Spari a funerale in Siria, 14 morti
Scontri durante le cerimonie funebri dei dimostranti palestinesi caduti domenica mentre tentavano di attraversare la linea di demarcazione sulle alture del Golan.
Damasco, 7 Giugno 2011 – Sono sfociati in una strage i funerali di massa organizzati ieri nel campo profughi palestinese al-Yarmuk – in Siria presso Damasco – delle vittime degli scontri di domenica sulle alture del Golan. Lo afferma l’agenzia di stampa palestinese cisgiordana ‘Wafa’ secondo cui al termine dei funerali si sono avuti estesi disordini e 14 persone sono state uccise dagli spari di miliziani del ‘Fronte popolare per la liberazione della Palestina – Comando Generale’ di Ahmed Jibril.
I funerali erano stati indetti per porgere l’estremo saluto ai dimostranti palestinesi caduti domenica mentre tentavano di attraversare la linea di demarcazione sulle alture occupate del Golan. La manifestazione era stata organizzata in occasione della Naksa, il termine arabo che indica la sconfitta degli eserciti di Siria, Egitto e Giordania nella guerra del 1967 contro Israele.
IL NUMERO DEI MORTI. Le autorità siriane affermano che in quegli incidenti si sono avuti 23 morti, mentre Israele ritiene che questa cifra sia gonfiata e precisa che parte dei morti sono stati vittime di mine esplose dopo che i dimostranti stessi avevano appiccato un incendio sul terreno.
Secondo la ricostruzione della Wafa, l’agenzia di stampa dell’Anp di Abu Mazen, ieri nel campo profughi Yarmukh si è creato un affollato corteo funebre da cui si sono levate voci ostili nei confronti degli organizzatori della dimostrazione di domenica. Citando fonti sul posto la Wafa scrive che il corteo ha quindi attaccato la sede del ‘Fronte popolare per la liberazione della Palestina – Comando generale’ di Ahmed Jibril. Dal suo interno è stato allora aperto il fuoco sulla folla che ha provocato la morte di 14 persone e il ferimento di altre decine. L’esercito siriano, sostiene la Wafa, non è intervenuto
(Fonte: Tg1.rai.it, 7 Giugno 2011)
Nella foto in alto: gli scontri tra palestinesi. Per il video integrale clicca qui
Riguardo i profughi palestinesi invitiamo a leggere i seguenti articoli:
I profughi palestinesi dimenticati dai pacifinti
Profughi palestinesi: finalmente qualcuno affronta l’argomento con l’attenzione che merita!
#1Emanuel Baroz
08/06/2011 Il giornale siriano Tishreen scrive martedì che gli eventi della domenica della Naksa e quelli della Nakba di tre settimane fa, al confine con Israele, “sono solo un preludio” di quanto avverrà nel prossimo futuro. “Israele non dovrà meravigliarsi – scrive Tishreen – il giorno in cui seicentomila profughi irromperanno al suo confine con la Siria per tornare alle loro case nel Golan e in Palestina, ed esso non potrà opporsi in alcun modo”.
(Fonte: Israele.net)
#2Emanuel Baroz
09/06/2011 Circa 120 profughi siriani in fuga dalla repressione nel loro paese sono entrato martedì notte in Turchia. Almeno altri 60 profughi siriani sono giunti in Turchia mercoledì. La Turchia “non chiude le porte” ai profughi in fuga dai disordini in Siria, ha detto mercoledì il primo ministro turco Tayyip Erdogan.
(Fonte: Israele.net)
#3Emanuel Baroz
09/06/2011 Un certo numero di siti internet affiliati con vari rami della opposizione siriana hanno riferito mercoledì che cinque cadaveri di miliziani Hezbollah sarebbero stati trovati nella città di Baalbek (Libano). Uno dei siti cita un ”responsabile della sicurezza siriana” secondo cui gli uomini armati sarebbero stati ”uccisi dalle truppe siriane che hanno scoperto che gli uomini di Hezbollah avevano aperto il fuoco su siriani inermi”.
(Fonte: Israele.net)
#4Emanuel Baroz
10/06/2011 Siria. Migliaia di soldati appoggiati da carri armati hanno circondato diverse città nel nord della Siria, dove migliaia di persone cercano di fuggire in Turchia. Lo hanno riferito giovedì alla stampa testimoni locali.
(Fonte: Israele.net)
#5Emanuel Baroz
10/06/2011 Circa 1.900 nuovi profughi siriani in fuga dalla repressione sono arrivati giovedì in territorio turco, portando ad almeno 2.500 il totale dei siriani rifugiatisi in Turchia negli ultimi giorni. Ankara ha istituito un dispositivo d’accoglienza a Yayladagi, nella provincia di Hatay, a una quarantina di chilometri dalla città siriana di Jisr al-Choughour, teatro di una dura repressione. La repressione del presidente Bashar Assad avrebbe causato almeno 1.470 morti tra gli oppositori, a partire dall’inizio del movimento di protesta a metà marzo.
(Fonte: Israele.net)
#6Emanuel Baroz
10/06/2011 Mosca si oppone a qualsiasi risoluzione Onu sulla Siria. Lo ha detto giovedì un portavoce del ministero degli esteri russo, citato dall’agenzia di stampa Interfax. ”A nostro avviso – ha detto il portavoce – la situazione in quel paese non rappresenta una minaccia per la sicurezza e la pace nel mondo”.
(Fonte: Israele.net)
#7Emanuel Baroz
10/06/2011 Siria. Gli oppositori anti-regime del presidente Bashar Assad hanno invitato la popolazione a manifestare venerdì contro la repressione e hanno chiesto ai leader tribali di unirsi alle manifestazioni. Una pagina di Facebook, “Rivoluzione siriana 2011”, invita i cittadini a ”rovesciare Assad con mezzi pacifici”.
(Fonte: Israele.net)
#8Alberto Pi
Campo di rifugiati di Yarmouk: una rivolta palestinese diversa
di Zvi Mazel (traduzione di Angelo Pezzana)
Venerdì 3 giugno, nel giorno della Naksa, che ricorda la sconfitta degli eserciti arabi nella guerra dei sei giorni, mentre gli occhi del mondo erano puntati sulle migliaia di palestinesi che sulle alture del Golan cercavano di oltrepassare il confine con Israele, scarsa attenzione veniva invece data a quanto di drammatico accadeva dentro al campo rifugiati di Yarmouk alla periferia di Damasco, la capitale della Siria. Diversi giovani avevano partecipato ad una rivolta , ma le notizie su morti e feriti erano inattendibili. Nel campo subito la gente capì che era stata ingannata da Assad, che si era servito del sangue palestinese in una operazione che doveva deviare l’attenzione da come stava brutalmente affrontando la crisi nel suo paese. Ci volle del tempo per identificare i cadaveri e restituirli alle famiglie, e solo il lunedì successivo le nove vittime furono sepolte. La rabbia esplose quando fu chiaro che Assad cercava di nascondere l’uccisione di innocenti civili da parte delle sue forze di sicurezza mediante l’uso cinico della causa palestinese. Si calcola che 100.000 palestinesi, due terzi dell’intera popolazione del campo, abbia preso parte ai funerali gridando slogans contro Assad, “ Ya Bashar, Ya Bashar, dove sei ? Ci hanno massacrato sotto i tuoi occhi, dove, dove è l’esercito siriano, dove sei tu ?”.
In Siria hanno sede le organizzazioni palestinesi più estremiste, da Hamas, che ha il quartiere generale nella capitale, fino a Amed Jibril, capo del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina-Comando Generale (PLFP-GC). Lo stesso Jibril fu presente al funerale, insieme a vari altri leader di altre organizzazioni estremiste palestinesi. Ma quando cercò di intervenire, difendendo Assad e accusando Israele quale responsabile dell’accaduto, la sua voce fu sommersa dalle proteste,e fu invitato ad andarsene, che lasciasse seppellire i morti in pace. Di fronte al suo rifiuto, la folla colpì lui e i suoi con una fitta sassaiola. La protesta divenne ben presto più violenta, fino a raggiungere la sede del PFLP-GC. La folla entrò negli uffici, e distrusse tutto prima di dare gli edifici alle fiamme. Nell’assalto vennero uccise due guardie. Le forze di sicurezza di Jibril aprirono il fuoco, uccidendo14 manifestanti e ferendone centinaia. Nella battaglia la folla gridava “ il popolo non vuole più essere diviso”, a significare la volontà dei molti gruppi palestinesi in Siria di richiamarsi ai manifestanti che nella piazza Tahrir al Cairo gridavano “il popolo vuole la fine del regime”. I rifugiati non volevano più essere manipolati dal regime siriano che agiva attraverso i dieci gruppi estremisti palestinesi che godevano del sostegno del regime. Khaled Mashal, il capo di Hamas, si presentò nel campo con l’intenzione di frenare la protesta, ma fu accolto con scherno e insulti al punto da essere costretto ad andarsene.
Ahmed Jibril è considerato uno dei leader più importanti della fazione pro-Siria, come è noto che collabora da circa quarant’anni con il governo siriano. Si dice che sia stato lui a suggerire ad Assad di organizzare le manifestazioni sul Golan, anche se per i giornali arabi era chiaro fin dall’inizio che sarebbe stato un insuccesso, perché Israele non avrebbe mai permesso la violazione del confine.
Quando martedì ci furono i funerali delle vittime, i capi delle fazioni palestinesi rimasero prudentemente lontani.
Su alcuni media arabi è stato scritto che molti fra i rifugiati nei campi provano solidarietà con i manifestanti siriani massacrati dal regime. E’ possibile che Assad, abbia interrotto l’invio di manifestanti sul Golan il giorno successivo a causa delle proteste esplose contro di lui nei campi profughi, e che abbia bloccato anche le strade che portano al confine con Israele sul Golan, che erano state invece aperte per favorire il venerdì prima l’assalto al confine.
Ci sono oggi 13 campi profughi in Siria amministrati dall’ UNRWA; si stima che contengano circa mezzo milione di persone. Nel corso degli anni sono state costruite delle infrastrutture ed eseguiti ammodernamenti. Chi vi abita gode di pieni diritti civili, incluso il diritto di lavorare in professioni accademiche e in impieghi governativi, malgrado non abbiano mai potuto avere la cittadinanza siriana, che avrebbe annullato la loro condizione di rifugiati di fronte a Israele.
Data l’attuale difficile situazione, Assad non vuole aprire un secondo fronte con i palestinesi, che rappresentano una forza politica che pronta a rivoltarglisi contro. Se decidessero di unirsi ai manifestanti, per Assad sarebbe una catastrofe. Anche prima degli avvenimenti del Golan c’erano stati segnali che la situazione andava peggiorando. Poche settimana fa le autorità siriane avevano segnalato una sommossa al campo Al Ramel di Lattaia, dove i manifestanti avevano attaccato e incendiato edifici pubblici. Le fazioni palestinesi l’avevano smentito, sostenendo che i palestinesi in Siria rimangono neutrali, e non si immischiano negli affari interni del paese. Non va dimenticato che da più parti circola la voce che Hamas stia per trasferire il suo quartier generale nel Qatar e voglia aprire una sede al Cairo per vie del peggioramento della situazione in Siria.
D’altra parte i dirigenti delle fazioni palestinesi sono molto preoccupati non solo a causa degli scontri fra rifugiati e gli sgherri di Assad, ma anche per il possibile arrivo di un nuovo regime che elimini i loro privilegi. Secondo alcune agenzie stampa, questi leader si stanno riunendo per discutere quanto sta avvenendo,e per trovare il modo migliore di ricucire la spaccatura con il governo siriano.
L’Autorità palestinese a Ramallah ha emesso un comunicato molto misurato di condanna attraverso l’agenzia “Wafa”, nel quale si parla di “ un gruppo di uomini armati” del Fronte Popolare-GC, quali responsabili dei crimini e viene annunciata un’inchiesta; ma non si accenna alla Siria, al Presidente Assad o a Ahmed Jibril. In questo modo Abu Mazen non ha voluto esporsi con l’esprimere chiaramente il suo sostegno ai palestinesi che protestano contro la doppiezza di Assad.
Forse per via dell’attuale confronto con Israele e il profilarsi del dibattito all’ Assemblea Generale dell’Onu in settembre, l’Autorità palestinese non ha voluto mettersi contro le fazioni palestinesi, senza contare il recente accordo di pace con Hamas. Malgrado ciò ci sono state molte condanne sulla stampa palestinese, così come da parte del membri più giovani di Fatah, che hanno chiesto l’espulsione dall’Olp di Jibril.
Tarek AlHamid, direttore dell’influente quotidiano arabo “ A-Shark AlAwsat” che si pubblica a Londra, ha scritto lo scorso 8 giugno, in un articolo titolato “ il significato comune delle crisi”, che il problema palestinese viene sfruttato dai paesi arabi e dall’Iran. Secondo lui, i regimi arabi “saldano i loro debiti” per problemi interni e esterni, sia sacrificando i palestinesi o “emettendo assegni”, il che significa sfruttare il problema palestinese senza fare nulla per risolverlo. Si è meravigliato perché Assad non ha mandato cittadini siriani sul Golan ( essendo il Golan un problema siriano) , perché Hezbollah non ha preso parte alle dimostrazioni per il giorno della Naksa, e perché Hamas ha impedito ogni dimostrazione a Gaza. Non ha neppure dimenticato l’Iran, un paese che dichiara, con annunci altisonanti, di essere con i palestinesi contro Israele, ma poi non fa altro che immischiarsi negli affari interni degli stati arabi. I palestinesi, ha scritto, sono la moneta corrente usata per pagare le sommosse nel mondo arabo, e questo andazzo continuerà fino a che un leader palestinese non si alzerà per dire “ Basta trafficare con la Palesatine e i palestinesi ! ”
Si è poi rivolta anche ai paesi arabi e a Mahmud Abbas, ricordando loro che è arrivato il tempo di risolvere questo problema in modo pragmatico invece di usarlo solo per garantire la loro sopravvivenza.
Zvi Mazel è stato ambasciatore in Romania,Egitto e Svezia. Fa parte del Jerusalem Center fo Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta.
http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90