Calcio: un tweet infelice del Bayern Monaco scatena le polemiche. Il club tedesco si scusa
Monaco, 16 Marzo 2016 – Un tweet di sfottò del Bayern Monaco in vista della partita di Champions League di questa sera contro la Juventus all’Allianz Arena ha scatenato le polemiche sui social network, al punto che il club bavarese ha dovuto chiedere scusa per l’accaduto.
Il tutto è partito da un articolo del Corriere dello Sport che ha fatto notare come l’utilizzo dei binari da parte di un club tedesco evocava altri binari ben più tristi nella storia dell’umanità del XX secolo. La polemica è quindi montata in fretta al punto che la Comunità Ebraica di Roma, interpellata proprio dal quotidiano spotivo della capitale, per bocca del suo vicepresidente Ruben Della Rocca ha definito l’accaduto come “Una grande gaffe che un club come il Bayern poteva evitare di fare“.
Chiaramente l’idea era quella di fare dell’ironia sullo slogan/hashtag della Juventus e dei suoi tifosi che recita #finoallafine, ma un dettaglio nell’immagine (creata dall’account @homebayern) retwittata dall’account ufficiale del Bayern Monaco fa correre un brivido lungo la schiena. Un binario che si ferma in Germania e trova ad accoglierlo la scritta “Qui è la vostra fine” suona puttosto sinistro
Pochi minuti fa sono arrivate le scuse ufficiali del club allenato da Pep Guardiola che in una nota ufficiale ha dichiarato: “Sfortunatamente, la nostra immagine per la gara di oggi è stata fraintesa come riferimento a eventi storici, qualcosa che noi non volevamo assolutamente intendere. Se abbiamo ferito i sentimenti dei tifosi della Juventus o di altri utenti, ce ne scusiamo sinceramente. La nostra sola intenzione con quell’immagine era giocare sull’aspetto sportivo del match di questa sera, dove una delle due squadre sarà eliminata dalla competizione“.
Una risposta che rende onore ad una società legata indissolubilmente ala figura di Kurt Landauer, il presidente ebreo del primo scudetto nel 1932, che dovette riparare in Svizzera durante il nazismo.
#1Emanuel Baroz
O è stato un hacker o gli addetti del Bayern sono impazziti
La sfida di Champions con la Juventus e quell’immagine che ricorda i campi di concentramento: meglio eliminarla subito da Twitter e dal sito
di Aldo Cazzullo
O è stato un hacker, o gli addetti alla comunicazione del Bayern sono impazziti. Non c’è una terza ipotesi. In ogni caso, prima tolgono da Twitter e dal sito quell’immagine che palesemente evoca i binari che portavano ai lager nazisti, meglio è. Verrebbe da dire: facciamogliela vedere in campo. Invece non è questo il discorso. E non soltanto perché il Bayern è oggettivamente più forte della Juve; a maggior ragione di una Juve priva di tre uomini-chiave. Il bello del calcio è che non sempre vince il più forte; quindi il verdetto di stasera è in bilico, e lo sarà sino all’ultimo secondo di recupero. Non è finita finché non è finita: è questa la magia dello sport più popolare al mondo. Una ragione in più per non potersi permettere di scrivere frasi arroganti tipo «Qui è la fine». Corredate da un’immagine che non sarà certo stata scelta per questo, ma inevitabilmente evoca un passato spettrale che i tedeschi possono affrontare solo per esprimere dolore e rincrescimento, non orgoglio e spavalderia. E’ evidente che la questione non è soltanto calcistica. La Germania ha raggiunto con la pace l’obiettivo che aveva fallito scatenando due guerre mondiali: conquistare l’egemonia in Europa. L’ha fatto con decenni di lavoro duro e con una gestione politica accorta. Ma di questa egemonia ora non sta facendo un uso né generoso, né lungimirante (con qualche eccezione, come il coraggio della Merkel sui profughi, subito pagato caro nelle urne). Eppure stasera solo di calcio si dovrebbe parlare. Se si vuole lasciar fuori la politica, non esasperare le polemiche, creare un clima sereno per i calciatori e i tifosi – e per gli arbitri -, non bisogna cadere nella trappola ed esasperare la tensione dicendo: battiamo i tedeschi e costringiamoli a togliere quell’immagine. La tolgano, subito. Dopodiché cerchiamo di batterli lo stesso.
http://www.corriere.it/sport/16_marzo_16/o-stato-hacker-o-addetti-bayern-sono-impazziti-ab90656a-eb71-11e5-bd81-e841f592bd45.shtml
#2Daniel
Kurt Landauer, il presidente ebreo che ha creato il Bayern Monaco vincente
di Giovanni Sgobba
Nella piazzetta antistante alla mastodontica e moderna Allianz Arena, a Monaco di Baviera, c’è una targa con il volto di un uomo in bassorilievo e sull’epigrafe bronzea si legge: “Kurt Landauer – Der Präsident des Bayern München”. In verità, la scritta in tedesco è accompagnata da una frase tradotta anche in ebraico e la stessa piazzetta (come la via che sbuca dinanzi allo stadio), nel dicembre 2015 è stata intitolata all’ex-presidente bavarese che ha rivestito la carica, in tre periodi differenti, dal 1913 al 1951, ottenendo il mandando più lungo, ben 19 anni, non ancora eguagliato. Sotto la sua guida il club ha vinto, nel 1932, il suo primo titolo nazionale e gettato le basi dei suoi futuri e attuali successi sportivi.
Nato il 28 luglio 1884 a Planegg, paesino non lontano da Monaco, da una famiglia ebrea che gestiva un negozio di abbigliamento femminile, Kurt avvicinò al club bavarese, nel 1901, inizialmente come calciatore, ricoprendo il ruolo di secondo portiere. Già nel 1913 assunse il titolo di presidente, incarico, però, interrotto dopo solo un anno, perché con l’esplodere della prima guerra mondiale, fu chiamato al fronte per difendere la patria. Ottenuta la Croce di Ferro al valore e terminata l’esperienza bellica, tornò a rivestire il ruolo di “numero 1” della squadra bavarese fino al 1933: nel suo secondo mandato, Kurt si focalizzò principalmente sull’edificazione di una società capace di vincere, partendo da un’organizzazione solida e controllata.
Riformò il settore giovanile, un’idea al tempo unica e, con un’attenta pianificazione, fece diventare il Bayern una squadra economicamente potente. Fu considerato antisportivo e contro i principi etici tedeschi, quando propose di stipendiare i calciatori per il loro tempo speso in campo: un incentivo, pensava, per portare anche giocatori talentuosi nel club. Lui, inoltre, apprezzava le squadre straniere dalle quali poteva apprendere e imparare: il Bayern giocò regolarmente amichevoli contro avversari svizzeri, ma anche contro i più forti del tempo che venivamo dall’Ungheria e dall’Austria. Un atteggiamento, ancora una volta, osteggiato dalla Federazione calcistica tedesca che voleva un calcio nazionale puro e libero da contaminazioni.
Dopo anni magri, finalmente, nel 1932, il Bayern vinse il suo primo titolo nazionale: il 24 aprile, con le reti di Oskar Rohr e Franz Krumm e guidati dall’allenatore Richard Kohn, il gruppo sconfisse l’Eintracht Francoforte a Norimberga, vincendo il primo campionato che fu festeggiato per le strade di Monaco su una carrozza, mentre tifosi e cittadini accoglievano trionfanti i calciatori.
Un idillio che si ruppe sul più bello: qualche mese più tardi, i nazisti salirono al potere e l’incantesimo si spezzò. Adolf Hitler, nella sua perversa visione del mondo, vedeva il calcio professionistico di matrice ebraica, quindi fece in tutti i modi per riportare il calcio tedesco a livello amatoriale. Il Bayern Monaco, in aggiunta, avendo il presidente e qualche altro elemento dello staff di origina ebraica, fu sin da subito etichettato come “Judenklub” (club ebreo) e fu costretto a seppellire i pochi trofei vinti perché i nazisti erano alla continua ricerca di materiale ferroso per produrre le armi: una situazione spinosa che portò l’allenatore Kohn a fuggire in Spagna e alle dimissioni di Landauer.
Dopo la Kristallnacht, la Notte dei cristalli tra il 9 e il 10 novembre 1938, circa 30mila ebrei furono deportati nei campi di concentramento di Dachau, Sachsenhausen e Buchenwald: tra i deportati a Dachau, sempre nel land della Baviera, c’era anche Kurt Landauer, ma, grazie al suo passato di soldato durante il primo conflitto mondiale, fu rilasciato dopo 33 giorni di prigionia. Mentre tutti i suoi fratelli, tranne uno, furono assassinati dai nazisti, lui riuscì a emigrare in Svizzera.
Seppur in esilio, Landauer non fu dimenticato: al paese svizzero è legato, forse uno dei momenti più romantici della storia del club bavarese. Il Bayern Monaco era a Ginevra per un’amichevole e, durante la gara, i calciatori notarono seduto in tribuna il loro ex-presidente. Non curandosi delle possibili sanzioni e dei rischi di quel gesto provocatorio, sotto gli occhi vigili dei generali della Gestapo, i ragazzi si avvicinarono a bordo campo per salutare e applaudire Landauer.
Si dice che nel 1947, una volta terminata la guerra, come molti altri perseguitati, Kurt avesse già in tasca il biglietto per rifarsi una vita a New York, ma passato da Monaco, preso dai ripensamenti e dall’affetto verso la città, decise di fermarsi e di trascorrere gli anni successivi. Uno dei pochi ebrei che decise di tornare in Germania, Landauer ottenne, per la terza volta, il mandato di presidente del club bavarese che ha onorato fino al 1951, prima di morire 10 anni più tardi, il 21 dicembre 1961 nell’ospedale Schwabing.
La storia di Kurt Landauer è stata per molti decenni dimenticata, ma sono stati soprattutto i tifosi (che all’Allianz Arena hanno più volte dedicato una coreografia) a riportare in vita la memoria di un brillante personaggio della storia del club: nel 2005, sulla spinta del Club Nr. 12, associazione di supporter bavaresi, il consiglio comunale ha approvato la proposta di intitolare la strada, vicino all’Allianz-Arena, “Kurt-Landauer-Weg”. Alcuni sostenitori pensarono anche di rinominare lo stadio “Stadion am Kurt-Landauer-Weg”, ma non ebbe grande riscontro.
Dal 2006, però, promossa dal gruppo ultras Schickeria, si disputa ogni anno la Kurt-Landauer-Pokal, una manifestazione sportiva contro il razzismo. Nel 2009, invece, in occasione dei 125 anni dalla nascita di Landauer, si svolse una commemorazione vicino la Baracca 8 di quello che rimane del campo di concentramento di Dachau. Alla cerimonia erano presenti anche i rappresentanti del TVS Maccabi München, squadra locale ebrea che, nel 2005, ha intitolato il suo campo di gioco a Kurt Landauer. Nel luglio 2014, in Germania è, invece, uscita una fiction televisiva dal titolo “Landauer – Der Präsident”.
(Fonte: Tuttocalcioestero.it, 17 marzo 2016)
#3Emanuel Baroz
Kurt Landauer, il presidente ebreo che ha creato il Bayern Monaco vincente
di Giovanni Sgobba
Nella piazzetta antistante alla mastodontica e moderna Allianz Arena, a Monaco di Baviera, c’è una targa con il volto di un uomo in bassorilievo e sull’epigrafe bronzea si legge: “Kurt Landauer – Der Präsident des Bayern München”. In verità, la scritta in tedesco è accompagnata da una frase tradotta anche in ebraico e la stessa piazzetta (come la via che sbuca dinanzi allo stadio), nel dicembre 2015 è stata intitolata all’ex-presidente bavarese che ha rivestito la carica, in tre periodi differenti, dal 1913 al 1951, ottenendo il mandando più lungo, ben 19 anni, non ancora eguagliato. Sotto la sua guida il club ha vinto, nel 1932, il suo primo titolo nazionale e gettato le basi dei suoi futuri e attuali successi sportivi.
Nato il 28 luglio 1884 a Planegg, paesino non lontano da Monaco, da una famiglia ebrea che gestiva un negozio di abbigliamento femminile, Kurt avvicinò al club bavarese, nel 1901, inizialmente come calciatore, ricoprendo il ruolo di secondo portiere. Già nel 1913 assunse il titolo di presidente, incarico, però, interrotto dopo solo un anno, perché con l’esplodere della prima guerra mondiale, fu chiamato al fronte per difendere la patria. Ottenuta la Croce di Ferro al valore e terminata l’esperienza bellica, tornò a rivestire il ruolo di “numero 1” della squadra bavarese fino al 1933: nel suo secondo mandato, Kurt si focalizzò principalmente sull’edificazione di una società capace di vincere, partendo da un’organizzazione solida e controllata.
Riformò il settore giovanile, un’idea al tempo unica e, con un’attenta pianificazione, fece diventare il Bayern una squadra economicamente potente. Fu considerato antisportivo e contro i principi etici tedeschi, quando propose di stipendiare i calciatori per il loro tempo speso in campo: un incentivo, pensava, per portare anche giocatori talentuosi nel club. Lui, inoltre, apprezzava le squadre straniere dalle quali poteva apprendere e imparare: il Bayern giocò regolarmente amichevoli contro avversari svizzeri, ma anche contro i più forti del tempo che venivamo dall’Ungheria e dall’Austria. Un atteggiamento, ancora una volta, osteggiato dalla Federazione calcistica tedesca che voleva un calcio nazionale puro e libero da contaminazioni.
Dopo anni magri, finalmente, nel 1932, il Bayern vinse il suo primo titolo nazionale: il 24 aprile, con le reti di Oskar Rohr e Franz Krumm e guidati dall’allenatore Richard Kohn, il gruppo sconfisse l’Eintracht Francoforte a Norimberga, vincendo il primo campionato che fu festeggiato per le strade di Monaco su una carrozza, mentre tifosi e cittadini accoglievano trionfanti i calciatori.
Un idillio che si ruppe sul più bello: qualche mese più tardi, i nazisti salirono al potere e l’incantesimo si spezzò. Adolf Hitler, nella sua perversa visione del mondo, vedeva il calcio professionistico di matrice ebraica, quindi fece in tutti i modi per riportare il calcio tedesco a livello amatoriale. Il Bayern Monaco, in aggiunta, avendo il presidente e qualche altro elemento dello staff di origina ebraica, fu sin da subito etichettato come “Judenklub” (club ebreo) e fu costretto a seppellire i pochi trofei vinti perché i nazisti erano alla continua ricerca di materiale ferroso per produrre le armi: una situazione spinosa che portò l’allenatore Kohn a fuggire in Spagna e alle dimissioni di Landauer.
Dopo la Kristallnacht, la Notte dei cristalli tra il 9 e il 10 novembre 1938, circa 30mila ebrei furono deportati nei campi di concentramento di Dachau, Sachsenhausen e Buchenwald: tra i deportati a Dachau, sempre nel land della Baviera, c’era anche Kurt Landauer, ma, grazie al suo passato di soldato durante il primo conflitto mondiale, fu rilasciato dopo 33 giorni di prigionia. Mentre tutti i suoi fratelli, tranne uno, furono assassinati dai nazisti, lui riuscì a emigrare in Svizzera.
Seppur in esilio, Landauer non fu dimenticato: al paese svizzero è legato, forse uno dei momenti più romantici della storia del club bavarese. Il Bayern Monaco era a Ginevra per un’amichevole e, durante la gara, i calciatori notarono seduto in tribuna il loro ex-presidente. Non curandosi delle possibili sanzioni e dei rischi di quel gesto provocatorio, sotto gli occhi vigili dei generali della Gestapo, i ragazzi si avvicinarono a bordo campo per salutare e applaudire Landauer.
Si dice che nel 1947, una volta terminata la guerra, come molti altri perseguitati, Kurt avesse già in tasca il biglietto per rifarsi una vita a New York, ma passato da Monaco, preso dai ripensamenti e dall’affetto verso la città, decise di fermarsi e di trascorrere gli anni successivi. Uno dei pochi ebrei che decise di tornare in Germania, Landauer ottenne, per la terza volta, il mandato di presidente del club bavarese che ha onorato fino al 1951, prima di morire 10 anni più tardi, il 21 dicembre 1961 nell’ospedale Schwabing.
La storia di Kurt Landauer è stata per molti decenni dimenticata, ma sono stati soprattutto i tifosi (che all’Allianz Arena hanno più volte dedicato una coreografia) a riportare in vita la memoria di un brillante personaggio della storia del club: nel 2005, sulla spinta del Club Nr. 12, associazione di supporter bavaresi, il consiglio comunale ha approvato la proposta di intitolare la strada, vicino all’Allianz-Arena, “Kurt-Landauer-Weg”. Alcuni sostenitori pensarono anche di rinominare lo stadio “Stadion am Kurt-Landauer-Weg”, ma non ebbe grande riscontro.
Dal 2006, però, promossa dal gruppo ultras Schickeria, si disputa ogni anno la Kurt-Landauer-Pokal, una manifestazione sportiva contro il razzismo. Nel 2009, invece, in occasione dei 125 anni dalla nascita di Landauer, si svolse una commemorazione vicino la Baracca 8 di quello che rimane del campo di concentramento di Dachau. Alla cerimonia erano presenti anche i rappresentanti del TVS Maccabi München, squadra locale ebrea che, nel 2005, ha intitolato il suo campo di gioco a Kurt Landauer. Nel luglio 2014, in Germania è, invece, uscita una fiction televisiva dal titolo “Landauer – Der Präsident”.
(Fonte: tuttocalcioestero.it, 17 Marzo 2016)