Hamas nomina il nuovo capo nel mezzo di una “guerra” contro l’Egitto
di Daniele Raineri
Ieri il gruppo palestinese Hamas ha scelto il suo nuovo “capo politico” con elezioni interne segrete al Cairo. Al momento in cui questo giornale va in stampa non c’è ancora la certezza, ma secondo numerose indiscrezioni l’incarico al vertice dell’organizzazione è di nuovo andato a Khaled Meshaal. Le elezioni per il vertice del gruppo palestinese avrebbero dovuto essere nell’aprile 2012, ma sono rimaste in uno strano stato di sospensione per un anno. Dopo essere scappato da Damasco nel gennaio 2012 – perché in rotta con gli ormai ex protettori dentro il governo siriano – Meshaal era considerato politicamente morto: aveva anche già annunciato che il suo compito era finito e che non si sarebbe più ripresentato per il posto di leader. Il favorito era il suo sfidante, il capo del governo nella Striscia, Ismail Haniyeh, che può ricevere capi di governo in pompa magna a Gaza City. Poi la guerra contro Israele nel novembre 2012 ha sparigliato la situazione, Meshaal da fuori Gaza ha negoziato a nome del gruppo, ha riacquistato importanza e ha fatto base in Qatar, il piccolo regno del Golfo ormai saldamente al centro della diplomazia regionale e anche oltre – due giorni fa pure il presidente afghano Hamid Karzai ha chiesto aiuto a Doha per negoziare la pace con i talebani. La vittoria di Meshaal, se sarà riconfermato, è la vittoria di Qatar, Egitto e Turchia, gli stati sponsor del gruppo palestinese che si contrappongono all’altro grande sponsor, l’Iran, che invece appoggia Haniyeh.
I due leader fanno parte di una delegazione del gruppo palestinese che è al Cairo da sabato, non solo per la fase finale delle “elezioni”, ma anche per una serie di incontri cruciali con i servizi segreti egiziani e con l’Ufficio del consiglio dei Fratelli musulmani, che è l’organo politico centrale del movimento islamista che governa l’Egitto – con la mediazione di un partito-facciata. Il gruppo palestinese negli ultimi mesi è stato messo sotto pressione, soprattutto da parte del governo del Cairo. Se credeva di trovare una sponda in Mohammed Morsi, il presidente e Fratello musulmano, si è dovuto ricredere. Hussein Ibish, su Newsweek, parla di “desengaño” di Hamas nei confronti dell’Egitto: è una parola spagnola che indica un misto di delusione, disperazione e disillusione, dovuti al fatto che quasi nulla sembra cambiato rispetto ai tempi di Hosni Mubarak. Il valico di Rafah è ancora chiuso e i palestinesi hanno bisogno di un permesso speciale per varcarlo. L’esercito egiziano ha preso di mira i tunnel del contrabbando – essenziali per l’economia della Striscia – e li sta rendendo inservibili, pompando dentro acqua di fogna: ne ha già chiusi più di settanta con effetti disastrosi sulle tasche dell’establishment di Gaza, in larga parte connesso a Hamas.
La stampa egiziana ha lanciato una campagna aggressiva contro il gruppo palestinese, una “guerra fredda” secondo alcuni osservatori, tanto che a metà marzo uno dei suoi portavoce, Abu Ubayda, ha annunciato una querela contro il quotidiano al Ahram – che accusa tre uomini di Hamas di essere legati all’attacco contro una base militare nel Sinai in cui nell’agosto 2012 morirono sedici soldati egiziani. Un altro quotidiano arabo, al Quds al Arabi, ha scritto che un gruppo di operativi di Hamas è stato arrestato al Cairo con mappe e materiale che lasciava pensare alla preparazione di altri attacchi contro bersagli egiziani
La scorsa settimana i militari egiziani hanno catturato “25 terroristi” nel Sinai, con armi, esplosivo e telefoni satellitari, e tra loro c’erano anche uomini di Hamas – dopo il sequestro da parte delle autorità di un largo quantitativo dello stesso tessuto mimetico usato dall’esercito egiziano e in viaggio verso la Striscia. Il sospetto è che sarebbe stato usato per confezionare finte uniformi da usare nei prossimi attacchi.
Per questa settimana sono attese le conclusioni dell’indagine sulla strage dell’agosto 2012: se stabilissero davvero qualche legame tra gli aggressori e Hamas, la guerra fredda tra Egitto e palestinesi toccherebbe il suo punto più grave – per ora. Le stesse elezioni di ieri al Cairo sono state in forse fino all’ultimo, perché considerato il clima di frizione si riteneva più opportuno spostarle in Qatar. Anche nel dopo Mubarak, la sicurezza e le questioni militari sono appalto dell’esercito, e non del governo dei Fratelli musulmani, che in ogni caso non vuole esporsi troppo con la Striscia di Gaza. Ora l’elezione di Meshaal va in direzione di un accordo futuro con Fatah, il partito che controlla l’Autorità nazionale palestinese, ma non di una “moderazione” del gruppo.
(Fonte: Il Foglio, 2 aprile 2013)
Nella foto in alto: Khaled Meshaal e Ismail Haniyeh durante una manifestazione del Dicembre scorso