Faida fra Hamas e Fatah
di Dimitri Buffa
Quando si parla delle cause che determinano l’attuale stallo nelle trattative di pace tra Israele e i palestinesi, di tutto si parla, come del congelamento o del non congelamento della costruzione di nuove case da parte dei cosiddetti coloni, o settlers, a Gerusalemme Est e in altre parti della West Bank, ma mai, o quasi, della guerra civile tra Hamas e Anp che di fatto pone un interlocutore dimezzato come Abu Mazen al tavolo con Nethanyahu.
Eppure nei giorni scorsi proprio la schieratissima (in senso anti-israeliano) agenzia di stampa “Infopal” (quella di Angela Lano e della Freedom Flottilla per Gaza) aveva dato notizia delle drammatiche azioni di “intrafada”, con morti e feriti, oltre che sequestri di persona, a Gaza di militanti di Abu Mazen e in Cisgiordania di imam e di militanti di Hamas.
Più specificamente addirittura lo scorso 7 ottobre le brigate al Qassam, braccio militare di Hamas, hanno minacciato di prendere di mira i funzionari dell’Autorità Nazionale Palestinese “se le forze di sicurezza continueranno ad arrestare e processare gli attivisti della resistenza in Cisgiordania”. Il portavoce delle brigate, Abu Ubayda ha dichiarato: “Siamo stanchi del comportamento delle forze di sicurezza dell’Anp in Cisgiordania. Nell’ultimo periodo, abbiamo preferito concedere agli sforzi di riconciliazione tutto il tempo necessario; tuttavia, annunciamo in questa sede che non rimarremo in silenzio ancora a lungo”.
Abu Ubayda ha anche aggiunto che i continui tentativi di raggiungere un accordo di unità nazionale con Fatah “non sono bastati ad impedire la cacciata e gli arresti ai danni dei mujaheddin. Nessuno potrà dunque rimproverare noi, se andremo in cerca dei leader dell’Autorità di Fatah in ogni luogo e li tratteremo allo stesso modo”. Ubayda ha infine precisato che centinaia di militanti armati sono stati arrestati dalle forze di sicurezza e che il leader detenuto del Jihad islamico Khader Adnan ha persino iniziato uno sciopero della fame, per protestare contro i “prigionieri che vengono crudelmente torturati in carcere”.
I dati del 2004 relativi all’Intrafada, prima del golpe di Hamas a Gaza e del ritiro degli israeliani, parlavano di oltre 300 morti in questa guerra civile in due anni. La media non è cambiata da allora: oltre cento palestinesi perdono la vita ogni anno per mano di altri palestinesi e la statistica è largamente per difetto. Per non parlare delle donne sospettate o accusate di adulterio e degli omosessuali che a Gaza vengono semplicemente linciati sul posto quando sorpresi nelle loro “turpi pratiche anti islamiche”.
(Fonte: L’Opinione.it, 9 Ottobre 2010)
#1maria luisa polacco
è una cosa disgustosa