Siria: Iran minaccia Israele, possibile liberare Golan
Vice capo stato maggiore, presto cambiamenti nella regione
Beirut (Libano), 18 Maggio 2013 – (ANSAmed) – L’Iran, principale alleato del regime siriano e degli Hezbollah libanesi, è tornato oggi a minacciare Israele affermando che “la liberazione delle Alture del Golan non è impossibile”. Lo ha detto il vice capo di Stato maggiore iraniano, generale Massud Jazayeri, alla tv al Manar degli Hezbollah.
“Da un punto di vista militare non è impossibile liberare il Golan”, ha detto oggi il vice capo di Stato maggiore iraniano il generale Massud Jazayeri, interpellato dalla tv al Manar degli Hezbollah. “Nei prossimi mesi potremmo assistere a mutamenti cruciali e potremmo vedere la nascita di una nuova Siria”, ha detto Jazayeri. “La nuova Siria – ha proseguito – lancerà una resistenza contro il nemico (Israele) e porterà un messaggio di stabilità ai Paesi della regione”.
L’altopiano siriano è stato occupato (conquistato sarebbe la parola più adatta visto che fu una guerra di aggressione da parte dei paesi confinanti contro lo Stato di Israele che si salvò dalla distruzione totale, ma questo all’ANSA non lo riescono proprio a dire…) da Israele nel 1967 ma dopo la guerra del 1973 a Damasco non si sono più impegnati militarmente per riconquistare i territori persi durante ilconflitto. Per salvare il regime siriano alle prese con una rivolta interna (rivolta?! Ma….è in corso una sanguinosa GUERRA CIVILE e ancora la chiamano rivolta?! Bah…), l’Iran e il suo alleato Hezbollah hanno rilanciato di recente la retorica della “liberazione del Golan”.
(Fonte: ANSAmed, 18 Maggio 2013)
Nella foto in alto: osservatori ONU mentre “controllano” le alture del Golan….e nel frattempo dalla Siria arrivano missili…
#1Emanuel Baroz
Chi c’è veramente dietro al conflitto in Siria
di Noemi Cabitza
Negli ultimi giorni, dopo i legittimi raid aerei israeliani sulla Siria per impedire che armi tecnologicamente avanzate finissero in mano a Hezbollah, i complottisti e gli ipocriti di tutto il mondo si sono scatenati nelle più assurde ipotesi sul coinvolgimento di Israele nel conflitto siriano. Ma chi e cosa c’è veramente dietro al conflitto in Siria? A rivelarcelo sono alcuni giornali arabi che pubblicano documenti ufficiali del Governo del Qatar sottratti da alcuni hacker filo-Assad, documenti dei quali è stata appurata la veridicità.
Premessa: a pubblicare i documenti sono stati i giornali arabi Al-Akhbar e Ajel i quali affermano che sono venuti in possesso di tali importanti documenti attraverso un gruppo di hacker filo-Assad che li hanno sottratti direttamente al Governo del Qatar. Da questi documenti si evince chiaramente il ruolo del Qatar e della Turchia nelle cosiddette “primavere arabe” e i particolare si capisce il ruolo effettivo dei Fratelli Musulmani nelle rivolte in Libia, in Tunisia, in quelle mancate in Giordania e in quelle in Siria. Per oggi non ci interesseremo dei clamorosi retroscena che riguardano la Libia, la Tunisia e la Giordania (lo faremo in seguito) ma ci concentreremo solo sulla Siria. Questo per capire chi c’è effettivamente dietro alla guerra siriana e per smentire qualsiasi coinvolgimento di Israele in questo conflitto. In particolare ci concentreremo su due incontri. Il primo tra il Primo Ministro del Qatar, lo sceicco Hamad bin Jassim (da non confondersi con l’Emiro del Qatar, Hamad bin Jassim bin Hamad Al Thani) e ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu. Il secondo invece tra lo sceicco del Qatar, Hamad bin Jassim bin Hamad Al Thani, e sempre il Ministro degli Esteri turco.
Nel primo documento datato domenica 13 marzo 2011 (due giorni dopo inizieranno le proteste in Siria) viene riportato il verbale di un colloquio tra lo sceicco Hamad bin Jassim e il Ministro degli Esteri turco. Il colloquio parte dalla situazione in Libia ma finisce per andare pesantemente sulla Siria. I due uomini politici si domandano perché la Siria si sia opposta all’istituzione di una No Fly Zone sulla Libia proposta dalla Francia. Il Ministro degli esteri del Qatar rivela quindi a quello turco di aver parlato con il Ministro degli esteri dell’Arabia Saudita (Saud al-Faisal) e con quello degli Emirati Arabi Uniti (Abdullah Bin Zayed) in merito alla situazione in Libia e (nota bene) sul comportamento assunto da Assad, un comportamento che gli arabi hanno definito “pericoloso per i loro piani e interessi” (qui si parla anche dell’Egitto, ma come detto ne parleremo in altra occasione). Alla fine si arriva alla conclusione che “non sarebbe male se anche Assad facesse la fine di Gheddafi (che ancora era al potere ma in chiara difficoltà)”. Infine i due decidono di formare un comitato arabo-turco che coordini gli interventi in Libia, in Egitto e in Siria. Da notare che la Siria ancora era relativamente tranquilla quindi allora era incomprensibile questo interesse arabo-turco sul regime di Assad.
Ci spiega qualcosa di più il verbale del secondo incontro tra l’Emiro del Qatar e il Ministro degli Esteri Turco. Il verbale è datato martedì 25 ottobre 2011. La guerra civile in Siria era già cominciata e Assad aveva già compiuto i primi massacri. Dopo i convenevoli (una proposta di aiuto alla Turchia dal Qatar in merito al terremoto che aveva colpito la città di Van appena due giorni prima) si passa direttamente alla questione siriana. I due fanno il quadro della situazione regionale e il Ministro degli Esteri Turco fa notare allo sceicco del Qatar che Iraq e Siria sono in mano agli sciiti (Iran), che la più grande nazione sunnita (l’Egitto) ha grossi problemi interni e che la Libia e la Tunisia sono nel caos. Lo sceicco Hamad bin Jassim bin Hamad Al Thani concorda con il Ministro turco ma aggiunge che (nota bene) “occorre dare tempo alla Fratellanza Musulmana di mettere a posto le cose e se Turchia e Paesi arabi lavoreranno insieme tutto sarà più facile”. Poi lo sceicco del Qatar ragguaglia il Ministro degli Esteri turco su una riunione della Lega Araba svoltasi pochi giorni prima durante la quale sono emerse le divisioni su quello che stava avvenendo in Siria, divisioni tra l’Iraq (sciita e che sostiene la Siria oltre che a essere la rappresentanza iraniana in seno alla Lega Araba) e gli Emirati Arabi Uniti che invece sostenevano la necessità di “abbattere Assad”. I due uomini politici concordano quindi che “il problema Assad deve essere risolto”. Il discorso poi scivola sulle tante bugie di Assad. «Aveva detto (Assad n.d.r.) che sarebbe andato a parlare con l’opposizione – dice il ministro degli Esteri Turco – aveva anche detto che avrebbe ritirato l’esercito da Hama, Homs e Daraa permettendo alla stampa di entrare e vedere cosa è successo, ma invece di mantenere la parola data ha attaccato Lakatia». A quel punto il discorso tra i due si fa interessante. Paragonando la Siria a quello che è accaduto in Libia, il Ministro degli Esteri turco afferma che: «la situazione in Libia era diversa, l’intervento era giustificato dall’Onu e dalla Lega Araba. In Siria è diverso. Noi (la Turchia n.d.r.) non permetteremo l’intervento di un Paese non musulmano. Dovranno essere i musulmani a intervenire a fianco della resistenza e se necessario direttamente. L’Iran farà una forte opposizione e farà di tutto per impedire la caduta di Assad, ma se siamo uniti e lavoreremo insieme il regime Alawita non avrà scampo». Poi aggiunge: «dobbiamo mandare un messaggio chiaro a tutti. Non permetteremo una nuova situazione libica in Siria. Dobbiamo parlare con i cinesi e con i Russi. In particolare dobbiamo garantire a Mosca che i loro interessi in Siria (la base navale di Tartus n.d.r.) non verranno compromessi. Con l’Iran ce la vedremo noi». Poi i due parlano di quanti Paesi arabi sosterranno la loro posizione, così emerge che l’Algeria era inizialmente al fianco di Assad ma che con un “apposito intervento del Qatar e dell’Arabia Saudita” aveva cambiato opinione e appoggiava gli insorti. Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Marocco, Egitto e Giordania appoggiavano il “piano turco-arabo”. In quel frangente emerge anche il nome di chi potrebbe sostituire Assad per un governo di transizione in Siria, cioè Walid Muallem (loro parlano solo di Muallem ma che chiaro che si riferiscono al Ministro degli Esteri siriano).
Sorvoliamo su alcune frasi agghiaccianti formulate dai due (per esempio il Governo turco si preoccupava del fatto che Assad sparasse sulle moschee di Lakatia ma se ne infischiava allegramente delle stragi e delle migliaia di morti), quello che appare evidente (anche in tempi non sospetti) è che sin da prima dell’inizio della rivolta in Siria, Turchia e Qatar (con l’appoggio dell’Arabia Saudita) pianificano la caduta del regime di Assad e che anche successivamente hanno fattivamente collaborato per sostenere la rivolta.
Si mettano quindi il cuore in pace il folto gruppo di complottisti e di ipocriti. La guerra in Siria è una faccenda tutta interna agli equilibri del mondo musulmano e Israele non c’entra niente. L’unica cosa che fa (e farà) Israele è garantire la sicurezza dei propri cittadini impedendo che armi di distruzione di massa finiscano a Hezbollah.
http://www.rightsreporter.org/chi-ce-veramente-dietro-al-conflitto-in-siria-report/
#2Emanuel Baroz
Siria: i dilemmi di Obama
di Adrian Niscemi
Il Presidente Barack Obama si appresterebbe ad autorizzare la consegna di “armi letali” ai ribelli siriani. Lo riferiscono fonti della Casa Bianca al Washington Post. E’ stato lo stesso Obama a far capire che qualcosa sta cambiando in una conferenza stampa tenutasi ieri alla Casa Bianca.
Secondo quanto si apprende i ribelli siriani avrebbero chiesto agli Stati Uniti una fornitura di armi anticarro e missili antiaerei da spalla. Ieri il Presidente Obama ne avrebbe parlato con Putin, da sempre contrario a interventi esterni in Siria, ma se venisse provato che il regime siriano ha usato armi chimiche, come sembra, anche Putin dovrebbe arrendersi.
Il problema che però deve affrontare Obama è quello della composizione dei gruppi ribelli e della forte infiltrazione di elementi quaedisti al loro interno. La possibilità che le armi eventualmente fornite dagli Stati Uniti finiscano in mani sbagliate è infatti molto alta e questo è un rischio che Obama non vuole correre.
Secondo un alto funzionario della Casa Bianca che ha parlato al Washington Post in condizione di anonimato, il Presidente Obama starebbe valutando anche altre soluzioni tra le quali l’istituzione di una “no fly zone” e alcuni “interventi diretti mirati”. Questo eviterebbe di consegnare armi altamente tecnologiche ai ribelli siriani ma esporrebbe gli Stati Uniti a quei pericoli che comporta un intervento diretto in un conflitto. Per questo l’amministrazione americana guarda con interesse alle mosse del comandante in capo del Syrian Free Army, il Gen. Salim Idriss, il quale ha positivamente impressionato sia gli USA che gli alleati europei. In una riunione tenutasi la scorsa settimana a Istanbul, in Turchia, il Gen. Idriss avrebbe fornito sufficienti garanzie che le armi eventualmente inviate ai ribelli siriani non finiranno in mano dei gruppi estremisti. Ma il rischio rimane comunque molto alto.
Le armi chimiche
Sembra ormai appurato con certezza che il regime siriano abbia usato le armi chimiche contro i ribelli, quello che ancora non è chiaro è se alcune di quelle armi siano finite anche in mano di qualche gruppo ribelle. Il regime siriano continua ad accusare i ribelli di aver usato i gas nervini in almeno due occasioni. Secondo fonti di intelligence israeliane ci sarebbe la seria possibilità che un deposito di gas nervino di tipo Sarin sia effettivamente caduto in mano ribelle, fatto questo che complicherebbe terribilmente la situazione, specie perché si teme che i ribelli in possesso di armi chimiche facciano parte dei gruppi estremisti e non del Syrian Free Army. Le armi chimiche rischiano di internazionalizzare il conflitto. Israele monitora continuamente i depositi di queste armi nel timore che il regime siriano cerchi di trasferirle ad Hezbollah. Già in una occasione la consegna di armi chimiche al gruppo terrorista libanese sarebbe stata sventata con un attacco aereo, ma è molto probabile che ci riprovino e in quel caso un intervento diretto israeliano sarebbe inevitabile. Anche la Turchia ha le antenne alzate e ha posizionato batterie di Patriot lungo il confine con la Siria.
Le prossime mosse di Obama
Il Presidente Obama fino ad aggi è sempre rimasto molto cauto su un intervento americano in Siria, ma la situazione sta lentamente mutando. Nel giro di pochi mesi si è passati dalla fornitura di medicinali e aiuti umanitari ai ribelli alla consegna di giubbotti antiproiettile e di visori notturni. Adesso si parla della consegna di armi letali e tecnologicamente avanzate. Nella riunione delle scorsa settimana la Turchia e la Gran Bretagna hanno chiesto al Segretario di Stato americano, John Kerry, che gli Stati Uniti scendessero in campo in maniera più decisa. La stessa richiesta è stata avanzata direttamente a Obama dall’emiro del Qatar, Hamad bin Khalifa al-Thani, e dal Re di Giordania, Abdullah. A metà maggio arriverà a Washington il premier turco Erdogan ed è probabile che anche lui farà la stessa richiesta al Presidente americano. Tuttavia Obama rimane molto cauto. Prima vuole la certezza matematica che il regime siriano abbia effettivamente usato le armi chimiche. Sugli Stati Uniti pesa ancora lo scandalo delle armi di distruzione di massa mai ritrovate in Iraq.
Iran ed Hezbollah
In questo contesto molto variegato e confuso gli unici che sembrano essere a proprio agio sono l’Iran ed Hezbollah. Da mesi forze militari iraniane sono presenti in Siria e, secondo il Mossad israeliano, sarebbero proprio loro ad essere incaricate della custodia delle armi chimiche. Hezbollah dal canto suo è direttamente coinvolto nel conflitto e ha approfittato della situazione per stringere ancora di più i suoi tentacoli sul Libano a costo di portare il Paese del cedri sull’orlo della guerra civile. Non è nemmeno da sottovalutare il fatto che con la comunità internazionale concentrata sulla Siria (in particolare gli USA), l’Iran possa portare avanti con una certa tranquillità il suo programma nucleare. Se poi ci fosse un intervento diretto di USA e Israele nel conflitto siriano, i benefici per l’Iran e per Hezbollah sarebbero immensi. Teheran guadagnerebbe mesi e mesi.
Da questo quadro, seppure riduttivo, si può capire come non sia facile per il Presidente Obama decidere il da farsi. Qualsiasi decisione prenda potrebbe essere positiva da un lato e pericolosissima dall’altro. Fornire armi ai ribelli potrebbe evitare un intervento diretto degli USA nel conflitto ma c’è il rischio altissimo che tali armi finiscano in mano agli estremisti islamici. Se invece interviene direttamente a beneficiarne sarebbe l’Iran che guadagnerebbe tempo prezioso nella corsa al nucleare. Davvero un bel dilemma.
http://www.rightsreporter.org/siria-i-dilemmi-di-obama-analisi/
#3Emanuel Baroz
Missili S-300 alla Siria: Gerusalemme, abbiamo un problema
di Sarah F.
La Russia è determinata a vendere i missili S-300 alla Siria. Lo ha detto ieri il Ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, il quale ha precisato che Mosca mantiene così un impegno preso in precedenza con la Siria nell’ambito degli accordi sulla base militare di Tartus.
Non è quindi servito il viaggio di Netanyahu a Mosca volto a far desistere i russi dal consegnare missili S-300 alla Siria. Questa volta, a differenza di quanto successe in una analoga situazione con l’Iran, la Russia non ha voluto sentire ragioni.
L’S-300 è considerato uno dei più precisi e potenti missili antiaerei oggi sul mercato. I suoi radar sono in grado di inseguire circa 100 bersagli, potendone ingaggiare 12. Israele teme che questo potentissimo sistema d’arma possa finire nelle mani di Hezbollah. Qualche giorno fa lo stesso leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, aveva annunciato che il gruppo terrorista avrebbe avuto dalla Siria alcuni sistemi di arma che avrebbero cambiato gli equilibri di forza nella regione. La intelligence israeliana ritiene che si riferisse anche ai missili S-300 oltre che ai Fateh 110 già distrutti (in parte) la settimana scorsa con un raid vicino a Damasco.
A Gerusalemme hanno quindi un problema. Ne hanno parlato ieri il Ministro della Difesa israeliano, Moshe Ya’alon, e il capo della CIA, John Brennan, che si trovava in visita in Israele. Secondo voci non confermate i due avrebbero parlato dell’ipotesi di individuare e distruggere i missili S-300 prima che finiscano nelle mani di Hezbollah. I problemi pratici però sono tanti e in ogni caso bisognerebbe usare aerei invisibili i quali non potrebbero essere ingaggiati nemmeno dagli S-300. Prima di tutto non è chiaro se la Siria sia già in possesso di questo sistema d’arma. A giudicare dalla facilità con cui la settimana scorsa si è condotto il raid aereo che ha distrutto una partita di armi destinata a Hezbollah, sembrerebbe di no. E poi c’è il problema della loro individuazione che non sarà affatto facile. Israele ha satelliti molto potenti che riescono a “vedere” anche in condizioni di maltempo, ma se gli americani mettessero a disposizione anche qualcuno dei loro satelliti si potrebbe coprire tutta la Siria.
Il Premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ancora l’atro ieri ha ribadito che Israele farà “quanto necessario per impedire che sistemi d’arma avanzati finiscano in mano a Hezbollah” e ancora più duro è stato il Ministro della Difesa, Moshe Ya’alon, il quale ha detto che in caso di rappresaglia siriana “il regime di Assad sarebbe stato in serio pericolo”.
http://www.rightsreporter.org/missili-s-300-alla-siria-gerusalemme-abbiamo-un-problema/
#4Emanuel Baroz
Israele – Siria: la sinistra ipocrita e antisemita mostra il suo vero volto
di Sharon Levi
E’ imbarazzante il comportamento che una certa sinistra pacivendola e una certa stampa di sinistra tiene nei confronti della Siria specie se confrontato a quello tenuto nei confronti di Israele. Intendiamoci, quello che seguirà non vuole essere una lamentela, ci siamo abituati a questo comportamento, voglio solo mettere in evidenza alcuni fatti che la sinistra anti-israeliana tende volontariamente ad omettere o distorcere. Insomma , nessuna lagnanza, è solo una elencazione nuda e cruda dei fatti.
Partiamo dalla cosa più evidente, cioè dalla tragedia siriana nel suo complesso. Da quando è iniziata la rivolta in Siria ci sono stati oltre 80.000 morti (ma il numero è certamente in difetto). Avete mai visto la sinistra pacivendola scendere in piazza? Avete mai visto manifestazioni contro il massacro immane perpetrato da Assad? E qualche flotilla di aiuti umanitari diretta in Siria invece che a Gaza? Avete mai sentito prese di posizione da parte dei cosiddetti “intellettuali di sinistra” come Vauro e tanti altri, contro il massacro e contro l’interferenza esterna di Iran ed Hezbollah? C’è stata qualche protesta contro la Russia che fornisce armi altamente letali alla Siria? Niente di tutto questo. Provate a pensare cosa sarebbe successo se a interferie nella vicenda siriana fossero stati gli israeliani o gli Stati Uniti. Sarebbe successo il finimondo, ne abbiamo avuto un esempio con il raid israeliano che ha colpito (giustamente) i missili siriani diretti a Hezbollah(http://www.rightsreporter.org/siria-israele-bombarda-ancora-un-convoglio-di-missili-dura-risposta-da-damasco/).
Ma la cosa che più di tutto mostra l’ipocrisia della sinistra pacifista a corrente alternata (appunto, pacivendola [http://www.rightsreporter.org/pacifisti-e-pacivendoli/]) e filo-palestinese fino all’estremismo, è il silenzio sui morti palestinesi in Siria. Secondo il sito arabo “Al Qassam”(http://www.qassam.ps/news-6996-1287_Palestinian_martyrs_since_start_of_the_Syrian_revolution.html), che poi è il sito ufficiale della Brigate Ezzedeen Al-Qassam che fa capo ad Hamas, i morti palestinesi nella guerra in Siria sarebbero 1.287 (numero che anche questo è certamente in difetto). Avete sentito qualche parola di denuncia contro Assad? Avete visto manifestazioni contro la Siria? E un articolo di un giornale di sinistra che denunci il massacro dei tanto amati palestinesi lo avete visto? Nulla, silenzio assoluto. Ma se un palestinese inciampa su se stesso in Cisgiordania e magari si ferisce gli articoli contro i “cattivi israeliani” fioccano. Per assurdo, alcuni siti internet di sinistra e anti-israeliani prendono fotografie dei massacri in Siria e le attribuiscono a Israele. E’ una cosa che hanno sempre fatto, ma speculare sul massacro siriano è davvero infame.
Vogliamo poi parlare del fatto che nella guerra in Siria si scontrino due fazioni musulmane (sciiti e sunniti) e che quindi non sarebbe sbagliato parlare di “conflitto interno al mondo islamico” che mira a prendere il controllo di uno Stato fondamentale per gli equilibri del Medio Oriente? Avete mai visto scrivere qualcosa su questa realtà dalla stampa di sinistra? Nulla. In compenso fioccano articoli demenziali sul presunto coinvolgimento di Israele nel conflitto siriano. Come se Israele avesse bisogno di impegnarsi su un altro fronte. Demenzialità ipocrita ai massimi livelli.
Concludendo, nel ripetere che la mia non è assolutamente una lagnanza e che non mi aspetto un cambio di rotta da parte della sinistra pacivendola e ipocrita, quello che vorrei fosse evidenziato a coloro che non hanno gli occhi impregnati di antisemitismo, è come i media sinistri usino per Siria e Israele due pesi e due misure talmente evidenti che parlare di volontarietà è un eufemismo, è una vera azione criminale che esula dal Diritto di cronaca e sfocia nell’odio razziale viscerale.
http://www.rightsreporter.org/israele-siria-la-sinistra-ipocrita-e-antisemita-mostra-il-suo-vero-volto/
#5Parvus
Potrebbero anche farlo, come mossa disperata per impedire che la Siria cada nelle mani dei Salafiti. Se lo facessero, potrebbe per Israele essere la vittoria decisiva che spazzi via le ultime illusioni arabo-islamiche di poter spazzar via la patria degli ebrei.