E’ notizia di qualche giorno fa che Brian Eno, noto musicista di fama internazionale, ha scritto una lettera alla compagnia di danza israeliana Batsheva Dance Company che si esibirà nei prossimi giorni nel contesto della manifestazione Torino Danza nella quale invitava a togliere un proprio brano musicale dal programma dell’esibizione dei ballerini. A questa ennesima dimostrazione di pregiudizio antisraeliano mascherato da buonismo umanitario ha risposto Camillo Langone nella lettera che segue. Buona lettura.
Brian Eno, boicottare Israele non è da te
di Camillo Langone
Brian Eno, tu componesti “Heroes” insieme a David Bowie ma eroico non lo sei più. Oggi non è temerario bensì molto ordinario boicottare Israele vietando l’uso di un proprio brano a una compagnia di ballo israeliana. Non lo dico per pregiudizio filoebraico, lo dico perché mi sembra maramaldesco parteggiare per quasi due miliardi di maomettani che cercano di cancellare dal mondo pochi milioni di ebrei. E comunque la musica è di chi la ascolta e anche se ti sto antipatico non puoi tapparmi le orecchie e mentre ti scrivo ho in sottofondo “Help me somebody”: nel 1981 eri imprescindibile.
Se vedi Neil Young, altro gigante del bel tempo andato, digli che trovo presuntuoso e pomposo vietare a un politico sgradito (ovviamente Donald Trump) l’utilizzo di una canzone. Scegliere i propri fruitori non è da artista ma da pubblicitario.
Io ho scoperto che dei miei ventiquattro lettori parecchi bevono Chardonnay o si preoccupano per la sorte dei cani randagi: non ci posso fare niente ed è giusto che non ci possa fare niente perché le nostre opere, se valgono qualcosa, non sono davvero nostre. Secondo Pessoa “ogni inizio è involontario. / Dio è l’agente. / L’eroe a se stesso assiste, vario / e incosciente”.
Che tu possa tornare all’incoscienza dei giorni bowiani e a scrivere capolavori.
Nella foto in alto: Brian Eno
#1Emanuel Baroz
A proposito di una lettera di Brian Eno
di Niram Ferretti
Dunque anche Brian Eno fa sentire la sua voce e non le note della sua musica perché venga tolto un suo brano musicale dall’esibizione della compagnia di danza israeliana Batsheva Dance Company che si esibirà nei prossimi giorni nel contesto del Torino Danza.
Eno è, per chi non lo sapesse, un sostenitore del BDS e insieme a 1700 artisti ha sottoscritto un documento intitolato “Artisti per la Palestina”, il cui obbiettivo è quello di non intrattenere rapporti con il governo dello stato ebraico.
La lettera che Brian Eno ha scritto alla compagnia di danza per revocare il suo consenso vale la pena di pubblicarla per intero.
“Caro Ohad Naharin, cara Batsheva Dance Company, sono venuto recentemente a conoscenza del fatto che state utilizzando un pezzo della mia musica in un’opera chiamata Humus. Ho saputo di questo utilizzo solo la scorsa settimana, e, anche se in un certo senso sono lusingato che avete scelto la mia musica per la vostra opera, purtroppo crea un grave conflitto per me. Da quello che so, l’ambasciata israeliana (e quindi il governo israeliano) è sponsor dei prossimi spettacoli, e, dato che sostengo la campagna Bds da ormai diversi anni, questa è una possibilità inaccettabile per me. Spesso chi si oppone al Bds dice che l’arte non dovrebbe essere utilizzata come arma politica. Tuttavia, dato che il governo israeliano ha reso piuttosto evidente di utilizzare l’arte esattamente in tal senso – per promuovere il ‘Brand Israele’ e per distogliere l’attenzione dall’occupazione delle terre palestinesi – ritengo che la mia decisione di negare l’autorizzazione è un modo per togliere questa particolare arma dalle loro mani. Solo un paio di giorni fa un ufficiale dell’esercito israeliano ha assassinato il quindicenne Mahmud Badran e non è neanche chiaro se verrà accusato di un crimine, e tantomeno punito. E centinaia di migliaia di palestinesi in Cisgiordania dovranno passare un’altra estate senza servizi idrici affidabili, mentre la demolizione di case palestinesi e la confisca di terre palestinesi va avanti senza tregua, come ormai da molti anni. Non vi è nessun segno di un qualsiasi tentativo di limitare l’attività dei coloni in alcun modo. Sto cercando di capire le difficoltà che dovrebbe affrontare qualsiasi artista israeliano – e in particolare, quelli come voi che hanno dimostrato alcune simpatie per la causa palestinese. Ritengo che il vostro governo utilizzi artisti come voi e, sfruttando il vostro naturale desiderio di continuare a lavorare – anche se vuol dire diventare parte di una strategia propagandistica. Potrebbe essere che la vostra compagnia di danza non possa ufficialmente prendere le distanze dal governo israeliano, ma io posso e lo farò. Non voglio che la mia musica sia concessa in licenza per qualsiasi evento promosso dall’ambasciata israeliana. Ho discusso di tutto ciò con la mia amica Ohal, un’artista israeliana e un’altra sostenitrice del Bds, e so che lei e i suoi colleghi israeliani del Bds capiscono la necessità di un boicottaggio. Come artisti dovremmo essere liberi di scegliere di rispondere alle ingiustizie dei governi, il tuo o il mio che sia. Cordialmente, Brian Eno”
Ora, il testo parla da solo, ed è inutile commentarne l’impianto complessivo, tuttavia alcuni rilevi vanno fatti. 1) Mahmud Badran, l’adolescente palestinese ucciso a giugno non è stato “assassinato”. Budran è stato ucciso per sbaglio dai soldati dell’IDF che stavano inseguendo alcuni uomini i quali avevano da poco lanciato delle pietre e delle bombe molotov contro una macchina.
Badate alla frase utilizzata da Eno, “Un ufficiale dell’esercito israeliano ha assassinato il quindicenne”. I soldati o il soldato responsabile di avere ucciso il ragazzo palestinese, diventa di rango superiore in modo da rimarcare in modo clamoroso il divario tra l’uccisore, o meglio, “l’assassino”, e la sua giovane vittima. L’associazione mentale che si crea nella mente del lettore sprovveduto è quella immediata dell’ufficiale nazista che ammazza a sangue freddo un ragazzino ebreo. E, naturalmente, è questo il messaggio che si vuole veicolare. Gli israeliani “assassinano” i palestinesi così come i nazisti assassinavano gli ebrei. Infatti l’Autorità Palestinese, relativamente all’episodio (anche se lo fa in generale), ha parlato di “esecuzione”.
Mi soffermo solo su questa frase della lettera perché in realtà è una sineddoche, il resto, le “confische”, la privazione d’acqua, sono già riassunti e dissolti qui. Non servono, sono irrilevanti.
Per i Brian Eno e i Roger Walters, ciò che conta è la leggenda nera, sempre quella, al cui centro, una volta cerano gli ebrei della diaspora, mentre oggi sono diventati gli israeliani. C’è l’assassinio, il furto, la malefatta (non l’avvelenamento dei pozzi, ma in questo caso, il razionamento dell’acqua), ci sono i coloni cattivi che depredano e umiliano i poveri palestinesi occupando le “loro” terre. Ci sono i buoni e i cattivi, il male e il bene. Lo schema manicheo del trinariciuto senza scampo.
Dulcis in fundo c’è la comprensione umana, partecipata del musicista, per la compagnia israeliana, “sfruttata” dal proprio governo al fine di propagandare il “brand Israele”.
Il “brand Israele”, già.
E’ questo che non si sopporta. L’insopportabile esistenza di questo “marchio”, al cui posto, una volta, non così tanto tempo fa, si preferiva quello della stella gialla.
http://www.linformale.eu/3895-2/
#2Emanuel Baroz
L’arte del boicottaggio di Israele. A Torino Brian Eno nega la sua musica a una compagnia di Tel Aviv
“Da quello che so, l’ambasciata israeliana (e quindi il governo israeliano) è sponsor dei prossimi spettacoli, e, dato che sostengo la campagna Bds da ormai diversi anni, questa è una possibilità inaccettabile per me”, si è giustificato l’artista.
“La musica unisce, crea dialogo per superare le distanze”. Brian Eno di questo è sicuro e sbandiera il concetto più o meno in ogni occasione. Basta che però non ci sia di mezzo Israele. Se infatti l’unione pacifica nel nome della musica è obbiettivo dichiarato del musicista produttore inglese, le cose cambiano quando lo stato israeliano si frappone in qualsiasi modo tra l’universalismo musicale sbandierato e la sua musica. Brian Eno ha infatti negato l’utilizzo della sua musica alla compagnia di danza del coreografo israeliano Ohad Naharin, Batsheva Dance Company, che domani inaugurerà TorinoDanza, la kermesse dedicata al ballo ospitata dal capoluogo piemontese.
“Sono venuto recentemente a conoscenza del fatto che state utilizzando un pezzo della mia musica in un’opera chiamata Humus”, ha scritto il compositore che pur dicendosi lusingato sottolinea come questa scelta crea “un grave conflitto”. “Da quello che so, l’ambasciata israeliana (e quindi il governo israeliano) è sponsor dei prossimi spettacoli, e, dato che sostengo la campagna Bds da ormai diversi anni – continua –, questa è una possibilità inaccettabile per me. Spesso chi si oppone al Bds dice che l’arte non dovrebbe essere utilizzata come arma politica. Tuttavia, dato che il governo israeliano ha reso piuttosto evidente di utilizzare l’arte esattamente in tal senso – per promuovere il ‘Brand Israele’ e per distogliere l’attenzione dall’occupazione delle terre palestinesi – ritengo che la mia decisione di negare l’autorizzazione è un modo per togliere questa particolare arma dalle loro mani”.
http://www.ilfoglio.it/cronache/2016/09/05/brian-eno-boicottaggio-di-israele-a-torino___1-v-146916-rubriche_c123.htm
#3Emanuel Baroz
Torino Danza diventa un caso: Brian Eno toglie la musica al coreografo israeliano
L’atit e produttore inglese sostiene la campagna palestinese «Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni» nei confronti di Israele
di Letizia Tortello
Inaugurazione con polemica per Torinodanza. La colonna sonora dello spettacolo di apertura, «Tre», del coreografo israeliano Ohad Naharin, dovrà rinunciare alle musiche di Brian Eno, perché il musicista non ha concesso i diritti del suo brano, sponsorizzato dall’ambasciata di Israele. Il festival di danza, inserito dentro il cartellone di Mito Settembre Musica e in programma dal 6 settembre al 3 novembre, apre con un’anteprima cinematografica stasera al Cinema Massimo. Domani, al Teatro Regio, alle 21, ha previsto il suo battesimo, con la Batsheva Dance Company e Naharin.
La coreografia di «Tre» era creata su musiche di Bach, le celebri Variazioni Goldberg, mentre il secondo atto avrebbe dovuto essere incentrato su un pezzo di Eno. Ma il famoso artista e produttore inglese ha deciso di ritirare il suo pezzo. Con un colpo di scena, ha scritto una lettera dura al coreografo e alla compagnia, in cui si diceva onorato, ma denunciava il suo «grave conflitto interiore», nato dall’utilizzo della musica per uno spettacolo di cui «l’ambasciata israeliana (e quindi il governo israeliano) è sponsor». Dato che «sostengo la campagna Bds da ormai diversi anni, questa è una possibilità inaccettabile per me», continua Eno. La «Bds» è la campagna palestinese per il «Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni» nei confronti di Israele. Il musicista è anche firmatario, assieme ad altri 1700 artisti in Gran Bretagna, della dichiarazione «Artisti per la Palestina», impegnati a non intrattenere rapporti con il governo israeliano.
«Spesso chi si oppone al Bds dice che l’arte non dovrebbe essere utilizzata come arma politica. Tuttavia, dato che il governo israeliano ha reso piuttosto evidente di utilizzare l’arte esattamente in tal senso – per promuovere il Brand Israele e per distogliere l’attenzione dall’occupazione delle terre palestinesi – ritengo che la mia decisione di negare l’autorizzazione sia un modo per togliere questa particolare arma dalle loro mani», si legge ancora nella lettera inviata a Naharin. Il suo brano, a fine agosto, è stato dunque sostituito con «Humus», un pezzo di Ohad Fishof.
L’organizzazione di Torinodanza, informata dello scambio tra Naharin e Eno, difende la libertà del produttore, ma non si intromette nel dibattito. «E’ un dialogo tra loro – spiega Gigi Critoforetti, direttore della kermesse -, Eno ha fatto bene se in coscienza non se la sentiva. Però la nostra scelta di invitare uno spettacolo bellissimo non è in alcun modo politica. E’ pura arte e dentro un teatro la politica non deve entrare, al di là delle opinioni personali di ciascuno, che vanno sempre rispettate». Eppure, quanto le questioni di politica internazionale e il clima di allerta mondiale nei confronti del terrorismo entrino, poi, nella vita quotidiana di tutti noi lo dimostra il potente dispiegamento di forze dell’ordine che presidieranno l’inaugurazione del festival domani al Regio. Si temono azioni di protesta, sull’onda di quanto ha già fatto Eno, nei confronti dello spettacolo del coreografo israeliano, pur critico contro il suo governo. Così come, per la prima volta quest’anno, il celebre defilé di danza della Biennale di Lione il 18 settembre, a cui anche Torino parteciperà con un dispiegamento di 200 ballerini, non invaderà quest’anno di suoni, colori e danza le vie della città francese, ma si svolgerà in modo inedito al coperto, per ragioni di sicurezza.
http://www.lastampa.it/2016/09/05/cronaca/torino-danza-diventa-un-caso-brian-eno-toglie-la-musica-alla-manifestazione-proisraele-qKy6tLmppiLUwxxeJzsc1M/pagina.html