Liberare l’Italia sognando Israele. E Churchill lanciò la Brigata ebraica
Verso il 25 aprile settant’anni dopo. I reduci diserteranno il corteo per la presenza di sigle filopalestinesi.
di Paolo Rastelli
«Combatteremo il Libro Bianco come se non ci fosse Hitler e combatteremo Hitler c0-me se non ci fosse il Libro Bianco». In queste parole di David Ben Gurion, leader sionista e futuro primo premier dello Stato di Israele, è contenuto iI germe della Brigata ebraica, l’unità militare composta quasi unicamente di ebrei che avrebbe combattuto con valore nelle ultime fasi della Campagna d’Italia, tra il novembre 1944 e l’aprile 1945.
Un’unità militare i cui reduci hanno però annunciato che non prenderanno parte a Roma alle celebrazioni del settantesimo anniversario del 25 aprile, in polemica con la presenza nel corteo dei centri sociali e delle associazioni filopalestinesi ostili a Israele. In queste ore si sta tentando una riconciliazione ma gli ex della Brigata ebraica restano decisi sulle loro posizioni, con la stessa determinazione con cui combatterono nella Seconda guerra.
Nel 1939 il governo britannico aveva pubblicato un Libro bianco che ridefiniva in termini assai restrittivi la propria politica in termini di immigrazione ebraica in Palestina (controllata fin dalla fine della Grande guerra dalla Gran Bretagna su mandato della Società delle Nazioni).
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale nel 1939, quindi, i rapporti tra Agenzia ebraica (l’organizzazione politica dei sionisti in Palestina) e governo di Londra non avrebbero potuto essere più tesi. Ma Ben Gurion capì subito che promettere aiuto militare agli inglesi attraverso la costituzione di unità ebraiche avrebbe rafforzato la coscienza nazionale dei suoi connazionali ancora in attesa di una patria e fornito alle unità dell’esercito clandestino ebreo-palestinese (che si era venuto formando negli anni 20 e 30 come organizzazione di autodifesa contro le aggressioni arabe e la polizia inglese) un indispensabile addestramento militare da professionisti. Inoltre avrebbe rappresentato una moneta politicamente spendibile nella lotta perché la comunità internazionale accettasse la costituzione di uno stato ebraico. Senza contare che, pur se l’Olocausto era ancora di là da venire, la politica antisemita dei nazisti, con le ripetute violenze e vessazioni contro gli ebrei tedeschi, era già ben nota e aveva contribuito, tra l’altro, a favorire l’avvicinamento tra i capi arabi e le gerarchie naziste in funzione anti britannica.
Ma anche il governo di Londra sapeva fare i suoi conti e la proposta di Ben Gurion e di Chaim Weizmann (il fondatore e leader dell’Agenzia ebraica) di costituire unità militari composte di soli ebrei venne rifiutata. Tuttavia i giovani ebrei si arruolarono ugualmente: furono circa 33 mila quelli che accorsero sotto le bandiere britanniche, combattendo in Grecia e Nord Africa. Poi, a metà del 1942, l’armata italo-tedesca guidata da Erwin Rommel arrivò a minacciare l’Egitto. Il bisogno di uomini si fece acuto e l’esercito di Sua Maestà accettò di costituire battaglioni di ebrei palestinesi (in tutto 15, fonte Wikipedia) per irrobustire le formazioni britanniche e del Commonwealth. Non era quello che i capi sionisti desideravano, ma era qualcosa in attesa di tempi migliori.
Nel luglio 1943, con lo sbarco anglo-americano in Sicilia. era iniziata la campagna d’Italia e nel 1944 c’erano stati lo sbarco in Normandia e. quello nella Francia meridionale. Gli alleati avevano bisogno di uomini, soprattutto sul fronte italiano dove la Linea Gotica, imperniata sugli Appennini tosco-emiliani, era un osso durissimo da rodere. Così le ultime resistenze nei confronti della costituzione di una grande unità ebraica vennero superate, anche perché erano filtrate robuste indiscrezioni sui campi di sterminio e, come scrisse il premier britannico Winston Churchill al presidente americano Franklin Delano Roosevelt, «gli ebrei hanno il diritto di colpire Hitler facendo parte di una formazione riconoscibile».
Così, nel luglio 1944, fu autorizzata la costituzione della Brigata ebraica su tre battaglioni di fanteria e unità di supporto per un totale di circa 5mila uomini. La bandiera di combattimento era la Stella di Davide azzurra in campo bianco (i colori del tallit, lo scialle di preghiera rituale), rimasta ancora oggi come bandiera dello Stato di Israele.
La Brigata si schierò sul fronte adriatico nel novembre 1944 e partecipò nella primavera dell’anno dopo alla battaglia del Senio in Emilia-Romagna, da cui prese il via l’offensiva generale alleata che portò alla liberazione dell’Italia dai nazifascisti. La fine della guerra vide la Brigata schierata nella zona di Treviso, in Veneto, da dove iniziò l’ultima parte della sua storia, forse però la più straordinaria. Provenivano infatti anche dalle sue fila i giustizieri che uccisero, spesso strangolandoli o impiccandoli, un certo numero di gerarchi nazisti (secondo alcune fonti addirittura 1.500) come vendetta per l’Olocausto. E sempre dalla Brigata vennero gli elementi di spicco delle organizzazioni che, grazie alle entrature nell’esercito britannico, aiutarono prima l’immigrazione clandestina in Palestina dei superstiti dei campi e poi il contrabbando di armi ed equipaggiamento destinato all’Haganah, la forza armata israeliana che combatté nel 1948 la prima guerra del piccolo Stato. La Brigata fu sciolta nel luglio 1946. Trentacinque dei suoi membri divennero generali di Tsahal, le forze armate di Israele.
(Fonte: Corriere della Sera, 8 aprile 2015)
#1Emanuel Baroz
25 Aprile: Anpi Roma rinuncia a corteo
Manifestazione a Porta S.Paolo,”con chi partecipò a Liberazione”
(ANSA) – ROMA, 16 APR – Niente corteo per il 70esimo anniversario della Liberazione a Roma. Dopo la defezione della Brigata ebraica, della Comunità ebraica e degli ex deportati, l’Anpi ha deciso di annullare il tradizionale corteo per una manifestazione a Porta San Paolo, luogo simbolo della Resistenza a Roma. “Onoriamo il 70esimo assieme a chi partecipò alla guerra di Liberazione”, è l’invito dell’Anpi. Lo scorso anno tensioni e scontri tra rappresentanti della comunità e esponenti dei centri sociali Pro-Palestina.
#2Emanuel Baroz
25 aprile, è ufficiale: l’Anpi cancella il corteo. Niente manifestazione nel 70esimo anniversario
Ora è ufficiale. Il tradizionale corteo del 25 aprile per le strade del centro di Roma quest’anno non ci sarà. A deciderlo – proprio nel giorno in cui per la prima volta i partigiani sono entrati in un’Aula del Parlamento in occasione della cerimonia ufficiale con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, quello del Senato Pietro Grasso e quello della Camera Laura Boldrini – è stata l’Anpi romana che ha preferito organizzare soltanto un sit-in a Porta San Paolo, luogo simbolo della Resistenza romana, dopo le annunciate defezioni della Brigata Ebraica e dell’Associazione Nazionale degli ex deportati per evitare le tensioni registrate lo scorso anno con gli attivisti filo-palestinesi, a partire dai centri sociali.
«La nostra posizione resta invariata – spiega il portavoce della Brigata Ebraica – e a Porta San Paolo non ci saremo». Il presidente dell’Anpi di Roma, Ernesto Nassi, si dice «dispiaciuto» ed invita i rappresentanti della Brigata «a partecipare». «Li ho chiamati dicendo loro che li voglio in piazza – afferma -, potranno finalmente parlare. Ho garantito loro che non ci saranno tensioni o contestazioni. Se dovesse partecipare la frangia più estrema dei movimenti filo-palestinesi siamo pronti a isolarla».
Un appello, quello di Nassi, che si scontra però con quello del presidente della comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici: «Chiedo a tutti, ebrei e laici, di non partecipare alla manifestazione dell’Anpi per evitare scontri come ci sono stati lo scorso anno». Insomma, quando mancano nove giorni al 70/mo anniversario della Liberazione, il clima a Roma non appare affatto sereno. Nei prossimi giorni sono in programma riunioni e incontri per cercare di riportare la calma e richiamare a Porta San Paolo non solo la comunità ebraica ma anche gli ex deportati.
Sicuramente, però, ci saranno i movimenti per la Palestina. «Non mancheremo assolutamente – promette Nino Lisi della Rete romana di solidarietà al popolo palestinese -, nei prossimi giorni ci vedremo per decidere anche se organizzare manifestazioni alternative». Al momento l’unica certezza è la cerimonia prevista in piazza del Campidoglio, organizzata dal Comune di Roma dopo la richiesta dell’Anpi nazionale di assumere la «regia» delle celebrazioni per il 25 aprile. Una decisione che di fatto scavalcò la segreteria romana, portando il presidente Nassi a presentare le dimissioni, poi respinte dai delegati.
(Fonte: Il Nuovo Corriere, 16 Aprile 2015)