Ecco le previsioni dell’intelligence militare israeliana per il 2015
Un rapporto spiega che il medio oriente si sta disintegrando e per ora nessuno ha la forza di prendere decisioni.
di Daniele Raineri
Ogni fine anno l’intelligence militare di Israele scrive un rapporto che tenta di prevedere le minacce più grandi dell’anno seguente. Il rapporto è stato presentato ai leader politici e ai comandanti dell’esercito, in quella che è diventata ormai un’occasione quasi cerimoniale, e il sito del quotidiano Yedioth Ahronot ne ha pubblicato un riassunto.
Sul rapporto pesano questa volta due incertezze. La prima è che il governo di Israele cambierà dopo le elezioni di marzo, e quindi arriva alla vigilia di una transizione: potrebbe esserci un nuovo primo ministro al posto di Benjamin Netanyahu, ci saranno un nuovo governo, un nuovo capo di stato maggiore e forse un nuovo ministro della Difesa. Ma il resto del mondo “non aspetterà l’estate, che è più o meno quando il nuovo esecutivo si sarà insediato”. La seconda incognita è che la situazione in medio oriente è troppo complessa, tanto che gli analisti dell’intelligence non se la sono sentita di fare previsioni “con alto grado di certezza” per l’intero anno e si fermano ai primi mesi.
Uno dei temi principali è che il medio oriente e il nord Africa si stanno disintegrando in territori più piccoli e che non c’è più un landlord, un padrone con la forza di prendere e imporre decisioni. La Libia si sta di fatto dividendo in (almeno) tre parti e in un futuro prossimo potrebbe toccare anche a Siria, Iraq e Yemen. Gli Stati Uniti si sono comportati “da solisti” in medio oriente per anni ma adesso non fanno più una mossa se non sono dentro a una coalizione. In Siria hanno fatto una lega con gli arabi. In Iraq, hanno creato un’alleanza con altri paesi occidentali. Senza una coalizione alle spalle, sostiene il rapporto, Barack Obama non avrebbe cominciato la lotta contro lo Stato islamico e sarebbe rimasto a guardare, senza aiutare i curdi a Erbil e Kobane e i sunniti moderati ad Aleppo.
I russi, che sono accorsi in aiuto della Siria in molte battaglie importanti contro i ribelli, hanno perso le speranze nell’esercito siriano. Esperti siriani e iraniani, che lavorano fianco a fianco sul campo, sono già arrivati alla conclusione che l’esercito non riuscirà a ottenere risultati e a rovesciare la situazione. Per questo Mosca tenta di lavorare a un compromesso tra i ribelli e il regime di Bashar el Assad che porterà a una divisione dei poteri nel paese – e gli americani stanno facendo lo stesso. Questo non impedisce ai russi di scaricare ogni settimana una nave piena di armi per l’esercito di Assad – dai proiettili per i kalashnikov ai razzi – nel porto di Tartus.
La Siria non c’è più: esiste ancora la “piccola Siria” di Assad, che controlla il 20-30 per cento del paese. Il resto è ormai formato da cantoni indipendenti che si fanno la guerra l’un l’altro e a Israele interessa in particolare quello che succede sulle alture del Golan. Per ora gli israeliani stanno dando aiuto umanitario ai ribelli siriani moderati dall’altra parte del reticolato sul Golan, che consiste soprattutto in cure mediche per i feriti. L’obiettivo è creare e conservare una zona cuscinetto che separi il confine israeliano dal contatto diretto con gruppi come Jabhat al Nusra (che è al Qaida in Siria) e lo Stato islamico.
Sul Golan però c’è anche Hezbollah, che gode dell’appoggio dell’esercito di Assad. Il gruppo armato libanese è nemico di al Qaida ma anche di Israele. Uno dei reparti in quella zona è agli ordini del figlio di Imad Mughniyeh, che è stato uno dei nemici più temuti da Israele perché organizzava attentati all’estero (fu ucciso in circostanze non conosciute a Damasco nel 2008). Un altro reparto è agli ordini di Samir Kuntar, un comandante di Hezbollah che fu liberato da Israele in cambio dei corpi di due soldati catturati sul confine libanese (è interessante che Tel Aviv [GERUSALEMME!!!] faccia uscire questi dettagli, come a sottolineare che vede cosa succede dall’altra parte del confine).
Il rapporto dell’intelligence militare dice anche che il problema delle armi chimiche in Siria non sarà risolto nemmeno nel 2015. Nota che l’organizzazione che se ne occupa, l’Opcw, deve ancora dichiarare chiuso il dossier e che ci sono ragioni per credere che il regime di Assad stia ancora nascondendo agenti chimici.
Lo Shin Bet è contrario all’accordo americano con Teheran sul programma nucleare militare, anche se non è sicuro che l’America e l’Iran arriveranno effettivamente a firmarlo. Se lo firmano sarà un male per Israele, ma in caso contrario potrebbe anche succedere che le sanzioni e il basso prezzo del petrolio inneschino una spirale negativa e fuori controllo, che porterà alla deposizione del presidente Hassan Rohani e all’ascesa al potere delle Guardie rivoluzionarie.
(Fonte: Il Foglio, 30 Dicembre 2014)
#1Emanuel Baroz
Un anno di Medio Oriente
http://www.progettodreyfus.com/un-anno-di-medio-oriente/
#2Emanuel Baroz
Rapporto intelligence Israele: il 2015 sarà un anno durissimo per il Medio Oriente
di Noemi Cabitza
Come ogni fine anno lo Shin Bet ha rilasciato il suo rapporto di previsione per l’anno che verrà. A leggerlo c’è di che preoccuparsi per il 2015 anche perché Israele sta vivendo un momento politico particolare. Ma non sono solo i potenziali pericoli che corre lo Stato Ebraico a preoccupare, è tutto il quadro in Medio Oriente che fa dire allo Shin Bet che questo è senza dubbio il periodo più buio e oscuro per tutta la regione.
Il quadro generale
Le antenne dello Shin Bet segnalano una situazione drammatica a livello sociale in tutta la regione e questo avrà certamente un impatto negativo sulla sicurezza e sulla stabilità regionale. In particolare preoccupano le situazioni in Siria, Iraq, Libia e Somalia. Ma anche l’Iran potrebbe subire dei cambiamenti sociali che potrebbero portare le Guardie della Rivoluzione al potere. Un altro Paese che preoccupa non poco è l’Egitto dove la situazione sociale non migliora come ci si aspettava dopo i danni fatti dal regime della Fratellanza Musulmana.
La Siria
Quello siriano è senza dubbio il quadro che più preoccupa l’intellegence israeliana. Il Paese è sostanzialmente diviso in tre parti, una ancora in mano al regime di Assad, una in mano allo Stato Islamico e una in mano ai ribelli “moderati” laici. E’ sulla Siria che si combatte anche una battaglia tra le potenze mondiali, una battaglia che vede gli Stati Uniti soccombere di fronte all’alleanza tra la Russia di Putin e l’Iran degli Ayatollah appoggiati anche da Hezbollah. In questa battaglia il terzo incomodo è lo Stato Islamico che ha saputo approfittare della mancanza di un vero “Stato leader” regionale, un ruolo che prima di Obama era appannaggio degli Stati Uniti ma che ora sembra non appartenere a nessuno. Per Israele (ma per tutto il mondo) questa è senza dubbio la situazione più esplosiva e potenzialmente pericolosa per un eventuale conflitto su larga scala. Fino ad oggi le Alture del Golan sono state interdette agli estremisti islamici (salvo qualche episodio) ma lo Shin Bet prevede che saranno proprio le Alture del Golan il prossimo obbiettivo vero campo di battaglia su cui si scontreranno gli schieramenti estremisti e quelli guidati dall’Iran ed Hezbollah che sostengono il regime di Damasco. E qualunque sia il risultato che ne uscirà Israele si troverà ad affrontare una minaccia letale proprio sui suoi confini nord, una minaccia che potrebbe allargarsi anche al Libano meridionale nel caso siano gli iraniani ad averla vinta. Poi c’è il discorso delle armi chimiche siriane. Ormai c’è la sicurezza che Assad abbiai nascosto una cospicua fetta del suo arsenale chimico agli ispettori dell’Onu e se questo arsenale finisse in mani sbagliate (Hezbollah o Stato Islamico che sia) il pericolo che correrebbe Israele sarebbe enorme. Per questo il consiglio che il rapporto forniisce ai governanti israeliani è quello di fare di tutto affinché le Alture del Golan non cadano nelle mani sbagliate. La questione è vitale e, se necessario, sarebbe opportuna anche una “occupazione preventiva” o comunque una serie di azioni volte a non permettere alle “forze ostili” di stabilirsi in pianta stabile sul Golan. In particolare preoccupa la zona a nord di Quneitra dove si trovano una serie di villaggi drusi che fungono da base per azioni ostili contro Israele. Questi villaggi sono sotto controllo di due unità operative di Hezbollah. Una di loro è sotto il comando del figlio di Imad Mughniyeh, l’uomo che ha curato le attività terroristiche di Hezbollah all’estero e che è stato eliminato da Israele nel 2008. Un secondo gruppo è sotto il comando di un altro volto noto, Samir Kuntar, il terrorista assassino di bambini rilasciato da Israele in cambio dei corpi di due militari israeliani uccisi in Libano (Eldad Regev e Ehud Goldwasser).
La Libia
L’altro scacchiere che lo Shin Bet inquadra come potenzialmente pericolosissimo per Israele è la Libia, anche se geograficamente parlando appare meno pericoloso di quello siriano. La Libia e divisa sostanzialmente in tre parti, la Cirenaica a est, la Tripolitania a ovest e la regione di Fezzan nel sud. Questa situazione potrebbe seriamente destabilizzare l’Egitto con drammatiche ripercussioni su Israele. Anche in questo caso appare evidente come l’assenza di una grande potenza come gli Stati Uniti favorisca l’estremismo islamico.
Il Sinai
Tornando più vicino ai confini di Israele, l’altra zona ad alto rischio è il Sinai dove operano i terroristi di Ansar Bait al-Maqdis, un tempo legati ad Al-Qaeda e ora legati allo Stato Islamico, ISIS. Poche settimane fa il capo del ISIS, Abu Bakr al-Baghdadi, ha annunciato per la prima volta dalla nascita del califfato che Israele è uno degli obbiettivi del ISIS e dei gruppi ad esso legati. Lo Shin Bet prevede quindi che presto il gruppo di Ansar Bait al-Maqdis possa colpire obbiettivi israeliani nel sud di Israele.
L’Iran
Ma il pericolo più grande per Israele rimane l’Iran. E non è solo il programma nucleare a preoccupare ma anche la situazione interna che potrebbe portare nel giro di poco tempo i Guardiani della Rivoluzione al potere. Infatti, nonostante il forte allentamento delle sanzioni a seguito di accordi con gli Stati Uniti e con la UE, la situazione sociale in Iran rimane drammatica. Di questo ne potrebbero approfittare proprio i Pasdaran per destituire Hassan Rohuani. Da mesi ci sono segnali importanti che vanno in questa direzione. A risentirne sarebbe tutta l’area compreso il Libano dove gli Hezbollah sono legati a doppio filo proprio ai Pasdaran i quali sono tra i più ferventi sostenitori di un attacco massiccio a Israele. Il programma nucleare iraniano resta comunque in cima alla lista dei pericoli mortali per Israele.
Le minacce globali
Il rapporto affronta poi in maniera dettagliata le minacce globali derivanti dalla Jihad globale ormai apertamente combattuta su diversi fronti, da quello Somalo al Kenya, dalla Nigeria al Sudan, dallo Yemen alla Indonesia. Anche in questo caso è la drammatica situazione sociale a fornire agli Jihadisti il terreno fertile su cui lavorare. E’ evidente che la Jihad globale esplode dove la situazione sociale è peggiore e se ne approfitta a grandi mani.
Concludendo questa breve analisi del lunghissimo rapporto dove non abbiamo volontariamente affrontato il discorso di Hamas perché merita un articolo a parte, il 2015 si presenta come uno degli anni più bui e difficili per tutto il Medio Oriente e in particolare per Israele che si trova, quest’anno ancora più del solito, ad affrontare minacce mortali che arrivano da ogni direzione.
http://www.rightsreporter.org/rapporto-intelligence-israele-il-2015-sara-un-anno-durissimo-per-il-medio-oriente/
#3Emanuel Baroz
Il 2015 di Hamas: cosa dice il rapporto dello Shin Bet
di Noemi Cabitza
Due giorni fa abbiamo analizzato una parte del rapporto presentato come ogni anno dallo Shin Bet lasciando deliberatamente fuori dall’analisi la parte del rapporto che riguardava Hamas in quanto riteniamo che quella parte debba essere affrontata a parte. Oggi analizzeremo proprio quella parte che contiene importanti analisi viste non solo sotto la prospettiva israeliana ma anche in prospettiva globale.
Il fatto cruciale: accordo tra Qatar ed Egitto
Il fatto che lo Shin Bet definisce cruciale per partire ad analizzare con correttezza quello che sarà il 2015 di Hamas è quello dell’accordo tra Qatar ed Egitto, un accordo voluto fortemente dai Paesi del Golfo e in particolare dall’Arabia Saudita che prevede (riassumendo brevemente) un progressivo riavvicinamento dei due Paesi e la ripresa delle relazioni diplomatiche a determinate condizioni, tra le quali la chiusura della sede di Al-Jazeera in Egitto, lo stop immediato dell’invio dei fondi ad Hamas da parte del Qatar, la fine dei finanziamenti alla Fratellanza Musulmana (sempre da parte del Qatar) mentre da parte egiziana c’è l’impegno a togliere il blocco alla Striscia di Gaza e a far passare gli aiuti umanitari a condizione però che il tutto venga gestito dalla Autorità Nazionale Palestinese (ANP) e non da Hamas. Tra le pieghe dell’accordo c’è anche l’espulsione dal Qatar del capo di Hamas, Kaled Meshaal, il quale sembra essere indirizzato a trasferirsi a Teheran o, in alternativa, in Turchia dove Hamas dispone già di una sede operativa.
Le conseguenze dell’accordo tra Qatar ed Egitto
Per Hamas le conseguenze di questo accordo potrebbero essere devastanti. Prima di tutto con il venire meno dei fondi del Qatar la situazione economica di Hamas, già molto compromessa dal blocco egiziano, potrebbe rapidamente precipitare con conseguenze sociali e politiche inimmaginabili. Già nei giorni scorsi la polizia di Hamas ha provveduto a un severo giro di vite verso i dissidenti proprio per paura che si scateni una rivolta popolare. La situazione della ricostruzione di Gaza va molto a rilento e non sono pochi ad aver capito dove stanno le colpe (cioè in Hamas). Di contro questo accordo potrebbe spingere Hamas nelle braccia degli Ayatollah iraniani e portare in breve tempo a un nuovo conflitto armato con Israele. Da sempre ogni volta che Hamas è stato messo alle strette ha reagito facendo in modo di scatenare una guerra con Israele e i segnali arrivati nei giorni scorsi, con un aumento delle attività terroristiche lungo il confine, non sono rassicuranti.
Il ruolo dell’Iran e di Hezbollah
Venendo meno i fondi e l’appoggio del Qatar i terroristi di Hamas sono costretti a rivolgersi altrove e l’Iran è senza dubbio il candidato favorito al ruolo di sostenitore del terrorismo palestinese. La scorsa settimana Kaled Meshaal è volato a Teheran dove ha avuto rassicurazioni sull’appoggio militare e finanziario da parte iraniana. Ma anche i messaggi che arrivano da Hezbollah sono chiari: Hezbollah appoggerà militarmente Hamas in caso di nuovo conflitto con Israele. Lo ha detto pochi giorni fa Hassan Nasrallah alla TV di Hezbollah, Al-Manar.
Il ruolo occulto (ma non troppo) della Turchia
Un altro attore regionale da tenere sul radar della intelligence israeliana è la Turchia. Alleato di ferro del Qatar non ha ben digerito l’accordo con l’Egitto. La Turchia potrebbe far valere il suo peso più in Cisgiordania che a Gaza, aiutando le cellule di Hamas a prendere il potere in West Bank abbattendo la ANP. Ci hanno già provato a metà di quest’anno senza pero riuscirci ma lo Shin Bet ritiene che il piano sia tutt’altro che accantonato. E il progressivo aumento delle tensioni in Cisgiordania non lasciano purtroppo presagire nulla di buono.
Le previsioni dello Shin Bet
Nel 2015 lo Shin Bet prevede un progressivo innalzamento della tensione lungo il confine con Gaza e in Cisgiordania. L’insieme degli elementi sopra esposti fanno credere agli analisti israeliani che Hamas farà di tutto per prendere il potere in Cisgiordania e, con molta probabilità, userà ancora l’arma del conflitto con Israele per farlo. Il grosso fallimento della guerra scoppiata in luglio è stato proprio quello di non essere riusciti a scatenare la terza intifada, o almeno di non averla scatenata su larga scala. Lo Shin Bet ritiene fortemente probabile che Hamas ci riproverà sin dai primi mesi del 2015. L’intelligence israeliana ha le prove che Hamas ha acquistato cemento da almeno 8.000 proprietari di case, cemento che doveva essere usato per la ricostruzione delle abitazioni civili ma che invece viene usato per la ricostruzione dei tunnel distrutti con la guerra della scorsa estate. Nel rapporto vengono espressamente citate le gallerie di Shujaiya e Khan Younis definendole come in “avanzato stato di ricostruzione”. L’attuale situazione politica israeliana potrebbe inoltre favorire i piani di Hamas in particolare perché, secondo lo Shin Bet, c’è poco coordinamento tra Israele e Nazioni Unite sul controllo delle merci che vengono introdotte nella Striscia di Gaza, un coordinamento ulteriormente minato proprio dallo stallo politico in Israele.
http://www.rightsreporter.org/il-2015-di-hamas-cosa-dice-il-rapporto-dello-shin-bet/