I rifugi antibomba nella Striscia ci sono, ma non per i civili
Sotto Gaza ci sono più strutture di sicurezza che in ogni parte di Israele, ma Hamas le usa per tenere in salvo i missili e i suoi leader
Uno degli argomenti dei difensori di Hamas nel conflitto di questi giorni è che gli israeliani hanno rifugi antibomba e i palestinesi a Gaza no. L’assenza di rifugi è una delle ragioni della differenza di vittime tra le due parti del conflitto. Ma per qualche ragione nessuno dei mezzibusti della tv si è mai chiesto perché a Gaza i rifugi non ci sono. Israele sta usando misure senza precedenti per evitare l’uccisione di civili palestinesi quando attacca le postazioni missilistiche e i centri di comando di Hamas, ma nonostante questo i civili sono morti. Visto il numero degli strike israeliani, la cifra delle vittime palestinesi è piuttosto bassa. Ma ci sarebbero state meno vittime se i palestinesi avessero un posto dove rifugiarsi durante i bombardamenti.
Si ritiene che la Striscia di Gaza sia troppo povera per potersi permettere la costruzione di rifugi antibomba per i suoi civili, e questo aumenta l’impressione che i palestinesi siano vittime inermi che meritano la simpatia se non l’aiuto del mondo nel respingere l’assalto di Israele all’arsenale di Hamas. Questa visione è falsa. I tiranni di Gaza hanno fondi e materiale in abbondanza per costruire rifugi antibomba. E in effetti ne hanno costruiti moltissimi – solo che non sono per il popolo di Gaza. Come è noto, Gaza è un alveare di strutture sotterranee da un lato all’altro della Striscia. Queste non sono solo i più di 1.400 tunnel che collegavano Gaza all’Egitto e attraverso cui passavano ogni sorta di beni (razzi, munizioni, materiale da costruzione e beni di consumo) fino a che il governo militare del Cairo non ha fermato i traffici. Il problema principale che le Forze di difesa israeliane devono affrontare in questa campagna è lo stesso che hanno incontrato nel 2008 e nel 2012: i leader e i guerriglieri di Hamas si tengono al sicuro in un labirinto di rifugi costruiti in profondità sotto Gaza. C’è anche un sacco di spazio per proteggere migliaia di razzi e altri armamenti. Questi rifugi sono collegati tra loro da tunnel che attraversano tutta la Striscia: se si considera la dimensione di queste installazioni, potrebbero esserci più rifugi per chilometro quadrato a Gaza che in qualsiasi altra regione di Israele.
Se tutte queste strutture fossero aperte ai civili di Gaza, non c’è dubbio che il numero delle vittime diminuirebbe. Se i leader di Gaza e i loro sgherri armati emergessero dai loro sicuri rifugi sottoterra e lasciassero che i civili si mettessero al riparo allora forse mostrerebbero un po’ di coraggio. Invece usano i civili come scudi, lanciando missili vicino alle scuole, ammucchiando munizioni nelle moschee, e incitando i civili a fare da scudi umani davanti alle roccheforti di Hamas.
Il popolo di Gaza sta subendo le conseguenze della decisione cinica di Hamas di iniziare una guerra contro Israele. Gaza non ha rifugi antibomba per la popolazione. Ciò che ha è un movimento terrorista al potere che usa i civili come scudi umani. Gli abitanti di Gaza che tollerano questa situazione e gioiscono quando i loro governanti islamisti provocano il contrattacco di Israele lanciando missili sui civili israeliani non possono dare la colpa allo stato ebraico o al mondo per il loro destino. E qualsiasi cosa possiamo pensare della loro decisione di accettare questa situazione, l’assenza di rifugi a Gaza non può essere usata come argomento contro Israele che difende il suo popolo.
(Fonte: Il Foglio, 17 Luglio 2014)
#1Emanuel Baroz
Ecco come Hamas manovra i media occidentali. Linee guida per i giornalisti
di Bianca B.
Molto interessante quanto scoperto da Memri (http://www.memri.org/report/en/0/0/0/0/0/0/8076.htm) in merito alle linee guida diffuse da Hamas ai giornalisti occidentali presenti nella Striscia di Gaza. E’ una serie di “consigli” diffusa attraverso i social media, un video e supporti cartacei distribuiti agli stessi giornalisti. Ecco come si devono comportare i giornalisti e gli “attivisti” presenti a Gaza secondo il Ministero dell’Interno di Hamas in base al documento denominato “Be Aware – Social Media Activist Awareness Campaign“:
1 – prevenire la fuga di informazioni che potrebbero essere di valore militare per Israele;
2 – rafforzare gli sforzi di propaganda di Hamas al di fuori della Striscia di Gaza, sia nel mondo arabo e in Occidente;
3 – prevenire danni all’immagine di Hamas;
4 – tutte le vittime a Gaza sono “civili innocenti”;
5 – non mostrare missili, mortai o altri sistemi di arma che potrebbero nuocere all’immagine di Hamas;
6 – non mostrare rampe di lancio vicine ad abitazioni civili;
7 – non postare sui social media (in particolare Facebook) fotografie che mostrano il lancio di missili da abitazioni civili;
Andando nello specifico ecco un breve estratto delle linee guida contenute nel documento:
chiunque venga ucciso o martirizzato a Gaza o in Palestina dovrà essere definito “civile” a prescindere dalla sua appartenenza ad Hamas o alla Jihad Islamica e dal suo grado militare. Non dimenticare di aggiungere “civile innocente”
iniziare tutti i vostri rapporti con la dicitura “in risposta al crudele attacco israeliano” e concluderli con la frase “molte persone sono morte (martirizzate) dall’inizio dell’aggressione (o attacco) israeliana”. Iniziare sempre i rapporti aggiornando sul numero delle “vittime innocenti”
cercare di mettere sempre in dubbio la versione israeliana e parlare di “fonti inattendibili” quando si citano media israeliani o filo-israeliani
per gli amministratori delle pagine Facebook: non postare mai fotografie di uomini mascherati con armi pesanti per non rischiare la censura da parte di Facebook con la scusa che ci sia “incitamento alla violenza”. Assicurarsi di dire sempre “i razzi di fabbricazione locale sparati dalla resistenza in risposta al vile attacco israeliano e alla occupazione che spara deliberatamente missili verso Gaza e la West Bank”
Oltre a questo il Ministero dell’Interno di Hamas ha preparato una serie di consigli per gli attivisti che operano sui social media e che interagiscono dall’occidente e con l’occidente
Quando si parla in occidente è necessario utilizzare una dialettica di tipo politico, razionale e persuasiva. Evitare discorsi emotivi volti a elemosinare “simpatia per i palestinesi”. Evidenziare invece la vergogna della occupazione
Evitare di entrare in una discussione con un occidentale volta a convincerlo che l’olocausto è una menzogna. Questo tipo di discorso non paga. Cercare invece di mettere sullo stesso piano l’olocausto e l’occupazione.
Quando si parla della guerra con Israele iniziare sempre parlando dei numeri dei morti innocenti (martiri) e dei feriti. Cercare di focalizzare l’attenzione sulla sofferenza dei palestinesi a causa della aggressione israeliana.
Non pubblicare fotografie dei comandanti di Hamas, non lodare apertamente le loro vittorie quando si parla con un occidentale, non citare mai i loro nomi
Bene, memorizzate attentamente queste linee guida e ricordatevele quando vi troverete a guardare in TV un servizio da Gaza (specialmente quelli di alcuni “giornalisti”) o quando discuterete con qualche filo-palestinese sui social network. Vedrete che tutti (ma proprio tutti) seguono alla perfezione queste linee guida volte a capovolgere completamente la verità. Tenetele a mente perché vi serviranno a contrastare le tantissime menzogne che state sentendo e che sentire nei prossimi giorni, specie ora che è iniziata l’operazione di terra a Gaza.
http://www.rightsreporter.org/ecco-come-hamas-manovra-i-media-occidentali-linee-guida-per-i-giornalisti/
#2Emanuel Baroz
Per Hamas, finché c’è guerra, c’è ricchezza
http://ilborghesino.blogspot.it/2014/07/per-hamas-finche-ce-guerra-ce-speranza.html
#3Emanuel Baroz
Per Israele, i tunnel che portano armi e nemici sono più pericolosi dei razzi
di Rolla Scolari
MILANO – Il 25 giugno 2006, in un agguato di uomini armati appartenenti a Hamas a un gruppo di soldati israeliani lungo la frontiera della Striscia di Gaza, fu sequestrato il caporale Gilad Shalit. Il rapimento aprì un capitolo complicato per Israele, che si concluse cinque anni dopo, il 18 ottobre 2011, con lo scambio tra il giovane e 1.027 prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Nel giorno dell’imboscata e del rapimento, il soldato Shalit fu ferito da un commando palestinese emerso da un tunnel sotterraneo. I miliziani lo rapirono e lo trascinarono nella galleria, oltre il confine. L’operazione di terra israeliana iniziata alle dieci di sera di giovedì avrebbe secondo i vertici militari un obiettivo tattico immediato: la distruzione di tunnel sotterranei utilizzati dai gruppi armati palestinesi di Gaza per infiltrarsi nel territorio israeliano da una parte e dall’altra per contrabbandare armi – ma anche far passare carburante e beni di consumo – lungo la frontiera con l’Egitto.
Scrive il Wall Street Journal che secondo fonti della sicurezza israeliana le gallerie sotterranee di Hamas e di altri movimenti armati della Striscia sarebbero per Israele una minaccia più robusta perfino delle centinaia di razzi che da giorni cadono sul sud e sul centro del paese. Proprio un ultimo episodio, avvenuto giovedì, avrebbe spinto la dirigenza di Israele a decidere di dare il via a un’operazione di terra. Tsahal ha infatti sorpreso 13 membri di un commando palestinese mentre entravano in territorio israeliano attraverso una galleria sotterranea. Gli uomini sono stati respinti nel tunnel con l’intervento dell’aviazione.
In cinque anni i militari avrebbero individuato l’esistenza di almeno cinque tunnel sotterranei che attraversano il confine tra Gaza e Israele. Nel 2013, le unità israeliane hanno scoperto una galleria sotterranea lunga quasi due chilometri, scavata 18 metri sottoterra e rafforzata con 500 tonnellate di cemento. Gili Cohen sul quotidiano israeliano Haaretz spiega che secondo l’intelligence militare il movimento islamista avrebbe addestrato unità speciali nella costruzione di queste gallerie, spesso dotate di luce elettrica e linee telefoniche, armate di cariche esplosive per provocarne il collasso in caso di emergenza, scavate a una profondità che arriva anche a 20 metri nel sottosuolo.
I vertici militari israeliani, dopo dieci giorni di raid aerei che hanno fatto circa 260 vittime nella Striscia di Gaza, hanno deciso l’incursione di terra proprio per annientare la rete di tunnel. Per farlo, spiegano gli esperti militari, è necessaria la presenza di soldati sul campo, coperti dal fuoco dell’aviazione.
La rete di gallerie scavate dai palestinesi di Gaza non rappresenta una minaccia soltanto per gli israeliani. L’esercito egiziano, allora guidato ancora dal futuro presidente Abdel Fattah al Sisi, a marzo annunciò di aver distrutto 1.370 gallerie sotteranee che attraversavano gli appena 12 chilometri di confine tra la Striscia e il Sinai egiziano. I tunnel sotto la cittadina frontaliera di Rafah rappresentano per i cittadini di Gaza un canale per ottenere carburante, prodotti alimentari e beni di ogni tipo soprattutto da quando al Cairo siedono i militari ostili a Hamas, costola della Fratellanza musulmana egiziana. La nuova leadership egiziana ha infatti ristretto quasi totalmente il passaggio attraverso il valico di confine, e in questo modo ha sigillato ancora di più il milione e mezzo di abitanti della Striscia in 360 chilometri quadrati di costa. I gruppi armati continuano però a usare le gallerie per il contrabbando di armi e per tenere vivi i contatti tra i movimenti della Striscia e i gruppi estremisti del Sinai egiziano.
(Fonte: Il Foglio, 19 Luglio 2014)
#4Emanuel Baroz
La guerra immorale di Hamas
http://ilborghesino.blogspot.it/2014/07/la-guerra-immorale-di-hamas.html
#5HaDaR
Questo è quello che ci spetta… https://www.facebook.com/photo.php?fbid=790531340997710&set=np.115545529.100001502319618&type=1&theater¬if_t=notify_me …se non li facciamo fuori prima noi e se seguiamo l’idiozia ideologica di matrice cristiana che non permette di rispondere con estrema e preponderante forza – come fecero gli Alleati coi nazisti – ai SUPREMATISTI che predicano il genocidio degli infedeli o la loro sottomissione, secondo la formula classica islamica usata da TUTTI i musulmani, sin dai tempi del pedofilo assassino che chiamano “profeta”: أسلم تسلم Aslim Taslam, cioè: SOTTOMETTITI, DIVENTANDO MUSULMANO, AVRAI PACE… Che è una formula diventata addirittura “troppo moderata” non piú usata dagli islamisti d’oggidí, che non si fanno problemi a far fuori anche musulmani “meno radicali”, oltre che, NATURALMENTE, ogni Ebreo o Cristiano su cui possono metter le mani. Vi farebbe bene guardare qualche film IN ARABO, anche quelli piú moderati, prodotti in Egitto, Algeria, Tunisia, Libia, Libano, Iraq, ecc. che parlano della loro “gloriosa” storia di conquista di terre all’Islam…che è il DOVERE SOVRANO dei musulmani.
Non mi sottometterò (Islam significa sottomissione in Arabo) né mi abbasserò al livello dell’islamicamente corretto – Lan astaslem لن استسلم
Siamo di fronte a una minaccia mortale che si chiama Islam. L’Islam è un movimento politico-religioso totalitario e liberticida fondato sul Jihad, con molti punti in comune col nazismo (come Churchill scriveva oltre mezzo secolo fa). Uno dei suoi fondamenti è “territori in cambio di pace”: cioè se i non musulmani vogliono vivere in pace devono cedere la sovranità territoriale ai musulmani e in quel caso potranno continuare a sopravvivere come dhimmi, sebbene alla mercé dei musulmani, umiliati, discriminati e sottomessi alla Sharia, cioè quasi senza diritti civili. Lo scopo dell’Islam è sottomettere i non musulmani [Islam in Arabo vuol dire sottomissione, NON VUOL DIRE PACE!], imporre la legge islamica e la dhimmitudine in tutto il mondo, attraverso la conquista degli stati con mezzi occulti ed elettorali ove possibile, per mezzo del terrorismo ove necessario, spesso con una combinazione dei due metodi. Ci sono centinaia di milioni di praticanti e credenti dell’Islam, cosí come c’erano decine di milioni di credenti e praticanti del nazional socialismo. Cercano di tranquillizzarvi dicendovi che l’Islam è solo una religione, intesa in senso occidentale, cioè cristiano; il che è una menzogna, trattandosi di un sistema totalizzante, ma soprattutto intollerante e totalitario, in cui gli elementi giuridici, politici e di culto sono inseparabili. Per abbindolare il pubblico occidentale parlano di un’utopica “età d’oro” andalusa di fioritura e crescita, in cui – sostengono loro – l’Islam avrebbe coabitato pacificamente con Cristianesimo ed Ebraismo; tale asserzione, tuttavia, non ha una base storica ma solo propagandistica e ideologica [vedi, fra gli altri, il libro: Eurabia, di Bat Yeor, che ha raccolto fonti a iosa]. -HaDaR-
Chi mostra compassione per i crudeli alla fin fine è crudele coi buoni (Kohelet Rabba 7:16)