Sventato un attentato al confine con l’Egitto
Gerusalemme, 21 Febbraio 2012 – Un attentato e’ stato sventato la scorsa notte (lunedì) nei pressi del confine con l’Egitto quando una pattuglia israeliana ha messo in fuga una persona sospetta che si accingeva ad infiltrarsi nel Neghev. Sul posto – ha riferito un portavoce militare – e’ stato trovato un potente ordigno che e’ stato neutralizzato da artificieri.
Israele ha elevato lo stato di allerta nella zona in seguito ad un cruento attentato condotto lo scorso agosto a nord di Eilat da terroristi provenienti dal Sinai egiziano. L’incidente della scorsa notte – ha aggiunto il portavoce – conferma ”la volonta’ di diverse organizzazioni terroristiche di lanciare attacchi contro i cittadini e contro le forze armate di Israele”.
L’ordigno e’ stato scoperto nella zona settentrionale del Neghev, all’altezza della localita’ israeliana di Niztana. Lo ha precisato radio Gerusalemme secondo cui oggi in quell’area era in visita un ministro israeliano. L’obiettivo degli attentatori, ha aggiunto la emittente, era rappresentata probabilmente dai reticolati di confine, che Israele sta erigendo a ritmo serrato nell’intento di sigillare i 230 chilometri di confine entro la fine di questo anno.
(Fonte: Blitz quotidiano, 21 febbraio 2012)
Per ulteriori dettagli cliccare qui
Nella foto in alto: una postazione dell’IDF al confine tra Egitto e Israele
#1Emanuel Baroz
22/02/2012 – Sventato lunedì notte un grave attentato al confine israelo-egiziano. I militari israeliani hanno disinnescato in tempo un ordigno di grandi dimensioni imbottito di biglie d’acciaio, scoperto nella zona di Nitzana durante un’operazione anti-contrabbando. “L’esplosione avrebbe potuto avere conseguenze incalcolabili”, ha dichiarato martedì il comandante delle forze speciali dei genieri israeliani. Ci sono volute diverse ore e l’utilizzo di un robot per venire a capo del sistema d’innesco telecomandato della bomba, destinata verosimilmente a colpire un abitato israeliano nella zona.
(Fonte: Israele.net)
#2Emanuel Baroz
22/02/2012 – Un obice di mortaio palestinese sparato martedì sera dalla striscia di Gaza verso Israele si è abbattuto su un campo aperto nella zona di Eshkol.
22/02/2012 – Secondo fonti locali, sarebbero stati arrestati dalle Forze di Difesa israeliane tre terroristi palestinesi che avevano tentato di infiltrarsi in Israele, martedì sera, dal sud della striscia di Gaza.
22/02/2012 – Sarebbero stati arrestati lunedì notte dalle Forze di Difesa israeliane altri due palestinesi da poco scarcerati nel quadro del ricatto per la liberazione dell’ostaggio Gilad Shalit. Si tratta di Youssef Abdel Rahmane Ahmed Shtiwi, di Kalkiliya, e Mahmoud Adnane Salim, del villaggio Jyous, a est di Kalkiliya. Salirebbe così a cinque il numero degli ex-detenuti nuovamente arrestati per essere tornati alle attività terroristiche.
21/02/2012 – Due razzi Qassam palestinesi lanciati domenica notte dalla striscia di Gaza verso Israele si sono abbattuti su un campo non edificato nella zona di Sdot Negev.
(Fonte: Israele.net)
#3Emanuel Baroz
Riportiamo qui uno stralcio di un articolo pubblicato sul Jerusalem Post il 20 Febbraio 2012 (traduzione degli amici di Israele.net) che merita decisamente l’attenzione di tutti:
“…..la scorsa settimana ho trascorso del tempo con dei soldati israeliani che si sono già dati una risposta e che non hanno dubbi su quale sia la loro missione. Si trattava di un gruppo di studenti universitari, più o meno venticinquenni, tutti riservisti attivi, che rievocavano le loro esperienze di battaglia prima di partire per un importante tour di incontri in vari campus in giro per il mondo.
Yair mi ha raccontato di essersi trovato in una intensa battaglia coi terroristi Hezbollah durante la seconda guerra in Libano (estate 2006). I miliziani Hezbollah non vestono uniformi e operano preferibilmente da zone abitate da civili, dove i comuni cittadini servono essenzialmente da scudi umani. Quel giorno Hezbollah decise di rendere le cose ancora più complicate. Nel bel mezzo della battaglia arrivò un furgone e ne scesero dieci bambini sugli otto anni d’età, armati di fucili. Erano stati buttanti dentro al conflitto. In piena battaglia, Yair vide la depravazione morale del nemico e in quel momento capì perché stava combattendo.
Adam mi ha raccontato d’aver ricevuto una chiamata sul cellulare da un angosciato capo-villaggio palestinese. Si era nel pieno dell’intifada stragista palestinese e il compito di Adam era quello di fare da collegamento fra le ONG umanitarie, i capi palestinesi e le Forze di Difesa israeliane. Ogni capo-villaggio palestinese aveva il numero del cellulare di Adam. La chiamata che ricevette quel giorno era una richiesta di aiuto. Un ragazzino palestinese stava giocando nel villaggio quando il suo pallone era caduto in un frantoio. Cercando di recuperarlo, il ragazzino era rimasto col braccio incastrato fra le pale dell’attrezzo, con un dolore atroce. Chiedevano ad Adam di entrare nel villaggio – ostile agli israeliani – e aiutarli. Quando fecero il loro ingresso nell’abitato, i veicoli della squadra di Adam vennero accolti a lanci di pietre dagli abitanti. Dopo che ebbero salvato il ragazzino, ripartirono fra le loro ovazioni. Quel giorno Adam ebbe chiaro il motivo per cui stava combattendo.
Lital mi ha raccontato che era una delle cinque ragazze in una unità di combattimento di cento maschi, e aveva il compito di gestire posti di controllo fra la zona israeliana e la zona palestinese. Naturalmente in un mondo ideale Israele non avrebbe bisogno di tutti questi controlli di sicurezza. Ma mentre controllava le donne che attraversavano il posto di controllo, Lital non aveva dubbi che sono necessari. “Servono a salvare vite umane” mi ha detto, invitandomi a considerare il caso di una donna palestinese incinta che venne portata a un posto di blocco su un’ambulanza che, una volta ispezionata, venne trovata carica di ordigni esplosivi nascosti. “Considerate per un momento – mi ha detto Lital – il dilemma che si trova ad affrontare una soldatessa di diciotto anni quando, da una parte, vede una donna prossima al parto che sembra avere a tutti gli effetti un disperato bisogno di arrivare all’ospedale, ma nello stesso tempo ha paura che possa trattarsi di un imbroglio che potrebbe costare la vita ad altri innocenti”. Consapevole di avere a che fare con un nemico che usa donne in procinto di partorire come copertura, e dell’evidente e concreto pericolo che questa minaccia pone ai cittadini israeliani, Lital aveva ben chiaro perché combatte.
Tanto è chiaro ai soldati che ho incontrato il motivo per cui combattono, altrettanto è loro chiaro quanto preferirebbero non doverlo fare.
Itzik mi ha raccontato di quella volta che era in servizio e si apprestava a tornare a casa per una licenza di fine-settimana per un po’ di agognato riposo, quando improvvisamente arrivò dall’intelligence l’informazione che un attentatore suicida si stava dirigendo verso un centro commerciale. Itzik e la sua unità mollarono tutto per gettarsi alla caccia del terrorista. Una delle persone che dovette interrogare durante quella ricerca era un palestinese di nome Mohammed. Itzik ricorda la conversazione che ebbe con lui. “Senti, Mohammed – gli disse – io non vorrei essere qui, preferirei essere a casa mia con i miei amici e la mia famiglia”. Mohammed lo guardò e rispose: “Anch’io non vorrei essere qui. Preferirei essere a casa coi miei bambini. Siamo uguali: tutti e due vorremmo vivere in pace e tranquillità. La differenza principale fra me e te è che tu puoi dirlo ad alta voce”. Itzik mi ha detto d’aver capito in quel momento che erano entrambi ostaggio di Hamas.
Nei prossimi due mesi questi giovani militari delle Forze di Difesa israeliane andranno a parlare in varie comunità e campus universitari negli Stati Uniti e in altri paesi del mondo. Non sono dei portavoce. Non sono dei funzionari. Non sono dei politici. Sono solo i rappresentanti dell’esercito di cittadini di un popolo che vuole vivere, e vivere in pace e libertà: una libertà per cui è necessario combattere. E questo è il motivo per cui combattono…”
http://www.israele.net/articolo,3367.htm
#4Parvus
Ancora una volta gli arabi mostrano il nostro vero volto.
Ma questo mi induce ad un amara riflessione: E’ incredibile riuscire a perdere una guerra di propaganda contro simili persone. Neppure con tutta la buona volontà un regista riuscirebbe a far passare per eroi positivi una ventina di stati che a mezzo terrorismo vorrebbero scacciare la popolazione di uno staterello.
Pertanto bisogna prendere atto che qualcosa Non va nella propaganda filoisraeliana, anzi che non va tutto, che è priva di qualunque strategia, che è condotta da gruppetti di persone che fanno esercizi letterari al solo scopo di convincere sé stessi, che non studia la psicologia dei filopalestinesi, non ascoltano le loro accuse, non le ribattono, non si preoccupano minimamente di trovare un messaggio che faccia breccia.