Egitto: media, ordine di evacuare confine con Gaza in 48 ore
Per zona cuscinetto contro attacchi a soldati.Distrutti 9 tunnel
Il Cairo, 28 Ottobre 2014 – Le forze armate egiziane hanno cominciato il piano di evacuazione dei territori del Sinai lungo la frontiera con la Striscia di Gaza, dando agli abitanti 48 ore di tempo. Lo riferiscono alcuni media egiziani, ma non vi è ancora una conferma ufficiale.
Dopo i sanguinosi attacchi contro i militari di venerdì scorso nel nord del Sinai, dove sono morte decine di soldati, le autorità egiziane stanno pensando di creare una “zona cuscinetto” attorno al valico di Rafah (chiuso dopo la strage) per proteggere il confine e facilitare le operazioni dell’esercito.
Il piano di evacuazione riguarda gli abitanti di 820 case ai quali saranno consegnati alloggi nella città di Al Arish o il versamento di un’indennità.
Le guardie di frontiera egiziane hanno intanto distrutto 9 tunnel che collegavano Rafah con la Striscia, sequestrando due veicoli carichi di droga e munizioni di armi automatiche. Lo ha annunciato il portavoce delle forze armate, Mohammad Samir, sul suo profilo Facebook, nel quadro della campagna militare per la sicurezza delle frontiere dell’Egitto avviata dopo la strage di venerdì scorso nel nord del Sinai.
(Fonte: Ansa, 28 Ottobre 2014)
Nella foto in alto: militari egiziani
#1Emanuel Baroz
EGITTO/ Sinai da anni nel mirino del terrorismo
La strage dei 30 soldati uccisi nel nord del Sinai nel fine settimana in attacchi rivendicati più o meno indirettamente dall’Isis (ad operare sarebbero stati elementi del gruppo basato in Egitto Beit al Maqdis, i Partigiani di Gerusalemme) è soltanto l’ultimo di una lunga serie di episodi luttuosi della vita in quell’area. Azioni violente, con attacchi a caserme ed a posti di polizia erano cominciati già negli ultimi tempi del regime del rais Mubarak. Ci furono attentati a Taba, a Sharm El Sheikh, a Nuweiba, con la morte di decine di turisti, anche se non sempre le matrici furono chiaramente identificabili. Anche in passato le tribù beduine della penisola avevano accusato il governo centrale di disattenzione verso le loro richieste di assistenza ed i loro bisogni. Si erano sviluppate così attività spesso illegali, dalla coltivazione della canapa indiana, di cui alcune aree del Sinai sono state per anni produttrici intense, al traffico di armi e di immigranti, al sequestro di comitive di turisti che si recavano a visitare il monastero di Santa Caterina.
Nel 2013 ci fu persino un generale in pensione che intentò un’azione legale contro lo stesso monastero: sostenendo che il complesso, costruito nel sesto secolo dall’imperatore Giustiniano, nascondeva il sito del punto in cui secondo la leggenda Mosè fece sgorgare acqua per dissetare gli ebrei in fuga dall’Egitto, l’ufficiale accusò i 25 monaci greci che vi risiedevano di minacciare la sicurezza nazionale, in quanto stranieri. Chiese perciò la demolizione della costruzione, che sorge ai piedi del monte Sinai sul quale Mosè, secondo la Bibbia, avrebbe ricevuto da Dio le tavole dei dieci comandamenti.
Il contesto degli attentati della settimana scorsa, si è aggravato poco alla volta dalla rivoluzione di piazza Tahrir del 25 gennaio 2011. Nei giorni successivi cominciarono gli attacchi contro la condotta che dal nord del Sinai porta gas in Giordania e Israele. Seguirono poi attentati a sedi militari – anche quelle degli Osservatori della Forza Multinazionale (Mfo) – e della polizia, con l’uccisione di decine di uomini. Uno dei più gravi nella penisola arrivò poco lontano da Sharm al Sheikh, con un’autobomba che provocò la morte di cinque agenti nella sede della sicurezza di El Tour.
Fonti giornalistiche hanno spesso individuato tra le origini delle violenze i disagi delle popolazioni del nord del Sinai, dove il reddito medio annuale si calcola sia al livello di 300 dollari Usa, rispetto a quello stimato del centro del paese, di circa 1.400 dollari. Ma anche il rapporto del governo con la confinante Striscia di Gaza e gli esponenti di Hamas che la controllano (riavvicinati durante la presidenza Morsi nel 2013 ed ora di nuovo guardati con preoccupazione dal presidente Sisi ed il suo governo) è un’altra fonte di stress per gli abitanti del nord della penisola.
In tema, poi, di cultura religiosa avrebbero subito l’influenza dei vicini islamisti, così come di molti emigranti rientrati dopo anni di lavoro e di indottrinamento wahabita in Arabia Saudita.
Ciliegina sulla torta sembra essere il risentimento sollevato dalla convinzione diffusa di un accordo di cui si era parlato già durante la presidenza Morsi e che di recente la stampa israeliana ha attribuito anche a Sisi, smentito però come «assolutamente infondato» dalle fonti ufficiali: l’Egitto avrebbe offerto ai palestinesi un’area del Sinai di 1.600 chilometri – riporta un articolo dell’Osservatorio di politica internazionale Bloglobal – che estenderebbe di circa cinque volte il territorio attuale della Striscia di Gaza. Parte della popolazione vi verrebbe trasferita per alleggerire la pressione ai confini di Israele.
In cambio l’Autorità Nazionale Palestinese rinuncerebbe alla richiesta di sempre, sempre respinta da Israele: riportare i confini dei territori occupati a quelli antecedenti la guerra del 1967. Esista o meno un piano di questo tipo, è certo che l’area del Sinai, di cui da poco è stato festeggiato l’anniversario della riconquista egiziana, avvenuta nel 1973, è ora al centro di molte attenzioni. E gli osservatori internazionali escludono che il decreto presidenziale che due giorni fa ha istituito lo stato di emergenza in quell’area per tre mesi sia sufficiente a ridurre le tensioni, se non sarà accompagnato da provvedimenti di natura socio-economica vantaggiosi per quelle popolazioni.
http://www.online-news.it/2014/10/27/egitto-sinai-da-anni-nel-mirino-del-terrorismo/#.VFEh1hYuSbE
#2Emanuel Baroz
29 ottobre 2014 – Martedì le autorità egiziane hanno dato 48 ore di tempo ai residenti che vivono lungo il confine con la striscia di Gaza per evacuare le loro case affinché l’esercito le possa demolire per creare una zona cuscinetto tra il Sinai egiziano e il territorio palestinese controllato da Hamas. Lo hanno annunciato funzionari del Cairo spiegando che la zona cuscinetto, larga 500 metri e lunga 13 km, comprenderà trincee piene d’acqua per contrastare lo scavo di tunnel.
(Fonte: Israele.net)
#3Emanuel Baroz
EGITTO/ L’attentato nel Sinai e il ruolo (mancato) dell’Italia
di Augusto Lodolini
I soldati egiziani morti nell’attacco terroristico di venerdì scorso sono saliti a 33, tutta l’area del Sinai del Nord confinante con la Striscia di Gaza e Israele è in stato di emergenza e sotto coprifuoco, e il valico di Rafah, tra Gaza ed Egitto, è stato chiuso. Sarebbe un errore considerare questo come uno dei tanti tragici eventi che funestano quella tribolata frontiera.
Innanzitutto, non si tratta del “solito” kamikaze, ma di un attacco ben organizzato sul piano militare, il più grave degli ultimi anni, in una zona che ha visto già numerosissime vittime tra militari e forze di polizia egiziane nel tentativo di ripulirla dai gruppi estremisti e dai contrabbandieri, pure molto pericolosi. Si pensa che l’attacco sia opera di una fazione islamica molto attiva nel Sinai e ritenuta collegata ad Al Qaeda, ma non è da escludere un “interessamento” diretto dell’Isis.
Il presidente egiziano, il generale Al-Sisi, si è detto convinto di un appoggio esterno agli islamisti e ha accusato i Fratelli musulmani (e indirettamente la collegata Hamas), messi fuori legge dopo la destituzione del presidente Morsi da parte dell’esercito. Da parte loro, costoro hanno emesso un comunicato in cui condannano gli attacchi ai militari, ma ne addossano la responsabilità ad Al-Sisi e ribattono di essere un movimento pacifico che rifiuta la violenza.
Una prima conseguenza negativa degli attacchi è il peggioramento della situazione interna dell’Egitto, già alle prese con seri problemi economici, derivanti anche dalle difficoltà di una delle più importanti attività del Paese, il turismo, proprio per il succedersi di attentati, recentemente anche al Cairo. Vi è infatti il rischio di una crescita del controllo militare sul Paese, con l’estensione della giurisdizione dei tribunali militari che riporterebbe a una situazione simile a quella del regime di Mubarak, prima dei moti di Piazza Tahrir. La repressione dei Fratelli Musulmani ha già portato a molte condanne a morte e a migliaia di arresti.
L’Egitto, con i suoi 80 milioni di abitanti e per la sua posizione strategica, ha un ruolo nevralgico per la stabilità dell’Africa del Nord e del Medio Oriente, con diretta influenza su due dei maggiori problemi dell’area: Libia e Palestina. Anche il presidente palestinese Abu Mazen ha espresso il suo cordoglio al presidente egiziano per le vittime degli attacchi, dichiarandosi convinto della capacità dell’Egitto di sradicare il terrorismo. Anche Fatah, il movimento di Abbas, ha espresso la sua condanna per questi eventi, che considera “un attacco al progetto nazionale palestinese”.
Un’affermazione che potrebbe sembrare pretestuosa, tuttavia un altro esito degli attacchi è il rinvio dei colloqui indiretti tra Israele e Hamas che dovevano riprendere questa settimana al Cairo. L’immediata conseguenza sarà un rallentamento delle iniziative di ricostruzione a Gaza, dopo i danni della guerra, e un probabile ulteriore arresto nei già difficili colloqui per risolvere la questione palestinese, che danneggerebbe soprattutto Fatah.
http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2014/10/27/EGITTO-L-attentato-nel-Sinai-e-il-ruolo-mancato-dell-Italia/547516/
#4Emanuel Baroz
Il canale di Al Sisi per isolare Gaza e fermare la jihad
di Maurizio Molinari.
Il presidente Abdel Fattah al Sisi pensa ad un canale d’acqua per separare il Sinai dalla Striscia di Gaza, al fine di scongiurare l’arrivo in Egitto dei jihadisti dello Stato Islamico (Isis). A rivelare quanto sta maturando al Cairo è il giornale «Al-Masry alYoum», secondo cui sono stati i capi delle tribù beduine del Nord Sinai a suggerire il progetto del canale incontrandosi con i comandi militari dopo l’attacco che, venerdì, ha causato 33 vittime fra i soldati. Fonti del ministero della Difesa del Cairo spiegano che il progetto prevede la creazione di un corso d’acqua fra la città di Rafah – divisa a metà fra Egitto e Gaza – e il villaggio arabo di Karem Abu Salem, ovvero il valico di Keren Shalom con Israele. Si tratta di un percorso di 6 km che coincide con l’area dove sono più presenti i tunnel scavati da Hamas ed altri gruppi palestinesi per gestire traffici illeciti.
«In un primo momento avevamo pensato ad una zona cuscinetto lungo il confine» affermano le fonti militari, spiegando che «davanti alla necessità di spostare migliaia di persone» si è optato per il «canale d’acqua» che obbligherà a trasferire solo «alcune centinaia di persone». La realizzazione del progetto idrico ricadrà sui genieri militari – gli stessi a cui Al Sisi ha commissionato il raddoppio del Canale di Suez – e sarà sufficientemente profondo per costituire un’imponente barriera d’acqua per i trafficanti di Gaza. Sin dall’insediamento alla guida dell’Egitto, nel luglio 2013, Al Sisi ha inasprito la guerra ai tunnel di Gaza – giudicando Hamas un’alleata dei Fratelli Musulmani egiziani – inondandoli di letame, distruggendoli con esplosivi ed ordinando alle sentinelle di Rafah di fare fuoco su ogni cosa che si muove. L’idea del «canale di Gaza» porta alle estreme conseguenze tale approccio e si spiega con il fatto che, secondo fonti militari egiziane citate dal quotidiano «El Watan», l’attacco di venerdì è stato messo a segno dal gruppo jihadista Ansar Bayt al Maqdis – che ha aderito in agosto al Califfato di Abu Bakr al Baghdadi – grazie ad attentatori addestrati a Gaza da Mumtaz Durmush, capo del gruppo salafita Esercito dell’Islam. Sebbene Hamas neghi responsabilità dirette, il timore del Cairo si riflette nelle parole del generale Sameeh Beshadi, ex comandante militare del Nord Sinai, secondo il quale «i gruppi salatiti sono in grado di portare seri attacchi alle nostre forze armate grazie a una cooperazione con cellule palestinesi» capace di consentire a Isis di entrare in Egitto.
Tanto più che Adel Habara, leader islamico condannato a morte per terrorismo, dice dalla prigione: «Isis sta arrivando anche in Egitto». Avvalorando l’opinione di chi, come il direttore del Centro di studi strategici del Cairo Sameh Seif Yazal, ritiene necessario «evacuare tutti i civili da un’area lunga 8 km lungo il confine con Gaza dichiarandola zona militare chiusa» con un provvedimento dalle conseguenze più drastiche del canale idrico. Ironia della sorte vuole che durante il conflitto di agosto a Gaza «Gaza Canal» era il titolo di un video israeliano, molto popolare sul Web, che esorcizzava i timori della guerra ipotizzando il distacco per cause naturali della Striscia dalla terraferma.
(Fonte: La Stampa, 29 Ottobre 2014)
#5Emanuel Baroz
Egitto sotto attacco: chiuso il Sinai e i valichi con Gaza
http://www.rightsreporter.org/egitto-sotto-attacco-chiuso-il-sinai-e-i-valichi-con-gaza/
#6Parvus
Forse i mercenari di hamas sono andati a “disturbare” uno che non dovevano.
#7Emanuel Baroz
Il Cairo crea una zona cuscinetto a 14 km dal confine con Gaza
IL CAIRO – Il premier egiziano, Ibrahim Mahlab, ha emesso un decreto per isolare i distretti nord-orientali al confine con la Striscia di Gaza e scoraggiare i terroristi islamici e gli agenti di intelligence straniere a entrare e uscire dalla Penisola del Sinai. Sinora 260 abitazioni a Rafah, ai confini con la Striscia di Gaza, sono state evacuate per costruire una area cuscinetto di 14 chilometri, secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa statale “Mena”. Chiunque si rifiutera’ di lasciare la propria abitazione, secondo il decreto, sara’ sgomberato forzatamente. Gli abitanti della zona potranno usufruire di un corrispettivo di 42 dollari per tre mesi che consentira’ loro di pagare l’affitto delle case dove abiteranno e un risarcimento di 266 dollari per metro quadro delle case da cui sono stati sgomberati. Le autorita’ del Cairo stanno valutando la possibilita’ di costruire una barriera di otto miglia lungo i confini con Gaza in seguito agli attentati dello scorso 20 ottobre in cui sono rimasti uccisi 34 militari. “E’ un grande complotto contro l’Egitto”, aveva commentato sabato scorso il presidente Abdul Fatah al Sisi, il quale ha accusato soggetti esteri di essere responsabili di questi attacchi.
(Fonte: AGI, 30 Ottobre 2014)
#8Micol
Ed ovviamente nessuno ha avuto nulla da ridire al riguardo…i soliti pacifisti a senso unico!
#9Frank
Sapendo chi é l’esercito egiziano, ho molti dubbi che che agiscono con professionalità contro Hamas ai loro confini.