La Palestina piange, l’Olp colleziona capolavori
di Enrica Ventura
Abbiamo sempre immaginato il popolo palestinese come un popolo povero, senza una terra, sempre senza pace, un popolo di eterni sfollati (ovviamente sempre per colpa di Israele). E poi abbiamo sempre immaginato i suoi combattenti nelle vesti di uomini armati dediti a compiere stragi con il più alto numero di vittime possibile (infatti li consideriamo terroristi). Invece ora scopriamo che l’Olp, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, aveva un vero e proprio tesoro, non soltanto il fiume di denaro riversato nel corso di decenni dai dittatori dei paesi arabi fratelli, bensì un tesoro più raffinato, fatto di quadri. E a far conoscere questa incredibile storia, anzi a riportarla alla luce, è proprio un artista palestinese. Nasser Soumi, secondo quanto riferito da AnsaMed, sta recuperando parte delle circa 200 opere donate negli anni ’70 da pittori di una trentina di paesi, che hanno voluto esprimere solidarietà alla causa palestinese.
Risulterebbero anche quadri di Guttuso, Mirò, Tapies, Giò Pomodoro, Samonà e Treccani. L’Italia contribuì con il maggior numero di artisti, seguita dalla Francia. Soumi è un nome noto nel mondo dell’arte araba: nato nel 1948 a Silat el Dhahr, attualmente nel territorio della Cisgiordania (Giudea e Samaria), dal 1980 vive a Parigi e ha già organizzato diverse mostre. È appena rientrato dall’ Iran, dove ha ottenuto dal direttore del Museo di arte contemporanea di Teheran, Majid Molla Norouzi, l’impegno a far tornare a Beirut 37 delle opere, che da oltre trent’anni giacciono nei suoi depositi. Si tratta di quegli stessi depositi in cui è custodita una delle più grandi e preziose collezioni di arte contemporanea e moderna del mondo (Warhol, Picasso, Giacometti, Van Gogh), cioè quella appartenuta allo scià di Persia e poi nascosta dopo la Rivoluzione khomeinista, esposta al pubblico dopo decenni soltanto nel dicembre scorso.
Si scopre così che il museo di Teheran possiede anche questo secondo tesoro, che però sarebbe di proprietà dell’Olp. La storia risale al 1978. In quell’anno, infatti, alla Beirut Arab University venne organizzata l’International Art Exhibition in Soli-darity with Palestine, con i contributi dei maggiori artisti dell’epoca provenienti da tutto il mondo. Organizzata dall’OLP, la mostra viene ancora oggi presentata come un evento, anche se di breve durata, poiché rimase visibile soltanto dal 21 marzo al 5 aprile del 1978. L’iniziativa palestinese si ispirò a quella andata in scena nel 1973 a Parigi, in solidarietà con il presidente cileno Salvador Allende. Dopodiché la collezione presentata a Beirut, come spesso accade, fu divisa e andò itinerante in diversi paesi, tra cui Giappone e Norvegia. Nel 1982 approdò in Iran, ospitata presso il Museo di arte contemporanea di Teheran. Si tratta dello stesso anno del conflitto israelo-libanese, con l’OLP che abbandona il paese dei cedri per riparare in Tunisia, mentre i capolavori restano nella capitale iraniana. Ora Soumi ha deciso di rimettere insieme la collezione, con l’obiettivo di creare il Museo internazionale di solidarietà con la Palestina, creando persino una fondazione a Parigi. Il Museo sarebbe ospitato a Beirut, almeno «finché la Palestina non sarà liberata», ha dichiarato non potendo rinunciare alla stoccata contro Israele. La sua iniziativa è soprattutto politica, volendo portare questa collezione nel Museo Palestinese, edificio costruito vicino a Ramallah, inaugurato a maggio dal presidente dell’Anp, Abu Mazen, ma che finora non ha ospitato alcuna esposizione. Con questi quadri se ne potrebbe organizzare una, ma come la prenderebbe il popolo palestinese se sapesse del valore di questa collezione nelle mani di quei combattenti che credevano dediti soltanto alla «causa della terra»?
(Fonte:Libero, 24 Giugno 2016)