Memoria à la carte
di Ugo Volli
Fra le norme del lutto contenute nel trattato talmudico Moed Katan ve n’è una che proibisce di rivolgere la parola a chi è in lutto, prima che lui stesso inizi il discorso. È una regola che forse si capisce meglio alla fine di ogni Giorno della Memoria, quando ci si sente esausti emotivamente e desiderosi di silenzio, stanchi anche delle solidarietà. Ma soprattutto si fa fatica a reagire compostamente alle gocce di veleno che si mescolano continuamente alle voci di consolazione. E però nel caso di un lutto collettivo come quello della Shoà, non abbiamo il diritto di restare storditi e passivi, come nelle vicende provate, bisogna prendere atto che le forze profonde che hanno portato alla distruzione del popolo ebraico sono ancora attive, anche se hanno assunto nuove forme di espressione e nuovi soggetti Elenco alcune di queste gocce di veleno, per dovere di testimonianza e di riflessione, tralasciando per questa volta la ributtante ma patetica ostinazione dei negazionisti espliciti, dei nostalgici del cattolicesimo dell’Inquisizione o del fascismo di Salò. Antonello Bernardi, consigliere comunale PD dell’Aquila, scrive in una sua “riflessione sulla Shoah”, fra l’altro che “celebrare la Giornata della Memoria senza nominare i crimini commessi da Israele nei confronti del popolo palestinese in nome della “sicurezza”, significa legittimare posizioni ipocrite e vergognose, esercitando una memoria parziale, ambigua, che replica ed accentua la solitudine e l’isolamento colpevole in cui il popolo palestinese è stato lasciato da parte della comunità internazionale.”
Il sindaco di Mathausen, Thomas Punkenhofer, chiamato a Bologna a celebrare la Giornata afferma: «È spaventoso che ancora oggi ci siano politici che non esitano a sfruttare le paure degli uomini. Se ieri furono attaccati gli ebrei, oggi lo sono gli stranieri». Come dire che o gli immigrati in Europa vengono gasati in massa, o gli ebrei, essendo stranieri, hanno subito dei limiti all’immigrazione, niente più.
Lo psichiatra Luigi Cancrini, rispondendo nella sua rubrica sull’Unità a una domanda a proposito di che cosa vada ” aggiunto” agli ebrei nella celebrazione memoria (gay, rom, detenuti politici, portatori di handicap), svicola e si lancia invece in un’estensione moto più ardita: “il giorno della memoria va celebrato, a mio avviso, pensando al futuro prima che al passato. Interrogandosi sul significato della frase “tutto questo non deve accadere mai più” e partendo, per dare il contributo che ognuno di noi può dare in questa direzione, da una domanda semplice sul razzismo che c’è dentro ognuno di noi. […] Quella di esportare la democrazia con le armi è o no una scelta di stampo razzista? Sono razziste o no alcune delle nostre leggi contro l’emigrazione e le strutture cui esse hanno dato luogo? C’è o non c’è razzismo nella violenza delle posizioni religiose espresse da Oriana Fallaci o da Magdi Cristiano Allam e nel pregiudizio ancora così diffuso contro gli omosessuali o contro i Rom? Pensare che l’odio razzista si sia esaurito con Hitler e che noi non c’entriamo è comodo ma inutile.” Come dire, il problema dei nazisti è di essersi sentiti superiori, magari volevano anche loro esportare la loro “democrazia” popolare, o magari il “Fuehrerprinzip”. E naturalmente l’odio da paragonare alla Shoah è quello di notori amici di Israele, che hanno il torto di non essere politicamente corretti.
Sul sito del movimento 5 stelle del Piemonte, in occasione della Giorno della Memoria, sono usciti una serie di testi e di immagini il cui senso complessivo può essere così riassunto: “«Nazismo e sionismo? Le due facce della stessa medaglia». Anzi, «forse il nazismo era anche più soft del sionismo… il nazismo è un movimento nazionalsocialista, mentre il sionismo è puro nazionalismo estremo». “Beh, dire che il nazzismo era più soft mi sembra un pò eccessivo ma condivido l’idea che si vuole dare della NON differenza.. Allo scadere della mezzanotte io ho postato la bandiera della palestina, x non dimenticare… Chì da vittima è diventato carnefice! ” (gli errori di ortografia e la bizzarra fraseologia sono sull’originale). Alla fine della giornata il gruppo consigliare del movimento si è distanziato da queste espressioni scrivendo: “Consci di una strumentalizzazione ormai quotidiana di molte “uscite” pubbliche o meno del gruppo consiliare su temi sensibili e ampi, siamo a puntualizzare alcuni dettagli a proposito della presenza sulla bacheca facebook individuabile come “Movimento 5 Stelle Piemonte” di alcuni link odierni che, più o meno apertamente, equiparano il terribile olocausto antisemita di 70 anni fa con i gravi episodi recenti che hanno visto il teatro di guerra israelo-palestinese al centro delle cronache: con un improvvido tempismo e un’eccessiva solerzia un nostro collaboratore ha più volte, nel corso della giornata di oggi, aggiunto alla bacheca in questione collegamenti aventi per tema la similitudine citata.” Dire che gli israeliani sono peggio dei nazisti è dunque per la leadership grilina piemontese “improvvido tempismo” ed “eccessiva solerzia”, non una falsità.
Si potrebbe continuare a lungo, per esempio citando la difesa che Travaglio sul “Fatto” (e in maniera più timida e contorta Gianni Cuperlo sul'”Unità” e Filippo Facci su “Libero”) hanno fatto della vignetta di Vauro Senesi contro Fiamma Nirenstein, dai contenuti evidentemente antisemiti. Il Giorno della Memoria a prima vista non c’entra, ma è evidente il fastidio per la concomitanza, messa in evidenza dall’articolo di Pierluigi Battista che ha sollevato la questione: che c’entra il ricordo delle stragi naziste con la polemica contro un’ebrea che ha la colpa di entrare nelle liste di Berlusconi invece di appoggiare disciplinatamente, come dovrebbe, la sinistra… il Giorno della Memoria dev’essere contro i nazifascisti, cioè la destra, non per la difesa della vita degli ebrei…
Perché citare questi episodi, almeno in apparenza marginali? Perché bisogna riflettere che sotto le molte condoglianze e le molte solidarietà e perfino sotto il rifiuto del negazionismo, emerge oggi un revisionismo non sull’esistenza della Shoah ma sul suo significato, che viene annacquato in termini di violenza e razzismo generici, fino a rovesciarlo nel suo contrario, cioè nel motore di un nuovo antisemitismo, diretto in nome delle vittime (gli ebrei morti) contro gli ebrei vivi, che cercano di difendere il diritto all’esistenza del nostro popolo. Assai più del grottesco negazionismo degli ottusi neonazisti è questo nuovo revisionismo “pacifista” “progressista” “politicamente corretto” a essere oggi pericoloso. Contro di esso bisogna protestare e combattere, non solo il Giorno della Memoria, ma tutto l’anno. Perché esso rischia di costruire il nuovo buonsenso antisemita: come una volta gli ebrei erano affamatori del popolo e deicidi, oggi sono “criminali”, che ripetono gli orrori del nazismo. Che queste falsità miserabili siano propagandate anche attraverso il Giorno dela Memoria è un rischio grave e una tragica beffa ai danni delle vittime della Shoah.
#1Emanuel Baroz
Riportiamo qui un commento ricevuto da un amico a proposito della Giornata della Memoria:
In Europa c’è il Giorno della Memoria; in Israele c’era già il Giorno della Shoà
Uno è il 27 gennaio e l’altro è il 27 Nissan.
Due date, due visioni. Una riguarda la liberazione del campo di
sterminio di Auschwitz, l’altra la Rivolta del Ghetto di Varsavia: una
differenza sottilmente immensa.
Ebrei morti e Ebrei che si difendono. Differenza non da poco.
#2Emanuel Baroz
Riteniamo giusto riportare qui quanto scritto sulla propria bacheca di Facebook proprio dal Professor Ugo Volli a proposito del suo articolo soprariportato:
IL MIO INTERVENTO SU MOKED DI OGGI – IL TITOLO NON MI PIACE DOVREBBE ESSERE: “IL VERO REVISIONISMO SULLA SHOA’ OGGI SI FA A SINISTRA”
#3Emanuel Baroz
da “Notizie su Israele”
Nel “Giorno della Memoria” ecco che cosa “ricorda” un Consigliere comunale PD
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“Ricordare la Shoah, ma anche i crimini israeliani contro i palestinesi”
di Antonello Bernardi, Consigliere comunale PD
Si svolgeranno anche quest’anno le celebrazioni ufficiali della Giornata della Memoria, si ricorderà la Shoah ed il copione sarà lo stesso: discorsi intrisi di retorica, la rievocazione e le testimonianze dei sopravvissuti, temi e ricerche sull’Olocausto e sulla persecuzione degli Ebrei, la necessità di ricordare.
Sono stato in Palestina un mese fa, perchè volevo conoscere “con gli occhi” la realtà dell’occupazione israeliana e le condizioni di vita delle donne, degli uomini, incontrandoli, parlando con loro, provando a sentire la loro vita.
Ho attraversato i Territori Occupati, sono stato a Jenin, Nablus, Hebron, con la delegazione di Assopace, organizzata da Luisa Morgantini, una donna straordinaria, di cui mi hanno colpito la vivacità intellettuale e la capacità di stare in relazione tanto con la venditrice di tappeti nel souk che con il Primo Ministro palestinese a Ramallah.
Il muro di separazione imposto da Israele, gli ulteriori muri in costruzione a delimitare citta’ e terre da occupare, la sofferenza quotidiana nei campi profughi che da sessant’anni rappresentano l’unico luogo possibile da chiamare casa, la compostezza forte dei parenti delle giovani vittime dell’occupazione israeliana, l’energia positiva dei giovani palestinesi intrecciata all’esperienza di anziani resistenti, tutto questo mi ha attraversato in profondità, perchè è assurdamente difficile e doloroso vedere come un popolo abbia concepito ed attuato, con tanta determinazione e crudeltà, un sistema di oppressione, di controllo e di segregazione come quello imposto al popolo palestinese.
Negli incontri svolti con i rappresentanti del governo palestinese, con le Ong operanti in Palestina, con le donne del Mehawar Centro Antiviolenza per le donne di Betlemme, con i comitati di resistenza non violenta, ho sentito la forza di una resistenza ostinata e pacifica, che rivendica il diritto all’esistenza ed il diritto ad abitare la propria inalienabile terra.
Condividere la loro esperienza ha rinnovato quel senso di perdita collettiva ed individuale che ho provato dopo il terremoto e che continua a caratterizzare il nostro abitare la città che non c’è, in una assurda ed inspiegabile sovrapposizione di esperienze, profondamente differenti, eppure legate da una cosa semplice e dolorosa quale è la perdita irreversibile.
Celebrare la Giornata della Memoria senza nominare i crimini commessi da Israele nei confronti del popolo palestinese in nome della “sicurezza”, significa legittimare posizioni ipocrite e vergognose, esercitando una memoria parziale, ambigua, che replica ed accentua la solitudine e l’isolamento colpevole in cui il popolo palestinese è stato lasciato da parte della comunità internazionale.
(Fonte: Abruzzo24ore.tv, 26 gennaio 2012)
#4barbara
Io invece in un blog, sotto il titolo “27 gennaio: per non dimenticare” e il sottotitolo “Quei lager che non chiudono mai” ho trovato un’accorata protesta contro la discriminazione dei ciccioni. E no digo altro, come dice il mio amico Francesco.
#5Alfonso Margani
Luisa Morgantini? orrore,basta guardarla in faccia per capire che é un clone di Angela Lano….
#6Alfonso Margani
Avevo anche detto qualcos’altro,ma forse si è cancellato:ieri sono stato a una celebr<zione della giornata della memoria, dedicata in particolare agli zingari. A un certo punto è saito sul palco un cretino anzianotto,con barba e maglione rosso, che ha paragonato lo sterminio dei rom a Deir Yassin…Pensate un po'…
#7Emanuel Baroz
Sempre a proposito della Giornata della Memoria, riportiamo qui di seguito una lettera di denuncia pubblicata su Informazione Corretta, che riteniamo importante diffondere in attesa di una risposta in merito da parte dell’ANPI:
Per l’Anpi Gaza è come un lager
Utilizzare la memoria per diffamare Israele
Pubblichiamo la lettera di Roberto Cavallo Schiffer all’Anpi dopo che, alla conferenza ‘Per non dimenticare’ tenuta a Nova Milanese, Mario Petazzini (esponente dell’Anpi) ha paragonato Gaza a un lager e ha impedito a chiunque di controbattere alla vergognosa affermazione, sostenendo che la sua posizione è condivisa dall’Anpi.
Egregi Signori,
con la presente desidero mettervi a conoscenza di quanto accaduto nel pomeriggio di domenica 29 Gennaio a Nova Milanese.
L’Anpi cittadina, con la collaborazione di diversi esponenti della sezione di Paderno Dugnano, ha organizzato una conferenza dal titolo “Per non dimenticare”. http://www.peacelink.it/pace/a/35413.html
La conferenza e’ iniziata con la presentazione di un libro della Professoressa Laura Tussi, esponente Anpi di Paderno, che ha preso gran parte del tempo disponibile, proseguendo poi con un documentario molto ben fatto da Daniele Marzotta sul lager di Natzweiler-Struthof.
Ha poi parlato il coautore del libro presentato all’inizio, seguito dal figlio di un deportato politico.
E’ stata quindi la volta di Mario Petazzini, esponente di spicco dell’Anpi di Paderno Dugnano, nonche’ di Rifondazione Comunista.
Il suo discorso e’ stato quantomeno fuori dal contesto, visto che si e’ lanciato in elucubrazioni sull’attualita’ con non avevano attinenza con la conferenza. Probabilmente il signor Petazzini pensava di essere a un comizio politico pre elettorale.
Ma questo non e’ importante.
Cio’ che conta e’ che al termine dell’intervento egli ha elencato le stragi efferate che ancora oggi si compiono, a suo dire simili a quelle naziste, enumerando nell’ordine la ex Jugoslavia, il Ruanda, la Cambogia, e… naturalmente la Palestina.
A questo paragone improprio e indegno tra Auschwitz e Gaza in sala si sono levate delle proteste con la richiesta di ritrattare la dichiarazione e alcune persone hanno lasciato la sala.
Petazzini ha pero’ rincarato la dose, dicendo testualmente che “Gaza e’ un grande lager”.
Alla richiesta di scuse ha aggiunto, “Io non mi scuso di niente, tutti noi (dell’Anpi) la pensiamo cosi.”
Alla conferenza e’ stata invitata anche mia madre, Anika Schiffer, che ha parlato per ultima, dopo di lui.
Mia madre e i suoi fratelli hanno trascorso dopo l’emanazione delle leggi razziali, anni di miseria, terrore ed emarginazione, per poi fuggire in montagna con la banda partigiana di Giorgio Bocca, la 2a divisione, inseguiti e ricercati dai nazifascisti in quanto ebrei.
Il loro destino era Auschwitz.
Il padre di mia madre, mio nonno, non riusci’ a fuggire e fu portato prima al centro di raccolta di Borgo San Dalmazzo, poi a Fossoli e infine ad Auschwitz.
Era nella stessa baracca di Primo Levi, da cui mia madre negli anni del dopoguerra ebbe le informazioni sulla sua fine.
Mori il 10 Gennaio 1945 ed usci’ per il camino 17 giorni prima che l’Armata Rossa entrasse nel campo.
Le persone che hanno lasciato la sala sono rientrate per ascoltare mia madre.
Ha raccontato la sua storia, come fa quando la invitano a parlare in circostanze simili, a un uditorio particolarmente attento e interessato.
Verso il termine dell’intervento ha tentato di dire qualche parola su Israele, che da Petazzini era stato provocatoriamente descritto come “l’impero del male”. E’ riuscita a dire solo qualche frase smozzicata, interrotta in continuazione da Petazzini e altri due esponenti dell’Anpi di Paderno, che non gradivano quello che stava tentando di dire.
All’ennesimo tentativo di ricominciare la frase su Israele, Mario Petazzini HA SPENTO IL MICROFONO ad Anika Schiffer, dichiarando frettolosamente chiusa la conferenza. Le ha proprio schiacciato il pulsante di funzionamento del microfono, togliendoglielo da davanti.
A quel punto il pubblico ha protestato vivacemente per il gesto antidemocratico e vergognoso di vietare la parola a una signora ottantenne, scampata ad Auschwitz, che cercava di spiegare che Israele non era quello che sosteneva Petazzini.
Lui, molto innervosito dal fatto che qualcuno potesse contestarlo, ha addotto puerili e ridicole scuse relative al tempo che sarebbe terminato.
Bugie. Sia perche’ la sala era prenotata fino alle 19.00 ed erano le 18e40, sia perche’ in quel caso sarebbe bastato sussurrare all’orecchio di mia madre una cosa del tipo: “Vada a chiudere”.
E’ stata un’operazione di vergognosa censura, degna degli “antisemiti progressisti” e di come li descrive assai bene Fiamma Nirenstein nel suo omonimo libro.
Tutta la sala si e’ accorta chiaramente della volonta’ del Petazzini di non fare dire cose che non gli piacevano, supportato dagli altri esponenti dell’Anpi di Paderno Dugnano.Il suo gesto e’ stato inqualificabile e chiarissimo.
Sono riuscito a raccogliere i nominativi e i recapiti di 11 dei presenti, che scandalizzati dal suo comportamento sono pronti a testimoniare quello a cui hanno assistito. Nel caso voleste ascoltarli non avete che da chiedermi la lista.
Inoltre sono in possesso del filmato della conferenza, dal quale potreste ben comprendere cosa e’ successo.se lo volete non avete che da chiedermelo.
Ma anche gli organizzatori hanno filmato TUTTA la conferenza, senza interruzioni, perche’ mi hanno detto che desideravano inserirla su You Tube.
Chiedete a loro il filmato integrale. Sono certo che la loro telecamera, posizionata su un cavalletto fisso, ha funzionato ininterrottamente fino alla fine.
Se vi dicessero che qualcosa non e’ stato registrato, sappiate che mentirebbero.
Nel post conferenza sono continuate le discussioni, mentre mia madre, distrutta e profondamente amareggiata per l’ignobile trattamento ricevuto veniva portata via da mia sorella.
Tra altre perle degli esponenti dell’Anpi vi segnalo solo questa: “Ha ragione Ahmadinejad a volere la bomba atomica, d’altra parte Israele ce l’ha gia'”
Il resto preferisco risparmiarvelo, ma si trattava dei soliti luoghi comuni antisemiti a cui, purtroppo siamo abituati.
Solo che non ce li aspettavamo da voi.
Non voglio credere che anche per voi gli unici ebrei buoni siano quelli morti, su cui riversate la vostra pieta’, destinando invece il vostro odio a quelli vivi e che magari (ma tu guarda che pretese!) non si vorrebbero fare ammazzare.
Nel comunicarvi che riceverete la mia tessera strappata a uno dei vostri indirizzi, vi chiedo:
La posizione ufficiale dell’Anpi e’ che e’ vietato parlare di Israele nelle conferenze da voi organizzate?
Anche a quelle in teoria organizzate per ricordare la Shoah?
Pensate che Gaza e Auschwitz siano la stessa cosa, come i peggiori negazionisti e gli esponenti dell’estrema destra neonazista?
Ritenete che Ahmadinejad faccia bene a procurasi armi nucleari?
La posizione del vostro esponente Mario Petazzini e’ anche la vostra?
Se cosi fosse ne prenderemmo atto, tirando le debite conclusioni.
Se invece cosi non fosse, intendete intervenire nei confronti dei responsabili di questi atteggiamenti?
Vi saro’ grato per una vostra risposta che, sono certo, non potra’ mancare, fosse anche solo per una questione di educazione.
Provvedero’ personalmente a girarla a tutte le persone e le Associazioni che ci leggono in copia.
Saluto distintamente,
Roberto Cavallo Schiffer
[email protected]
http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90
#8Salvatore
Sono completamente d’accordo. E’ vero che oggi il revisionsmo si fa a sinistra, o meglio in quel che ne rimane. La sinistra è ormai un cadavere morale e ideologico, ormai ne promana soltanto il tanfo.
#9Emanuel Baroz
Falsi storici e ideologie
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
è una legge della vita, tutto finisce, anche le cose belle e buone. E quelle che non finiscono al momento giusto si trasformano, perdono la loro identità, marciscono. Succede per la frutta, succede per i governi, succede anche per le associazioni, in particolare quelle che raggruppano persone che hanno partecipato o testimoniato a qualcosa. Che direste di un’associazione degli ex combattenti della Spedizione dei Mille o Prima Guerra Mondiale o di superstiti del terremoto di Messina? Che purtroppo non ci sono più. Lo stesso inizia ad accadere per l’Anpi, l’associazione che raggruppa gli ex partigiani (soprattutto quelli delle formazioni comuniste, gli altri hanno altre associazioni). Chi oggi ha ottant’anni ne aveva più o meno tredici al momento della Liberazione, poteva essere un deportato, una vittima della Shoà, ma difficilmente un combattente. Insomma, purtroppo gli ex partigiani veri, come i testimoni della Shoà se ne stanno andando. Ci dispiace moltissimo, perché chi combatté contro i nazisti settant’anni fa fece una difficile scelta giusta a rischio della vita e salvò l’onore dell’Italia. Ma la biologia non tiene conto dell’etica, e i partigiani non ci sono quasi più.
Resta però l’Anpi, che a un certo punto ha deciso di proseguire la propria esistenza tesserando persone che partigiani non erano, ma che volevano in qualche modo rinnovarne l’eredità e tutelarne la memoria. Bellissima idea, in astratto: tutto sta però a com’è quel qualche modo. Nel caso dell’Anpi questo modo è pessimo, perché l’associazione è andata in mano a neocomunisti nostalgici, rifondatori del comunismo, gente che interpreta la continuazione della Resistenza come una giustificazione storica inappuntabile di opinioni politiche quanto meno discutibili. Nella politica italiana si sentono sempre alla vigilia della Marcia su Roma o delle leggi razziste; in politica internazionale continuano, come cani di Pavlov, a seguire le alleanze dell’ex Unione Sovietica, per cui i nemici sono l’America e Israele, gli amici quelli che si dicono ancora comunisti, dal turbocapitalismo cinese alla tragicomica dittatura familiare della Corea del Nord. Facile fare i partigiani oggi, amministrare un’eredità morale che non è costata nulla e farlo in maniera ideologica, senza fare i conti coi fatti. Facile ma pericoloso.
La dimostrazione è nel triste episodio di Paderno Dugnano, dove in occasione di una cerimonia della Giornata della Memoria un tale di questi “nuovi partigiani” superideologici (richiamiamone il nome, per dargli tutto il suo onore: Mario Petazzini, esponente di Rifondazione Comunista) non solo si è permesso di paragonare Israele al III Reich, ma ha anche spento il microfono in mano a una ex deportata che protestava). Ne avete letto la cronaca in una lettera accorata del figlio, pubblicata da Informazione Corretta (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=43208). La vicenda è continuata, con le deplorazioni della direzione provinciale e nazionale dell’Anpi, che si è distinta dalla protervia del rifondarolo Petazzini, ma non l’ha in alcun modo rimosso, sospeso, espulso, perché a quanto pare lo statuto non lo prevede; ma se l’è presa anche con Informazione Corretta per aver sollevato il caso: di certe cose, è chiaro, non bisogna parlare. E il “nuovo partigiano” non si è mostrato affatto pentito, anzi ha difeso la sua azione coi giornali (http://www.ilgiornale.it/milano/milano_dirigente_anpiisraele__terzo_reich/07-02-2012/articolo-id=570929-page=0-comments=8#1). Da un certo punto di vista, lo si può capire: se l’Anpi non è più l’associazione di coloro che combatterono il nazismo, ma di quelli che si attribuiscono il diritto di continuarne l’azione stabilendo loro chi sono i nazisti oggi, perché lui non doveva parlare di Israele, visto che tutti i neocomuniusti lo odiano? E se una ex deportata, una che ha conosciuto sulla sua pelle la Shoà, gli risponde che Israele è la salvezza e la garanzia che Auschwitz non si ripeta e magari fa emergere delle assonanze fra il suo discorso e quello nazista, perché non toglierle la parola? Che gli importa del rispetto delle vittime, lui che è un fiero “nuovo partigiano”? E quanto ai fatti, a quel che succede davvero in Israele e dintorni, pensate che all’ideologia buona e pura sia mai importato di una cosa vile e casuale come quel che accade in realtà? Petazzini sa benissimo come dovrebbero andare le cose (“Palestina libera, Palestina rossa!”) e se non c’è niente di rosso fra i palestinesi, se non le esplosioni dei loro attentati e il sangue che versano, non gli importa affatto. Lui sa di chi è la colpa, non ha bisogno di informarsi…
Che vi devo dire, uno che toglie la parola a una vittima della Shoà nella celebrazione della Giornata della Memoria è al di là di ogni insulto possibile. Se la sua ideologia gli suggerisse di farlo, probabilmente non esiterebbe ad aprire volonterosamente nuovi Lager, o piuttosto Gulag, come fecero i bravi “combattenti per la pace” in Russia prima di Hitler, tenendoli aperti fino a pochi decenni fa. Il problema non è lui, o meglio lui è un problema irresolubile, irriducibile come sempre è l’ottusità dell’ideologia. Il problema è che vi è un’associazione, l’Anpi, che lo accoglie come fosse un partigiano… E qui una soluzione c’è: bisogna chiedere con fermezza a quei signori non partigiani che gestiscono un’associazione che si definisce dei partigiani d’Italia di farsi da parte, di sciogliere la loro associazione per fine biologica, di riconoscere che non possono impadronirsi di un’identità che non hanno, senza diventare un falso storico, pericoloso come tutte le menzogne.
http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90