Gilad Shalit libero dopo cinque anni: “Sto bene, spero che accordo aiuti processo di pace”
Gaza, 18 Ottobre 2011 (Adnkronos/Aki/Ign) – Gilad Shalit è libero. Dopo oltre cinque anni di prigionia nelle carceri di Hamas, il giovane militare israeliano è stato restituito al suo Paese ed ha riabbracciato la sua famiglia sulla base dell’accordo siglato nei giorni scorsi con Hamas e in cambio del rilascio di centinaia di detenuti palestinesi (qui le foto della giornata).
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu nel corso di una conferenza stampa ha raccontato l’incontro con il giovane carrista catturato neppure ventenne nel giugno del 2006. “Shalom Gilad, bentornato in Israele, è bello rivederti a casa” ha detto il primo ministro accogliendo Shalit nella base dell’Aeronautica israeliana di Tel Nof. “Ho riportato a casa il vostro ragazzo”, ha quindi detto Netanyahu ai genitori di Shalit.
All’incontro non è stato consentito l’accesso dei giornalisti, ma la tv di stato egiziana ha mostrato le immagini del caporale israeliano mentre veniva consegnato alle autorità egiziane. Vestito con una maglietta abbottonata grigia e un cappello da baseball nero, Shalit è apparso smagrito, ma “in buone condizioni”, secondo le sue stesse parole.
Nella sua prima intervista subito dopo il rilascio, Shalit ha detto alla televisione di Stato egiziana di essere ”molto felice” per il fatto che migliaia di palestinesi ancora detenuti nelle carceri israeliane saranno liberati e potranno tornare a casa. Lui stesso, ha aggiunto, in questi anni ha avvertito ”la mancanza di incontrare persone normali con le quali parlare della mia esperienza. Ho molto da fare da libero”. “Spero che questo accordo possa aiutare il processo di pace tra israeliani e palestinesi”, ha affermato ancora il caporale israeliano spiegando di aver “saputo una settimana fa della notizia della mia liberazione, non posso spiegare quel che provo, ma mi sono sentito molto felice”.
Il caporale israeliano, apparso molto provato nel corso dell’intervista, ha ringraziato tutti per la sua liberazione e ha detto che “il video girato nel corso della mia detenzione e mandato in onda è servito solo alle parti per trattare la mia liberazione. Penso che lo scambio sia riuscito grazie ai buoni rapporti tra Hamas ed Egitto”. Shalit ha quindi aggiunto che la prima cosa che intende fare una volta tornato a casa è “stare con la mia famiglia e con i miei amici che mi mancano molto e a cui ho pensato in questi anni di prigionia”.
La liberazione di Shalit è avvenuta di prima mattina e si è svolta senza significativi intoppi. Il militare è stato trasferito da Gaza in Egitto attraverso il valico di Rafah a bordo di un pick-up bianco accompagnato da uomini armati di Hamas mascherati e da funzionari egiziani. Un portavoce dell’esercito israeliano ha fatto sapere che, dopo l’esito positivo dell’identificazione, si è potuti procedere alla liberazione dei detenuti palestinesi, in base a quanto prevedeva l’accordo raggiunto tra Hamas e Israele.
I primi 477 palestinesi liberati dalle carceri israeliane, tra cui 27 donne, sono quindi stati trasferiti in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e in Egitto. Una seconda tranche di 550 prigionieri, per un totale di 1.027 reclusi, sarà invece liberata entro due mesi.
(Fonte: Adnkronos, 18 Ottobre 2011)
Nella foto in alto: l’abbraccio tra Gilad Shalit e il padre Noam nella base aerea di Tel Nof nel sud di Israele
#1Emanuel Baroz
SHALIT: PSICOLOGA, SERVIRA’ RIADATTAMENTO CONTRO DEPRESSIONE
(AGI) – Roma, 18 ott. – Dopo 5 anni da prigioniero nella striscia di Gaza, da oggi per il caporale istaeliano Gilad Shalit comincia un’altra sfida: quella del ritorno alla normalita’. “Ora dovra’ riorganizzare la percezione della realta’ – spiega la psicologa Paola Vinciguerra, presidente dell’associazione europea attacchi di panico (Eurodap) – e riabituarsi al mondo dopo 5 anni di estrema cattivita’, ben piu’ dura delle nostre prigioni perche’ molto piu’ isolante. Si dovra’ riadattare alla socialita’ e al mondo, come i reduci dei lager nazisti, e combattere contro il rischio di depressione”.
Un rischio concreto, specie se si tiene conto che Shalit non aveva neanche 20 anni quando e’ stato catturato, e oggi puo’ riabracciare la famiglia a 25 anni compiuti. “Sara’ importante il tessuto sociale, l’essere insieme che Shalit potra’ condividere con i commilitoni che hanno vissuto la stessa esperienza, prendere forza gli uni dagli altri”. In ogni caso, precisa la psicologa, “dovra’ sicuramente fare un percorso terapeutico, lo stesso che gli americani mettono in campo per i reduci di guerra, che gli consentira’ di metabolizzare gli incubi di questo periodo lunghissimo”. Per fortuna, conclude la Vinciguerra, “dalle immagini che abbiamo visto mi sembra che il ragazzo abbia conservato una certa stabilita’ a livello emozionale, lo vediamo tranquillo e sorridente, anche se la sua nuova battaglia comincia oggi”. (AGI) .
#2Emanuel Baroz
Liberato Gilad Shalit: festa in Campidoglio
http://roma.repubblica.it/cronaca/2011/10/18/news/liberato_gilad_shalit_festa_anche_a_roma-23421738/
#3Emanuel Baroz
SHALIT, I PICS DELLA POLIZIA ROMA CAPITALE FERMANO GIOVANE SOSPETTO
“Questo pomeriggio, durante la manifestazione per la liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit in Piazza del Campidoglio, agenti in borghese del Pronto Intervento Centro Storico della Polizia Roma Capitale hanno fermato per controlli un giovane che si aggirava nella piazza. Al ragazzo, un minorenne residente ad Ascoli Piceno, è stato chiesto di aprire lo zainetto e gli agenti hanno così scoperto che il giovane portava con sé volantini firmati dalla sigla degli Anarchici Insurrezionalisti già distribuiti durante la manifestazione del 15 ottobre, una cartuccia esplosa di lacrimogeno e calzoncini, maglietta, cappello e felpa neri e con segni di bruciature. Il giovane è stato quindi consegnato alla Polizia di Stato per ulteriori accertamenti”. Lo comunica, in una nota, l’ufficio stampa del Campidoglio. (omniroma.it)
(18 Ottobre 2011 ore 18:33)
http://roma.repubblica.it/dettaglio-news/roma-18:33/10067
#4Emanuel Baroz
M.O.: GILAD SHALIT, 5 ANNI DI PRIGIONIA (SCHEDA):
http://www.asca.it/news-M_O___GILAD_SHALIT__5_ANNI_DI_PRIGIONIA_%28SCHEDA%29-1058691-ORA-.html
#5Emanuel Baroz
Shalit, liberati i killer dei riservisti israeliani
Abdel Aziz Salha e Rami Ibrahim furono tra i protagonisti del linciaggio di Ramallah del 2000
16:36 – Israele ha pagato un prezzo molto alto per poter riabbracciare il soldato Gilad Shalit, per cinque anni e quattro mesi ostaggio dei palestinesi. Tra i 1.027 prigionieri liberati da Gerusalemme in cambio del giovane israeliano, ci sono anche Abdel Aziz Salha e Rami Ibrahim, due protagonisti del linciaggio che, nel 2000, anno dello scoppio della Seconda Intifada, portò alla morte di due riservati israeliani.
I due soldati, Vadim Norzhich e Yosef Avrahami, raggiunsero in automobile per sbaglio Ramallah e vennero prima portati in una stazione di Polizia e poi uccisi. Fece il giro del mondo la drammatica fotografia in cui Abdel Aziz Salha mostra orgogliosamente ai palestinesi in festa le sue mani sporcate dal sangue di uno dei due riservisti.
Salha aveva 20 anni e, l’anno dopo il linciaggio, fu arrestato e condannato all’ergastolo.
Anche Rami Ibrahim partecipò al linciaggio del 2000 calciando ripetutamente uno dei riservisti fermati e incitando la folla a entrare nel commissariato per infierire sui rapiti. Nel novembre del 2006 fu arrestato e condannato a 40 anni di prigione. Ora, dopo aver scontato solo cinque anni, torna libero.
http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/1024975/shalit-liberati-i-killer-dei-riservisti-israeliani.shtml
#6Emanuel Baroz
Trattato bene da Hamas? Dipende da traduzione
Secondo fonti Israele versione araba capovolge risposta ebraica
ROMA, 18 ottobre, 18:26 – Trattato bene da Hamas? Si’, ma forse solo nella traduzione in arabo. Fanno discutere in Israele le condizioni di salute del caporale (appena promosso sergente) Ghilad Shalit. Nella prima intervista rilasciata dopo la liberazione alla tv di stato egiziana, Shalit avrebbe detto di essere stato trattato bene dai carcerieri di Hamas, secondo piu’ fonti ed anche secondo la versione del quotidiano ‘Haaretz’.
Secondo il sito israeliano ynet, tuttavia, durante l’intervista Shalit e’ apparso confuso, esausto e a disagio. L’intervistatore ha fatto le domande in inglese, che poi sono state tradotte in ebraico. Shalit ha risposto sempre in ebraico. E le sue risposte sono state tradotte in arabo.
All’inizio dell’intervista, e’ stato chiesto a Shalit quali fossero le sue condizioni di salute. Il caporale, secondo ynet, ha risposto: ”Non mi sento affatto bene per l’intera vicenda”. Mentre la traduzione in arabo e’ stata: ”Sto bene”. Da qui il giallo.
Osservatori in Israele fanno peraltro notare che mentre rilasciava l’intervista, Ghilad aveva alle spalle due miliziani di Hamas con il volto coperto da passamontagna. Una volta giunto in Israele, Shalit ha detto di non essere rimasto isolato del tutto dal resto del mondo, anche perche’ gli era consentito ascoltare una radio transistor, capace anche di ricevere programmi israeliani. Shalit ha anche rivelato di essere a conoscenza degli sviluppi politici in Israele e della rivoluzione avvenuta in Egitto.
(Fonte: Ansa, 18 Ottobre 2011)
#7Emanuel Baroz
Ricordare Ron Arad
di Francesco Lucrezi, storico
Commentando la tragica detenzione di Gilad Shalit, avevo avuto modo di osservare (sulla newsletter del 3 febbraio 2010 http://moked.it/unione_informa/100203/100203.htm ) che ogni ragionamento, sul piano della Realpolitik e della razionalità, spingeva contro la conclusione dell’onerosissimo scambio (il cui spropositato prezzo avrebbe innegabilmente comportato gravi rischi per la sicurezza di Israele, offrendo ai terroristi un grande successo politico e di immagine, che ne avrebbe, con ogni verosimiglianza, premiato e rafforzato la vocazione violenta, senza contare lo scempio di legalità e di giustizia rappresentato dalla liberazione di centinaia di spietati assassini); ma che le ragioni del cuore spingevano nella direzione opposta. Ha prevalso il cuore, come era giusto che fosse, come voleva ogni cittadino di Israele, ogni ebreo, ogni persona di cuore. E la scelta del governo di Gerusalemme si rivela quindi giusta e doverosa anche sul piano della razionalità, perché andare incontro a questo desiderio profondo del Paese ha significato cementarne l’unità, la fiducia, la forza d’animo, lo spirito di coesione, rimarcare l’immensa gratitudine e la totale solidarietà nei confronti dei giovani soldati chiamati, giorno per giorno, a difendere il Paese. Ossia la vera, unica “arma segreta” di Israele, quella che ha permesso di superare le prove più disperate, di prevalere contro qualsiasi nemico.
Nel condividere l’infinita gioia della famiglia di Shalit, ci sentiamo vicini ai tanti familiari di quelle vittime dei vili atti terroristici i cui autori tornano oggi in libertà, accolti come eroi. Se la detenzione degli assassini non era certo di conforto, la loro liberazione (quantunque compresa e approvata nelle sue motivazioni) riapre antiche ferite, lacera l’illusione che l’umana giustizia possa, in qualche modo, rappresentare una risposta al male. E ci sentiamo vicini, soprattutto, alla famiglia del pilota Ron Arad, anch’egli rapito (in Libano, nell’ottobre 1986), e di cui i carcerieri (dopo un video registrato e diffuso nel 1987, in cui si dimostrava che era in vita) non hanno più fatto sapere nulla. La sua famiglia non solo non ha una tomba su cui pregare, ma non sa neanche se possa effettivamente pregare per la sua anima, o non continuare, assurdamente, a sperare che sia ancora vivo, dopo 25 anni di prigionia. Nato nel 1958, oggi avrebbe 53 anni.
Sul piano politico, gli auspici, formulati anche da autorevoli cattedre, che lo scambio di prigionieri concluso tra Israele e Hamas possa avviare una nuova stagione di dialogo e comprensione, fanno semplicemente sorridere. Mai come in questa occasione Israele e i suoi nemici sono apparsi separati da un autentico abisso, sul piano non già politico, ma etico e umano. I palestinesi non sono certo i soli a volere a casa propria dei concittadini detenuti all’estero. Anche l’Italia, per esempio, reclama Cesare Battisti. Ma lo fa affinché sconti la propria pena nelle patrie galere, non certo per portarlo in trionfo. Ma per i terroristi di Hamas la sola idea che qualcuno di loro possa essere non già punito, ma neanche blandamente rimproverato per avere fatto qualcosa contro il popolo d’Israele (neanche i crimini più orrendi, le strage più efferate) rappresenta qualcosa di inconcepibile. Su questi presupposti, l’idea che un domani, quantunque lontano, sia possibile trovare con queste persone un sia pur minimo spazio di intesa, appare, purtroppo, semplicemente una favola.
(Fonte: Rassegna Ucei, 19 Ottobre 2011)