La storia commovente di Wafa al Bass
Gli ospedali – si sa – sono il contesto ideale per ambientarvi storie strappalacrime. Esseri umani sottratti alla morte, crisi di coscienza, lacrime e dolore per una vita spezzata anzitempo, gioia per un complicato intervento chirurgico riuscito perfettamente.
Malgrado la recente ondata di terrorismo palestinese, e la risposta israeliana nota come Colonna di Difesa, nello stato ebraico è affluito un numero considerevole di abitanti della Striscia di Gaza. Persino il cognato del primo ministro di Hamas è ricorso alle cure mediche degli israeliani; ma la vita di tutti i giorni è ricca di episodi di dedizione al dovere che non guarda il colore della pelle, o la razza, o la lingua. Spesso arabi israeliani prestano servizio come volontari negli ospedali dell’Israele meridionale, per assistere pazienti palestinesi in difficoltà con la lingua.
Purtroppo però, talvolta giovani pazienti ritornano a Gaza senza aver compiuto la loro missione. Wafa al Bass, nata nel 1984, a 21 anni parte da Gaza per essere curata in un ospedale israeliano. Ha delle importanti ustioni. Il suo proposito è di entrare in un ospedale e farsi saltare in aria, uccidendo più bambini possibile. E’ bloccata al valico di Erez da guardie di confine che si insospettiscono per il suo nervosismo: le scoprono indosso un ordigno da più di 10 chilogrammi di esplosivo. Arrestata nel 2005, subisce un processo e viene detenuta per sei anni. Sarà rilasciata nel 2011, assieme ad altri mille criminali, nell’ambito dell’accordo per la liberazione del caporale israeliano Gilad Shalit, sequestrato da Hamas nel 2006.
Si è fatta notare in queste settimane per aver esortato i suoi connazionali a sequestrare quanti più israeliani possibile. Ai bambini che sono andati a trovarla nella sua abitazione nel nord della Striscia ha raccomandato: «spero che seguiate il mio stesso percorso e che – con l’aiuto di Allah – molti di voi abbiano successo come martiri». Ma adesso che l’assemblea generale dell’ONU ha votato a larga maggioranza l’ingresso dell’autorità palestinese come stato osservatore non membro, la pace fa sicuramente un grosso passo in avanti…
Nella foto in alto: “Il mio sogno era diventare un martire. Credo nella morte. Volevo farmi saltare in aria in un ospedale, forse anche quello in cui sono stata poi curata, ma poichè lì molti arabi vengono a farsi curare ho deciso di andare in un altro…volevo uccidere 20, 50 ebrei….si, anche neonati o bambini” (il pensiero di Wafa al Bass, tornata a Gaza in cambio della liberazione di Gilad Shalit)
#1Emanuel Baroz
La belle histoire de Wafa Al-Bass
http://www.youtube.com/watch?v=aq9EkBZ6LmA
#2Diemme
E infatti quello scambio è stata un’idea infelice. Chiaramente Gilad Shalit meritava di essere salvato, ma quanti moriranno per questo?
#3Emanuel Baroz
è una domanda che ci poniamo in tanti. Purtroppo…
P.S. BENTORNATA!!!!! 😉
#4Diemme
Ma io non me ne sono mai andata, è che voi che col trasloco siete diventati meno facilmente raggiungibili.
Comunque grazie di cuore per l’accoglienza, non me l’aspettavo 😳
#5Emanuel Baroz
era il minimo! Beh, ora che ci hai ritrovato non sparire per altri mesi! 😉
#6Diemme
@Emanuel Baroz: tranquillo, magari dietro le quinte ma ci sono sempre: tu piuttosto, mi vieni a trovare qualche volta? 😉
#7Emanuel Baroz
ma io passo spesso da lì!!!!! 😉
#8Diemme
@Emanuel Baroz: intendevo dire che non ho uno straccio d’indirizzo a cui farti una comunicazione privata…
#9Emanuel Baroz
ho un indirizzo e-mail ma lo guardo poco…..ma sono su FB!!!! 😉
#10Fede
E’ chiaro che diventa difficile anche solo immaginare di negoziare, trattare o discutere con persone del genere.
Le “persone del genere” a cui mi riferisco sono quelle che declinano una religione fino all’estremismo, facendola diventare una mostruosita’ intollerabile.
Tanto da far trasformare una donna, naturalmente fonte di vita, in uno strumento di morte.
Le notizie da voi riportate sono praticamente ignorate dai grandi quotidiani nazionali, una ragione in più per continuare a leggervi con dedizione.