Yasser Arafat è stato ucciso dal Mossad. A dirlo (sottointeso) è Al Jazeera
Secondo Al Jazeera, Yasser Arafat non sarebbe morto per cause naturali ma sarebbe stato assassinato, avvelenato con il Polonio. Chi è stato? Ma il Mossad naturalmente. E’ così che si inventano i martiri.
di Miriam Bolaffi
Tutti fermi. Credevate che a uccidere Yasser Arafat, l’unico terrorista al mondo insignito del Nobel per la Pace e noto corrotto internazionale, fosse stata una malattia? Eravate in errore. A uccidere l’uomo che inventò la Palestina e il popolo palestinese stato il Mossad.
Secondo una inchiesta di Al Jaseera, noto network imparziale (e già ci sarebbe da ridere), a uccidere Arafat sarebbe stato il Polonio opportunamente nascosto nel suo spazzolino da denti. E qui ci sarebbe da che ridere di nuovo, Yasser Arafat che si lava i denti sarebbe una notiziona.
Comunque, cosa hanno scoperto gli investigatori arabi? Presi dai dubbi sul fatto che il povero Yasser si fosse sentito male all’improvviso quando tutte le fonti mediche dicevano che stava benissimo, gli investigatori di Al Jaseera hanno pensato che non poteva che esserci il Mossad dietro alla morte del terrorista che inventò la Palestina. Logico, c’è sempre il Mossad dietro alle cose che riguardano gli arabi.
Non sono bastate quindi le indagini svolte dai maggiori specialisti mondiali, non è bastata l’ipotesi che, come un uomo normale, il terrorista insignito del Premio Nobel per la Pace potesse anche morire di malattia. No, ne dovevano fare un martire. E cosa ti vanno a tirare fuori allora quelli di Al Jaseera per garantire a Yasser Arafat il nobile e paradisiaco appellativo di “martire”? Il Polonio.
Si cari amici, il Polonio, quel veleno radioattivo che il KGB usava per uccidere i dissidenti russi senza lasciare traccia (ricordate Alexander Litvinenko?). Si proprio quello a cui misero il Polonio nel sushi. Bene, quelli di Al Jazeera hanno scoperto che gli investigatori e i medici legali che hanno indagato sulla morte del terrorista arabo più famoso al mondo si sono dimenticati di fare le ricerche sul Polonio. Così vanno dalla vedova di Arafat, quella che vive a Parigi godendosi le centinaia di milioni sottratti ai palestinesi, le chiedono uno spazzolino da denti usato dal povero Yasser che lei, naturalmente, custodiva ben sporco dopo tutti questi anni, e lo fanno analizzare. Sorpresona: ci sono tracce di Polonio 210 che, logicamente, non è finito li per caso ma c’è stato messo dal Mossad.
Beh, quelli di Al Jazeera non dicono proprio questo, non dicono apertamente che sia stato il Mossad a uccidere Yasser Arafat, ma lo fanno capire benissimo, anche perché chi volete che uccida un terrorista arabo se non il Mossad? Di certo non la CIA. Una volta che dicono di averne beccato uno non fanno vedere nemmeno il corpo, figuriamoci se usano il Polonio con il rischio di essere smascherati da Al Jazeera. I russi poi, hanno altri metodi più sbrigativi e “globali” (leggi Cecenia). Quindi può essere stato solo il Mossad.
Evviva, finalmente sappiamo la verità sulla morte di Yasser Arafat. Non è morto come un normale essere umano ma è stato ammazzato da quei cattivoni di Israeliani. Ora può anche lasciare il purgatorio islamico, dove aspettavano questa notizia con trepidazione, e dirigersi verso il Paradiso dove lo attendono le decine e decine di vergini destinate ai martiri di una certa importanza. Giustizia è fatta. Resta solo un dubbio: dove cavolo lo ha preso la moglie lo spazzolino da denti di Arafat?
Secondo Protocollo
Nell’immagine in alto: la preoccupazione dei leader palestinesi al capezzale di Arafat
#1Emanuel Baroz
A proposito della verità circa la morte del terrorista, ladro, bugiardo, assassino, Arafat:
http://drybonesblog.blogspot.it/2005/09/myth-man.html
#2Emanuel Baroz
10/07/2012 Ely Karmon, esperto israeliano di anti-terrorismo e professore presso il Centro Interdisciplinare di Herzliya, ha osservato che i livelli di polonio rinvenuti negli effetti personali di Yasser Arafat devono essersi risalire a molto tempo dopo la morte del rais palestinese. Il polonio infatti, ha spiegato Karmon, ha un tempo di dimezzamento di 138 giorni. Pertanto, alle concentrazioni trovate otto anni dopo la morte di Arafat avrebbero dovuto corrispondere otto anni prima delle concentrazioni di polonio molto elevate, tali da contaminare in modo grave tutti coloro che ne vennero a contatto, a cominciare dalla vedova Suha.
(Fonte: Israele.net)
#3Daniel
http://bugiedallegambelunghe.wordpress.com/2012/07/11/la-saga-continua/
#4Emanuel Baroz
Veleni
di Francesco Lucrezi
La macabra pagliacciata della riesumazione della salma di Arafat (prevista per il prossimo 26 novembre, nel quadro di un bizzarro scenario di diritto penale internazionale, con una complessa e inedita cooperazione tra sistemi giudiziari francese e palestinese, su denuncia della vedova Suha, secondo cui il marito sarebbe stato avvelenato col polonio) ha riproposto all’attenzione dei media la figura di un personaggio che, indubbiamente, ha ininterrottamente dominato la scena mondiale per decenni e del quale, francamente, non si avvertiva molto la nostalgia.
Assolutamente nessuna curiosità, nessuna ‘suspence’, da parte nostra, riguardo all’esito delle raffinate perizie a cui i tecnici francesi e palestinesi sottoporranno i resti del defunto, con i più sofisticati sistemi di analisi, perché il risultato dell’operazione, comunque, è già pienamente raggiunto e passato alla storia. Se si troveranno le tracce di polonio, la ‘verità storica’ sarà che Arafat è stato ucciso, indovinate da chi; se non si troveranno, sarà l’ulteriore prova che il micidiale Mossad è tanto efficiente non solo da eliminare i propri nemici, ma anche da eliminare le tracce dell’eliminazione; se i pareri saranno discordanti o incerti, la dimostrazione della macchinazione sarà ancora più evidente. Non interessano a nessuno, pertanto, le inutili spiegazioni di chi ricorda, assolutamente inascoltato, che il polonio ha un tempo di dimezzamento di 138 giorni, il che vuol dire che ogni quattro mesi e mezzo metà della sostanza decade e se, due anni fa, ne sono state trovate tracce negli effetti personali del leader, ciò vuol dire che l’esposizione alla sostanza deve essere stata necessariamente recente (a meno che, al momento della morte del leader, ossia otto anni fa, ne sia stata messa una quantità tale da sterminare l’intera Palestina). Si tratta di considerazioni del tutto inutili, la sentenza è già scritta.
Se ci si può interrogare sulla durata della capacità nociva del polonio, piuttosto, pochi dubbi sussistono sulla durata della nocività della persona di Arafat, che, a otto anni dalla scomparsa, dimostra ancora un’invidiabile forza di irradiazione. Campione indiscusso di ambiguità, camaleontismo, teatralità, doppiogiochismo, Arafat ha saputo offrire al mondo, come nessun altro, un variegato ‘menu’ di approccio all’ebraismo, fatto di innumerevoli portate, adatte a tutti i palati: dal più rozzo ed esplicito antisemitismo ai più fumosi e bizantini proclami di pace, dalle più sanguinarie ed efferate stragi ai più radiosi e smaglianti sorrisi, con dei fantastici piatti di fiori e pallottole, carezze e pugnali, panna e veleno. In virtù di tale variegata capacità culinaria, ha goduto di un successo senza pari, godendo di lunghi anni di ininterrotta preminenza, al riparo da qualsiasi tentativo di ‘rottamazione’. Premio Nobel per la Pace (perché no?), intervistato quasi quotidianamente dalle principali testate del mondo, ospite fisso del Vaticano (ben 12 colloqui personali solo con Giovanni Paolo II, record assoluto), “guest star” dell’Assemblea dell’ONU e di molti Parlamenti nazionali (tra cui l’italiano), interlocutore di riguardo di sovrani, Capi di Stato e Primi Ministri, Arafat è stato ammirato da politici di destra, di centro e di sinistra, da masse di poveri diseredati e da regine e principesse, da barbuti tagliatori di gole e da paciosi borghesotti in doppiopetto, da fanatici bombaroli analfabeti e da raffinati artisti e intellettuali, permettendo a tutti – a ciascuno secondo il proprio gusto – di scegliere il modo preferito di risolvere la “questione ebraica”. Nel ristorante Arafat ce n’era per tutti i gusti, chiunque entrasse poteva essere ottimamente servito “à la charte”. Nessuno, dopo di lui, ha potuto neanche lontanamente avvicinarsi al suo livello.
Buon lavoro agli esperti francesi e palestinesi, con la preghiera di non comunicarci l’esito delle indagini. Da parte nostra, pur fidandoci della loro professionalità, non li chiameremo per esaminare i resti delle vittime delle stragi di Lod, Monaco, Ma’alot, Fiumicino e tante altre. Sappiamo come sono avvenute quelle morti, e chi le ha volute.
(Fonte: newsletter Ucei, 14 novembre 2012)