Tra Benigni e Mosè non mettere Dario Fo
di Lea Luzzati
L’equazione non fa una piega. Per via del vitello d’oro Mosè ordinò l’esecuzione di donne e bambini (a dire la verità Esodo parla di «uomini») e per ovvia conseguenza gli ebrei usano «la loro brutalità contro chi segue altre religioni». Il semplice ragionamento si articola in una intervista che Dario Fo ha rilasciato a Repubblica, quasi alla vigilia dei suoi più che rispettabili novant’anni. Benigni lo ha deluso, spiega, perché parlando dei Dieci Comandamenti si è ben guardato dallo stigmatizzare le nefandezze di Mosè, trasformandosi così nel «beatificatore» degli ebrei che impunemente tace sulle loro brutalità di oggigiorno.
Che peccato. S’intende, non quello dei figli d’Israele che, mentre il loro leader sta sul Sinai a incidere la Legge nella pietra, si fanno un idolo d’oro. E neanche quello di Mosè che viene colto da un attacco di collera quando li vede, tanto che persino il Signore cerca invano di placarlo. Non che questi due peccati siano trascurabili, anzi. Ma stanno dentro una storia che la tradizione ebraica ha imparato a interpretare e approfondire, piuttosto che lanciare come fosse un sasso. Il vero peccato è quello di un uomo del presente incapace di cogliere la complessità del passato. E a usare la semplicità come il comodo ariete del pregiudizio più banale: gli ebrei sono sempre gli stessi, da Mosè in poi. Un po’ brutali assassini intolleranti, un po’ tentacolari manipolatori della realtà, capaci di portare alla loro causa anche un comico caustico e «spietato» (ma quando mai?) come Benigni.
L’equazione di Dario Fo racchiude il più trito paradigma dello stereotipo che fa del popolo ebraico un improbabile miscuglio di potere e meschinità. E allora, al venerando «laureato», un timido consiglio – leggersi un poco di Bibbia a tempo perso – e un ancor più timido augurio, date le circostanze: quello ebraico tradizionale che con Ad meah veesrim («Fino a cento e venti», nel senso di anni) sigla i compleanni con l’auspicio di arrivare all’età del nostro caro, vecchio (a volte un poco bisbetico) Mosè.
(Fonte: La Stampa, 22 Febbraio 2016)
#1Niccio
..attenzione..nella tora’
Il Signore, BH, era ben piu arrabiato di Mose, a cui , anzi noi dobbiamo la nostra salvezza..
Infatti Mose’ stesso invoca il perdono ..per il buon nome dell’Eterno, difendendo la necessita’ di perdonarci per evitare che gli altri popoli ridessero
di un popolo tanto miracolato e poi distrutto…..e solo grazie a lui, Mose’, siamo ora qui..
#2gianni centola
L’ex fascista repubblichino aderente alla Xa MAS che avra’ sicuramente sulla coscienza
il tradimento di tanti italiani arrestati e messi nelle mani dei nazisti, ancora ha il coraggio
di parlare di ebrei ?L’antisemitismo e’ veramente duro a morire, anche per chi a convenie
nza cambia casacca, e cerca cosi’ di ripudiare il passato.Classico italiano…..
#3Laura(Matanah)
Ancora parla. fascista convinto partito volontario per salò, traditore riciclato che non chiude la bocca neppure per non mangiare le mosche.