Repubblica Ceca: profughi marchiati. Indignazione delle comunità ebraiche italiane
Roma, 2 Settembre 2015 – La foto postata su Twitter dal giornalista Andrew Stroehlein, direttore del centro media europeo di Humans Right Watch, che mostra i poliziotti della Repubblica Ceca mentre “marchiano” con un pennarello le braccia dei profughi ha scatenato una sorprendente poichè sobria indignazione generale, tranne qualche piacevolissima eccezione, tra cui segnaliamo quella delle comunità ebraiche italiane.
“Le informazioni che arrivano dal confine tra l’Austria e la Repubblica Ceca sono inaccettabili. Gli agenti stanno segnando con un numero sul braccio tutti i rifugiati. E’ un’immagine che non possiamo sopportare, che riporta alla mente le procedure d’ingresso ai campi di sterminio nazisti, quando milioni di uomini, donne e bambini venivano marchiati con un numero, come animali, per poi essere mandati a morire”, ha dichiarato in una nota ufficiale il Presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello, che ha poi aggiunto: “Dopo 70 anni da quell’orrore non possiamo restare indifferenti di fronte a una procedura disumana e chi rimarrà in silenzio rischierà di essere complice di questi fatti. E’ ora che l’Europa capisca che il fenomeno dell’immigrazione, seppur complesso, non può essere affrontato con metodi repressivi e offensivi della dignità umana. L’accoglienza prima e l’integrazione dopo sono le politiche su cui i governi devono lavorare. Se continueremo ad assistere indifferenti a scene come quelle di oggi allora l’anima dell’Europa nata dalle ceneri di Auschwitz sarà svuotata di ogni suo valore fondamentale”.
Duro anche il Presidente dell’Ucei Renzo Gattegna che ha dichiarato: “I segnali registrati in queste drammatiche ore che ci arrivano dalla Repubblica Ceca, dove decine di profughi sono stati letteralmente marchiati come fossero bestiame al macello, richiamando inevitabilmente il periodo più oscuro della storia contemporanea, sono soltanto l’ultimo di una serie di inquietanti accadimenti contro i quali ferma deve sentirsi la voce di tutte le società civili e progredite. È un fatto gravissimo quello che si registra in queste ore. Come gravissima è l’immagine di un’Europa che appare sempre più fragile e incapace di affrontare le sfide che la investono”.
Thanks to Progetto Dreyfus
#1HaDaR
Caxxate!
Non a caso quel sinistro imbecille di Gattegna vi ha fatto un gran rumore!!!
È UNA VERGOGNA TRIVIALIZZARE COSÍ LA SHOAH!!!
Quando tutto è paragonabile alla Shoàh, si fa solo un servizio ai negazionisti e agli antisemiti!
#2Emanuel Baroz
@HaDaR: per favore evitiamo le offese, grazie
#3Elisabetta
Ma prima di scatenare questa ondata di imdignazione e di fare confronti inopportuni che davvero mi stupiscono, venendo da rappresentanti di comunità ebraiche, qualcuno ha cercato di sapere quali sono le ragioni di questa iniziativa? Per esempio la necessità di non disperdere i nuclei familiari in mezzo a un caos indescrivibile??
personalmente detesto i paragoni tra la Shoah e realtà che con un genocidio non hanno nulla a che fare, anche se questi paragoni provengono da parte ebraica. Sono paragoni gravemente offensivi nei confronti di chi lo sterminio lo ha vissuto in prima persona o indirettamente, e per giunta politicamente strumentali.
#4Emanuel Baroz
@Elisabetta: per quanto ci riguarda quell’immagine di braccia marchiate ci ha fatto venire in mente altre immagini legate alla Shoah. Nessuna banalizzazione. Anzi.
#5Daniel
Eli Wiesel: i migranti marchiati non sono come la Shoah ma il Male ritorna
‘Rammentare che siamo e siamo stati tutti stranieri’
“La mia prima reazione e’ lo shock assoluto, quasi a citare papa Wojtyla, che defini’ il nazismo e la Shoah il Male assoluto”. Lo dice in un’intervista a Repubblica Elie Wiesel, tra i massimi intellettuali della comunita’ ebraica mondiale, premio Nobel per la pace, a proposito della polizia ceca che ha cominciato a scrivere numeri d’identificazione e registrazione sulle braccia dei migranti che passano sul territorio nazionale.
“Non paragoniamo la Shoah ad altri orrori pur scioccanti – sottolinea -. Pero’ tutti dovrebbero ricordare quell’espressione di Wojtyla, ‘male assoluto’, anche per evitare che accada ogni male minore. E tutti gli europei e gli altri cittadini del mondo globalizzato dovrebbero sempre rammentare che siamo e siamo stati tutti stranieri quasi sempre, da secoli”. “Le societa’ piu’ aperte verso gli stranieri e la loro integrazione sono spessissimo quelle che ci guadagnano di piu’, acquisendo piu’ cultura e piu’ talenti. Tali successi non si conseguono scrivendo numeri sulle braccia dei migranti”.
“Nei prossimi giorni o settimane – anticipa – mi rechero’ in Ungheria e altrove in Europa, per farmi onestamente e direttamente un’idea della situazione e parlare chiaro. E per narrare come crebbi da fuggiasco e da straniero: scampato ai Lager nazisti, accolto in Francia con altri bambini ebrei, ebbi dalla Francia le chiavi di una cultura aperta. Esempi di mano tesa di allora dovrebbero non essere dimenticati, altro che numeri sulle braccia”.(ANSA).
#6Daniel
Numeri scritti a pennarello sul braccio. Gli ebrei: «Ci ricordano la Shoah»
di Daria Gorodisky
ROMA – Stazione ferroviaria di Breclav, Repubblica Ceca. Una poliziotta scrive a pennarello blu un numero bello grande sul braccio di un bambino, poi un altro sulla mano di un giovane uomo. Vengono «marchiati» in questo modo 214 profughi, per la maggior parte siriani. Tra le notizie e le immagini che ieri hanno indignato il mondo, c’è stata anche questa.
La cittadina è vicina al confine austriaco e di lì passano treni che, partiti dall’Ungheria, sono diretti in Germania. La pressione dell’ondata migratoria in Europa è sempre più forte; e i regolamenti internazionali che dovrebbero gestire gli ingressi di chi cerca rifugio sono sempre più inattuali ed evanescenti. Così, le autorità governative ceche hanno cercato di spiegare che numerare le persone era un sistema per tenere insieme i gruppi familiari, soprattutto vista la quantità di bambini presente nei treni; oppure, come riportato dal Daily Mail online , hanno fatto presente che evidenziare il numero di convoglio e di vagone dei clandestini avrebbe facilitato il loro respingimento verso il Paese di partenza.
Però, per le organizzazioni umanitarie ceche e internazionali controlli, caos e mancanza di preparazione non giustificano in alcun modo comportamenti illeciti che «ricordano quelli dei nazisti». E anche la comunità ebraica italiana ha condannato duramente il fatto. «Quello che è accaduto è gravissimo. Decine di profughi sono stati letteralmente marchiati come fossero bestiame destinato al macello, richiamando inevitabilmente il periodo più oscuro della storia contemporanea», ha dichiarato Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane. Sottolineando la necessità di una reazione «forte e unitaria» per la costruzione di ponti di dialogo e solidarietà, e impegnando a questo fine «l’esperienza di amore per la convivenza delle realtà ebraiche», Gattegna ha però definito gravissima anche «l’immagine di un’Europa che appare sempre più fragile e incapace di affrontare le sfide che la investono».
Una linea di pensiero che è condivisa dalla presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello: «Sono immagini terribili, non si può ledere la dignità delle persone. Tutto questo mette in luce però anche un problema sostanziale: l’Europa è in affanno, il fenomeno migratorio prima è stato sottovalutato e poi, quando il flusso è ingigantito, non si è capaci di gestirlo. Adesso affrontiamolo, cominciando a interrogarci sugli errori commessi e operando con politiche di accoglienza e integrazione».
Certo, esiste un aspetto sicurezza che non può essere trascurato: «È chiaro che non si può abbassare la guardia. Ci devono essere controlli, e soprattutto prevenzione. Però sempre nel rispetto delle persone. So che l’equilibrio fra accoglienza e sicurezza può essere difficile, un gatto che si morde la coda. Eppure, di fronte a certe situazioni, non possiamo stare a guardare e diventare complici di qualcosa di tremendo e già visto. Altrimenti, l’anima dell’Europa nata dalle ceneri di Auschwitz sarà svuotata di ogni suo valore fondamentale».
Ma davvero si può fare un parallelo tra i fatti di Breclav e gli orrori della Shoah, che è stata citata da più parti? «No — conclude Ruth Dureghello —. Però non accetto che si resti indifferenti di fronte all’immagine di persone che diventano numeri. Non mi piace affatto».
(Fonte: Corriere della Sera, 3 settembre 2015)