Estremismo islamico e alienazione. Le molte complicità occidentali
di Angelo Panebianco
Troppi indizi lasciano pensare che stia accadendo di nuovo. Nel XX secolo le società democratiche occidentali vennero sfidate da potenti movimenti politici totalitari. Quei movimenti politici trovarono simpatie, connivenze e alleanze all’interno di quelle stesse società democratiche. Si pensi ai tanti simpatizzanti del nazismo nell’Europa degli Anni Trenta. E, soprattutto, si pensi al comunismo sovietico. Per decenni e decenni la sua natura tirannica venne negata da milioni di uomini in Occidente (in particolare, nell’Europa latina). I movimenti totalitari del XX secolo poterono contare, nelle società europee rimaste democratiche, su quinte colonne estese, motivate e radicate.
L’estremismo islamico è certamente diverso da nazismo e comunismo. Non nasce in Europa, anzi le è totalmente estraneo. È anch’esso una ideologia politica totalitaria ma non è un figlio spurio della secolarizzazione. Si tratta di una ideologia che utilizza e piega ai suoi scopi una religione. A prima vista, non dovrebbe avere nulla di attraente per degli occidentali, non dovrebbe suscitare alcuna simpatia. Ma non è così. Sorprendentemente, incontra molta più cornprensione, fra certi occidentali, di quanta se ne potrebbe ragionevolmente aspettare. E la ragione forse, nella sua tragicità, è abbastanza semplice. Le società democratiche occidentali hanno sempre contenuto al loro interno quote più o meno ampie di persone che le odiano e vorrebbero distruggerle. Persone che di tali società rifiutano l’individualismo congenito, ne negano il carattere democratico, disprezzano i diritti di libertà di cui godono i loro concittadini, provano ripugnanza per il «materialismo» occidentale, per il fatto che le società democratiche siano soprattutto impegnate nella ricerca del benessere economico.
Si pensi a quelle mosche cocchiere che in Occidente sono sempre stati gli intellettuali. Come diceva l’economista Joseph Schumpeter, solo il capitalismo occidentale, fra tutte le formazioni sociali esistite, ha avuto la particolarità di allevare e mantenere un così grande stuolo di intellettuali (e di pseudo-intellettuali) che vorrebbero distruggerlo.
È questa incomprimibile quota di alienati, sempre presente, sia pure in proporzioni variabili, in tutte le società democratiche occidentali, a fornire, a seconda delle posizioni sociali occupate, manovalanza oppure copertura e appoggio intellettuale ai movimenti totalitari, a costituirne le quinte colonne.
Non andrebbe sottovalutata la dichiarazione del deputato dei Cinque Stelle di comprensione per il terrorismo islamico. Una dichiarazione, peraltro, che segue di una settimana un’altra dichiarazione, di un altro esponente Cinque Stelle, il quale manifestava simpatia per l’Isis, il Califfato siriano-iracheno. Una rondine non fa primavera ma uno stormo sicuramente sì. Si guardi cosa si è scatenato, non solo qui da noi ma in tutta Europa, in occasione del nuovo conflitto a Gaza. Le accuse ad Israele di genocidio (una parola che sembra aver perso il suo significato originario), addirittura — come recita un manifesto di intellettuali, con molte firme al seguito, circolante oggi in Italia — la richiesta di una nuova Norimberga contro lo Stato ebraico, Hamas fatta passare per una congrega di puri combattenti per la libertà. Solo crimini, e nessuna ragione, vengono imputati da costoro ad Israele. Anche in Europa, insomma, c’è un bel po’ di gente che vorrebbe «cancellare l’entità sionista». Per non parlare degli attacchi alle sinagoghe e delle minacce agli ebrei.
Certamente, nell’odio per Israele confluisce un antisemitismo mai sradicato che oggi preferisce mimetizzarsi, mostrarsi interessato alla causa palestinese. Ma gioca anche il fatto che in Medio Oriente
Israele è, con le sue peculiarità, la società più simile a quelle occidentali. E, in quanto tale, bersaglio, qui in Europa, di ostilità e disprezzo. Confrontate quanto i nemici europei di Israele hanno detto e scritto in questi giorni su Gaza con «l’assordante silenzio» che essi hanno rigorosamente mantenuto nei confronti delle stragi jihadiste di cristiani che si consumavano nello stesso momento. E capirete. L’ostilità per Israele è oggi il com denominatore, l’elemento che accomuna, e avvicina, gli europei alienati e l’estremismo islamico. E prepara i primi al ruolo di alleati del secondo. In nome della comune avversione al materialismo e all’individualismo occidentali.
Forse un messaggio sufficientemente netto, e sufficientemente condiviso dai suoi massimi esponenti, da parte della Chiesa cattolica, aiuterà in futuro, almeno qui in Italia, a circoscrivere il fenomeno. Il Papa ha preso una posizione forte e chiara sulla persecuzione in atto dei cristiani da parte dei jihadisti. Ma, in una intervista al Corriere (15 agosto), il segretario della Cei monsignor Nunzio Galantino, dopo avere detto molte cose condivisibili, ha dato anche al lettore l’impressione, sicuramente sbagliata, di mettere sullo stesso piano il «fondamentalismo» occidentale, l’ostilità di molti occidentali per l’islam, e le azioni dell’Isis e degli altri movimenti jihadisti. Un messaggio più chiaro sarebbe sicuramente di aiuto.
Certo, per sua natura (soprattutto la sua alterità culturale) l’estremismo islamico non farà comunque in Europa altrettanti proseliti dei movimenti totalitari del XX secolo. Ma una rete di complicità e di alleanze sicuramente si formerà. La storia si ripete. Speriamo che non sia ancora tragedia.
(Fonte: Corriere della Sera, 18 Agosto 2014)