L’Aia e l’assurda liturgia dei processi anti Israele
di Pierluigi Battista
L’Onu è quell’ente mondiale faraonico, costoso e inutile che si fa umiliare a Srebrenica e in Ruanda, mette a capo della commissione sui Diritti umani nazioni che i diritti umani li fanno a brandelli e chiama a dirigere la commissione sui Diritti delle donne Nazioni in cui le donne sono legalmente stuprate, fustigate e lapidate.
Poteva forse la Corte internazionale di giustizia dell’Aia, che delle Nazioni Unite è emanazione, non emularne le iniziative grottesche? Certo che no. E infatti, invece di perseguire i tiranni sanguinari alla Mobutu, i professionisti della pulizia etnica, la Cina che ha massacrato il Tibet, i fanatici che stanno violentando le bambine in Nigeria e sgozzando gli insegnanti, i Paesi arabi «moderati» in cui è pratica corrente la decapitazione delle donne e la somministrazione di centinaia di frustate ai blogger «blasfemi», gli scherani di Hamas che ammazzano a gruppi i «collaborazionisti», ossia i dissidenti fucilati a Gaza come monito per chiunque osasse profferir parola, il carnefice Assad che usa armi chimiche e ha raso al suolo Aleppo trucidando migliaia di bambini, invece Insomma di operare con un minimo di decenza e di rispetto per la parola «giustizia» che campeggia sulle sue insegne, cosa fa la Corte dell’Aia? Apre a gentile richiesta di massacratori seriali un’inchiesta sui «crimini» di Israele che sarebbero stati commessi a Gaza. Assad al calduccio, protetto dall’Onu. Israele, alla sbarra.
Finora l’inutilità della Corte internazionale si è manifestata secondo questo principio: accanirsi con i dittatori deposti e inoffensivi, come Mllosevic, ed emettere ridicoli mandati di cattura contro uno stragista come il presidente del Sudan Al Bashir, responsabile dei massacri del Darfur. Ovviamente Al Bashir si fa beffe di quel mandato di cattura. Prendersela con chi non conta più niente è più facile, e giustifica le spese sostenute per tenere in piedi un tribunale che con molta saggezza gli Stati Uniti continuano a boicottare per non sottoporsi al riti di una tragica messinscena.
Ora c’è un altro modo facile facile per guadagnarsi il consenso dei dittatori internazionali e dei teorici delle pulizie etniche: prendersela con Israele. A pochi giorni dalla strage nel supermarket kosher di Parigi, mentre i Parlamenti europei danno una mano ad Hamas, si inizia ad inscenare la grande liturgia in cui il malvagio Israele viene indicato come il male assoluto. E non c’è niente da ridere.
(Fonte: Corriere della Sera, 19 Gennaio 2015)
#1Emanuel Baroz
L’adesione palestinese alla Corte Penale Internazionale: come gettare al vento 22 anni di negoziati
http://www.progettodreyfus.com/ladesione-palestinese-alla-corte-penale-internazionale-come-gettare-al-vento-22-anni-di-negoziati/
#2Emanuel Baroz
I palestinesi cercano di sfruttare la “disposizione Israele” della CPI
http://www.progettodreyfus.com/i-palestinesi-cercano-di-sfruttare-la-disposizione-israele-della-cpi/
#3Emanuel Baroz
Corte Penale Internazionale, un boomerang per i palestinesi
http://www.progettodreyfus.com/corte-penale-internazionale-un-boomerang-per-i-palestinesi/
#4Emanuel Baroz
La Corte Penale Internazionale è prevenuta nei confronti di Israele?
http://www.progettodreyfus.com/la-corte-penale-internazionale-e-prevenuta-nei-confronti-di-israele/
#5Emanuel Baroz
Corte di ingiustizia
La Corte Penale Internazionale ha molti problemi, ma il più grave è la sua incapacità di distinguere tra il bene e il male
Editoriale del Jerusalem Post
La Corte Penale Internazionale avrebbe potuto essere un organismo fortemente innovativo. Si immagini un autocrate come Bashar Assad, che ha usato armi chimiche per uccidere centinaia, se non migliaia, di cittadini siriani, trascinato davanti a un tribunale e condannato per crimini di guerra. Si immagini i mullah iraniani, i teocrati sauditi, i terroristi talebani in Afghanistan e Pakistan chiamati a rispondere di crimini contro l’umanità per la persecuzione degli omosessuali, delle minoranze cristiane, dei dissidenti politici, delle donne. Si immagini un capo genocida come il presidente sudanese Omar al-Bashir non solo incriminato dalla Corte Penale Internazionale per aver cercato di annientare le tribù Fur, Masalit e Zaghawa, ma portato anche fisicamente sul banco degli imputati a L’Aia e condannato a un’interminabile pena detentiva.
Una siffatta Corte Internazionale infonderebbe la speranza che nessuna di queste spaventose ingiustizie – genocidi, crimini di guerra, crimini contro l’umanità – possa rimanere impunita. Di più. Garantendo un imparziale forum internazionale in grado di pronunciarsi su tali ingiustizie, una Corte Internazionale veramente funzionante potrebbe anche attenuare le orribili cicatrice settarie che derivano da linciaggi extragiudiziali come quelli subiti da Muammar Gheddafi o dai figli di Saddam, Uday e Qusay Hussein. Inoltre, cosa ancora più importante, regolari procedimenti giudiziari permetterebbero all’accusa di articolare le imputazioni dando spazio e voce alle vittime, mentre gli imputati sarebbero chiamati a rispondere pubblicamente dei loro crimini. Il processo del 1961 a Gerusalemme contro Adolf Eichmann, che contemplò centinaia di testimonianze di sopravvissuti trasmesse alla radio, rappresentò un momento di catartica presa di consapevolezza in Israele e nel resto del mondo.
Purtroppo, non è accaduto niente di tutto questo. Evidentemente la Corte Penale Internazionale ha tutta una serie di problemi, ma il più sostanziale è la sua incapacità di distinguere tra il bene e il male. Non c’è altro modo per spiegare la decisione presa venerdì dal procuratore Fatou Bensouda di avviare un esame preliminare su presunti “crimini di guerra” commessi dalle Forze di Difesa israeliane durante l’operazione anti-terrorismo “Margine protettivo” della scorsa estate.
I procuratori della Corte Internazionale hanno detto che esamineranno i crimini che potrebbero essere stati commessi a partire dal 13 giugno 2014, cioè appena prima che Israele lanciasse l’offensiva militare contro Hamas nella striscia di Gaza per fermare i (precedenti) lanci di razzi contro la popolazione civile israeliana e per distruggere decine di tunnel prima che i terroristi potessero usarli per infiltrarsi in Israele e assassinare civili. È interessante notare che il 13 giugno cade esattamente un giorno dopo il sequestro e assassinio a sangue freddo di tre adolescenti israeliani per mano di una cellula di palestinesi affiliati a Hamas.
Per arrivare alla decisione di mettere sotto esame Israele, il procuratore Bensouda ha dovuto impavidamente superare una serie di ostacoli sia tecnici che morali. In primo luogo, ha dovuto accettare che la “Palestina” figuri come uno Stato sovrano (volutamente ignorando, come ha ricordato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che per il diritto e gli accordi internazionali i palestinesi potranno avere il loro Stato solo attraverso negoziati diretti con Israele). Infatti la Corte può giudicare solo crimini commessi nel territorio di Stati sovrani che accettino la giurisdizione della Corte Internazionale (a meno che il caso non venga sottoposto alla Corte Internazionale direttamente dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il che accade raramente).
Inoltre, Bensouda ha dovuto giungere alla conclusione che il sistema giudiziario israeliano è insufficiente e non si occupa adeguatamente delle accuse avanzate dai palestinesi di Gaza e Cisgiordania. In virtù del principio di complementarità, infatti, la Corte Internazionale non deve intervenire se uno Stato ha in vigore un sistema giuridico che è capace e pronto a indagare e, se necessario, perseguire ogni eventuale crimine.
Infine, e più significativamente, Bensouda ha dovuto ignorare il fatto che Hamas è una riconosciuta organizzazione terroristica il cui statuto politico ufficiale contiene gli antisemiti Protocolli dei Savi di Sion e propugna il genocidio degli ebrei che vivono in Israele; e che Hamas, mettendo in pratica la sua dottrina, prende intenzionalmente di mira le popolazioni civili israeliane con razzi, cecchini e cellule terroristiche che cercano sistematicamente di infiltrarsi in Israele.
Il procuratore Bensouda è nota per la sua predilezione a mettere sotto accusa le democrazie. Lo scorso dicembre ha annunciato che sta “valutando le prove disponibili” a carico delle forze degli Stati Uniti, come se gli Stati Uniti non avessero un sistema giuridico pienamente funzionante in grado di trattare ogni segnalazione di reato. C’è poco da stupirsi, dunque, se nella lista dei 122 paesi che hanno accettato la giurisdizione della Corte Penale Internazionale non figurano né gli Stati Uniti né Israele: due paesi che desiderano giustamente proteggere i propri militari da processi politicamente motivati, condotti in violazione delle stesse norme che la Corte Internazionale si è data.
Resta il fatto tragico che un organismo giudiziario, che avrebbe potuto rappresentare una forza del bene, non solo si è dimostrato inefficace nel combattere il male, ma si è lasciato usurpare da un programma politico semplicemente anti-occidentale che lo ha condotto a confondere il bene con il male.
(Fonte: Jerusalem Post, 18 Gennaio 2015)
http://www.israele.net/corte-di-ingiustizia-2