Riportiamo qui di seguito la traduzione integrale dell’intervento del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, avvenuto lo scorso 1° ottobre 2013, per la cui stesura ringraziamo i numerosi amici che ci hanno aiutato. Buona lettura.
Netanyahu all’Onu: “Il presidente iraniano Rohani è un lupo vestito da agnello”
Grazie Signor Presidente,
Sono profondamente onorato e privilegiato di poter presenziare qui davanti a voi oggi in rappresentanza dei cittadini dello Stato di Israele. Siamo un popolo antico, che risale fino a oltre 4.000 anni fa, a partire da Abramo, Isacco e Giacobbe. Abbiamo viaggiato attraverso il tempo. Abbiamo superato le più grandi avversità .
E abbiamo ristabilito la sovranità del nostro stato nella nostra patria ancestrale, la terra di Israele .
L’odissea del popolo ebraico attraverso il tempo ci ha insegnato due cose: non perdere mai la speranza , rimanere sempre vigili. La speranza ti spinge a progettare il futuro . La vigilanza lo protegge .
Oggi la nostra speranza per il futuro è sfidata da un Iran dotato di armi nucleari che cerca la nostra distruzione . Ma voglio che voi sappiate : non è sempre stato così . Circa 2500 anni fa , il grande re persiano Ciro mise fine all’esilio babilonese del popolo ebraico. Egli pubblicò un famoso editto nel quale venne proclamato il diritto degli ebrei di tornare nella Terra di Israele e di ricostruire il Tempio ebraico di Gerusalemme. Questo è un decreto persiano , e fu l’inizio di una storica amicizia tra ebrei e Persiani , che durò fino ai tempi moderni.
Ma nel 1979 un regime radicale di Teheran ha cercato di porre fine a quella amicizia: oltre ad essere intento a schiacciare le speranze del popolo iraniano per la democrazia, ha anche portato grida selvagge di “Morte agli ebrei !”. Da allora si sono succeduti vari presidenti dell’Iran. Alcuni sono stati considerati moderati, altri sostenitori della linea dura . Ma hanno tutti servito quello stesso credo che non perdona, lo stesso regime che non dimentica – quel credo propugnato e applicato dal vero potere in Iran , il dittatore conosciuto in Iran come il leader supremo , l’Ayatollah Khomeini prima e ora l’Ayatollah Khamenei. Il Presidente Rouhani , come i presidenti che lo hanno preceduto, è un fedele servitore del regime. E ‘stato uno dei soli sei candidati cui il regime ha consentito di candidarsi alle elezioni. Quasi 700 altri candidati sono stati respinti.
Che cosa lo rendeva accettabile dunque? Beh , Rouhani ha diretto il Supremo Consiglio di Sicurezza Nazionale dell’Iran dal 1989 fino al 2003. In quest’arco di tempo, uomini dell’Iran hanno freddato vari leader dell’opposizione in un ristorante di Berlino, hanno assassinato 85 persone nel Centro della Comunità Ebraica a Buenos Aires, hanno ucciso 19 soldati americani facendo saltare in aria le Torri Khobar in Arabia Saudita.
Dobbiamo credere che Rouhani , al tempo consigliere per la sicurezza nazionale dell’Iran, non sapesse nulla di questi attacchi? Certo che lo sapeva.
Proprio come 30 anni fa , i capi della sicurezza dell’Iran sapevano degli attentati a Beirut che hanno ucciso 241 marines americani e 58 paracadutisti francesi.
Rouhani è stato anche capo negoziatore per il nucleare iraniano tra il 2003 e il 2005. Ha ideato la strategia che ha permesso all’Iran di far avanzare il suo programma di armi nucleari dietro la cortina fumogena di un impegno diplomatico e di una retorica molto rassicurante. Ora, lo so che Rouhani non suona come Ahmadinejad . Ma quando si tratta del programma di armi nucleari dell’Iran, l’unica differenza tra loro è questa: Ahmadinejad era un lupo travestito da lupo e Rouhani è un lupo travestito da agnello – un lupo che pensa di poter gettare fumo negli occhi della comunità internazionale .
Come chiunque altro, vorrei che potessimo credere alle parole di Rouhani . Ma dobbiamo concentrarci sulle azioni dell’Iran .
Ed è lo spudorato contrasto, la straordinaria contraddizione tra le parole di Rouhani e le azioni dell’Iran ad essere così sorprendente. Rouhani stava su questo stesso podio la scorsa settimana e ha elogiato la democrazia iraniana. Democrazia iraniana, ha detto.
Ma il regime che egli rappresenta compie centinaia di esecuzioni di dissidenti politici e ne carcera a migliaia. Rouhani ha parlato di ” tragedia umana in Siria . ” Eppure l’Iran partecipa direttamente all’assassinio e al massacro di decine di migliaia di persone innocenti , donne e bambini nella Siria di Assad , e quel regime sta sorreggendo un regime siriano che ha appena usato armi chimiche contro la propria popolazione.
Rouhani ha condannato la ” piaga violenta del terrorismo”. Eppure, nei soli ultimi tre anni l’Iran ha ordinato, pianificato o perpetrato attacchi terroristici in 25 città di cinque continenti.
Rouhani denuncia il “tentativo di cambiare l’ equilibrio della regione da parte di terzi per procura”. Ma l’Iran stesso sta attivamente destabilizzando Libano , Yemen , Bahrein , e molti altri paesi del Medio Oriente.
Rouhani promette un “impegno costruttivo con gli altri paesi”. Eppure, due anni fa, gli agenti iraniani hanno cercato di assassinare l’ambasciatore dell’Arabia Saudita a Washington.
E appena tre settimane fa, un agente iraniano è stato arrestato mentre cercava di raccogliere informazioni per possibili attacchi contro l’ambasciata americana a Tel Aviv. Proprio un impegno costruttivo!
Vorrei poter essere spinto dall’invito di Rouhani ad unirmi alla sua “ondata” per un mondo contro la violenza e l’estremismo. Eppure, le uniche onde che l’Iran ha generato negli ultimi 30 anni sono ondate di violenza e di terrorismo che si è scatenato nella regione e in tutto il mondo.
Signore e Signori,
Vorrei poter credere a Rouhani, ma non lo faccio perché i fatti sono cose pervicaci. E i fatti sono che il record selvaggio dell’Iran contraddice palesemente la retorica rassicurante di Rouhani.
Venerdì scorso Rouhani ci ha assicurato sul fatto che, nel perseguimento del suo programma nucleare, l’Iran non ha “mai scelto la via dell’inganno … e della segretezza”. Mai scelta inganno e segretezza? Beh , nel 2002 l’Iran è stato colto in flagrante mentre costruiva segretamente un sistema di centrifuga sotterraneo a Natanz. Poi, nel 2009, l’Iran è stato di nuovo colto in flagrante mentre costruiva segretamente un enorme impianto nucleare sotterraneo per l’arricchimento dell’uranio su una montagna nei pressi di Qom. Rouhani ci dice di non preoccuparci, che ci assicura che tutto questo non è destinato ad armi nucleari. Qualcuno di voi ci crede? Se qualcuno ci crede, ecco allora alcune domande che potreste voler porre:
Perché un paese che sostiene di volere solo energia nucleare per fini pacifici costruisce strutture sotterranee nascoste per l’arricchimento dell’uranio?
Perché un paese con vaste riserve energetiche naturali avrebbe investito miliardi nello sviluppo di energia nucleare?
Perché un paese interessato a programmi nucleari meramente civili avrebbe continuato a sfidare continuamente risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e a sostenere i costi di sanzioni paralizzanti per la sua economia?
E perché un paese con un programma nucleare a fini pacifici sviluppa missili balistici intercontinentali, il cui unico scopo è quello di montare testate nucleari? Non si costruiscono Missili Balistici Intercontinentali (ICBM) per trasportare del tritolo a migliaia di chilometri di distanza. Si costruiscono per un solo scopo: per trasportare testate nucleari . E l’Iran sta costruendo ICBM che secondo gli Stati Uniti fra tre o quattro anni potranno raggiungere questa città.
Perché dovrebbero fare tutto questo? La risposta è semplice. L’Iran non sta perseguendo la realizzazione di un programma nucleare pacifico. L’Iran sta sviluppando armi nucleari.
Solo l’anno scorso, l’Iran ha arricchito tre tonnellate di uranio al 3,5% , ha raddoppiato le sue riserve di uranio arricchito al 20% , e ha aggiunto migliaia di nuove centrifughe, anche avanzate. E ‘ inoltre proseguito il lavoro sul reattore ad acqua pesante di Arak. Questo al fine di avere un altro percorso alternativo per la bomba – un percorso attraverso il plutonio.
E dal momento dell’elezione di Rouhani – e lo sottolineo – questo vasto e febbrile sforzo è continuato senza sosta.
Signore e signori,
Impianti nucleari sotterranei? Reattori ad acqua pesante? Centrifughe avanzate? ICBM? Non è difficile trovare prove che l’Iran abbia un programma di armi nucleari. E ‘ difficile trovare le prove che l’Iran NON dispone di un programma di armi nucleari.
L’anno scorso, quando ho parlato qui alle Nazioni Unite, ho tracciato una linea rossa. L’Iran è stato molto attento a non oltrepassare quella linea. Ma l’Iran si sta posizionando in modo tale da poter attraversare quella linea in futuro in un momento di sua scelta. L’Iran vuole essere in grado di correre in avanti per costruire bombe nucleari prima che la comunità internazionale sia in grado di accorgersene, tanto meno di impedirlo.
Eppure l’Iran deve affrontare un grosso problema, che si riassume in una parola: sanzioni.
Ho sostenuto per molti anni, anche su questo podio, che l’unico modo per impedire pacificamente all’Iran di sviluppare armi nucleari è quello di combinare dure sanzioni con una minaccia militare credibile. E questa politica oggi dà i suoi frutti. Grazie allo sforzo di molti paesi, molti dei quali qui rappresentati, e sotto la guida degli Stati Uniti, dure sanzioni hanno avuto un forte effetto sull’economia iraniana. I proventi del petrolio sono scesi. La valuta è precipitata. Le banche hanno difficoltà a trasferire denaro.
Quindi, di conseguenza, il regime è sotto forte pressione da parte del popolo iraniano per ottenere la rimozione delle sanzioni. Ecco perché Rouhani è stato eletto. Ecco perché ha lanciato la sua offensiva di seduzione. Vuole decisamente ottenere l’abolizione delle sanzioni, ve lo garantisco, ma non vuole in cambio rinunciare al programma iraniano di armi nucleari.
Ora, ecco la strategia per raggiungere questo obiettivo: In primo luogo, sorridere molto. Sorridere non fa mai male. In secondo luogo, utilizzare parole di pace, democrazia e tolleranza. In terzo luogo, offrire concessioni senza senso in cambio della revoca delle sanzioni. E quarto, la cosa più grave e importante, assicurarsi che l’Iran mantenga il materiale nucleare sufficiente e le infrastrutture nucleari sufficienti ad ottenere la bomba nel momento in cui scegliessero di farlo. Sapete perché Rouhani pensa di poter farla franca? Voglio dire, questo è un trucco, è un espediente. Perché Rouhani pensa di poter farla franca? Perché l’ha fatta franca in precedenza. Perché la sua strategia di parlare molto e fare poco ha funzionato in passato. Se ne è persino vantato. Ecco che cosa ha detto nel suo libro del 2011 sul suo periodo di capo negoziatore nucleare iraniano: “Mentre parlavamo con gli europei a Teheran, installavamo le apparecchiature a Isfahan …”.
Per chi voi non lo sapesse, l’impianto di Isfahan è una parte indispensabile del programma di armamento nucleare iraniano. È dove il minerale di uranio chiamato “torta gialla”, in inglese “yellowcake”, viene convertito in una forma arricchibile. Rouhani si vantava scrivendo (cito): “Con la creazione di un’atmosfera tranquilla, siamo stati in grado di completare il lavoro a Isfahan”.
Ha ingannato il mondo una volta. Ora pensa di poterlo ingannare di nuovo. Vedete, Rouhani pensa di poter mantenere integra la sua “torta gialla” e al contempo mangiarla, in altre parole di avere la botte piena e la moglie ubriaca.
Egli ha un altro motivo per credere di potercela fare, e questo motivo si chiama Corea del Nord.
Come l’Iran, anche la Corea del Nord aveva detto che il suo programma nucleare aveva scopi pacifici. Come l’Iran, anche la Corea del Nord ha offerto concessioni senza senso e vuote promesse in cambio dell’alleggerimento delle sanzioni. Nel 2005 la Corea del Nord ha accettato un accordo che è stato celebrato in tutto il mondo da molte persone mosse da buone intenzioni. Ecco quello che un editoriale del New York Times ebbe a dire dire in proposito: “Da anni addetti ai lavori di politica estera hanno additato la Corea del Nord come il massimo incubo … una dittatura chiusa, ostile e paranoica con un programma di armamento nucleare aggressivo. Pochissimi potevano immaginare un esito positivo. Eppure la Corea del Nord ha accettato in linea di principio questa settimana di smantellare il suo programma nucleare, tornare al TNP (Trattato di Non Proliferazione nucleare), attenersi alle misure di salvaguardia previste dal trattato e ammettere ispettori internazionali …. La diplomazia, a quanto pare, funziona dopo tutto”. Fine della citazione.
Signore e Signori,
Un anno dopo, la Corea del Nord ha esploso il suo primo ordigno nucleare.
Eppure, per quanto pericolosa possa essere una Corea del Nord dotata di armi nucleari, impallidisce in confronto al pericolo di un Iran dotato di armi nucleari. Un Iran dotato di armi nucleari terrebbe sotto scacco le principali forniture energetiche del mondo. E innescherebbe la proliferazione nucleare in tutto il Medio Oriente, trasformando la parte più instabile del pianeta in una polveriera nucleare. E per la prima volta nella storia, vi sarebbe lo spettro del terrorismo nucleare, un pericolo chiaro e attuale.
Un Iran dotato di armi nucleari in Medio Oriente non sarebbe un altra Corea del Nord. Sarebbe come altre 50 Coree del Nord!
So che alcuni nella comunità internazionale pensano che stia ingrandendo esageratamente questa minaccia. Certo, sanno che il regime iraniano porta avanti canti come “Morte all’America!”, “Morte a Israele!”, e che promette di cancellare Israele dalla carta geografica. Ma pensano che questa retorica selvaggia sia solo un po’ di fracasso ad uso interno. Queste persone non hanno imparato niente dalla storia?
Il secolo scorso ci ha insegnato che quando un regime radicale con ambizioni globali ottiene una potenza impressionante, prima o poi, il suo appetito di aggressione non conosce limiti. Questa è la principale lezione del 20° secolo. Ora, non possiamo dimenticarla.
Il mondo può aver dimenticato questa lezione. Il popolo ebraico no.
Il fanatismo iraniano non è solo fracasso ad uso interno. È reale. A questo regime fanatico non deve mai essere permesso di dotarsi di armi nucleari.
Lo so che il mondo è stanco di guerre. Noi in Israele, conosciamo fin troppo bene i costi della guerra. Ma la storia ci ha insegnato che per evitare la guerra di domani, dobbiamo essere fermi oggi.
Ciò solleva la questione: può la diplomazia fermare questa minaccia? Beh, l’unica soluzione diplomatica che potrebbe funzionare è sarebbe quella di smantellare completamente il programma nucleare iraniano e impedire di averne uno in futuro. Il presidente Obama ha detto giustamente che le parole concilianti dell’Iran devono corrispondere ad azione trasparenti, verificabili e significative. E per essere significativa una soluzione diplomatica dovrebbe chiedere all’Iran di fare quattro cose. In primo luogo, cessare ogni arricchimento dell’uranio. Questo è richiesto da varie risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. In secondo luogo, togliere dal proprio territorio le scorte di uranio arricchito. In terzo luogo, smantellare le infrastrutture per lo sviluppo nucleare, compresa la struttura sotterranea nei pressi di Qom e le centrifughe avanzate a Natanz. E quattro, fermare tutti i lavori presso il reattore ad acqua pesante di Arak finalizzato alla produzione di plutonio.
Questi passaggi porrebbero fine al programma nucleare iraniano e alla sua capacità di breakout. Vi sono quelli che sarebbero disposti ad accettare di lasciare l’Iran con una capacità residua di arricchire l’uranio. Io consiglio loro di prestare molta attenzione a ciò che Rouhani ha detto in un discorso al Supremo Consiglio Culturale Rivoluzionario dell’Iran, pubblicato nel 2005: “Un paese che può arricchire l’uranio a circa il 3,5 % avrà anche la possibilità di arricchirlo al 90% circa. Avere le capacità per il ciclo del combustibile praticamente significa che un paese che possiede questa capacità è in grado di produrre armi nucleari.
Precisamente. Proprio per questo il programma di armamento nucleare iraniano deve essere smontato completamente e in maniera verificabile. Ed è per questo che la pressione sull’Iran deve continuare.
Quindi, ecco quello che la comunità internazionale deve fare. In primo luogo, mantenere le sanzioni. Se l’Iran porta avanti il suo programma di armamento nucleare durante i negoziati, inasprire le sanzioni.
In secondo luogo, non sono d’accordo su un’intesa parziale. Un accordo parziale vorrebbe dire togliere le sanzioni internazionali che ci sono voluti anni per imporre, in cambio di concessioni “cosmetiche” che in poche settimane l’Iran potrà ribaltare. In terzo luogo, togliere le sanzioni solo quando l’Iran smantellerà completamente il suo programma di armi nucleari.
Amici miei,
La comunità internazionale tiene l’Iran alle strette. Se si vuole che il programma di armi nucleari dell’Iran abbia termine pacificamente, non si deve allentare la pressione. Bisogna continuare così. Noi tutti vogliamo dare alla diplomazia con l’Iran una possibilità di successo. Ma quando si tratta dell’Iran, maggiore è la pressione, maggiore è la possibilità di successo. Tre decenni fa, il presidente Ronald Reagan notoriamente consigliava: Fidati, ma verifica. Quando si tratta di programma di armi nucleari dell’Iran, ecco il mio consiglio: diffidare, smantellare e verificare.
Signore e Signori,
Israele non potrà mai acconsentire che delle armi nucleari cadano nelle mani di un regime canaglia che promette più volte di eliminarci dalla carta geografica. Contro una tale minaccia, Israele non avrà altra scelta che difendersi. Voglio che non vi sia alcuna confusione su questo punto: Israele non permetterà all’Iran di ottenere armi nucleari. Se Israele è costretto a reggersi da solo, Israele starà da solo. Eppure, anche se da solo, Israele saprà che noi difenderemo molti, molti altri. I pericoli di un Iran dotato di armi nucleari e l’emergere di altre minacce nella nostra regione hanno portato molti dei nostri vicini arabi a riconoscere finalmente che Israele non è il loro nemico. Questo ci offre l’opportunità di superare animosità storiche e costruire nuove relazioni, nuove amicizie, nuove speranze. Israele accoglie con favore l’impegno con il mondo arabo in generale. Speriamo che i nostri comuni interessi e le sfide comuni ci aiuteranno a forgiare un futuro più sereno.
E Israele continua a cercare una pace storica con i nostri vicini palestinesi, una pace che metta fine al nostro conflitto una volta per tutte. Noi vogliamo una pace basata sulla sicurezza e sul riconoscimento reciproco, in cui uno Stato palestinese smilitarizzato riconosca lo Stato ebraico di Israele. Il mio impegno rimane quello di raggiungere una conciliazione storica e la costruzione di un futuro migliore per israeliani e palestinesi allo stesso modo.
Ora, non mi faccio illusioni su quanto sia difficile raggiungere tutto ciò. Venti anni fa ha avuto inizio il processo di pace tra Israele e i palestinesi.
Sei primi ministri israeliani, me compreso, non sono riusciti a raggiungere la pace con i palestinesi. I miei predecessori erano pronti a fare concessioni dolorose. Lo sono anch’io.
Ma finora, i leader palestinesi non sono stati disposti a offrire le dolorose concessioni che devono fare per porre fine al conflitto. Per conseguire la pace, i palestinesi devono finalmente riconoscere lo Stato ebraico e devono essere soddisfatte le esigenze di sicurezza di Israele. Sono pronto a fare un compromesso storico per una pace vera e duratura. Ma non potrò mai compromettere la sicurezza del mio popolo e del mio paese, l’unico stato ebraico.
Signore e Signori,
In una fredda giornata di fine 19° secolo, mio nonno Nathan e suo fratello minore Judah stavano in piedi in una stazione ferroviaria, nel cuore dell’Europa. Furono visti da un gruppo di teppisti antisemiti che iniziarono a correre verso di loro agitando mazze e urlando “Morte agli ebrei!”.
Mio nonno gridò al fratello minore di fuggire e salvarsi. Quindi rimase da solo contro quella banda infuriata. Lo picchiarono fino a fargli perdere i sensi e lo lasciarono come morto. Prima di svenire, tutto ricoperto di sangue, disse a sé stesso: “Che vergogna! Che vergogna! I discendenti dei Maccabei giacciono nel fango, impossibilitati a difendersi!”. E promise a sé stesso poi che se fosse sopravvissuto, avrebbe preso la sua famiglia e l’avrebbe portata nella patria ebraica per aiutare a costruire un futuro per il popolo ebraico. Io mi trovo qui oggi come Primo Ministro di Israele, perché mio nonno ha mantenuto la sua promessa.
Così molti altri israeliani hanno una storia simile: un genitore o un nonno che è fuggito da ogni genere d’oppressione concepibile ed è venuto in Israele per iniziare una nuova vita nella nostra antica patria.
Insieme abbiamo trasformato un popolo ebraico colpito e abbandonato come morto, in una nazione vibrante e fiorente, che si difende con il coraggio di moderni Maccabei, e sviluppa illimitate possibilità per il futuro.
Nel nostro tempo si stanno realizzando le profezie bibliche. Come ha detto il profeta Amos (9, 14-15):
,ושבתי את שבות עמי ישראל
,ובנו ערים נשמות ויישבו
,ונטעו כרמים ושתו את יינם
,ועשו גינות ואכלו את פרים
.ונטעתים על אדמתם ולא ינטשו עוד
E rimetterò Israele mio popolo nella sua condizione primitiva:
essi ricostruiranno città desolate e le abiteranno,
vi pianteranno vigne e ne berranno il vino.
Coltiveranno frutteti e ne mangeranno il prodotto.
Io li collocherò stabilmente nel loro paese e non saranno più divelti da esso.
Signore e signori, il popolo di Israele è ritornato a casa per non esserne mai più sradicato.
Thanks to Progetto Dreyfus
#1Emanuel Baroz
2 ottobre 2013 – “La realtà di oggi in Iran è completamente diversa da quella del discorso di Rohani”, ha detto martedì il presidente israeliano Shimon Peres parlando al parlamento olandese. E ha aggiunto: “Lo sviluppo della bomba nucleare non è una chiacchiera ma un dato di fatto, così come continua lo sviluppo di missili a lungo raggio in grado di trasportare testate nucleari, che sono un pericolo per il mondo intero. Ma nessuno al mondo minaccia l’esistenza dell’Iran. Una coalizione responsabile di paesi che vogliono la pace deve impedire all’Iran di realizzare la sua pericolosa aspirazione per le armi nucleari”.
2 ottobre 2013 – Intervenendo martedì all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha parlato dell’ostilità dell’Iran verso Israele ricordando che “i presidenti iraniani sono andati e venuti, ma tutti hanno servito lo stesso implacabile credo abbracciato e attuato dal vero potere: l’ayatollah Khomeini ieri, Khamenei oggi”. Netanyahu ha definito il presidente iraniano Hasan Rohani “un fedele servitore del regime” che vuole ingannare il mondo con vane promesse in cambio della riduzione delle sanzioni. “Ahmadinejad era un lupo vestito da lupo – ha detto Netanyahu – Rohani è un lupo vestito da pecora”. E ha aggiunto: “Vorrei potergli credere ma i fatti sono ostinati, e il dato di fatto è che il feroce curriculum dell’Iran contraddice la retorica di Rohani”. Netanyahu ha ribadito che Israele non permetterà all’Iran di dotarsi di armi nucleari: “E se Israele sarà costretto a resistere da solo, resisterà da solo”, spiegando che un Iran nucleare sarebbe come 50 Coree del Nord. Per una soluzione pacifica della crisi, ha detto il primo ministro israeliano, l’Iran deve cessare ogni arricchimento dell’uranio, eliminare tutte le scorte di uranio arricchito, smantellare le infrastrutture nucleari e fermare tutti i lavori ai reattori ad acqua pesante. Netanyahu ha esortato il mondo a non avere mezze misure e a non allentare le sanzioni fino a quando queste condizioni non saranno soddisfatte. Netanyahu ha anche ribadito d’essere impegnato per un accordo tra palestinesi e Israele, ma ha accusato i dirigenti palestinesi di non aver fatto in tutti questi anni dolorosi sforzi come quelli fatti da Israele, e ha ribadito che Israele non scenderà a compromessi sulla sicurezza.
(Fonte: Israele.net)
#2Emanuel Baroz
Netanyahu all’Onu: Rohani mente
di Fiamma Nirenstein
Ha camminato sul sottile filo della verità e della diplomazia Benjamin Netanyahu ieri all’Onu: di fronte a lui, un’assemblea che non aveva voglia di sentire suonare la sveglia del premier israeliano preferendo credere nei sorrisi del presidente iraniano Rohani. Dopo l’incontro con Obama, Netanyahu lo ha assecondato almeno dicendo che desidererebbe la strada diplomatica, e anche credere a Rohani. Ma poi ha sparato una raffica di ragioni per non credergli affatto: attentati in 26 città site nei cinque continenti, violazioni dei diritti umani, bugie sull’arricchimento dell’uranio e sulle testate balistiche per trasportare l’arma atomica, citazioni di tutti gli inghippi inventati per acquistare tempo, stesso obiettivo che Rohani sta perseguendo oggi: vuole una situazione di quiete per proseguire il programma atomico e anche che cadano le sanzioni che uccidono la sua economia. Le tre intenzioni di Israele sono scritte nella pietra: pressare l’Iran con le sanzioni finché non si vedono risultati concreti (e qui Obama è di opinione diversa) e niente piccoli accordi: si deve arrivare all’eliminazione di tutto il programma nucleare. Se del caso, Bibi ha scandito, Israele si leverà contro il nucleare iraniano anche con mezzi militari, e lo farà persino da solo perché sa che il fanatismo degli ayatollah è una minaccia reale per tutti. Alla fine ha ricordato come suo nonno, in Europa, fu aggredito, ferito, gettato per terra da un gruppo di antisemiti e disse: «Che vergogna, il figlio dei Maccabei giace nel fango senza la possibilità di difendersi». Poi, immigrò in Israele.
(Fonte: il Giornale, 2 ottobre 2013)
#3Emanuel Baroz
Tensione tra Israele e USA dopo il discorso di Netanyahu all’Onu
di Adrian Niscemi
Quello che ha detto ieri il Premier israeliano, Benjamin Netanyahu, all’Assemblea Generale dell’Onu era largamente prevedibile. Israele non crede alle aperture iraniane, né crede che il programma nucleare iraniano sia a scopi pacifici. Le prove del contrario sono tante e incontestabili.
Netanyahu le ha elencate una ad una a partire dai reattori ad acqua pesante per il plutonio, alle strutture segrete fino alle centrifughe di nuovissima generazione, tutte cosa che hanno poco a che fare con un programma civile trasparente e pacifico. Per questo ha invitato il mondo a non credere alle parole di Hassan Rohani, “un lupo travestito da agnello” lo ha definito Netanyahu. Tuttavia il Premier israeliano non si fa illusioni e si rende conto che il mondo ha voglia di credere alle promesse di Rohani, per questo ha rimarcato che Israele è pronto a difendersi anche da solo e a fare quello che c’è da fare, quello che cioè gli altri non hanno il coraggio di fare.
La posizione espressa da Benjamin Netanyahu è però diametralmente opposta a quella espressa dagli Stati Uniti e da Obama il quale, al di la delle dichiarazioni pubbliche, sta spingendo come un folle per riaprire trattative private tra USA e Iran e ha fatto intendere che l’opzione militare non è più sul terreno. E’ quello che è emerso, secondo il racconto di diversi analisti, dall’incontro tra Obama e Netanyahu che ha preceduto l’intervento del Premier israeliano all’Onu. Obama avrebbe fatto un grosso passo indietro rispetto ad una “credibile minaccia militare” da affiancare alle sanzioni all’Iran. In sostanza avrebbe promesso a Rohani di non minacciare più un intervento armato in cambio della ripresa delle trattative sul nucleare. Questo avrebbe fatto andare su tutte le furie il Premier israeliano.
A peggiorare la situazione tra Israele e Stati Uniti anche un altro retroscena del colloquio tra Obama e Netanyahu, quello relativo ai colloqui con i palestinesi che Obama continua incredibilmente a considerare la priorità delle priorità. Secondo il Presidente americano la chiave della pace in Medio Oriente è il raggiungimento di un accordo tra Israele e Palestina per la nascita di uno Stato Palestinese. Israele considera invece un accordo in tal senso del tutto ininfluente per la stabilità dello scacchiere mediorientale dove le crisi e i motivi di tensione arrivano da ben altri e più seri scenari, dalla Siria all’Egitto. L’insistenza di Obama, quasi un ricatto, sulla vicenda palestinese è ormai diventata una ossessione che nei fatti tende a evitare di affrontare i veri problemi del Medio Oriente, quasi fosse diventata una vera e propria scusa.
In conclusione, dietro all’apparente e cordiale dialogo tra Obama e Netanyahu si celano tensioni fortissime. Israele si sente tradito da questo Presidente “farfallina” che vola di fiore in fiore senza mai decidere veramente cosa fare, il tutto mentre l’Iran si avvicina a grandi passi all’arma atomica.
http://www.rightsreporter.org/tensione-israele-usa-il-discorso-netanyahu-allonu/
#4Emanuel Baroz
Israele: meglio antipatici che morti
di Noemi Cabitza
Negli Stati Uniti è in atto una vera e propria campagna di stampa tesa a denigrare le parole pronunciate dal Premier israeliano, Benjamin Netanyahu, alle Nazioni Unite. Netanyahu ha invitato il mondo a non credere alle parole di Hassan Rohani e ha detto che Israele è pronto a difendersi anche da solo dal rischio esistenziale rappresentato dal nucleare iraniano.
Le reazioni della stampa di sinistra vicina a Obama, primo fra tutti il New York Times, è stata veemente e in alcuni tratti persino offensiva. Netanyahu è stato accusato di essere una specie di guerrafondaio irresponsabile che esagera sul rischio rappresentato dal nucleare iraniano, che non vede l’ora di menar le mani insieme ai suoi alleati americani al Congresso. In molti negli USA credono alle parole di Rohani, forse più per coprire la vigliaccheria del Presidente Obama piuttosto che per reale convinzione. Resta il fatto però che dalla “operazione simpatia” di Hassan Rohani si è passati alla “operazione antipatia” dedicata a Benjamin Netanyahu colpevole solo di aver sbattuto in faccia al mondo la realtà iraniana.
Netanyahu è rimasto qualche giorno in più negli Stati Uniti proprio per cercare di convincere il pubblico americano che quello di Rohani è tutto un bluff e che se il mondo ci crederà ben presto ci ritroveremo con un Iran nucleare che sarà un pericolo per tutto il mondo e non solo per Israele. Lo ha fatto anche in una intervista alla NBC e alla CBS dove ha ribadito la ferma intenzione di Israele di difendersi dal rischio iraniano.
Eppure, secondo recenti sondaggi e nonostante le enormi contraddizioni iraniane, il popolo americano sembra credere veramente alle parole di Hassan Rohani e quando Andrea Mitchell della NBC ha fatto notare al Premier israeliano, fuori dagli schermi televisivi, che Israele rischia di diventare “antipatico” per la sua smania di difendersi, Netanyahu ha risposto che “è meglio essere antipatici che morti”.
Ed è questo forse lo spirito israeliano che alcuni americani – non tutti grazie al cielo – non comprendono. Gli americani non sono abituati a vivere sotto costante minaccia di estinzione come invece sono costretti a vivere gli israeliani. Gli americani possono anche guardare al lato “estetico e simpatico” o, se vogliamo, più diplomatico delle cose che li circondano, gli israeliano no. Loro devono sopravvivere e se per far questo devono risultare antipatici, il mondo se ne dovrà fare una ragione.
http://www.rightsreporter.org/israele-meglio-antipatici-che-morti/
#5Emanuel Baroz
e poi invece c’è chi continua a non capire….o a far finta di non capire!
http://www.partitodemocratico.it/doc/260624/rohani-una-chance-anche-per-damasco.htm