Golpe militare in Egitto: deposto il presidente Morsi. Fermato capo Fratelli Musulmani

 
Emanuel Baroz
4 luglio 2013
5 commenti

Egitto: Mansour presidente ad interim. Scontri, fermato capo Fratelli musulmani

Morsi, deposto dal golpe militare, è trattenuto al ministero della Difesa, separato dal suo staff che rimane agli arresti domiciliari in un edificio militare. Nella notte disordini nelle principali città del Paese, 14 morti. Ban ki-Moon: “Intervento militare preoccupante”

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Il Cairo, 4 Luglio 2013 – Il presidente della corte costituzionale egiziana, il giudice Adly Mansour, ha giurato come presidente ad interim dopo essere stato designato dai militari a succedere a Mohamed Morsi. Morsi, deposto dopo il golpe militare di ieri, è stato trasferito all’alba al ministero della Difesa, mentre tutto il suo staff rimane agli arresti in un edificio militare. Intanto, violenti scontri hanno avuto luogo nella notte in alcune delle principali città del Paese: secondo l’ultimo bilancio ufficiale, almeno 14 persone sono morte. L’arresto del primo presidente democraticamente eletto in Egitto rappresenta l’ultima tappa di una serie di misure prese dalle forze armate egiziane, che hanno anche chiesto l’arresto di 300 esponenti del movimento dei Fratelli Musulmani.

L’iniziativa dell’esercito, che ha sospeso la Costituzione e nominato Mansour capo di stato provvisorio, ha destato grande preoccupazione all’estero: il presidente degli Stati Uniti ha auspicato un pronto ritorno al potere delle autorità civili, ha chiesto di rivedere gli importanti aiuti militari Usa all’Egitto ed ha ordinato di evacuare l’ambasciata americana al Cairo. Da parte sua, l’Unione europea ha lanciato un appello per l’organizzazione di nuove elezioni presidenziali nel più breve tempo possibile. “L’interferenza militare nelle questioni di qualsiasi Stato è fonte di preoccupazione. Quindi sarà cruciale rafforzare velocemente il controllo civile in accordo con i principi della democrazia”, ha dichiarato un portavoce del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon.

Nella notte, intanto, un gruppo di sostenitori del presidente destituito ha attaccato un edificio delle forze di sicurezza nel nord del Paese. Sette di loro sono rimasti uccisi negli scontri con le forze dell’ordine a Marsa Matrouh e Alessandria, sulla costa mediterranea. Tre oppositori di Morsi, invece, hanno perso la vita in scontri con sostenitori dell’ex capo dello stato ad Al Minya.

Repubblica.it

Thanks to Progetto Dreyfus

Nella foto in alto: i festeggiamenti in piazza Tahrir alla notizia della caduta di Morsi

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  • #1Emanuel Baroz

    L’Egitto tra Scilla e Cariddi

    Alcuni commenti dalla stampa israeliana

    Scrive Ben-Dror Yemini, su Ma’ariv: «Non si è sentito parlare di un grande sostegno da parte della Casa Bianca per i manifestanti in Egitto. Come mai non meritano sostegno? Come mai Mohammed Morsi non merita lo stesso trattamento che fu riservato al suo predecessore Hosni Mubarak?». Secondo l’editorialista, «gli Stati Uniti hanno un problema: il denominatore comune dei sostenitori dell’attuale regime islamista egiziano e dei suoi avversari è l’odio per Stati Uniti e Israele». L’editoriale esorta l’Occidente a parlare con chiarezza al mondo islamico dicendo: «Siete voi i primi responsabili per la vostra difficile situazione. Smettetela di dare la colpa a tutto il mondo, all’Occidente, ai capitalisti, agli ebrei. Finché continuerete con questo auto-inganno, finché non assimilerete che eguaglianza, diritti fondamentali, tolleranza e diritti delle donne non sono “valori occidentali” ma valori universali, non cambierà nulla».
    (Da: Ma’ariv, 1.7.13)

    Scrive il Jerusalem Post che «la posizione di Morsi a un anno dalla sua salita al potere appare precaria quanto era quella di Mubarak poco prima della sua estromissione. Il futuro di Morsi dipende ora da un jolly: la reazione dei militari. La sorte del presidente, come quella di Mubarak prima di lui, dipende completamente dai militari. Ma diversamente da Mubarak, Morsi non gode di uno stretto rapporto con l’esercito».
    (Da: Jerusalem Post, 1.7.13)

    Scrive Mira Tzoref, su Yediot Aharonot: «In questo momento l’esercito è l’unico organismo in grado di ristabilire l’ordine, ma Morsi non si arrenderà così in fretta». L’editorialista chiede a Israele di stare a guardare aspettando a bordo campo, e conclude: «Il fatto che in piazza Tahrir vengono bruciate bandiere israeliane non è una ragione sufficiente perché Israele debba prendere posizione».
    (Da: Yediot Aharonot, 2.7.13)

    Scrive Boaz Bismout, su Yisrael Hayom: «Per come appaiono ora le cose, dopo l’ultimatum dei militari, gli egiziani laici – assistiti dai militari – sono avviati a spodestare i Fratelli Musulmani. L’Egitto di oggi è una nazione di 85 milioni di persone che hanno bisogno di pane, denaro e di una direzione. Una sostanziosa percentuale dei 17 milioni di protestatari che hanno invaso le strade non ha in effetti molto da perdere. La prospettiva di nuove elezioni deve ancora fare la sua comparsa e le loro istituzioni di governo non sono in grado di funzionare. L’esercito invece ha qualcosa da perdere: i suoi rapporti con l’Occidente, la sua autorità, la sua forza e, cosa più importante, la ricchezza che ha conseguito durante l’era Mubarak. Tutto questo è in pericolo sotto Morsi. L’Egitto ha davanti giorni duri. L’economia va a rotoli e il paese farà fatica a reggersi senza riforme drastiche e difficili. L’esercito preferirebbe lasciare l’ingrato compito a un governo laico di transizione. Solo un anno fa i laici guardavano pieni di rabbia la cerimonia di giuramento di Morsi convinti che i Fratelli Musulmani avessero scippato la loro rivoluzione. Oggi i Fratelli gridano che i laici, con l’aiuto dei militari, stanno scippando la loro vittoria elettorale. Hanno ragione entrambi. Oggi l’Egitto è un paese diviso ed è ragionevole supporre che gli estremisti religiosi non hanno ancora detto la loro ultima parola. Senza dimenticare che la rivoluzione di Tahrir ha rafforzato anche i salafiti. Il grande quesito è come i militari potranno spodestare i Fratelli Musulmani senza un bagno di sangue per le strade. I Fratelli Musulmani hanno aspettato 84 anni per conquistare il governo e in un anno hanno mostrato quanto poco funzioni la loro formula magica “l’islam è la soluzione”. L’Egitto è alla ricerca di un nuovo leader, e oggi sono ammessi solo candidati senza barbe lunghe».
    (Da: Yisrael Hayom, 2.7.13)

    Amir Rappaport, su Ma’ariv, cita valutazioni israeliane secondo cui al presidente Morsi e al suo regime islamista non resta più di un anno, una volta che «la gente ha capito che il Corano non può risolvere problemi come la disoccupazione e la fame». Secondo l’editorialista, la caduta del regime egiziano si riverbererebbe in tutta la regione: «L’establishment della difesa stima che la regione continuerà ad essere molto instabile per almeno cinque-dieci anni». Per quanto riguarda un cambiamento di regime in Egitto considerato dal punto di vista di Israele, «da un lato il fallimento del tentativo di governare della Fratellanza Musulmana egiziana è positivo, a lungo termine, perché l’ideologia intransigente della Fratellanza mette in pericolo il trattato di pace con Israele. D’altra parte, le notizie dall’Egitto non sono positive, a breve termine, giacché il regime di Morsi era diventato un fattore di relativa stabilità nei confronti della striscia di Gaza e del controllo del Sinai».
    (Da: Ma’ariv, 2.7.13)

    Scrive Ruthie Blum, su Israel HaYom: «Nulla suggerisce che le manifestazioni di massa in piazza Tahrir contro il presidente Morsi dimostrino una “fame di democrazia” maggiore rispetto a quelle del 2011 che portarono alla cacciata di Hosni Mubarak. Il che non vuol dire che il popolo egiziano non abbia fame. Al contrario, le sue condizioni economiche, già spaventose durante il regime autocratico di Mubarak, hanno continuato a peggiorare sotto i Fratelli Musulmani. Ed è questa la ragione che meglio spiega perché milioni di egiziani di ogni ceto sociale sono scesi in strada per un altro colpo di stato. In realtà, le somiglianze tra la “rivoluzione” di oggi e quella di due anni fa sono così impressionanti che basta fare un taglia-e-incolla di titoli e commenti per avere un deja vu. L’unica differenza, questa volta, è che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama non chiede a Morsi di dimettersi, mentre due anni fa si era schierato con i manifestanti contro Mubarak». Secondo l’editorialista, «quello che lascia di stucco è vedere come, ancora una volta, molti opinionisti moderati, anche negli Stati Uniti e in Israele, osservino gli eventi in Egitto con un occhio ottimista circa il “desiderio” di libertà degli egiziani. In realtà quello che vogliono è innanzitutto da mangiare e un impiego. E poi ciascun gruppo di interesse – a parte i cristiani copti, che sono stati e continueranno a essere maltrattati da tutti – quello che vuole è che la sua cricca abbia la sua fetta di potere per ridurre la libertà di tutti gli altri. Non prendiamoci in giro: qualunque sarà il destino di Morsi, una cosa che non è all’orizzonte in Egitto è una democrazia filo-occidentale, o una democrazia di qualsiasi tipo».
    (Da: Yisrael Hayom, 2.7.13)

    http://www.israele.net/articolo,3774.htm

    4 Lug 2013, 11:21 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    04/07/2013 Egitto. I militari hanno deposto mercoledì sera il presidente islamista Mohamed Morsi, lo hanno sostituito con il giudice capo della Corte Suprema Costituzionale, hanno sospeso la costituzione sostenuta dagli islamisti e hanno sollecitato elezioni presidenziali anticipate. Il Capo di stato maggiore, Abdel-Fattah al-Sisi, in un discorso televisivo alla nazione, ha detto che verrà varato un governo di tecnocrati che governi il paese per un periodo di transizione che non ha specificato. Sisi ha inoltre parlato della creazione di un comitato incaricato di rivedere la costituzione e di una commissione di riconciliazione nazionale che comprenderà anche i movimenti giovanili. Ha detto che questa “road map” è stata concordata con una serie di gruppi politici. Le massime autorità religiose musulmani e cristiane copte sono si sono espresse a sostegno della “road map” dei militari.

    04/07/2013 Egitto. Secondo il sito web di Al-Ahram, forze militari si sono schierate mercoledì sera al Cairo per tenere divisi dimostranti pro-Morsi nella moschea di Rabaa al-Adwaya e manifestanti anti-Morsi distribuiti davanti al quartier generale della Guardia Presidenziale. Forze dell’esercito sono schierate anche in altre città del paese.

    04/07/2013 Egitto. L’esercito avrebbe vietato di lasciare il paese al presidente Mohamed Morsi e ad altri importanti esponenti dei Fratelli Musulmani. Lo ha detto mercoledì un funzionario della sicurezza egiziana secondo il quale la direttiva dell’esercito sarebbe ufficialmente legata a un’indagine in corso su un’evasione durante i tumulti del 2011 contro il presidente Hosni Mubarak, durante la quale Mohamed Morsi e altri fuggirono dal carcere.

    04/07/2013 Egitto. Un consigliere per la sicurezza nazionale del presidente egiziano Mohamed Morsi ha dichiarato mercoledì sera che nel paese è in corso un colpo di stato militare, aggiungendo che nessun colpo di stato militare può sperare di avere successo contro la resistenza popolare senza un grande bagno di sangue. Secondo il consigliere, il presidente Morsi avrebbe tuttavia fatto appello a tutti gli egiziani a resistere al colpo di stato in modo pacifico “senza usare la violenza”.

    04/07/2013 Egitto. Ayman Ali, portavoce di Mohamed Morsi, ha detto mercoledì pomeriggio alla Reuters che il presidente preferisce “morire in piedi come un albero” difendendo la legittimità elettorale del suo mandato piuttosto che passare alla storia come colui che ha distrutto le speranze di democrazia degli egiziani.

    04/07/2013 Egitto. Secondo fonti della sicurezza, militari con veicoli blindati avrebbero preso il controllo, mercoledì pomeriggio, degli studi centrali della televisione di stato egiziana al Cairo.

    04/07/2013 Siria/Egitto. Il regime di Damasco ha invitato mercoledì il presidente egiziano Mohamed Morsi a dimettersi a causa delle proteste di massa contro di lui. “Morsi deve capire che la maggior parte del suo popolo si rifiuta di riconoscerlo”, ha dichiarato il ministro della propaganda siriano, Omran a-Zoabi. Il mese scorso Morsi aveva ordinato l’interruzione dei rapporti diplomatici con il regime di Assad, impegnato da più di due anni in una sanguinosa guerra civile interna.

    04/07/2013 Approvato in prima lettura mercoledì dalla Knesset un disegno di legge contro ogni discriminazione degli studenti nelle scuole elementari e superiori sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere. La norma, proposta dal parlamentare dell’opposizione Dov Henin (Hadash) con il sostegno del governo, mira a prevenire danni sociali, verbali e fisici a danno di giovani gay. ”Stiamo facendo un passo importante verso l’eliminazione dell’omofobia – ha spiegato Henin – Le scuole sono il luogo dove la nuova generazione assorbe i valori e l’istruzione plasma i loro comportamenti futuri”. Il disegno di legge sarà ora discusso nella Commissione istruzione, cultura e sport della Knesset.

    04/07/2013 Mentre infuria la guerra civile in Siria e l’Egitto è sull’orlo del caos, il New York Times si è chiesto martedì se l’amministrazione Obama stia facendo la cosa giusta concentrandosi così tanto e proprio in questo momento sul processo di pace israelo-palestinese. ”Il conflitto israelo-palestinese – dice l’editoriale – un tempo simbolo forte e fonte di risentimento nel mondo arabo, è ormai un fatto quasi marginale in un Medio Oriente consumato da conflitti settari, miseria economica e, in Egitto, un leader eletto che si batte per la legittimità contro tanti del suo popolo”. E conclude: ”Con ben poca influenza sull’Egitto e profonda riluttanza a intervenire in Siria, probabilmente gli Stati Uniti vedono nel conflitto israelo-palestinese l’unico luogo dove possono ancora esercitare la propria influenza e magari anche produrre una svolta”.

    04/07/2013 Dopo un acceso dibattito, la Knesset in sessione plenaria ha approvato mercoledì in prima lettura il disegno di legge sulla forma di governo con 60 voti a favore e 44 contro. In base alla nuova legge il quorum minimo per l’elezione alla Knesset verrebbe elevato al 4%, e verrebbe ridotto il numero massimo di ministri a 18 e di vice ministri a quattro. Inoltre, il governo potrebbe rimanere in carica anche nel caso la Knesset non approvasse la legge di bilancio entro il 31 marzo di ogni anno, mentre le mozioni di sfiducia passerebbero con una maggioranza di 65 deputati (su 120), anziché solo 61 come ora.

    04/07/2013 “Abbiamo iniziato con i ‘cieli aperti’ (l’accordo con l’Unione Europea per la liberalizzazione delle rotte aeree commerciali), ora stiamo passando al ‘mare aperto’.” Lo ha detto mercoledì il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu presentando al governo la riforma dei porti marittimi. Netanyahu ha spiegato che le gare d’appalto per la costruzione di nuovi approdi, pietra angolare della riforma, hanno già suscitato molto interesse da parte di potenziali contraenti. “L’epoca del monopolio portuale è giunta al termine”, ha aggiunto Netanyahu.

    04/07/2013 In Israele i detenuti omosessuali avranno diritto a visite coniugali con i loro partner secondo le stesse condizioni riconosciute ai detenuti eterosessuali. Ne ha dato notizia mercoledì il Servizio Penitenziario israeliano.

    03/07/2013 “La nostra economia è corretta e responsabile, noi non ci facciamo guidare dal populismo. Israele continua ad affrontare coloro che vorrebbero distruggerlo: continueremo ad agire per difendere noi stessi”. Lo ha detto martedì il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in una conferenza di attivisti del partito Likud.

    03/07/2013 Egitto. La preoccupazione dei militari per il modo in cui il presidente Mohamed Morsi governa il paese avrebbe raggiunto il punto di non ritorno quando Morsi ha partecipato a un raduno pieno di integralisti islamici che invocavano la guerra santa in Siria. Lo hanno rivelato martedì fonti militari egiziane citate dalla Reuters. Lo scorso 15 giugno a un raduno di religiosi musulmani sunniti venne usata la parola ”infedeli” per denunciare sia gli sciiti che combattono a difesa del presidente siriano Bashar Assad, sia i non-islamisti egiziani che si oppongono a Morsi. Lo stesso Morsi fece appello a favore dell’intervento straniero in Siria contro Assad, il che portò a una presa di distanze appena velata da parte dell’esercito egiziano che, il giorno seguente, con una dichiarazione sottolineava come il suo unico compito sia quello di difendere le frontiere del paese.

    03/07/2013 Il vice primo ministro turco Besir Atalay, citato martedì dal quotidiano Hurriyet, ha accusato ”la diaspora ebraica” e ”potenze straniere” d’aver innescato i disordini che hanno colpito il paese nell’ultimo mese. Atalay ha anche accusato i mass-media internazionali d’aver svolto un ruolo importante nella ”cospirazione” e d’aver “ben guidato” le sommosse. “Vi sono alcuni circoli – ha detto il vice di Erdogan – che sono gelosi della crescita della Turchia. Ma coloro che cercano di bloccare il cammino della grande Turchia non avranno successo”. Martedì sera Atalay ha diffuso un comunicato in cui dice d’essere stato “intenzionalmente frainteso” dall’agenzia di stampa che ha riferito della sua conferenza a Kirikkale. Tuttavia, il video della conferenza nella quale pronuncia le parole citate è ancora ampiamente disponibile sui siti web turchi.

    03/07/2013 Egitto. Per il secondo giorno consecutivo il presidente egiziano Mohamed Morsi, insieme al primo ministro, ha incontrato martedì il capo delle forze armate. Lo ha comunicato l’ufficio del presidente. Il primo ministro Hisham Kandil era presente anche all’incontro di lunedì tra Morsi e Sisi.

    03/07/2013 In una dichiarazione diffusa martedì, le Forze di Difesa israeliane hanno detto che “l’attività militare egiziana nel Sinai è coordinata con le forze di sicurezza israeliane e autorizzata ai massimi livelli politici in Israele, allo scopo di far fronte alle minacce alla sicurezza nel Sinai che rappresentano un pericolo sia per Israele che per l’Egitto”. In base al Trattato di pace del 1979 tra Israele ed Egitto, il Cairo deve coordinare con Israele i suoi movimenti di truppe nel Sinai.

    03/07/2013 Egitto. La massima Corte d’appello egiziana ha confermato martedì la decisione di una corte inferiore sull’allontanamento del Procuratore generale Talaat Abdallah, nominato dal presidente egiziano Mohamed Morsi. Ne ha dato notizia l’agenzia di stampa statale MENA. La sentenza prescrive la rimozione del procuratore Abdallah e ordina il ripristino dell’ex procuratore Abdel Meguid Mahmoud. La nomina di Abdallah era stata duramente contestata dall’opposizione liberale, che lo accusava di faziosità e di aver approfittato della posizione per perseguire gli avversari politici del presidente, chiudendo un occhio sulle violazioni dei diritti umani.

    03/07/2013 Egitto. Il presidente Mohamed Morsi ha respinto martedì l’ultimatum delle forze armate volto a forzare una soluzione della crisi politica. Morsi ha detto di non essere stato consultato e che intende seguire i propri piani per la riconciliazione nazionale.

    03/07/2013 Un palestinese di 19 anni, cadetto dell’accademia militare dell’Autorità Palestinese, è morto per le ferite riportate nelle prime ore di martedì mattina durante violenti scontri con soldati israeliani in un villaggio a sud del Monte Hebron (Cisgiordania). Secondo le Forze di Difesa israeliane, l’incidente si è verificato quando un gruppo di palestinesi che lanciavano pietre e molotov ha cercato di salire a bordo di una jeep militare nonostante i ripetuti altolà dei soldati. E’ stata avviata un’inchiesta.

    03/07/2013 Egitto. Il ministro degli esteri Mohamed Kamel Amr ha presentato le dimissioni, portando ad almeno cinque il numero di ministri dimissionari a seguito delle proteste di massa di domenica. Ne ha dato notizia martedì l’agenzia di stampa statale Mena. Secondo l’agenzia di stampa turca Anatolia, oltre ai primi cinque si sarebbero dimessi anche il ministro del petrolio, il ministro delle finanze e il ministro della pianificazione.

    03/07/2013 I vicini della Siria stanno chiudendo molti valichi di frontiera lasciando decine di migliaia di siriani in fuga bloccati all’interno di pericolose regioni di frontiera. Lo ha detto lunedì Human Rights Watch che cita Iraq, Giordania e Turchia. Resta aperto solo il Libano, ha spiegato la ong, che ha un controllo limitato sui propri confini e ospita già oltre mezzo milione di profughi. A maggio, le autorità giordane hanno respinto migliaia di siriani bloccati alla frontiera. Da agosto 2012 le autorità irachene di Baghdad hanno fortemente limitato il numero di siriani autorizzati a entrare e i nuovi ingressi sono praticamente cessati da fine marzo. Il semi-autonomo governo regionale del Kurdistan iracheno ha chiuso la frontiera con la Siria a maggio e dalla metà di giugno è stato permesso l’ingresso solo ad alcuni profughi bisognosi di assistenza umanitaria d’emergenza. La Turchia sta bloccando migliaia di siriani a Bab al-Salam, ad Atma e presso altri valichi, consentendo solo sporadicamente l’attraversamento di piccoli gruppi dai campi all’interno della Siria. Tutte queste località di confine vengono periodicamente prese di mira da attacchi aerei del regime siriano.

    02/07/2013 Egitto. “Tutti respingono la dichiarazione delle forze armate”. Lo ha affermato lunedì, alla tv Al Jazeera, Yasser Hamza, membro del comitato legale del partito Libertà e Giustizia, espressone della Fratellanza Musulmana. “Le soluzione avverrà nel quadro della Costituzione – ha aggiunto Hamza – L’epoca dei colpi di stato militari è finita”. “La sicurezza nazionale dell’Egitto è minacciata dalla divisione tra gli islamisti al potere e i loro avversari – ha detto, al sito web del quotidiano Al-Ahram, Khaled Alam Eddin, membro del partito salafita al-Nour, la seconda formazione islamista egiziana – Ma noi temiamo un ritorno in grande stile dell’esercito nella vita pubblica”. Dal canto suo, il Fronte di Salvezza Nazionale, principale blocco dell’opposizione liberale e di sinistra, ha affermato lunedì che il comunicato dell’esercito non riflette il desiderio da parte dei militari di prendere il potere, ma anzi dimostra che l’esercito rispettata “i principi della democrazia e della volontà della nazione come fonte di potere”.

    02/07/2013 Egitto. Il presidente islamista Mohamed Morsi, accompagnato dal primo ministro, si è incontrato lunedì con il capo delle forze armate egiziane Abdel Fattah al-Sisi, stando a una dichiarazione comparsa sulla pagina Facebook ufficiale del presidente. La pagina è stata aggiornata dopo che il generale al-Sisi aveva diramato l’ultimatum con cui ingiunge a Morsi e ai suoi rivali politici di raggiungere un accordo di condivisione del potere entro 48 ore. Sulla pagina Facebook compare una fotografia di Morsi che sorride in compagnia di al-Sisi e del primo ministro Hisham Kandil, ma non è chiaro quando sia stata scattata.

    02/07/2013 Egitto. Sami Anan, consigliere militare del presidente egiziano Mohamed Morsi, ha presentato lunedì le sue dimissioni in segno di solidarietà con i manifestanti contro la Fratellanza Musulmana. Anan, già capo di stato maggiore sotto il deposto presidente Mubarak, ha invitato l’esercito egiziano a dare l’esempio e ad agire nel rispetto ”della volontà del popolo e delle sue legittime richieste”.

    02/07/2013 Egitto. Con un comunicato letto lunedì alla tv di stato, il capo delle forze armate egiziane Abdel Fattah al-Sisi ha dato ai politici 48 ore di tempo per rispondere alle richieste avanzate ”dal popolo egiziano”, minacciando che altrimenti i militari offriranno la loro propria ”road map per il futuro”. Nel comunicato, al-Sisi definisce ”una espressione senza precedenti della volontà popolare” le proteste di massa che domenica invocavano le dimissioni del presidente eletto un anno fa, l’islamista Mohamed Morsi.

    02/07/2013 “Sto ancora cercando l’importante ministro del Likud che rilascia dichiarazioni per conto mio”. Lo ha detto lunedì il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a proposito dell’anonimo membro del governo che nei giorni scorsi ha detto ad Ha’aretz quali concessioni territoriali sarebbe disposto a fare il primo ministro. “La tenda dei negoziati è ancora vuota – ha aggiunto Netanyahu – e io non credo molto a negoziati con me stesso. Ho fama d’essere un negoziatore piuttosto duro, e non ha alcun senso annunciare in anticipo quali potrebbero essere le nostre concessioni”.

    02/07/2013 Parlando della visita del segretario di stato Usa John Kerry a un incontro del partito laburista, la presidente dell’opposizione israeliana Shelly Yachimovich ha affermato: “Noi facciamo parte del campo nazionale che vuole uno stato ebraico e democratico, contrapposto a un gruppo che si adopera, volente o nolente, per uno stato bi-nazionale. Noi non è che aspettiamo Netanyahu dietro l’angolo, e di certo non ci rallegriamo delle sventure di nessuno: continuiamo a sostenere idealmente il primo ministro nel suo tentativo di arrivare a una soluzione e un accordo”.

    02/07/2013 Secondo testimoni oculari palestinesi ed egiziani citati dall’agenzia di stampa turca Anatolia, per la prima volta dopo anni una trentina di carri armati egiziani si sono schierati lunedì nei pressi del confine fra Sinai e striscia di Gaza. “Eravamo abituati a vedere solo dei blindati – ha detto uno dei testimoni – ma questa è la prima volte che abbiamo visto veri e propri carri armati”.

    02/07/2013 Egitto. Quattro ministri si sono dimessi lunedì dal governo, all’indomani delle grandi manifestazioni di massa che hanno chiesto le dimissioni del presidente Mohamed Morsi, eletto un anno fa. Sono il ministro del turismo Hisham Zaazou, il ministro per le comunicazione e la tecnologia dell’informazione Atef Helmi, il ministro per gli affari giuridici e parlamentari Hatem Bagato e il ministro per gli affari ambientali Khaled Abdel-Aal.

    02/07/2013 L’Arabia Saudita, nemico dichiarato del presidente siriano Bashar Assad, ha chiesto all’Unione Europea di armare senza indugio i ribelli siriani.

    02/07/2013 La sede al Cairo dei Fratelli Musulmani, abbandonata dai suoi occupanti, è stata invasa e saccheggiata da giovani manifestanti, lunedì, dopo una notte di violenze intorno all’edificio assediato costate la vita ad almeno 5 persone, stando a fonti della sicurezza egiziana. Fonti mediche hanno parlato di più di un centinaio di feriti. In tutto, secondo fonti del ministero della sanità egiziano citate dal giornale al-Youm al-Sabaa, dall’inizio delle recenti proteste contro il presidente Mohammed Morsi sarebbero almeno 16 le persone rimaste uccise in tutto il paese, e 900 ferite negli scontri tra manifestanti pro e contro Morsi.

    02/07/2013 Siria. Secondo un portavoce dell’opposizione, vi sarebbero attualmente 60.000 stranieri entrati in Siria per combattere a fianco del presidente Bashar Assad. Haithem al-Mallah, importante esponente dell’opposizione siriana, ha detto al quotidiano kuwaitiano Alrai che il regime di Damasco viene aiutato da miliziani provenienti da Iran, Libano (Hezbollah), Iraq e Yemen. Secondo Al-Mallah, l’esercito siriano da solo non è più in grado di contrastare i ribelli sul terreno e fa ricorso a bombardamenti a lungo raggio e attacchi aerei, mentre sono i suoi alleati sciiti dall’estero che impegnano i ribelli in combattimento ravvicinati.

    (Fonte: Israele.net)

    4 Lug 2013, 11:25 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    Egitto, sospesa la Costituzione. «Il presidente Morsi è stato destituito»

    Esplode piazza Tahrir. Blindati al palazzo presidenziale. Arrestati i leader dei Fratelli musulmani. Obama preoccupato

    Morsi non è più presidente dell’Egitto. È golpe. La Costituzione è stata sospesa, il presidente eletto è stato deposto ed è trattenuto dalle autorità (nella notte è stato trasferito al ministero della Difesa). Al momento, al suo posto c’è il giudice della Corte Costituzionale Adli Mansour che è stato nominato presidente ad interim, con l’incarico di adottare «dichiarazioni costituzionali» durante il periodo di transizione. A darne l’annuncio – mentre la tensione sale, tanto che in serata ci sono stati almeno 10 morti negli scontri tra opposte fazioni ad Alessandria d’Egitto e in altre città – è stato Abdel Fattah al-Sissi, capo delle forze armate egiziane, in un discorso trasmesso in diretta tv. Il tutto dopo che Mohamed Morsi è stato informato dai militari di non essere più presidente dell’Egitto in seguito al fallimento dei negoziati con i militari per lasciare il potere. Morsi però non sembra demordere: e in un video diffuso nella serata di mercoledì, sia pure con immagini instabili e di cattiva qualità, afferma: «Io sono il presidente eletto dell’Egitto». Poi ha «chiesto al popolo di difendere la legittimità».

    GLI ARRESTI – In serata, le forze di sicurezza hanno trattenuto il personale della rete qatariota al Jazira presente negli uffici del Il Cairo (Al Jazira è di proprietà del Qatar ed è considerata vicino ai Fratelli Musulmani) e nella notte sono stati arrestati i capi musulmani. In manette il leader del partito dei Fratelli musulmani Saad el Katatni e il capo dei parlamentari dello stesso partito al Bayumi, secondo quanto riferisce l’agenzia di Stato. Mentre il quotidiano al Ahram parla di ordini di arresto per 300 membri del partito.

    FUOCHI D’ARTIFICIO IN PIAZZA TAHRIR – La notizia della caduta di Morsi e della road map è stata accolta con un boato da piazza Tahrir, dove sono esplosi fuochi d’artificio. «Il popolo e l’esercito sono una sola mano», lo slogan intonato dagli oppositori del presidente Morsi. L’esercito ha inoltre annunciato che si terranno elezioni anticipate in una data che verrà stabilita dal governo provvisorio.In giornata elicotteri militari avevano sorvolato piazza Tahrir circa un’ora dopo lo scadere dell’ultimatum imposto dai militari e scaduto intorno alle 17.30 locali, le 16.30 italiane. Le forze di sicurezza egiziane hanno disposto il divieto di espatrio per il presidente del Paese, che si era insediato un anno fa. Stessa sorte per molti leader del partito dei Fratelli musulmani. Morsi inoltre sarebbe stato posto agli arresti domiciliari dai militari nella sede della Guardia repubblicana.

    PANE GIUSTIZIA E DIGNITA’ – Ed è il premio Nobel per la pace Mohamed el Baradei, l’uomo che sta gestendo, per conto di tutte le opposizioni egiziane, i negoziati per definire il dopo Morsi. El Baradei ha annunciato la road map per la transizione, un piano che garantisce elezioni presidenziali anticipate, risponde alle domande del popolo, realizza «una vera conciliazione» e rimette in marcia il processo della rivoluzione del 2011. «L’Egitto è la patria di tutti, nessuno escluso. Continuiamo la nostra rivoluzione per pane, libertà e dignità umana», gli ha fatto eco Mahmoud Badr, portavoce del movimento dei Ribelli Tamarod.

    LA PREOCCUPAZIONE DEGLI USA – Nel frattempo nella crisi egiziana intervengono gli Stati Uniti, i principali finanziatori delle forze armate egiziane, che si dicono «estremamente preoccupati» ed invitano entrambe le parti ad avviare negoziati per arrivare a una soluzione pacifica. Il segeretario alla Difesa Chuck Hagel ha parlato due volte con il collega egiziano, generale Abdel Fattah el Sissi. Anche il presidente Barack Obama ha espresso preoccupazione per il Paese nordafricano e ha dichiarato: «Faccio appello alle forze armate egiziane – ha affermato – affinché agiscano rapidamente e responsabilmente per restituire piena autorità ad un governo civile democraticamente eletto, il più presto possibile, attraverso un processo inclusivo e trasparente». E ha anche detto all’esercito di evitare «qualsiasi arresto arbitrario ai danni del presidente Morsi e dei suoi sostenitori». Per quanto riguarda gli aiuti, Patrick Leahy, presidente della commissione del Senato che si occupa di controllare la gestione degli aiuti americani internazionali, non ci sono dubbi: «La legge parla chiaro: gli Stati Uniti devono tagliare gli aiuti, quando un governo democraticamente eletto viene deposto da un golpe militare o da un decreto». E così, la commissione è pronta a rivedere gli aiuti, che ammontano a circa 1,5 miliardi di dollari, in attesa di capire come si evolverà la situazione.

    L’ULTIMATUM E LA TV – L’esercito lunedì aveva chiesto fermamente al leader del Paese di risolvere la situazione entro mercoledì pomeriggio. L’ultimatum era stato respinto. Mercoledì mattina veicoli blindati e carri armati dell’esercito egiziano si erano schierati intorno alla sede della televisione di Stato, la Ertu. Altri tank si trovano alla sede del palazzo presidenziale, e in altri punti strategici della città. Per la seconda volta in due anni, quindi, l’esercito appare intenzionato a scardinare le istituzioni che controllano il Paese. Solo che Morsi è anche il primo presidente eletto democraticamente nella storia dell’Egitto.

    NIENTE DIMISSIONI – Pochi minuti prima della deadline la presidenza egiziana aveva diffuso su Facebook un comunicato nel quale ribadisce che «violare la legittimità costituzionale minaccia la pratica della democrazia», apre ad un governo di coalizione per arrivare alle prossime elezioni, e alla formazione di un commissione indipendente per la modifica della Costituzione (rinnovata a dicembre scorso) da sottoporre al nuovo parlamento.

    LA FATWA SALAFITA CONTRO L’OPPOSIZIONE – Mercoledì Mohamed al-Zawahiri, fratello del leader di al-Qaeda Ayman al-Zawahiri, ha emesso una fatwa, una sentenza che autorizza i suoi seguaci a cambattere contro l’opposizione egiziana. «Non abbiate paura, né esitazione – ha spiegato al-Zawahiri, che guida la corrente jihadista salafita, ad al-Masry al-Youm – annunciamo ai nostri fratelli musulmani che alla fine non saremo noi i vinti, ma sarà il contrario». L’esponente islamico egiziano assicura di non volere «caos, disordine e sedizione», ma afferma la necessità di contrastare il «complotto ordito dagli Stati Uniti d’america e i loro agenti». Un altro religioso, Magdy Hussein, ha aggiunto che ogni mossa contro Morsi sarà considerata «un colpo di Stato». La folla, davanti alle moschee, canta «Non riporteremo al potere l’esercito».

    LE VITTIME E LE DIMISSIONI – Nell’arco della giornata di martedì si erano registrate sette vittime negli scontri tra difensori e oppositori del presidente, e nell’arco della notte altre 16 persone sono morte. In totale, da domenica, le vittime di questi incidenti sono 39. Intanto, in piazza Tahrir, prosegue per il quarto giorno consecutivo l’adunata oceanica di manifestanti che chiedono le dimissioni di Morsi, e altre manifestazioni analoghe sono in corso davanti ai due palazzi presidenziali di Ittahadeya ed el Kobba, ad Alessandria e in altre città egiziane. I manifestanti pro-Morsi si sono radunati invece a migliaia davanti alla moschea di Rabaa el Adaweya, nella Capitale.

    GLI STUPRI – Sul luogo delle proteste, nel frattempo, un centinaio di donne sarebbero state molestate o stuprate. Lo denuncia Human Rights Watch, che in un comunicato riferisce di «almeno 91 manifestanti aggredite sessualmente e in alcuni casi stuprate in piazza Tahrir in un clima di impunità». Domenica sono stati denunciati 46 casi di aggressioni sessuali, 17 lunedì e 23 martedì. Cinque altre aggressioni sessuali sarebbero avvenute venerdì e sono state denunciate da «Nazra for Feminist Studies».

    http://www.corriere.it/esteri/13_luglio_03/egitto-carri-armati-televisione-stato-morsi-ultimatum_52c4e180-e3e1-11e2-a86e-c1d08ee83a64.shtml

    4 Lug 2013, 11:27 Rispondi|Quota
  • #4Emanuel Baroz

    Egitto, a piazza Tahrir in 4 giorni quasi 100 donne vittime abusi

    Gruppi aggrediscono o stuprano manifestanti, Ong: clima impunità

    Il Cairo, 3 Luglio 2013 – Circa 100 donne sono state vittima di aggressioni sessuali a piazza Tahrir al Cairo durante i 4 giorni di proteste contro il presidente islamista Mohamed Morsi: è quanto denuncia l’organizzazione Human Rights Watch.

    “Le folle hanno aggredito sessualmente e in qualche caso hanno stuprato almeno 91 donne a Piazza Tahrir… In un clima di impunità”, ha aggiunto l’ong che ha sede a New York, citando i dati dell’Organizzazione governativa contro le aggressioni alle donne, che gestisce un numero gratuito per le vittime di abusi sessuali, sottolineando che le vittime sono state 46 domenica, 17 lunedì e 23 martedì. Secondo l’associazione femminista Nazra, altri 5 attacchi sono avvenuti venerdì.

    Hrw ha chiesto alle autorità egiziane e ai leader politici di “condannare e prendere immediate misure contro questi orribili livelli di violenza sessuali” che avvengono nella piazza simbolo della rivolta in Egitto.

    (Fonte: TmNews, 3 Luglio 2013)

    4 Lug 2013, 12:03 Rispondi|Quota
  • #5Parvus

    Obama col suo persistente appoggio ai fratelli musulmani, si sta ormai rivelando un nemico della libertà.
    Quanto invece all’Egitto, purtroppo abbiamo una nazione di 83 milioni di abitanti che produce il cibo sufficiente solo per venti milioni. Sarà un problema per chiunque sia al governo riempire le pance in più.

    5 Lug 2013, 01:42 Rispondi|Quota
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