la liberazione della Palestina, vicino al blocco sovietico, avrebbe potuto mettere in atto un’azione ritorsiva contro il nostro Paese per la condanna di Abu Anzeh Saleh arrestato nel 1979 insieme a Daniele Pifano, allora esponente dell’Autonomia romana, per un traffico di lanciamissili Sam-7. Nel 1985, il giudice istruttore Carlo Mastelloni, in un procedimento per un altro traffico d’armi, interroga il tenente colonnello Silvio Di Napoli, allora vicedirettore del Sismi, che per la stessa vicenda fa i nomi di Carlos e di Habbash.
Gli elementi ci sono tutti: Carlos, al secolo Ilich Ramirez Sanchez, oggi detenuto in Francia, era legato, fra il 1976 e il 1989, alle principali agenzie terroristiche sulle due sponde del Mediterraneo; Gorge Abbash guidava invece l’Fplp. Il territorio italiano, come si dice in gergo, era stato in quegli anni sterilizzato: una paziente opera di mediazione, alla quale non sembra fosse estraneo Aldo Moro, aveva escluso il nostro Paese dagli obiettivi del terrorismo legato alla causa palestinese; esso aveva ottenuto in cambio il riconoscimento politico della lotta armata contro Israele e la sostanziale agibilità per gli appartenenti alle organizzazioni che la conducevano.
La detenzione di Saleh parve una violazione dell’accordo. A reagire non fu tuttavia Abbash, a quanto pare contattato in Libano dalla nostra diplomazia, ma Carlos. Saleh, infatti, apparteneva anche al suo gruppo, per il quale svolgeva il compito di reclutatore.
Di qui la decisione di passare ai fatti, approfittando del fatto che Abbash, per un intervento chirurgico, si trovasse nella Germania Orientale e non fosse quindi in grado di gestire la crisi.
Il gruppo terroristico di Carlos aveva sede nella Ddr, con il nome in codice di Separat. In esso erano confluiti i vertici delle cellule rivoluzionarie, che dalla Germania, dov’era attiva la Raf, muovevano verso il resto dell’Europa. Ne facevano parte anche Christa-Margot Frölich e Thomas Kram, berlinese, esperto di esplosivi. Costui arrivò all’albergo Centrale di Bologna, a pochi passi dalla questura, intorno alla mezzanotte del 1 agosto 1980. L’indomani fece perdere le proprie tracce.
Nel giugno dell’82, era invece stata arrestata a Fiumicino la Frölich, proveniente da Damasco via Bucarest. Nella valigia trasportava esplosivo compatibile con quello impiegato nella strage.
Qualche giorno più tardi, un dipendente dell’Hotel Jolly di Bologna avrebbe dichiarato alle forze dell’ordine di averla riconosciuta dalle foto pubblicate sui giornali, affermando che la terrorista si trovava nel capoluogo emiliano tra la fine di luglio e i primi di agosto 1980.
Dopo lunghissima latitanza, Kram è ricomparso qualche anno fa. È stato sentito dalla nostra magistratura un paio di volte, nel 2008 e nel maggio di quest’anno. Ha anche trovato il tempo di rilasciare un’intervista al Manifesto.
Ancor oggi è libero come l’aria.
da Libero.it
#30damiano
“…Una cosa però dovrebbe essere chiara, da un punto di vista ideologico, storico e politico: qualunque sia stata l’esatta combinazione di colpevoli, complici, mandanti, motivazioni, esecutori e depistatori, sempre di una strage fascista, si tratta. …”
questa frase, soprattutto nella sua parte conclusiva, per come l’ho intesa e intrepretata io, mi sembra francamente paradossale. I casi sono due, Vanni, o sei intellettualmente disonesto o sei intriso di ideologia antifascista.
C’è una terza possibilità (non così remota) che abbia errato nell’interpretazione del tuo pensiero, nel qual caso mi scuso ma non posso non chiederti illuminazioni in proposito.
#31Tullia Vivante
Vi autorizzo a pubblicare il commento che vi ho inviato tre minuti fa.
Tullia Vivante – http://www.circolothatcher.org
#32altro bolognese
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=35899
sugli haredi il concittadino che mi ha preceduto non ha tutti i torti e, a parte i toni sinceramente non condivisibili, anche sulla strage mi sembra che tanti qui stiano inseguendo un wishfull thinking più che le risultanze storiche e processuali, a meno di non voler pensare che Gelli e i Servizi Deviati abbiano messo in piedi i depistaggi che sono stati poi scoperti per favorire Carlos o chissà quale banda di terroristi stranieri
#33Alex
Mi pare che la pista rossa e/o palestinese-araba sia l’ultimo depistaggio rispetto alla strage di Bologna.
Riporto qui sotto un interessante articolo pubblicato il 1 agosto 2007 su IL MANIFESTO (giornale di sinistra che, a proposito della suddetta strage, ha sempre ritenuto insufficienti o addirittura infondate le accuse verso Fioravanti & Mambro e del tutto ridicole quelle verso Luigi Ciavardini che nel 1980 aveva solo 17 anni).
(da Il Manifesto – 1 agosto 2007)
Strage di Bologna. L’ultimo depistaggio
“Ecco perché non posso aver messo io la bomba”
La parola a Thomas Kram, indagato in Germania per le “Cellule rivoluzionarie”, sospettato dalla commissione Mitrokhin perché era Bologna il 2 agosto 1980
Guido Ambrosino
Berlino
“Devo deludere i segugi della commissione Mitrokhin, che mi sospettano di aver messo, per conto dei palestinesi, la bomba alla stazione. Ero a Bologna, ma questo è tutto. Quando mi diressi verso la stazione per prendere un treno per Firenze, il piazzale era già invaso dai mezzi di soccorso. Ricordo lo sgomento della gente, l’urlo delle sirene”. È Thomas Kram a parlare, per la prima volta con un giornalista da quando, nel dicembre 2006, si è consegnato alla magistratura tedesca.
Si era sottratto all’arresto per 19 anni. Lo cercavano dal 1987 per partecipazione alle Revolutionäre Zellen (Rz), che praticarono negli anni ’70 e ’80 una guerriglia fatta di sabotaggi e danneggiamenti incruenti, con tre sciagurate eccezioni: tre uomini colpiti alle gambe. Uno di loro, Karry, ministro dell’economia in Assia, morì dissanguato. Prescritto il primo mandato di cattura, nel 2000 ne arrivò un secondo, per un ruolo “dirigente” nelle Rz, senza addebiti specifici.
Kram è a Berlino, in libertà provvisoria. A luglio la procura federale ha chiesto il rinvio a giudizio. Un “testimone della corona”, che ammette di non conoscerlo, ne avrebbe sentito parlare come autore di documenti politici delle Rz. Kram, in attesa del processo, non si pronuncia sulla sua appartenenza alle Cellule rivoluzionarie. Vuole però dire la sua su Bologna.
Il polverone Mitrokhin
“Ho scoperto su internet che la bomba potrei averla messa io. Un’assurdità, sostenuta addirittura da una commissione d’inchiesta del parlamento italiano, o meglio dalla sua maggioranza di centrodestra, nel dicembre 2004. Deputati di An, e altri critici delle sentenze che hanno condannato per quella strage i neofascisti Fioravanti e Mambro, rimproverano agli inquirenti di non aver indagato sulla mia presenza a Bologna”. Per Kram è una polemica pretestuosa: “Non sono io il mistero da svelare. Non lo credono nemmeno i commissari di minoranza della Mitrokhin. Viaggiavo con documenti autentici. La polizia italiana mi controllava. Sapeva in che albergo avevo dormito a Bologna. Il giorno prima mi aveva fermato a Chiasso. Come corriere per una bomba non ero proprio adatto”.
La commissione d’inchiesta sul dossier Mitrokhin, si occupò nella scorsa legislatura delle attività del Kgb in Italia, e di varie mitologie sul terrorismo. Nelle conclusioni di maggioranza c’è un capitolo su “Thomas Kram e la strage alla stazione di Bologna”.
Vi si ipotizza una “ritorsione” per l’arresto nel novembre 1979 di Abu Saleh, esponente del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp), in seguito al sequestro a Ortona di due missili terra-aria diretti in Libano. La rappresaglia sarebbe stata appaltata a Carlos. Possibili esecutori Thomas Kram e Christa Fröhlich.
Senonché Kram non è mai stato sospettato dalla magistratura tedesca di appartenere al gruppo Carlos. Fröhlich, indagata ma mai condannata per aver fatto parte di quel gruppo, a Bologna proprio non c’era. “Delle due l’una – obietta Kram: se mi si accusa di aver fatto parte delle Cellule rivoluzionarie, che hanno rifiutato il terrorismo indiscriminato, non mi si può sospettare di avere ucciso 85 persone a Bologna. Quella strage, quali ne siano gli autori, resta per me ‘fascista’, per il disprezzo della vita che esprime. Quella di cinque settimane dopo all’Oktoberfest di Monaco porta la stessa firma”.
Carte segrete
Già la premessa del teorema è illogica. Il Fplp, tanto più dopo l'”incidente” di Ortona, non aveva alcun interesse a una guerra aperta con l’Italia.
Né regge il “legame” tra Carlos e Kram. I mitrokhisti si appoggiano a un rapporto della Stasi, conosciuto tramite un resoconto della polizia francese, che descriverebbe Kram come membro del gruppo Carlos. E i servizi ungheresi segnalano un incontro a Budapest, il 27 ottobre 1980, tra Carlos, “Laszlo” (forse Kram) e “Heidi” (forse Fröhlich). Ma per gli ungheresi Kram non apparteneva al gruppo Carlos, a differenza di quanto invece affermano per Johannes Weinrich, Magdalena Kopp e Christa Fröhlich.
La Stasi può sbagliare. Sappiamo – da documenti delle Rz, resoconti di militanti, carte processuali – che all’inizio le Rz ebbero contatti con il Fplp e Carlos. Sappiamo però anche che dopo Entebbe, dove nel 1976 morirono tra i dirottatori di un aereo due militanti delle Rz, quei contatti si interruppero. Ne seguì nel 1977 una scissione. Gli “internazionalisti” attorno a Weinrich abbandonarono le Rz, per unirsi a Carlos.
Non si può escludere che ci siano stati ancora incontri, come quello di Budapest, registrato dagli ungheresi. È un peccato che non se ne trovi la trascrizione, perché ci si può incontrare anche per litigare.
Un viaggio in Italia
Agosto, tempo di vacanze. Kram voleva rivedere amici conosciuti a Perugia, dove aveva frequentato due corsi d’italiano, dal settembre al dicembre 1979, e dal gennaio al marzo 1980. “A Milano mi aveva invitato un’austriaca, che lì insegnava tedesco. Avrei pernottato da lei e il giorno dopo avrei proseguito per Firenze”.
“Arrivato a Chiasso il primo agosto ‘alle ore 12,08 legali’, come apprendo dalle note della polizia riportate dalla relazione di minoranza della Mitrokhin, mi fecero scendere dal treno. Dovevano avere avuto una segnalazione dalla Germania”. Sin dal novembre 1979, quando soggiornava a Perugia, Kram era sorvegliato in Italia su richiesta del Bundeskriminalamt, che lo sospettava di favoreggiamento delle Cellule rivoluzionarie.
“Mi trattenero per ore. Mi sequestrarono una lettera dell’amica, che spiega il motivo del viaggio. L’appuntamento con lei a Milano saltò. Non riusciì a rintracciarla. Ripresi il treno per Firenze, ma lì sarei arrivato troppo tardi per trovare un albergo. Decisi di fermarmi a Bologna”.
All’albergo Centrale, in via della Zecca 2, è registrato l’arrivo. Su una piantina di Bologna, Kram ricostruisce il percorso del giorno dopo: “Mi svegliai tardi, feci colazione in qualche caffè vicino Piazza Maggiore. Poi mi incamminai verso la stazione su una grande strada, forse via dell’Indipendenza. Le sirene tranciavano l’aria. Da lontano vidi sul piazzale della stazione il lampeggiare di ambulanze e mezzi dei pompieri. Si capiva che era successo qualcosa di grave”.
“Non mi avvicinai. Dopo l’esperienza del giorno prima a Chiasso non volevo incappare in nuovi controlli di polizia. Un taxi mi portò alla stazione delle autocorriere. A Firenze arrivai in pullman. Rimasi forse quattro, cinque giorni. Poi tornai in Germania”.
Sette mesi a Perugia
Nato a Berlino il 18 luglio 1948, Kram ha 59 anni. Alto, magro, capelli grigi e occhiali, potrebbe sembrare un insegnante. Non ha mai potuto esserlo. “Ho studiato pedagogia a Berlino, ma sono incappato nel Berufsverbot. Willy Brandt nel 1972 escluse dal pubblico impiego chi non desse garanzie di lealtà alla costituzione. Nel mio caso bastò un corteo ‘sedizioso’ contro la guerra in Vietnam, e il danneggiamento di un cartello stradale: avevo ribattezzato la Wittenbergplatz in ‘Sentiero Ho Chi Minh’. In Nordreno-Vestfalia mi accettarono per il tirocinio. Ma nemmeno lì fui assunto. Nel 1974 subentrai a Johannes Weinrich nella gestione della ‘Libreria politica’ a Bochum”. La colleganza libraria con Weinrich, che qualche anno dopo si unì a Carlos, alimentò poi i sospetti nei confronti di Kram.
Nel ’76 Kram fu incarcerato per una settimana per la diffusione di scritti che “incitavano alla violenza”. La libreria nel ’78 non poteva più pagargli uno stipendio. L’ufficio del lavoro gli finanziò un impiego in un centro della Gioventù cattolica, come educatore. Ma Kram continuava a sentirsi controllato dalla polizia e aveva voglia di cambiare aria. Disdisse la casa di Bochum, vendette l’auto, e con quei soldi si iscrisse al corso d’italiano a Perugia.
“Anche la polizia italiana mi teneva d’occhio. Perquisirono l’appartamento che dividevo con altri studenti. Mi ammonirono perché non avevo chiesto il permesso di soggiorno. Me lo concessero solo fino al marzo 1980, al termine dei corsi”. In primavera Kram torna in Germania, da amici a Duisburg. Da lì riparte per il breve viaggio che lo porterà anche a Bologna.
I fantasmi di Carlos
Su internet Kram si è imbattuto in due interviste rilasciate da Carlos. La prima, del 2000 a Il Messaggero, accenna a “un compagno” che, braccato dalla polizia, salta giù dal treno a Bologna pochi minuti prima che scoppiasse la bomba: “Ci chiedemmo se non fosse lui che doveva morire in quell’esplosione”.
Sull’argomento Carlos tornò nel 2005 sul Corriere della sera, che lo interpella sulla “pista” scovata dalla Mitrokhin. Si rifà a un “rapporto scritto”, ricevuto dopo la strage: “Il rapporto dice che un compagno tedesco era uscito dalla stazione pochi istanti prima dell’esplosione. Ho ricordato il suo nome leggendo il Corriere: Thomas Kram, era un insegnante comunista di Bochum, rifugiato a Perugia. Il giorno prima della strage era a Roma, pedinato da agenti segreti che lo seguirono anche sul treno per Bologna. Kram aveva solo un sacchetto di plastica con oggetti personali, ma se fosse morto nell’attentato sarebbe stato facile attribuirgli ogni colpa”. L’intervistatore insiste: “Kram era un suo uomo?”. Risposta: “Kram non è mai stato membro della nostra organizzazione”.
“L’unica cosa giusta che dice Carlos – commenta Kram – è che non ho mai fatto parte del suo gruppo, altrimenti non avrebbe avuto bisogno di resoconti di terza mano. Ricorda il mio nome leggendo i giornali. Non arrivai a Bologna ‘pochi minuti prima dell’esplosione’. Venivo da Milano e non avevo motivo di saltare dal treno in corsa. Avevo non so più se una borsa o una valigia, perquisita a Chiasso. Né potevo essere una vittima ‘predestinata’: nemmeno io sapevo, fino alla sera del primo agosto, che mi sarei fermato a Bologna, e non a Milano”.
Storie nere
La “nuova ipotesi” tedesco-palestinese viene riproposta nel libro di Andrea Colombo, Storia nera. Bologna, la verità di Francesca Mambro e Valerio Fioravanti. Scrive Colombo, per molti anni redattore de il manifesto: “È necessario esaminarla in tutti i suoi dettagli non solo perché è la più recente tra le ‘piste alternative’, ma anche per il fatto che è forse l’unica che possa ancora essere approfondita”.
L’approfondimento di Colombo si riduce a un paio di forzature. Di Kram si dice che “la sua attività di terrorista” era stata segnalata sin dall’agosto 1977. Ribatte Kram: “Le segnalazioni si riferivano a sospetti di favoreggiamento. Il primo mandato di cattura per le Rz è del dicembre 1987”.
Scrive ancora Colombo: “Dopo 27 anni di latitanza Kram si è costituito nel dicembre 2006”. Replica Kram: “Se la latitanza fosse durata tanto, sarebbe iniziata nel dicembre 1979, quando ero a Perugia. Chi scrive nel 2007 vuole suggerire una mia fuga a ridosso della bomba di Bologna. Mi sono reso irreperibile sette anni dopo. È un errore che Colombo dovrebbe rettificare”.
Tra l’80 e l’87 Thomas Kram è stato sempre reperibile. A Duisburg ha lavorato dal febbraio 1981 al febbraio 1982 in uno studio legale. Poi, a Essen, ha frequentato un corso di informatica dal gennaio 1984 al giugno 1985. Nel 1986 gli fu offerto un lavoro in quel settore a Amburgo, e vi si traferì.
Christa Fröhlich
I detektiv della Mitrokhin sembrano credere che a Bologna ci fosse anche Christa Fröhlich. Fu fermata a Fiumicino il 18 giugno 1982, con 3,5 chili di esplosivo nella valigia. La stampa pubblicò la sua foto. Un cameriere dell’hotel Jolly vi ravvisò una “certa somiglianza” con una donna vista quasi due anni prima: parlava italiano con accento tedesco, il primo agosto si era fatta portare una valigia alla stazione, il 2 agosto telefonò per accertarsi che i suoi due figli non fossero sul treno investito dalla bomba, aveva lavorato come ballerina nei pressi di Bologna.
Christa Fröhlich ha ora 64 anni, insegna tedesco a Hannover. Confrontata con questa descrizione, non sa se ridere o piangere: “Non ero a Bologna. Non ho figli. Mai un ingaggio da ballerina. E nel 1980 non sapevo una parola di italiano”.
L’ha imparato dopo, in carcere, dove ha scontato fino al dicembre 1988 la pena per quel trasporto di esplosivo, senza rivelare a chi fosse destinato. Tornata a Hannover, sposò per procura un detenuto delle Brigate rosse. In Germania fu indagata per gli attentati in Francia del gruppo Carlos, ma l’inchiesta fu archiviata. La magistratura francese continuò a sospettarla per l’attentato del 22 aprile 1982 a Parigi, contro il settimanale Watan al Arabi. Nell’ottobre 1995 approfittò di una sua visita al marito per farla arrestare a Roma e estradare. In assenza di prove, la rilasciarono quattro anni dopo, termine massimo per la carcerazione preventiva.
I commissari di minoranza constatano che, già nell’ottobre 1982, gli accertamenti sul fantomatico avvistamento della Fröhlich a Bologna “ebbero esito negativo”. Perché riproporre quell’abbaglio come “nuova” pista?
Rogatoria internazionale
Neanche i parlamentari di An insistono più sulla ballerina-mamma-terrorista. Interpellano però il ministro della giustizia per sapere perché la procura di Bologna non ha ancora interrogato Kram. Abbiamo girato la domanda al sostituto procuratore Paolo Giovagnoli: “A febbraio, con una rogatoria internazionale, abbiamo chiesto alla procura federale di Karlsruhe di poter interrogare Thomas Kram. A fine giugno ho incontrato una collega tedesca per chiarire alcuni aspetti organizzativi. Ci sono molte carte da tradurre. Ci vorrà ancora qualche mese”. Kram non ha nulla in contrario a essere ascoltato su Bologna. Non servirà a spiegare cosa è successo alla stazione, ma forse a cestinare l’ultimo depistaggio.
FINE
#34Emanuel Baroz
Strage di Bologna, il giudice Priore: “Molto da fare per arrivare alla verità”
BOLOGNA, 31 lug. – ”C’è ancora molto da fare per arrivare alla verita”’ sulla strage alla stazione di Bologna, del 2 agosto 1980. ”So che la procura di Bologna sta ancora lavorando su uno stralcio che vedeva un’ipotesi completamente diversa sulla matrice della strage”.
Lo dice all’ADNKRONOS Rosario Priore, giudice istruttore di alcuni dei più importanti processi della storia giudiziaria italiana, dall’eversione nera e rossa al caso Moro fino alla strage di Ustica e l’attentato a Giovanni Paolo II.
”Sull’interpretazione che è stata data dalle Corti – sottolinea Priore – si è formato il giudicato che, come tale, deve essere rispettato. Bisogna però vedere se dopo queste nuove piste, emergano elementi tali da indurre a una revisione del processo.
La tesi su cui si stava lavorando alla procura di Bologna – rimarca il magistrato – era quella di un attentato di matrice palestinese, del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina (FLP), il cui leader per l’Italia era in carcere per la famosa storia dei missili di Ortona”.
”Una storia – sottolinea – per effetto della quale ai palestinesi sembrava che noi avessimo violato il cosiddetto ‘ lodo Moro’, ovvero quel patto che legava l’Italia alle formazioni dell’insorgenza palestinese, autorizzando queste ultime a detenere, stoccare e trasportare sul territorio del nostro Paese armi, munizioni ed esposivo in cambio di una cessazione degli attentati contro cittadini e beni italiani”.
”In questo modo -f a notare Priore – si poteva pensare che fossero invece autorizzati gli attentati contro americani e israeliani. Come successe -r icorda – nel caso dell’uccisione di un americano a bordo della nostra nave ‘Achille Lauro’ e come doveva accadere a danno di un diplomatico israeliano, a carico del quale le Brigate Rosse stavano svolgendo una ‘inchiesta’, preparatoria di un attentato”.
”Vorrei però rammentare – rimarca il giudice Priore – che quel giorno a Bologna era presente Thomas Kram, appartenente alle cellule rivoluzionarie tedesche, legatissime al FLP attraverso Carlos (Ilich Ramìrez Sànchez, terrorista venezuelano, che sta scontando una condanna all’ergastolo in Francia, ndr)”. ”Ho fiducia – ribadisce Priore – che la verità si trovi anche a distanza di anni. Non è vero che il tempo riesca a cancellare tutto. Basterà ricordare quanto sta emergendo sul sequestro di Emanuela Orlandi, ad oltre un quarto di secolo di distanza. Ho fiducia nella magistratura bolognese – conclude – che sicuramente tuttora sta lavorando bene al caso”.
(Fonte: Adnkronos, 31 luglio 2011)
#35Emanuel Baroz
L’accordo con l’Olp degli anni ’70
http://www.vietatoparlare.it/laccordo-con-lolp-degli-anni-70/