Il Mein Kampf dell’ayatollah Khamenei
La Guida Suprema iraniana firma un libro che teorizza la distruzione di Israele, l’assoggettamento degli ebrei, l’egemonia dell’Iran sul Medio Oriente
Secondo un reportage firmato sabato scorso sul New York Post dall’esule iraniano Amir Taheri, la Giuda Suprema dell’Iran ayatollah Ali Khamenei ha pubblicato un libro intitolato Palestina nel quale perora la causa della distruzione del “regime sionista” spiegando come e perché Israele debba essere cancellato dalla carta geografica. “La soluzione [del conflitto ] – scrive Khamenei – è la formula ad un unico stato” e quello stato si chiama “Palestina”.
Nel libro, Khamenei usa tre parole farsi per dire che Israele non ha diritto di esistere: nabudi (annientare), imha (dissolvere) e zaval (cancellare).
Khamenei spiega il “meccanismo pratico e logico” che porterà Israele sotto dominio musulmano: soltanto ad alcuni ebrei verrà permesso di rimanervi come “minoranza protetta”, ma solo dopo che avranno dimostrato di avere “radici autentiche” nel paese. Khamenei illustra poi un rigido sistema di apartheid che escluderà gli ebrei dal diritto di voto, mentre agli arabi verranno riconosciuti pieni diritti.
Khamenei sostiene inoltre che questo suo piano avrebbe il vantaggio di promuovere “l’egemonia dell’Iran”, rimuovendo al contempo dal Medio Oriente “l’egemonia dell’Occidente”.
Khamenei, che sul retro del libro viene descritto come “il portabandiera della jihad [guerra santa] per la liberazione di Gerusalemme”, scrive che queste sue idee non sono antisemite, ma semplicemente islamiche, in quanto fondate su “principi islamici ben consolidati”. Esse costituiscono infatti la continuazione della visione islamica secondo cui ogni territorio che sia stato una volta proprietà di musulmani non può più essere governato da non-musulmani. Oltre all’intero territorio d’Israele, il principio vale anche per la Russia, ampie parti dell’Europa, la Thailandia, l’India e parti della Cina e della Filippine.
Tuttavia, Khamenei si concentra su Israele indicato come adou [nemico], doshman [avversario] e come un “tumore canceroso”, per diverse ragioni la prima delle quali è il fatto che si tratta di un “alleato del Grande Satana americano” che conduce una guerra per sopraffare “il cuore della ummah [nazione islamica]”. In secondo luogo Israele va preso di mira perché – dice Khamenei – ha intrapreso una guerra contro i musulmani e pertanto ha perso ogni tutela diventando kaffir al-harbi [infedele ostile]. In terzo luogo, Khamenei afferma che Israele va combattuto perché “occupa” Gerusalemme, che egli definisce “la terza città santa dell’islam”.
Spiega Khamenei che il suo piano non comporta una “guerra classica”, quanto piuttosto una lunga guerra a bassa intensità che punti a “logorare” la resistenza degli israeliani e della comunità internazionale. Il suo piano si basa sul presupposto (infondato) che tutti gli israeliani hanno doppia cittadinanza e preferirebbero vivere negli Stati Uniti o in Europa. Raccomanda pertanto di rendere la vita in Israele tanto difficile da costringere gli israeliani ad andarsene volontariamente per sottrarsi alle minacce che incombono su di loro. Khamenei descrive la tattica di indurre la comunità internazionale a “non poterne più di Israele” sino al punto in cui l’Occidente si renderà conto che sostenere il “progetto sionista” è troppo oneroso e abbandonerà Israele.
In quel momento, come gesto di buona volontà Khamenei suggerisce che lo stato di Palestina venga istituito tramite un referendum in cui avranno diritto di voto “otto milioni di palestinesi in tutto il mondo” e “2,2 milioni di ebrei originari d’Israele”, mentre gli ebrei “che sono venuti da altri luoghi” ne sarebbero esclusi.
In altra parte del libro, Khamenei vanta i successi del suo regime nell’aver già reso la vita impossibile agli israeliani, in passato, attraverso attacchi terroristici ad opera dei suoi mandatari in Libano e a Gaza, e aggiunge di voler reclutare in Cisgiordania delle unità di “combattenti” sul modello di Hezbollah. “Siamo intervenuti in questioni anti-israeliane – scrive – che hanno portato alla vittoria nella guerra di 33 giorni di Hezbollah contro Israele nel 2006 e nella guerra di 22 giorni tra Hamas e Israele nella striscia di Gaza”.
Sebbene non faccia direttamente riferimento a un programma nucleare iraniano, Khamenei accenna al fatto che un Iran nucleare sarebbe in grado di dissuadere Israele dall’intraprendere qualsiasi azione militare contro la repubblica islamica.
Per quanto riguarda la Shoà, Khamenei ne parla come di uno “stratagemma propagandistico” del quale – scrive – “ammesso che sia successo davvero, non si sa perché né come sarebbe successo”.
Il libro di 416 pagine è attualmente disponibile solo in Iran in lingua persiana, ma a quanto pare è in corso di preparazione una versione in arabo.
(Fonte: Jerusalem Post, Ha’aretz, Jerusalem On Line, 2 Agosto 2015)
Nella foto in alto: il libro “Palestina” dell’ayatollah iraniano Ali Khamenei. In copertina, la consueta immagine che illustra l’obiettivo di cancellare Israele dalla carta geografica
#1Emanuel Baroz
KHAMENEI E IL SUO NUOVO “PALESTINA” MA I TEMI SONO SEMPRE GLI STESSI.
https://www.facebook.com/ProgettoDreyfus/photos/a.387495981326769.85422.386438174765883/851483978261298/?type=1&permPage=1
#2Emanuel Baroz
Per definizione
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
noi ci facciamo il nostro bravo esame di coscienza chiedendoci com’è che un pazzo estremista religioso colpevole di un assalto dieci anni fa, catturato e imprigionato, possa essere rilasciato e ripetere lo stesso assalto al Gay Pride dieci anni dopo, o se davvero c’è contiguità fra il nazionalismo ebraico più estremo e i terroristi che hanno bruciato una casa in un villaggio arabo, o se sono piuttosto da prendere in considerazione i dubbi emersi (per chi ha facebook, li trovate qui: https://www.facebook.com/david.pacifici/posts/10207241370341592). O ci facciamo fare la morale dai nostri nemici, come ho raccontato ieri.
Ma nel frattempo il terrorismo arabo non si ferma affatto. Che siano bombe molotov (http://www.timesofisrael.com/2-hurt-in-jerusalem-firebombing-attack/) o pestaggi (http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/jerusalem-arabs-arrested-for-brutally-beating-religious-jewish-couple/2015/08/03/), l’obiettivo sono naturalmente civili e né l’Onu né Mogherini, né l’autorevole stampa internazionale perdono tempo a deplorare questi episodi.
Ma questi sono fatti sul terreno, che potrebbero essere attribuiti al caso, alla violenza di singoli “lupi solitari” (ma forse la vigliaccheria li farebbe chiamare più facilmente “sciacalli solitari”), o all’insofferenza non organizzata. Non è così. Questo stillicidio di aggressioni è frutto di una propaganda accuratamente pianificata e continua. Prendete per esempio il Monte del Tempio che è uno degli epicentri degli scontri, perché i leader arabi si rifiutano di prendere atto che prima della loro moschea lì c’era per l’appunto il Tempio ebraico, che ha un significato storico e teologico fondamentale per il popolo ebraico. Non c’è bisogno di dimostrarlo, tant’è “tempiocentrico” tutto il culto ebraico; ma se ci fosse le fonti archeologiche e letterarie (ebraiche, romane, cristiane, anche musulmane) sono innumerevoli. Eppure la negazione è continua e martellante. Leggete questi estratti per rendervene conto di persona: http://palwatch.org/main.aspx?fi=157&doc_id=15297. E guardate come essi si mescolano con le più volgari diffamazioni razziste: gli ebrei sono pericolosi, portano malattie, insomma non sono umani. Lo dice l’imam di quella moschea durante una predica: http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/198963#.Vb9mAPntmko. Insomma, c’è da meravigliarsi se una religione molto intollerante come è l’Islam (chiedete ai Baha’i, ai drusi, agli alawiti, ma soprattutto ai cristiani d’Oriente per averne conferma) percepisca come un’aggressione la legittima volontà di ricordare il passato del luogo e di pregarvi se sono religiosi. Il risultato è una massa di aggressioni intollerabile in qualunque stato civile (qui vedete l’ultima: http://fr.timesofisrael.com/mont-du-temple-un-francais-brutalise-apres-avoir-brandi-un-drapeau-israelien/) sul Monte stesso ma anche fuori, un pretesto permanente al terrorismo e all’odio. La cui responsabilità ricade sui responsabili palestinisti, clericali e politici.
Oppure considerate il nuovo alleato di Obama, l’Iran. Il suo Führer (questa è la traduzione giusta di ciò che i giornali chiamano di solito “guida suprema”) Khamenei, ha appena pubblicato un libro in cui “usa tre parole farsi per dire che Israele non ha diritto di esistere: nabudi (annientare), imha (dissolvere) e zaval (cancellare)” per definire il futuro di Israele, a sua volta indicato come adou [nemico], doshman [avversario] e come un “tumore canceroso” (http://www.israele.net/il-mein-kampf-dellayatollah-khamenei).
Insomma, c’è un incitamento continuo e con tutti i mezzi, da parte di personaggi, movimenti e stati che Obama e l’Europa si ostinano a considerare moderati e possibili partner di pace, che Israele è richiesto di lasciar armare e preparare alla guerra di sterminio che vogliono condurre. Lo scandalo sugli episodi isolati di terrorismo che nascono in Israele non è basato sul concetto, condivisibile, “siete un popolo civile e democratico, non dovete fare come loro”, ma sull’idea che loro sono “i buoni”, a prescindere dal loro terrorismo, dalla corruzione, dalla dittatura, e che Israele, ancor più se qualche volta qualche suo cittadino è coinvolto in azioni sbagliate e criminali, è per definizione dalla parte del torto.
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=59133
#3Emanuel Baroz
Ma Khamenei minaccia Israele “Libereremo Gerusalemme”
In un libro i piani dell’ayatollah per l’egemonia in Medio Oriente
di Maurizio Molinari
Ali Khamenei teorizza l’«egemonia iraniana» sul Medio Oriente attraverso l’eliminazione di Israele, gli ultraconservatori accusano il governo di aver ceduto sulle «linee rosse» del nucleare e l’ex presidente Mohammed Ahmadinejad si candida al Parlamento di Teheran per guidare la controffensiva dei «falchi». A dare il polso della reazione dei conservatori di Teheran all’accordo di Vienna sul programma nucleare era stato a metà luglio Ali Khamenei, Leader Supremo dell’Iran, assicurando che «la nostra politica contro l’arroganza dell’America non cambierà». Ed ora è sempre Khamenei a rafforzare il messaggio autorizzando la pubblicazione da parte del suo ufficio – ovvero l’istituzione più importante della Repubblica Islamica – di un libro-pamphlet di 416 pagine nel quale si teorizza la distruzione dello Stato ebraico nel quadro di una «egemonia dell’Iran sulla regione» destinata a sostituire l’«egemonia dell’Occidente». Il libro identifica l’autore nel Grande Ayatollah Seyyed Ali Husseini Khamenei definendolo «il portabandiera della liberazione di Gerusalemme» e per negare il diritto all’esistenza di Israele adopera tre verbi: annichilire, dissolversi e rimuovere.
Se lo Stato ebraico è «il nemico», per Khamenei le ragioni sono tre. Anzitutto è un leale «alleato del Grande Satana americano» ed è dunque un ingranaggio-chiave dello «schema diabolico» di dominare la «madreterra della Ummah» musulmana. In secondo luogo è un «infedele ostile» perché ha combattuto contro i musulmani. Ed infine «occupa Gerusalemme», «terza città santa dell’Islam» dove Khamenei svela di «avere il desiderio di pregare».
La strategia
Nel libro la strategia per cancellare Israele viene illustrata nei dettagli spiegando che non si tratta di una «guerra classica» ma di un conflitto di lungo termine a bassa intensità per spingere il numero più alto possibile di ebrei ad andarsene. La soluzione del conflitto mediorientale è dunque nella «formula con un solo Stato», sotto i musulmani, che consentirà di rimanere come «minoranza protetta» solo a quel numero limitato di ebrei con «vere radici» in loco. Per realizzare tale progetto Khamenei punta, sul piano militare, su conflitti di attrito simili a quelli «vinti» negli ultimi anni da Hezbollah in Libano del Sud e Hamas a Gaza, e sul piano diplomatico sulla «stanchezza nei confronti di Israele» da parte della comunità internazionale. A completare il tutto c’è una definizione dell’Olocausto come «strumento di propaganda» perché «se davvero qualcosa di simile è avvenuto, non sappiamo perché e come».
Si tratta di posizioni destinate a rafforzare le voci degli ultraconservatori a Teheran in coincidenza con la discussione in Parlamento dell’intesa di Vienna che ha visto il ministro degli Esteri Javad Zarif bersagliato da critiche e ironie degli oppositori, arrivati a simulare di dormire durante il suo intervento. Il magazine
«9 Dey» e il quotidiano conservatore «Kayhan» hanno accusato il team negoziale di aver «violato le linee rosse di Khamenei» e il governo ha reagito con un provvedimenti insolito: vietando le pubblicazioni del primo e «ammonendo» il secondo. D’altra parte più miliziani Basiji hanno espresso scontento contro Vienna scrivendo su Facebook e la tv di Stato ha fatto proprie tali critiche mandando su tutte le furie Ali Akbar Velayati, collaboratore di Khamenei. È in tale atmosfera che l’ex presidente Ahmadinejad annuncia la candidatura alle politiche di febbraio con un ritorno in politica teso a «impedire alle culture straniere di penetrare in Iran». «Non dobbiamo dimenticare che gli Usa sono il nostro nemico», ha detto Ahmadinejad nel primo comizio, facendo proprio il messaggio di Khamenei.
(Fonte: La Stampa, 5 Agosto 2015)