[Questa è la lettera che ho inviato a Luigi Pelazza e alla redazione di Mediaset, in occasione del servizio dedicato ai tunnel clandestini che collegano Gaza all’Egitto. Il link al video originale si trova in fondo]
Ciao Luigi,
ti scrivo per raccontarti di getto quali sono state le mie sensazioni dopo aver visto il servizio che hai realizzato sui tunnel per Gaza. A volte non serve dover decidere se stare da una parte o dall’altra, nella vita. Basta serenamente sforzarsi di capire la verità che c’è dietro a tante realtà, ma questa volta purtroppo, nonostante le buone intenzioni, non ti è riuscito.
Istintivamente, lo capisco, simpatizzare con i palestinesi, un popolo che non è mai riuscito ad avere una terra tutta sua, con i bambini che vivono per strada e costretto alla fame, é d’obbligo. Così come quando andiamo per gli altri paesi dell’Africa, del Sud America o dell’Asia ci si bagnano gli occhi di fronte alla miserie, e ci sentiamo impotenti. Chi può essere cosí insensibile da non riconoscere che i bambini, gli affamati, i derelitti, hanno sempre ragione?
Ma le similitudini tra gli abitanti della striscia e gli altri paesi del cosiddetto terzo mondo si fermano qui. Perché mentre nel mondo intero le necessità di chi è ridotto allo stremo sono accompagnate da una grande indifferenza da parte dell’occidente, e da una reale mancanza di beni di prima necessità, i palestinesi hanno imparato a fare dell’indigenza un’industria, e un’arma di comunicazione che i loro politici utilizzano come un randello per marcare le colpe d’Israele. In Palestina essere profugo da tempo è diventato un mestiere, una missione. Il capitale arabo, gli aiuti occidentali, i soldi dell’UNRNWA, e i camion di cibo e infrastrutture arrivano regolarmente ai palestinesi, a differenza di quanto raccontano. Durante l’ultimo mese, 4.945 camions carichi di 136.785 tonnellate di merci sono entrati nella striscia di Gaza da Israele, attraverso il passaggio di Kerem Shalom. Fra questi camions, 1.728 erano carichi di derrate alimentari, 54 camions di indumenti, 66 d’équipaggiamento elettrico, 22 d’attrezzature sportive. Senza contare le lavatrici, i frigoriferi, le bombole del gas… 1.500 Gazawi sono entrati in Israele per farsi curare gratuitamente nei diversi ospedali del paese. 163 progetti di costruzioni gestite dalla comunità internazionale sono in corso nella striscia di Gaza. 35 progetti saranno completati prima della fine di ottobre e 57 nuovi progetti hanno preso il via dall’inizio del mese.
Durante i 31 giorni del mese di settembre, 3.045 Palestinesi sono entrati in Israele dalla striscia di Gaza, attraverso il passaggio di Erez. La metà di loro, cioè 1522, sono entrati nello Stato Ebraico per farsi curare. Durante questo stesso mese, 1.455 uomini d’affari palestinesi hanno lasciato la striscia di Gaza. 57 militanti e attivisti pro palestinesi sono stati autorizzati a entrarvi. Non c’è male dunque per una “prigione”. A cosa volete che servano allora quei costosissimi passaggi sotterranei se non al contrabbando di armi?
Semmai il problema è un altro: tutto i beni che arrivano a Gaza e in Cisgiordania sono ostaggio di quei delinquenti che le governano. Amministrazioni corrotte che decidono in modo arbitrario di distribuire quello che vogliono ai loro sostenitori e decidono anche di tenere parte della popolazione nell’indigenza, nella povertà e nell’ignoranza. È vero che sia Hamas che l’ANP siano state “elette dal popolo”, ma qual’era l’alternativa per i cittadini della striscia? Quale possibilità hanno di denunciare i loro rappresentanti? E perché dev’essere proprio Israele a farsi carico delle mancanze dei loro stessi governanti?
Quello che purtroppo si evidenzia è che la “resistenza” contro Israele sia una scusa per coprire i sentimenti antioccidentali, repressivi e anti-libertari di gruppi come Hamas, che se potessero cancellerebbero dalla terra ogni cristiano, ogni buddista, ogni comunista, ogni omosessuale, ogni donna libera. Come si fa a simpatizzare per loro? Come si fa a non capire che la causa del loro male sono esclusivamente se stessi? Come si fa a pensare che l’aiuto principale o la simpatia maggiore debba provenire proprio da Israele, obbligandolo di fatto ad abbassare le difese (abbattendo le barriere, ospitando tutti i profughi, favorendo il passaggio delle armi dai tunnel e dal mare, ecc.) nel nome della pace? Una pace che Israele sembra volere più di chiunque altro, ma che è impossibilitata a perseguire quando l’incoraggiamento e i soldi del terrorismo inducono ad “alzare l’asticella delle richieste” ogni volta che c’é da sedersi ad un tavolo. Ho paura che nessun “gesto di buona volontà” e nessun ritiro da Gaza (peraltro già avvenuti) possa cancellare l’antagonismo di un mondo che si sente ferito e incompatibile col nostro sui diritti umani, la condizione delle donne, l’antisemitismo, il cristianesimo. In medioriente l’impero ottomano fu distrutto da noi occidentali, i mujahidin li hanno cacciati i sovietici con l’aiuto americano, l’Irak e la Libia hanno messo fine con lo stesso aiuto alle loro dittature. Ma questo non ha cambiato la percezione dell’Occidente che gente del calibro di Hamas continua ad avere.
Certo, gli israeliani al tempo stesso non sono dei gran simpaticoni, me ne rendo conto. Impegnati burberamente a difendere la propria terra con le unghie dall’assalto degli eserciti arabi delle nazioni vicine fin dalla propria nascita purtroppo non hanno sviluppato troppo il senso dell’ironia, e non hanno mai creduto nel valore di una buona comunicazione. Poi apparentemente sono ricchi, prosperi, hanno alle spalle gli americani, e fanno spesso le vittime adducendo come difesa il fatto di essere state a loro volta vittime della storia. Così sento dire, almeno.
Dare addosso agli israeliani, va molto di moda, ultimamente.
Ma Israele è un paese meraviglioso, che varrebbe la pena conoscere, e ti invito a farlo, andiamo insieme: è un paese che nasce da un ideale di speranza socialista, è il paese del sogno e dell’utopia. E che negli anni 70′ è riuscito nel nuovo miracolo di trasformarsi ancora, reinventandosi capitalista. In nome della difesa di quelli che appaiono più deboli molti fanno finta di scordarsi che nel secolo passato sono stati in tanti a sostenere l’ideale di speranza della costruzione di Israele. Un paese piccolo e fragile che allora sì, appariva come Davide contro Golia (le 5 nazioni arabe che subito cercarono di soffocarlo). È il paese dell’eccellenza tecnologica e quello dove le donne, gli arabi, i musulmani, i drusi, i beduini, convivono, vivono con pieni diritti, hanno diritto di voto e rappresentanza in parlamento. Un caso più unico che raro nel medioriente, e anche nel mondo, considerando il nostro paese, l’Italia.
Israele è un paese con le sue contraddizioni, chi lo nega? Ha la sua destra e la sua sinistra politica, ha i suoi movimenti contro e a favore la guerra e combatte le sue lotte sociali. Ma in occidente purtroppo questo non arriva. L’idea stessa che si possa manifestare per la pace o per i diritti dei diversi, è un privilegio che a volte manca persino in paesi che si considerano dalla democrazia compiuta. Io vorrei che questa Israele arrivasse in tivù, grazie anche ad una trasmissione intelligente come la vostra.
Vi stimo, e per questo vi esorto a correggere il tiro. Vedete il muro che separa Israeliani e Palestinesi – che tra l’altro è una bufala visto che per il 70% é un reticolato difensivo – ? Scavalcatelo, venite in terra d’Israele a visitare poveri e ricchi, belli e brutti, e a completare quel quadro orribile e parziale che avete dato parlando dei “tunnel di Gaza”. Sarebbe il miglior servizio che potreste fare, alla pace.
Alex Zarfati
[Chi non avesse visto il servizio mandato in onda da “Le Iene”, può vederlo sul sito di Mediaset. http://www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/253745/pelazza-i-tunnel-di-gaza.html. La frase in cui ci si riferisce all’ “impero ottomano” e ai “mujahidin” è ripresa da un editoriale di Fiamma Nirenstein. I dati tradotti in italiano dal francese provengono da questa fonte: http://jssnews.com/2011/10/24/136-785-tonnes-daide-entrent-dans-gaza-depuis-israel/]
#1sergio molcho
bravo alex , sei una persona seria e …..scafata ( probabilmente anche schifata )
il tuo nome e` premonitore ……. sembra un’abbreviazione di un augurio dei nostri saggi : ale` ve azlah , che vuol dire ad majora ……..
#2sergio molcho
mi accorgo ora dal cognome che sei dei nostri , ma cio` niente toglie alla semplice verita` del tuo articolo , comunque ,forse ancor piu` del nome ,il tuo cognome congiunge altri concetti senz’altro a te appropriati ………zarfati ,cioe` di francia , la franchezza magari d’altri tempi e ,risalendo ad un etimologia
professionale , la destrezza del gioielliere che richiede da sempre il dono di saper portare a termine un’opera scartando le scorie per fare apprezzare assieme alla bonta` dei materiali anche il genio della composizione ……..
#3Mariano Calantropo
completamente d’accordo.
#4Vickie
Complimenti, grande obiettività e self control. Tienici aggiornati sull’eventuale risposta
#5silvia
un articolo interessante..
#6Emanuel Baroz
Le gallerie del mondo
Il Tizio vede una puntata delle Iene. Un servizio è su una delle gallerie clandestine che dall’Egitto portano a Gaza e viceversa. Si vede tutto quel traffico di gente che striscia sotto la volta del tunnel con le merci di contrabbando, e magari gli esplosivi. Le gallerie sono pericolose, possono crollare. A volte le persone sono in galleria che camminano e non sanno che Hamas ha appena sparato missili su Israele: passa un tempo ix, gli israeliani bombardano e la galleria è scossa, a volte cede, e quelli che prima erano vivi, sono morti. Il Tizio vede le facce di queste persone. Il loro lavoro è andare avanti e indietro nel tunnel. Vedere una faccia non è vedere una bandiera, o un simbolo. Le facce degli uomini e delle donne sono diverse e tutte uguali. Diverse perché nere, bianche, avana, gialle, e un volto è ossuto, uno paffuto, una ha i capelli rossi. E le facce sono tutte uguali perché quando gli uomini e le donne del mondo sono preoccupati, o sorridono, pensano, si assomigliano. E ci accorgiamo subito che un nigeriano, uno scozzese, un italiano sono tristi, o allegri, o in pensiero. Fa bene, pensa il Tizio, vedere le facce. Ogni tanto uno vede, si riveste di comprensione e mette in lavatrice il vestito del risentimento che ormai è inguardabile: l’odio puzza.
Però, pensa il Tizio, bisognerebbe che le Iene, o la televisione facessero un servizio su una lunghissima galleria sotto terra che conduce dall’anno 33 della nostra Era al 2011. È un tunnel dove è passata e continua a passare la persona ebraica, senza mai uscire. Non lo sa nessuno che c’è questo tunnel e che gli ebrei ci vivono in modo permanente. La gente crede che gli ebrei vivano come tutti quanti, una vita sotto il cielo. Non è così, pensa il Tizio: gli ebrei camminano per strada, vanno al bar, al cinema, al ristorante, a scuola, ma poi, mentre ognuno di loro in apparenza è al bar che prende il cappuccino, al cinema, a scuola, invece è sotto quel tunnel che striscia, senza che nessuno se ne accorga. Una vita clandestina, nel tunnel più antico che ci sia. C’è poi il terzo tunnel, parallelo a quello ebraico, lì dentro ci passano le persone di tutte le epoche, gli ominidi, gli uomini dell’Età del Ferro, soldati delle falangi macedoni, legionari romani, sudditi di Carlo Magno, persone del Galles, piccoli popoli dell’Africa, sciamani, vichinghi che pagaiano verso l’America, e nessuno sa che esiste una galleria accanto dove c’è della gente che passa come loro e come loro ha paura che crolli il tunnel, che manchi l’aria, che uno invecchi senza mai uscire – pensa il Tizio.
Il Tizio della Sera
http://moked.it/blog/2011/11/03/le-gallerie-del-mondo/