Partita una nave iraniana con missili per Hamas
Londra, 25 Novembre 2012 – I satelliti-spia israeliani hanno localizzato una nave iraniana con un carico di missili che potrebbe essere diretto alla Striscia di Gaza: lo ha rivelato il Sunday Times, che cita fonti israeliane secondo cui la nave trasporterebbe missili Fajr 5 per rimpiazzare quelli distrutti dall’aviazione dello Stato ebraico durante l’offensiva Pilastro di difesa e quelli lanciati su Tel Aviv dai militanti di Hamas. Vi potrebbero essere anche missili Shahab-3 che, secondo il domenicale inglese, potrebbero essere dispiegati in Sudan per tenere sotto tiro Israele “da sud”.
La rotta della nave sarebbe quella gia’ seguita in passato per le forniture militari a Gaza: Mar Rosso, Sudan e poi Egitto, da dove arriverebbero via terra a Hamas. “Sospettiamo che navi da guerra iraniane all’ancora in Eritrea scorteranno le armi appena la nave entrera’ nel Mar Rosso”. Il carico sarebbe stato preparato appena si e’ avuta notizia del cessate il fuoco tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, ma la fonte israeliana ha avvertito che l’esercito dello Stato ebraico distruggera’ le armi appena riuscira’ a localizzarle.
Uno dei dirigenti di Hamas a Gaza, Mahmud al-Zahar, ha confermato che il movimento islamico non rinuncera’ ad armarsi, nonostante il cessate il fuoco con Israele: “Non abbiamo altra scelta che continuare ad introdurre armi con tutti i mezzi possibili, abbiamo il diritto di ricevere finanziamenti ed armi dall’Iran che ci aiuta per ragioni puramente religiose, senza secondi fini”.
(Fonte: AGI, 25 novembre 2012)
Nella foto in alto: un missile Fair5, ormai a disposizione di Hamas da mesi
#1Emanuel Baroz
23/11/2012 Il capo del politburo di Hamas, Khaled Mashaal, ha dichiarato all’agenzia turca Anatolia che il recente conflitto a Gaza ha aperto la strada a una “guerra d’indipendenza palestinese”. “Gerusalemme e il resto dei territori occupati – ha detto Mashaal – ritorneranno al popolo palestinese non solo attraverso gli sforzi diplomatici, ma attraverso la lotta armata”.
23/11/2012 Circa 300 palestinesi hanno tentato di sfondare, venerdì, la recinzione di confine fra Israele e la parte sud della striscia di Gaza, all’altezza di Khan Younis. Dopo aver ripetutamente sparato in aria colpi d’avvertimento, i soldati israeliani hanno sparato alle gambe degli agitatori. Secondo fonti mediche di Gaza, un palestinese sarebbe rimasto ucciso. Il portavoce delle Forze di Difesa israeliani ha riferito di un palestinese che è riuscito a penetrare in territorio israeliano, è stato arrestato e poco dopo restituito alla striscia di Gaza.
23/11/2012 Siria. Più di 40.000 persone, almeno metà civili, sono state uccise in 20 mesi di conflitto tra ribelli e forze del presidente siriano Bashar Assad. Lo ha dichiarato venerdì Rami Abdelrahman, responsabile dell’Osservatorio siriano per i diritti umani.
23/11/2012 Un giorno dopo che il presidente egiziano, affiliato ai Fratelli Musulmani, ha mediato il cessate il fuoco fra Israele e Gaza, il capo dei Fratelli Musulmani egiziani Mohammed Badie ha denunciato, giovedì sera, ogni sforzo di pace con Israele e ha esortato alla jihad (guerra santa) per liberare tutti i territori palestinesi.
23/11/2012 In un discorso davanti alla folla, giovedì a Gaza, il “primo ministro” di Hamas Ismail Haniyeh ha esortato i palestinesi nei territori controllati dall’Autorità Palestinese (Cisgiordania) a “lanciare una terza intifada contro il nemico sionista”.
23/11/2012 Hamas ha smentito giovedì che il suo “primo ministro”, Ismail Haniyeh, abbia espresso sostegno al tentativo del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) di far riconoscere all’Onu la Palestina come “stato non membro”: una mossa che avrebbe potuto essere letta come una disponibilità da parte di Hamas ad accettare uno stato palestinese “solo” sulle linee del 1967. La smentita è arrivata poco dopo che l’ufficio di Abu Mazen aveva annunciato d’aver ricevuto una telefonata da Haniyeh e da un altro esponente di Hamas, Ahmed Bahr, che esprimevano il loro sostegno al tentativo presso l’Onu.
23/11/2012 È deceduto giovedì il tenente delle Forze di Difesa israeliane Boris Yarmolnik, di 28 anni, che aveva subito gravissime ferite da un colpo di mortaio palestinese nella zona di Eshkol.
23/11/2012 “Israele ha urlato di dolore per quello che le ha fatto la resistenza, e noi per questo ringraziamo tutti coloro che ci ha fornito armi e denaro, in particolare l’Iran”. Lo ha detto giovedì il capo di Hamas nella striscia di Gaza, Ismail Haniyeh.
23/11/2012 Il presidente egiziano Mohammed Morsi ha emesso un emendamento costituzionale con cui concede a se stesso ampi poteri e ordina di riprocessare i capi del regime di Hosni Mubarak accusati dell’uccisione di manifestanti nella rivolta dello scorso anno. Morsi ha anche decretato l’immunità della Commissione per una nuova costituzione da eventuali decisioni giudiziarie volte a scioglierla e ha previsto identica protezione per la Camera alta del parlamento: entrambi gli organismi sono dominati dagli alleati islamisti di Morsi.
23/11/2012 Il “governo” di Hamas nella striscia di Gaza ha annunciato giovedì che il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) si è congratulato con il “primo ministro” di Hamas Haniyeh Ismayil per la sua ”vittoria” contro l’operazione israeliana “Colonna di nube difensiva”.
23/11/2012 I sindaci di Ashdod, Ashkelon e Beersheba hanno annunciato la riapertura delle scuole venerdì, invitando gli insegnanti a dedicare il primo giorno a una discussione sulla recente crisi. Sderot, Ofakim e Sedot Negev hanno invece deciso di non riaprire le scuole fino a domenica.
(Fonte: Israele.net)
#2Emanuel Baroz
Gaza – Il numero due di Hamas rifiuta l’interruzione degli armamenti
CAIRO, 24 nov. – Il numero due di Hamas Moussa Abu Marzouk ha dichiarato all’Associated Press che il gruppo militante islamico non smetterà di costruire armi nella Striscia di Gaza e di contrabbandarle dall’esterno. Moussa Abu Marzouk ha sottolineato i grandi ostacoli per una mediazione tra Israele e gli islamici su un nuovo accordo sul confine. Un funzionario della sicurezza israeliana ha detto che lo stato ebraico potrebbe pensare a un significativo allentamento del blocco delle frontiere di Gaza se Hamas smetterà di armarsi. Israele e Hamas, dal 14 novembre, si sono scontrati più volte sulla linea di confine. Colloqui ulteriori tra Israele e Hamas sono previsti per lunedì.
(Fonte: LaPresse, 25 novembre 2012)
#3Emanuel Baroz
Hamas ammette: i missili Fajr-5 sono stati forniti dall’Iran
GAZA, 24 nov. – Il movimento palestinese Hamas ha ammesso per la prima volta che i missili di lunga gittata Fajr-5, utilizzati durante gli ultimi scontri con Israele, sono stati forniti dagli iraniani. Lo scrive il quotidiano panarabo ‘al-Sharq al-Awsat’, riportando le dichiarazioni di Mahmoud al-Zahar, numero due del movimento islamico palestinese. Al-Zahar ha dichiarato dopo una parata “trionfale” a Gaza dell’ala militare di Hamas, le Brigate al-Qassam, che “alcuni razzi erano di fabbricazione iraniana, ma lanciati da mani palestinesi”.
(Fonte: Adnkronos, 24 novembre 2012)
#4Emanuel Baroz
L’ombra di Teheran protegge Hamas
di Lorenzo Bianchi
L’IRAN ha rivendicato in tutte le salse il suo sostegno militare e finanziario ad Hamas e alla Jihad islamica. Ieri il presidente del Parlamento di Teheran Ali Larijani e Bashar al-Assad, il capo dello stato siriano, hanno ribadito pubblicamente la loro soddisfazione per il «fallimento» dell’offensiva di Israele contro la Striscia di Gaza e hanno annunciato che continueranno ad appoggiare «la resistenza palestinese».
Il tripudio degli ayatollah riporta all’origine dell’operazione «Colonna di nuvole», l’assassinio «mirato» di Ahmed Jabari, il comandante delle Brigate Ezzeddin al-Qassam, l’esercito di Hamas, il movimento islamico che governa la striscia di Gaza dopo avere sconfitto con le armi in pugno nel 2007 i rivali palestinesi di al-Fatah.
Fonti di intelligence israeliane raccontano un retroscena significativo. Tre mesi fa una delegazione guidata da Mahmoud al-Zahar, l’ex ministro degli Esteri dell’organizzazione che governa ora Gaza, e da Marwan Issa è andata a Teheran e a Beirut e ha «firmato» patti di mutua assistenza e difesa con gli ayatollah e con gli Hezbollah libanesi. La molla potrebbe essere stata il fatto che la protezione siriana (il capo politico di Hamas, Khaled Meshaal, ha abitato per anni a Damasco) si stava liquefacendo nel tragico e sanguinoso vortice della guerra civile.
Hamas aveva bisogno di un nuovo protettore. Teheran non chiedeva di meglio. Subito dopo è cominciata un’escalation delle aggressioni a Israele. L’8 novembre con un telecomando è stato fatto saltare un tunnel profondo 4 metri imbottito di esplosivo lungo la linea di confine. La potenza della deflagrazione era sufficiente a distruggere i veicoli militari di Gerusalemme schierati nelle vicinanze. Per un puro caso erano vuoti e non ci sono state vittime.
Due giorni dopo un missile anticarro teleguidato sparato da Sejaya ha colpito una jeep blindata della Brigata Givati vicino al valico commerciale di Karni ferendo quattro militari, tre dei quali piuttosto gravemente. In quella stessa giornata 16 missili sono stati lanciati contro il sud di Israele. Yaacov Amidror, il consigliere della pubblica sicurezza del premier israeliano Benjamin Netanyahu, è stato inviato a Washington a ragguagliare Tom Donilon, il suo pari grado alla Casa Bianca, sulle scoperte degli 007. Quattro giorni dopo un missile sparato da un jet israeliano ha centrato l’auto di Ahmed Jabari, nel centro di Gaza. L’operazione è cominciata così.
(Fonte: Quotidiano.net, 24 novembre 2012)
#5Emanuel Baroz
Hamas, un drappello di eroi per i soliti indignati d’Europa
di Bernard-Henri Lévy
Rimettiamo le cose in ordine. L’esercito israeliano Tsahal ha evacuato Gaza, unilateralmente, senza condizioni, nel 2005, su iniziativa di Ariel Sharon. Da allora, non c’è più presenza militare israeliana in questo territorio che, per la prima volta, è sotto controllo palestinese. Le persone che lo amministrano — e che, tra parentesi, non sono arrivate al potere attraverso le urne ma con la violenza e al termine (giugno 2007) di uno scontro sanguinoso con altri palestinesi durato parecchi mesi — non hanno ormai, con l’ex occupante, nemmeno l’ombra di un contenzioso territoriale, come quello per esempio che aveva l’Olp di Yasser Arafat.
Si poteva ritenere che le rivendicazioni di Arafat, e quelle di Mahmud Abbas oggi, fossero eccessive, o formulate male o in parte inaccettabili: almeno esistevano e lasciavano la possibilità di un accordo politico, di un compromesso. Mentre ora, con Hamas, prevale un odio nudo, senza parole né sfide negoziabili: solo una pioggia di razzi e missili sparati secondo una strategia che, avendo come unico fine la distruzione della «entità sionista», bisogna pur chiamare guerra totale.
Quando Israele si accorge infine di questo, quando i suoi dirigenti decidono di rompere il riserbo che per mesi li aveva portati ad accettare quello che nessun altro dirigente al mondo ha mai dovuto accettare; quando constatano, oltretutto nel terrore, che il ritmo dei bombardamenti è passato da una media di 700 lanci all’anno a quasi 200 in qualche giorno, e che l’Iran ha cominciato a consegnare ai suoi protetti i razzi Fajr-5 che possono colpire non più soltanto il Sud, ma il cuore stesso del Paese, fino ai sobborghi di Tel Aviv e Gerusalemme, e si decidono a reagire e a farlo con vigore, cosa crediamo che succeda?
Il Consiglio di sicurezza dell’Onu, che raramente abbiamo visto negli ultimi mesi così pronto a scattare, si riunisce con urgenza: non tuttavia per dibattere dell’eventuale sproporzione della legittima difesa israeliana, ma del suo principio stesso.
Il ministro degli Esteri britannico — al quale non auguriamo di vedere il Sud del suo Paese sotto il fuoco di una organizzazione che riprendesse il sentiero della guerra terroristica — avverte minaccioso lo Stato ebraico che, facendo il suo lavoro di proteggere i propri cittadini, perderà gli ultimi magri sostegni che egli ha la bontà di riconoscergli sulla scena internazionale. La responsabile della diplomazia europea, Catherine Ashton, comincia con lo sdoganare Hamas da attacchi che, secondo lei, sarebbero in parte fomentati da «altri gruppi armati» e — stimando nel più puro stile tartufesco che i torti siano da condividere fra gli estremisti dei due campi — si limita a deplorare una «escalation della violenza» in cui, come nella notte hegeliana, tutte le vacche diventano nere.
Il Partito comunista, in Francia, esige «sanzioni». I Verdi, che non si son quasi sentiti né sulla Siria né sulla Libia, né sulle centinaia di migliaia di morti delle guerre dimenticate in Africa o nel Caucaso, proclamano che «l’impunità di Israele deve finire». I manifestanti «pacifisti», che non si degnano di uscir di casa quando sono Gheddafi o Assad a uccidere, scendono in piazza: ma è per dire la loro solidarietà con l’unico partito che, in Palestina, rifiuta la soluzione dei due Stati, dunque la pace. E non parliamo degli esperti in complotti che in questa storia vogliono vedere solo la mano demoniaca di un Netanyahu felice di una nuova guerra che faciliterà la sua rielezione.
Non mi addentrerò in conteggi che dimostrerebbero a questa gente ignorante come tutti i sondaggi, prima della crisi, davano Netanyahu già vincitore. Non mi abbasserò a confidare a coloro che comunque ritengono Israele, qualsiasi cosa faccia, come l’eterno colpevole, i motivi che, se fossi israeliano, mi dissuaderebbero dal votare per la coalizione uscente. Cosa serve ricordare a tali piccoli furbi che, se c’è una manovra, una sola, all’origine dell’attuale tragedia, è quella di un establishment Hamas pronto a tutti gli eccessi e a tutte le fughe in avanti, e deciso, in realtà, a lottare fino all’ultima goccia di sangue dell’ultimo palestinese pur di non dover restituire il potere, e i relativi vantaggi, ai nemici giurati del Fatah?
Di fronte a questo concerto di cinismo e di malafede, di fronte al due pesi e due misure, secondo cui un morto arabo è degno di interesse solo se si può incriminare Israele; di fronte all’inversione dei valori che trasforma l’aggressore in aggredito e il terrorista in resistente; di fronte all’abile gioco di prestidigitazione che vede gli Indignati di ogni Paese «eroicizzare» una Nomenklatura brutale e corrotta, spietata con i deboli, le donne, le minoranze, e che arruola i propri bambini in battaglioni di piccoli schiavi inviati a scavare i tunnel attraverso cui transiteranno i traffici fruttuosi che la arricchiranno ancora di più; di fronte all’ignoranza crassa della natura reale di un movimento di cui i Protocolli dei saggi di Sion sono uno dei testi costitutivi, e di cui è capo Khaled Meshaal, che fino a poco tempo fa lo dirigeva da una confortevole villa di Damasco, c’è una sola parola: oscenità.
(Fonte: Corriere della Sera, 22 novembre 2012)
#6Emanuel Baroz
Due app salvano dai razzi palestinesi
Due programmi gratuiti lanciano l’allarme missilistico e suggeriscono il rifugio più vicino
Gli israeliani si difendono dai razzi palestinesi anche con la tecnologia. Come racconta il “Jerusalem Post” sono state messe a punto due applicazioni salvavita, fruibili gratuitamente da smartphone. “Tzeva Adom” (cioè colore rosso) invia avvisi sugli imminenti raid missilistici e aiuta a distinguere il suono della sirena che segnala un razzo in arrivo.
L’app aiuterà a distinguere le sirene che segnalano i raid dalle sirene di ambulanze e polizia. E si annuncia molto utile anche per chi ha problemi di udito e per chi non riesce proprio a fare a meno degli auricolari con la musica.
“Secure Spaces” invece, suggerisce agli israeliani i rifugi più vicini nei quali ripararsi durante gli attacchi. La lista dei luoghi sicuri viene compilata dagli stessi cittadini che vogliono offrire riparo ai vicini o ai passanti in pericolo e sfrutta il gps del cellulare per fornire una mappa dettaglia dei bunker.
(Fonte: TGCOM.it, 21 novembre 2012)
#7Emanuel Baroz
L’Iran ammette di aver inviato armi ad Hamas
Il regime iraniano ammette per la prima volta di aver fornito aiuto militare ad Hamas
L’Iran ha inviato aiuti “militari” ad Hamas. E’ quanto ha confermato oggi il Presidente del Parlamento iraniano, Ali Larijani. “Siamo fieri di difendere il popolo della Palestina e Hamas – ha detto Larijani, citato dal sito del Parlamento ICANA.ir – noi siano fieri che il nostro aiuto sia stato sia finanziario che militare”.
Il Presidente del Parlamento non ha fornito maggiori precisazioni riguardo al tipo di questo aiuto militare. Teheran non ha mai nascosto il suo sostegno materiale e finanziario ai gruppi palestinesi di Hamas e Jihad islamica, ma ha sempre evitato di mettere in evidenza l’aiuto militare. Nei giorni scorsi, Israele ha accusato Teheran di aver fornito ai gruppi palestinesi missili Fajr-5, di una gittata di 75 chilometri, usati da Hamas contro Israele dall’inizio dell’offensiva a Gaza.
Ieri, il leader della Jihad islamica, Ramadan Abdallah Shallah, ha ammesso ai microfoni di al Jazeera che i gruppi palestinesi di Gaza stanno usando armi iraniane negli attacchi contro Israele, senza precisare però il tipo di armi. “Lo sanno tutti, non è un segreto. Le armi della resistenza oggi in Palestina, di fronte all’aggressione israeliana, arrivano principalmente dall’Iran”, ha detto.
http://www.today.it/mondo/iran-armi-hamas.html