Le parole malate in tribunale
di Pierluigi Battista
La brutta notizia è che nei giorni scorsi in Appello è stata confermata la condanna di Peppino Caldarola e Antonio Polito, colpevoli, il primo come autore di un articolo satirico, il secondo come (allora) direttore responsabile del «Riformista», di aver bollato come antisemita una vignetta di Vauro in cui una donna ebrea veniva raffigurata come un mostro, con la stella di Davide affiancata provocatoriamente a un fascio littorio, e con il naso adunco in bella evidenza, tipico stilema dell’iconografia antiebraica da quasi un secolo a questa parte. La buona notizia è che almeno la beffa non si aggiunge al danno, perché è stata revocata la pena pecuniaria con cui i condannati (per i quali non esiste la libertà di critica e di satira) avrebbero dovuto gratificare le finanze di un vignettista che ha raffigurato un’ebrea con il naso adunco (qui la vignetta). La pessima notizia è che, appena celebrati i settant’anni della deportazione degli ebrei di Roma verso i campi di sterminio, nelle aule di giustizia italiane circolano quelle che Rosellina Balbi chiamava «parole malate» nei confronti degli ebrei anche in un ambiente istituzionale che si suppone impermeabile alle degenerazioni del linguaggio oltraggioso nei confronti del popolo ebraico.
E infatti, il giudice che presso la Procura di Roma ha confermato la condanna di Caldarola e Polito negando il contenuto antisemita della vignetta in cui Vauro ha mostrificato un’ebrea con il naso adunco, nel corso del suo intervento ha adoperato un termine sovraccarico di connotati negativi e cupamente legato a un passato che speravamo fosse stato superato: ha parlato di «razza ebraica». Ora, «razza ebraica» non si deve usare mai. Mai, per nessuna ragione. Perché oltre a essere un termine insensato sul piano scientifico, è offensivo e denota una rozzezza lessicale, un’ignoranza della storia e un’insensibilità che davvero lascia stupefatti. C’è un giudice a Roma che usa insomma impunemente «razza ebraica»: cosa dobbiamo pensare della giustizia romana e italiana?
Inoltre il giudice, senza nemmeno quel minimo di prudenza che si dovrebbe ritenere implicito nel ruolo ricoperto, ha liquidato così le rimostranze della comunità ebraica italiana che, d’accordo con Caldarola, si è sentita offesa dalla vignetta di Vauro su una donna ebrea tratteggiata con il naso adunco della tradizione antisemita: «gli ebrei sono suscettibili». Proprio così: «gli ebrei suscettibili». Lo sapevano i responsabili del Tribunale romano, del ministero della Giustizia, del Consiglio superiore della magistratura che a Roma c’è un giudice che considera «suscettibili» gli ebrei che si sentono oltraggiati dall’iconografia antisemita? Lo sapevano, proprio all’indomani della cerimonia con cui si è voluto ricordare la deportazione degli ebrei del 16 ottobre del ’43, che la «razza ebraica» viene considerata troppo permalosa, troppo ombrosa, troppo sospettosa? Suscettibili e con il naso adunco: insopportabili, no?
(Fonte: Il Corriere della Sera, 28 Ottobre 2013, pag. 31)
Nella foto in alto: il vignettista Vauro Senesi, sul quale evitiamo di esprimere il nostro pensiero. Ma siamo certi che i nostri lettori lo avranno capito lo stesso…
#1Parvus
Questi sono i comunisti, questi sono gli amici che gli ebrei “progressisti” si sono scelti, ai quali fanno da supporto nelle loro sceneggiate contro i cadaveri, convinti che i comunisti siano indignati per le vittime ebree.
comunisti invece sono, e vanno considerati, razzisti nemici.
Quanto ai magistrati, consiglierei la prudenza.
#2david
Sono totalmente d’accordo con Parvus.Però dico anche che a fronte a certi fatti, ebrei e chiunque altro volesse aderire’ tutti insieme dovremmo unirci e non lasciare da soli la signora Fiamma, Caldaroli,Polito. Fino alla CORTE europea se fosse necessario.Fantascienza? no! organizzazione: